«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
Da una siamo diffusamente invasi. Si può comprenderlo. È quella che celebra il passato, lo tratta con rituali contemplativi e lo ingessa fino a farne un fossile da museo. Lo usa e ne abusa fino a consumarlo in litanie ripetute, in immagini consunte, buone per appagare le aspettative di piccoli brividi da parte di code di turisti malinconici. Dall'altra possibilità di uso del passato mostriamo di tenerci lontani. Essa richiede responsabilità e passione. La disposizione a rispondere e quella a desiderare e a impegarsi, allo stesso tempo.
di Michele Nardelli
Dopo l'esito delle primarie del centrosinistra, Silvio Berlusconi tenta la carta del "tutto per tutto". Tutti i sondaggi danno perdente il PDL e allora prova a rinverdire la sua immagine istrionica e a rimettere in campo il suo apparato di consenso, contando sul fatto che gli italiani di oggi in fondo non sono poi molto diversi da quelli di ieri che l'avevano preferito a Romano Prodi.
Dal ventennio berlusconiano l'Italia è uscita cambiata... e non in meglio. Ci ha lasciato una forte atomizzazione sociale, un diffuso spaesamento, l'idea che ci si salva da soli o nella rappresentazione corporativa del "non nel mio giardino", il disprezzo verso la politica e le istituzioni, una profonda devastazione culturale.
Ciò nonostante l'illusione che il mercato sarebbe stato il regolatore sociale è svanita con la crisi finanziaria. Il resto l'ha fatto un ceto politico di manigoldi che, come il loro capo, hanno inteso la politica come un affare privato. E quindi nonostante tutto un cambio politico s'impone.
Perché questo non sia solo un'alternanza di potere, serve un progetto politico capace di riscrivere un nuovo "patto sociale" che dai territori arrivi all'Europa. E non per effetto di un antico richiamo al federalismo europeo che pure accarezzo, ma perché la chiave per abitare il presente sta nella connessione fra il locale e il globale, in una visione che propone il "ritorno alla terra" come paradigma dell'economia reale e l'incontro di civiltà che, nello smarrire del senso di un comune destino terrestre, hanno lasciato impoverire il pensiero.
Saprà la politica (ed il PD in primo luogo) contribuire ad un'impresa così grande? Dalle primarie del centrosinistra credo (e spero) che tutti siamo usciti un po' diversi e che questo ci possa aiutare a riprendere nelle nostre mani quella ricerca di una nuova sintesi fra le culture che il Novecento ci ha lasciato in eredità e con questo la necessità di un nuovo sguardo sul presente. Non è una responsabilità da poco e non è solo nelle mani di Pierluigi Bersani.
Questo intervento viene pubblicato oggi sul Corriere del Trentino
di Michele Nardelli
(22 novembre 2012) E' questo un passaggio di tempo incerto. La politica dovrebbe aiutare a farci sentire meno soli, ma questo richiede una capacità di lettura e di visione oltre la quotidianità che fatica ad avere. Credo abiti qui la crisi della politica.
Ovviamente c'è anche dell'altro, in ordine ai privilegi e alle modalità di selezione e di formazione della classe dirigente. Ma sbaglieremmo a pensare che una volta tagliati i vitalizi e rottamati gli inamovibili, possa ritornare il sereno. Occorre saper imparare da un Novecento che ancora non abbiamo saputo elaborare e ri-scoprire la bellezza del passare la mano, per evitare che il nostro linguaggio sia quello dello sfasciacarrozze.
Per questo sostengo Bersani, con la fiducia che ci aiuti ad oltrepassare questa tormentata fase, prevalendo nelle primarie di domenica prossima ma immaginando che questa possa essere la condizione per l'affermazione del centrosinistra nelle elezioni politiche della prossima primavera.
(23 novembre 2012) "Solo l'onorevole Fugatti può derivare una 'ventata di ottimismo' da una farsa. Non potrei definire altrimenti infatti l'approvazione, da parte della V.I.A./V.A.S. nazionale, di una nuova, costosa e inutile autostrada, la Valdastico Nord".
Questa la dichiarazione del presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai in seguito alle affermazioni dell'onorevole Fugatti che ha dato notizia dell'approvazione, da parte del Ministero all'ambiente, della Valutazione di impatto ambientale del progetto Valdastico Nord.
"Ciò - dice ancora Dellai - in un momento nel quale tutti dicono che le Alpi devono essere rispettate, che il traffico pesante di lunga percorrenza deve essere messo su ferrovia, e non sarà neppure tanto facile trovare i soldi per realizzare il potenziamento della ferrovia del Brennero del quale si parla da decine di anni.
Consola solamente il fatto che oramai soltanto gli ingenui o gli interessati dimostrano di non capire che tutto questo non è finalizzato a costruire veramente questa ennesima opera inutile, ma piuttosto a garantire in extremis la proroga della concessione autostradale Brescia-Padova in capo alla attuale società Serenissima."
di Federico Zappini
Cara Europa,
so che guardi anche tu con apprensione alle notizie che arrivano da Gaza, Tel Aviv e Gerusalemme. So che tendi l'orecchio e in cuor tuo speri che non siano fondate le voci di un imminente attacco di terra dell'esercito israeliano. Non servirebbe il verificarsi di questa eventualità per essere preoccupati, non servirebbe altro sangue per rendere la situazione insopportabile. Principessa Europa, stiamo parlando delle terre nelle quali la mitologia greca pone le tue origini. Territori magici, territori fertili, territori traditi che non si possono che amare. Stiamo parlando delle tua casa e di una parte importante della tua storia.
Nella notte fra venerdì e sabato se ne è andato Agostino Catalano. Ho pensato a lungo se scrivere un mio testo di saluto ad Agostino, ma i nostri sguardi si sono incrociati troppo poco in questi anni per esprimere parole che non siano di circostanza. Così ho scelto di riprendere il bel testo che Simone Casalini gli ha dedicato oggi sul Corriere del Trentino.
di Simone Casalini
(17 novembre 2012) Agostino ci ha giocato un altro dei suoi tiri mancini. Si è lasciato andare tra le braccia di una dama bianca, e chissà a quale ironica considerazione sarà ricorso quando ha compreso che il viaggio era remoto, senza meta. Noi rimaniamo sulla banchina della vita ad aspettare, a ricordare. Un po' attoniti perché il distacco è sempre angoscioso. Ma in fondo sereni. La testimonianza che Agostino ci ha lasciato va in direzione opposta ai plumbei stati d'animo, era la capacità di risolvere con un'alzata di spalle il più grande dei problemi. L'arte dello scivolamento, non per eludere la vita ma per canzonarla.
di Michele Nardelli
(8 novembre 2012) Quattro anni fa abbiamo gioito di fronte all'elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti d'America. Al di là della condivisione o meno del programma del presidente, la sua elezione rappresentava in sé un fattore di straordinaria novità e non solo sul piano simbolico.
Oltre ad essere il primo presidente USA a portare sulla pelle la tragedia della schiavitù, Obama ha introdotto una forte discontinuità nell'uso della guerra come strumento di affermazione degli interessi americani nel mondo, facendo uscire il suo paese dalla devastante logica dello scontro di civiltà, confermata dall'uscita di scena in Iraq e dalla strategia di uscita dall'Afghanistan. Ha poi affermato sul piano della politica interna un'attenzione non certo scontata verso i settori più deboli della popolazione (in particolare con la riforma sanitaria) e nella difesa del lavoro industriale. Ha sostenuto l'affermarsi dei diritti civili, confermato dall'esito referendario di queste ore. Ha cercato di affrontare la crisi finanziaria provando (pur senza riuscirci) a mettere qualche regola su Wall Street e sulla proliferazione abnorme dei titoli derivati. Anche sul piano della lotta al terrorismo Obama ha dimostrato come sia stata largamente più efficace una politica di intelligence che la fallimentare strategia dei bombardamenti del suo predecessore.