«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene

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«Inverno liquido». Il calendario aggiornato delle presentazioni. Sono 134 quelle realizzate.
La presentazione del libro a Villa Grumello - Como

«Non ci si salva da soli. Occorre incrociare gli

sguardi, condividere le conoscenze, tessere le

trame di alleanze ampie e plurali, dando vita

a sempre più strutturate comunità di pensiero

e azione. Per essere interpreti di un cambio di

paradigma non più rimandabile. Per pensare

insieme il mondo a venire. Questo libro va

inteso come un numero zero, il primo passo

di un collettivo di scrittura attorno ai nodi del

passaggio epocale che stiamo attraversando».

 

 

Nel gennaio 2023 è uscito il libro di Maurizio Dematteis e Michele Nardelli “Inverno liquido. La crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa” (Derive & Approdi, Roma, 300 pagine, 20 euro), lavoro arricchito dalla prefazione di Aldo Bonomi, editorialista del “Sole 24 ore”, e dalla postfazione di Vanda Bonardo, presidente di Cipra Italia e responsabile della Carovana dei ghiacciai di Legambiente.

Due anni di Inverno liquido

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Da Lamon un forte No alla Diga del Vanoi
Da La voce del nordest

Si è svolta sabato scorso 5 ottobre a Lamon, al confine fra il Trentino e la provincia di Belluno, un'importante e partecipata manifestazione per dar voce ai comitati locali, ai Comuni, alle associazioni, ai partiti e alle singole persone che da mesi sono impegnate nell'opposizione alla realizzazione della Diga del Vanoi.

Qui la cronaca che ne ha fatto TeleBelluno: https://youtu.be/hpE2kQ-Nhu4

A seguire gli interventi di Luigi Casanova per conto di Mountain Wilderness e di Manuela Baldracchi e Giovanna Ceiner, rispettivamente presidenti di Italia Nostra del Trentino e di Belluno.

 

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Prendere Parola. Il documento di area Cisl a favore della mobilitazione del 29 novembre scorso.
Il sindacato dei lavoratori. Antico manifesto

Nei giorni precedenti lo sciopero generale promosso da CGIL, UIL e Rappresentanze di base è stato dato scarso rilievo al documento promosso da un centinaio di esponenti CISL (fra i quali Sabino Pezzotta, già segretario naz.le della CISL, Gianni Italia e Adriano Serafino, già segretari nazionali della FIM, Gian Giacomo Migone, intellettuale di primo piano del movimento sindacale) di dissenso rispetto alla scelta della CISL di non promuovere con le altre sigle la mobilitazione del 29 novembre contro le politiche del governo Meloni.

Un documento che non riuscivo a trovare nella sua versione integrale fin quanto non ho aperto il blog “Sindacalmente” (www.sindacalmente.org), realizzato qualche anno fa da esponenti piemontesi della CISL (fra loro il compianto amico Alberto Tridente) e oggi coordinato da Adriano Serafino, che così si presenta:

"Il senso critico e il pluralismo sono lievito per la democrazia partecipata, per una cultura antagonista al dominio della finanza sull’economia reale, per perseguire un nuovo ordinamento economico. Per una società solidale, fondata sull’eguaglianza dei diritti mai disgiunti dai doveri, serve una democrazia partecipata a livello popolare, un sindacato che ridia “un volto e un’anima alle tessere”, una rappresentanza radicata e determinata a misurarsi con le innovazioni, una rete attiva di cittadinanza nel territorio e nelle periferie capace di dialogare e di dare risposte agli interrogativi di sguardi che già parlano, di percepire la realtà anche con gli occhi degli ultimi, dei tanti lavoratori invisibili e precari. Per essere protagonisti nelle scelte, non spettatori tifosi. Per nuove frontiere di solidarietà".

Un documento – quello firmato da 100 esponenti della CISL – che, a mio avviso e non solo, rappresenta un importante tentativo di rilancio dell'esperienza unitaria che in passato ha fatto grande il movimento sindacale e che avrebbe potuto dare un peso oltremodo signficativo alla mobilitazione del 29 novembre. Sul quale è caduta una cappa di silenzio e che, anche per questo, qui voglio riprendere integralmente. 

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Dividere e scegliere. A proposito del DDL 1660.
Da Osservatorio Repressione

di Francesco Picciotto

Primo Levi racconta, con un distacco da chimico e con un linguaggio “nuovo” che è appannaggio solo dei grandi scrittori, la realtà del lager. Lo fa in molte delle sue opere tornando spesso all’idea che si sia trattato, al di là della consapevolezza di chi l’ha voluto e dei volonterosi carnefici che l’hanno progettato e gestito, del più grande esperimento sociale della storia. Privare l’uomo della propria umanità e di tutto ciò che fa dell’uomo un uomo: il sonno, la sicurezza, il riparo, l’acqua, il cibo, perfino il nome e i capelli, vuol dire spostare un intero pezzo di umanità ad un livello della piramide dei bisogni che nemmeno Maslow aveva immaginato. Al di sotto quindi della prima fascia, al di sotto dei bisogni primari, in un luogo in cui molti saranno i “sommersi”, pochissimi i “salvati”.

All’interno di questo spazio che l’esperimento sociale del lager crea ex novo, vigono regole perniciose e inaccettabili, a volte strettamente correlate al funzionamento del lager, altre apparentemente incomprensibili e arbitrarie ma anch’esse funzionali allo scopo di sbarrare, cancellare, erodere la seconda parola della coppia “essere umano”. Sono regole al quale “l’essere” deve rispondere senza che ad esso sia richiesta alcuna comprensione, adesione, espressione della più superficiale delle volontà.

 

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Valle Varaita, dal 5 all'8 settembre il nuovo incontro del Collettivo di scrittura nato attorno a «Inverno liquido»
Un particolare del Borgo Puy de Champanesio

Si svolgerà dal 5 all'8 settembre 2024 il secondo incontro in presenza del Collettivo di pensiero e di scrittra nato attorno a «Inverno liquido». Dopo quello di Marettimo (Isole Egadi) dell'ottobre scorso, quest'anno l'appuntamento è sulle Alpi Occidentali, in Valle Varaita, nel Borgo di Puy de Champanesio (CN). 

Le modalità di svolgimento, come si può vedere dalla proposta di programma allegato, sono quelle sperimentate lo scorso anno, una prima giornata per arrivare a destinazione e per la sistemazione nelle antico borgo occitano, il secondo e il terzo giorno per affrontare gli argomenti proposti, alternando la parola con la conoscenza del territorio (siamo a 1680 metri slm e le escursioni non possono mancare), e l'ultimo giorno per un po' di relax prima del ritorno.

Non mancheranno gli incontri con alcuni ospiti di eccezione, così da rendere piene le nostre giornate di confronto.

Il programma di massima

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«Israele non avrà mai pace né sicurezza se non metterà fine all'occupazione»
Jaffa (Palestina), cent'anni fa.

Intervista allo storico Ilan Pappé (ebreo israeliano antisionista, uno dei principali "nuovi storici" che hanno rivisitato in chiave non-sionista la storia di Israele) pubblicata da Francesca Paci su "La Stampa" di ieri.


(2 ottobre 2024) Su Tel Aviv piomba la risposta degli ayatollah e il Medioriente si blinda, l'orizzonte prima della pioggia. Il commento dello storico israeliano Ilan Pappé, critico irriducibile del sionismo a cui è dedicato anche il suo ultimo libro “Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina” (Fazi), è lapidario: «Israele non avrà mai pace né sicurezza finché non metterà fine all'occupazione di milioni di palestinesi». Nessun cedimento alla memoria del 7 ottobre, all'alba del primo anniversario.

Pappé scuote la testa canuta: «La pulizia etnica iniziata nel '48 è la causa, la guerra la risposta». Chiusa lì, occhio per occhio.

L'invasione del Libano, i missili iraniani su Israele. Siamo già oltre il baratro? «Alla fine l'Iran dovrà trattenersi, non può affrontare una guerra regionale. In Israele invece la leadership politica è convinta che il potere militare sia l'unica strada, non considera alcuna soluzione diplomatica e vede il controllo dell'intera Palestina storica come l'unica chance di pacificare un Paese spaccato tra religiosi e laici. Per questo, come in Libano, Israele insisterà con la forza: non so se schiaccerà la terza intifada iniziata il 7 ottobre, ma non rimuoverà il vero ostacolo alla pace che non è Hezbollah né l'Iran bensì l'occupazione di milioni di palestinesi».

Nel libro racconta una società lacerata tra lo Stato d'Israele, che difende il proprio essere democratico, e lo Stato di Giudea, in odor di teocrazia. L'abbiamo vista nelle proteste del 2023 contro Netanyahu che però sta recuperando. Che Paese è oggi Israele?«Un anno dopo il 7 ottobre Israele è quel che era prima, un Paese fratto dove lo Stato di Giudea guadagna terreno. I più laici stanno facendo le valigie e quelli che restano si condannano al silenzio, perché rifiutano la teocrazia ma non hanno un piano per la Palestina. Israele è ormai guidato da una élite messianica che sogna di modellare il nuovo Medioriente con la complicità di un mondo sempre più a destra e in spregio delle Nazioni Unite».

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I fallimenti delle tutele UNESCO sulle Dolomiti
Ghiacciaio Mandrone 2023

Una responsabilità solo politica

di Mountain Wilderness Italia

Nelle giornate del 7, 8 e 9 agosto 1993 Mountain Wilderness Italia, Legambiente e S.O.S. Dolomites organizzarono a Cortina d’Ampezzo un’articolata iniziativa tesa a proporre all’UNESCO l’inserimento dell’intero arco delle Dolomiti nell’elenco dei grandi Monumenti del Mondo (World Heritage). In soli tre giorni si raccolsero oltre 10.000 firme. L’iniziativa venne portata all’attenzione del Ministero dei Beni Culturali italiano. Da lì ebbe inizio un lungo processo istituzionale, culturale e sociale, non privo di difficoltà, che condusse al successo di Siviglia, quando il 26 giugno 2009 le Dolomiti vennero dichiarate dall’UNESCO Patrimonio naturale dell’umanità.

La scelta del patrimonio naturale fin da subito fu aspramente criticata dall’associazione in quanto l’aver scelto di tutelare solo gli ambiti rocciosi e le aree già parco naturale o inserite in Rete Natura 2000 impediva l’avvio di un progetto di tutela complessiva dell’area dolomitica compresa fra i fondovalle fino agli alpeggi e alle fantastiche rocce (Convegno di Pieve di Cadore, 2010).

Già allora era emerso evidente come i politici avessero guidato le Dolomiti a divenire un banale marchio turistico, utile a una mercificazione del territorio, da proporre alla collettività nazionale e internazionale cancellando di fatto da quello stesso territorio i tanti valori e le identità delle popolazioni che lo abitano: sparivano così ogni richiamo culturale, storico, identitario e di alta valenza conservazionistica, sia dei paesaggi che degli ambiti naturali. Non solo, ma nella scelta venivano esclusi dalla tutela UNESCO gruppi montani strategici fra i quali il Sassolungo, il Sella-Boè, i Monzoni-Costalunga, le Piccole Dolomiti. La tutela venne ristretta solo ad aree in qualche modo già tutelate, come i parchi nazionali, regionali, provinciali e le zone inserite in rete Natura 2000, aree ZPS e SIC (ora ZSC), alcune delle quali sono prive di un piano di gestione.

 

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