"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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Il nostro futuro è una storia da scrivere insieme…
da https://pontidivista.wordpress.com/

di Federico Zappini

Il tempo che stiamo vivendo chiede un surplus di desiderio che attivi energie e fantasia dentro la comunità. Lo stato di un panorama partitico impegnato a difendere ipotetiche rendite di posizione e incapace di essere avanguardia nel governo delle grandi trasformazioni in atto genera però frustrazione e sfiducia, confermati anche dal crollo dell’affluenza al voto nelle recenti elezioni regionali.

È faticoso stare in questo incrocio di emozioni perché da un lato non posso chiamarmi fuori – come consigliere comunale e attivista di Futura – da questa crisi di sistema. Se siamo ancora in questa condizione di fragilità significa che i tentativi messi in atto fin qui non hanno saputo toccare le corde giuste, non hanno cambiato lo scenario, non hanno prodotto l’emersione di nuova classe dirigente.

Dall’altro lato, sarebbe troppo facile accodarsi all’attacco generico alla Politica come unica colpevole. Un esercizio che va per la maggiore senza offrire però un’alternativa credibile (dentro e fuori le istituzioni) per elaborare pensiero e azione politica, per rispondere ai bisogni e ai desideri di ciascuno, per elaborare strategie in grado di resistere e reagire alle tensioni che il mondo contemporaneo subisce.

 

 

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«Inverno liquido» nell'Appennino Meridiano
Panchina letteraria Napoli

“L’Appennino meridiano, fra spopolamento e terre dell’osso”. Abbiamo intitolato così il sedicesimo capitolo di “Inverno liquido”, incrociando letture e pensieri di cui ci hanno fatto dono Franco Cassano, Vito Teti e Manlio Rossi Doria e che non dovrebbero mai mancare nell'avvicinarci con garbo e prudenza alle terre alte del Mezzogiorno.

Un capitolo nel quale abbiamo raccontato storie di migrazioni e ritorni, di risorse finanziarie che impoveriscono e di ricchezze che non si riconoscono, di villaggi turistici inventati ed oggi decrepiti e di comunità che diventano custodi delle loro biodiversità. E di come anche qui, la crisi climatica impatta la fragilità di territori insieme presidiati e lasciati soli.

Abbiamo previsto tre occasioni di presentazione del libro a Cusano Mutri (Benevento), Piedimonte Matese (Caserta) e nel centro storico di Napoli.

Giovedì 23 febbraio, alle ore 18.30, saremo alla Pizzeria Millenium di Cusano Mutri (Benevento) in una conversazione fra Guido Lavorgna e Michele Nardelli, insieme alla Comunità dei Custodi del Monte Mutria.

Il giorno successivo, venerdì 24 febbraio, sempre alle ore 18.30, saremo invece a Piedimonte Matese (Caserta), presso la Biblioteca Diocesana San Tommaso D'Aquino, dove in dialogo con Michele Nardelli ci saranno Vincenzo D'Andrea e Ugo Iannitti.

Infine, sabato 25 febbraio, alle ore 17.00, saremo nel cuore di Napoli, presso la Taverna a Santa Chiara, dove si svolge una Panchina Letteraria dedicata a “Inverno liquido”. In dialogo con uno degli autori, Michele Nardelli, ci saranno Pino Mandarano, Alleanza Slow Food dei Cuochi Campania, Paola Silvi, Forum delle Culture, Vito Trotta, ambientalista e Nives Monda, ostessa e che di questo spazio letterario è l'animatrice.

Panchina letteraria Napoli

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Lo specchio del mondo
Mediterraneo

 

Il discorso di Papa Francesco in occasione dei “Rencontres Méditerranéennes”

Marsiglia, 23 settembre 2023

 

Signor Presidente della Repubblica,
cari fratelli Vescovi,
illustri Sindaci e Autorità che rappresentate città e territori bagnati dal Mar Mediterraneo,
amiche e amici tutti!

Vi saluto cordialmente, grato a ciascuno di voi per aver accolto l’invito del Cardinal Aveline a partecipare a questi incontri. Grazie per il vostro lavoro e per le preziose riflessioni che avete condiviso. Dopo Bari e Firenze, il cammino al servizio dei popoli mediterranei progredisce: anche qui, responsabili ecclesiastici e civili sono insieme non per trattare reciproci interessi, ma animati dal desiderio di prendersi cura dell’uomo; grazie perché lo fate con i giovani, presente e futuro della Chiesa e della società.

La città di Marsiglia è molto antica. Fondata da navigatori greci venuti dall’Asia Minore, il mito la fa risalire alla storia d’amore tra un marinaio emigrato e una principessa nativa. Fin dalle origini essa presenta un carattere composito e cosmopolita: accoglie le ricchezze del mare e dona una patria a chi non l’ha più. Marsiglia ci dice che, nonostante le difficoltà, la convivialità è possibile ed è fonte di gioia. Sulla carta geografica, tra Nizza e Montpellier, sembra quasi disegnare un sorriso; e mi piace pensarla così: Marsiglia è “il sorriso del Mediterraneo”. Vorrei dunque proporvi alcuni pensieri attorno a tre realtà che caratterizzano Marsiglia: il mare, il porto e il faro. Sono tre simboli.

1. Il mare. Una marea di popoli ha fatto di questa città un mosaico di speranza, con la sua grande tradizione multietnica e multiculturale, rappresentata dai più di 60 Consolati presenti sul suo territorio. Marsiglia è città al tempo stesso plurale e singolare, in quanto è la sua pluralità, frutto di incontro con il mondo, a renderne singolare la storia. Spesso oggi si sente ripetere che la storia mediterranea sarebbe un intreccio di conflitti tra civiltà, religioni e visioni differenti. Non ignoriamo i problemi – ce ne sono! –, ma non lasciamoci ingannare: gli scambi intercorsi tra i popoli hanno reso il Mediterraneo culla di civiltà, mare straripante di tesori, al punto che, come scrisse un grande storico francese, esso non è «un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma una successione di mari»; «da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia» (F. Braudel, La Méditerranée, Paris 1985, 16). Il mare nostrum è spazio di incontro: tra le religioni abramitiche; tra il pensiero greco, latino e arabo; tra la scienza, la filosofia e il diritto, e tra molte altre realtà. Ha veicolato nel mondo l’alto valore dell’essere umano, dotato di libertà, aperto alla verità e bisognoso di salvezza, che vede il mondo come una meraviglia da scoprire e un giardino da abitare, nel segno di un Dio che stringe alleanze con gli uomini.

 

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Domini collettivi: se fosse in loro la ragion pura di eccellenza e autonomia?
Roana, cartello usi civici

di Marta Villa *

Gli spunti proposti dall’editoriale (Corriere del Trentino del 7 febbraio scorso) del prof. Michele Andreaus mi hanno sollecitato: da vent’anni faccio ricerca etnografica nelle Terre Alte documentando e analizzando strategie di adattamento a un territorio liminale, quello montano, e mi sono confrontata con i concetti di autonomia ed eccellenza. Vorrei qui proporre un ulteriore spunto di discussione, dal mio punto di vista, storico-antropologico.

Concordo che queste parole sono sulla bocca di molti, vittime di strumentalizzazioni. Mi inserisco quindi nel dibattito per articolare maggiormente la prospettiva e per rilanciare, guardando al futuro, una declinazione che è stata vetrificata: un ninnolo, certamente, e, aggiungo io, da musealizzare come quegli idola provenienti da culture lontane che, suscitando in noi paure ancestrali, vengono esorcizzati riponendoli all’interno di scatole. Autonomia ed eccellenza invece possono essere parole di una potenza straordinaria, se ricollocate all’interno di processi decisionali partecipati e vitali.

 

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La scomparsa della neve, metafora dei cambiamenti che ci aspettano
Corno alle Scale

di Neri Pollastri *

Esempio emblematico tanto di ciò che significa il cambiamento climatico, quanto delle resistenze ad affrontarlo, la scomparsa invernale della neve in montagna è ormai da tempo davanti agli occhi di tutti e comincia a essere finalmente riconosciuta anche da organismi economici istituzionali (recentissimo un report della Banca d’Italia, che sottolinea l’insostenibilità di investimenti in campo sciistico). Ciononostante – forse a causa di un’informazione reticente perché tesa a proteggere le componenti economiche implicate, forse perché vivendo in città è difficile comprendere cosa accade in montagna – il fenomeno non riceve l’attenzione che meriterebbe da parte dei cittadini, i quali o lo considerano marginale per la politica e la programmazione economica, oppure semplicemente continuano a coltivare lo sci alpinistico come se niente stesse accadendo.

In realtà, la questione è molto complessa e incide pesantemente sulla vita economica non solo delle “terre alte”, ma anche del resto del Paese, come ben emerge dalla lettura di un libro scritto da Maurizio Dematteis e Michele Nardelli, appena uscito per DeriveApprodi, il cui titolo è molto esplicito: “Inverno liquido. La crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa”. Si tratta di un articolato reportage che inizia dalle Alpi Occidentali, attraversa l’intero arco alpino e scende lungo l’Appennino, concludendosi nelle Madonie: trenta comprensori sciistici, tutti più o meno in crisi da tempo, dei quali si raccontano parabole, contraddizioni, scandali e tentativi – alcuni riusciti, altri paradossalmente falliti – di fuggire dalla monocoltura dello sci di massa, inventando modi diversi di far funzionare l’economia della montagna in accordo con l’ecosistema. Per realizzarlo gli autori hanno viaggiato attraverso la penisola e dialogato con chi, abitando i luoghi, ne ha vissuti ascesa e declino, talvolta contribuendo in passato a costruirne involontariamente l’attuale rovina, spesso comunque rendendosi conto da tempo dell’urgenza di un cambiamento. Perché se non v’è dubbio che, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, una montagna dedita allo svago e al relax della città grazie a piste di scivolamento, locali notturni e centri benessere poteva sembrare ai più così economicamente appetibile da sacrificare l’integrità dell’ambiente e le tradizionali, faticose e meno redditizie attività delle terre alte (silvicoltura, allevamento, lavorazione di latti e carni, artigianato, ecc.), non meno certo è che ormai da un quarto di secolo quell’ideale mostra sempre più i propri limiti e la necessità di mettere in discussione sia il modello economico, sia gli stili di vita dissipativi che ne erano il presupposto.

 

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In Friuli è Massimo Moretuzzo il candidato della coalizione alternativa alla destra.
Massimo Moretuzzo

Riprendo questo articolo di un vecchio amico giornalista milanese con il quale collaborammo ai tempi di Solidarietà nella redazione dei libri bianchi su “Affari & Politica”. Ma Gianni Berbacetto in questo caso ci parla del Friuli Venezia Giulia e di una coalizione di centro-sinistra-autonomista che va alle elezioni regionali (2 e 3 aprile 2023) proponendo l'amico Massimo Morertuzzo, esponente del Patto per l'Autonomia, come presidente. In questi anni con Massimo abbiamo spesso collaborato, tanto sul piano culturale che politico, ed è un piacere vedere il suo impegno venga oggi riconosciuto in questa candidatura unitaria. Anche recentemente ci siamo incontrati a Udine in occasione della presentazione di “Inverno liquido”. Insomma, una buona notizia.

di Gianni Barbacetto *

Miracolo in Friuli Venezia Giulia. Tutta l’opposizione di centrosinistra – in un momento di difficoltà per i partiti e in particolare per il Pd, nazionale e locale – ha scelto, rapidamente e senza polemiche, il candidato unitario e civico che tenterà l’impresa di battere il leghista Massimiliano Fedriga alle prossime elezioni regionali del 2 e 3 aprile.

È Massimo Moretuzzo, 46 anni, fuori dai partiti ma da sempre dentro il volontariato e l’impegno civile. Lo sosterranno Patto per l’Autonomia (a cui appartiene), Pd, Movimento 5 stelle, Civica Fvg, Unione slovena, Articolo uno, Open Fvg, Alleanza Verdi Sinistra.

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«Inverno liquido» in Val Camonica
La copertina del libro

La neve che manca ed un libro che parla della crisi dello sci di massa


Il Bio-distretto Valle Camonica ed il circolo di Legambiente Valle Camonica organizzano per venerdì 24 febbraio 2023, alle ore 20,30 presso la sala conferenze del Palazzo della cultura di Breno, un incontro per parlare del turismo della neve di fronte ai grandi cambiamenti del contesto montano, che stanno avvenendo sotto i nostri occhi, e che non interessano solo le masse glaciali in quota. La neve per gli “scivolatori” che scappa sempre più in alto e l’acqua per crearne di nuova da rubare alla montagna ed agli esseri che ci vivono, inclusi i montanari, ed i dubbi sul futuro di chi sullo sci da discesa ha investito tutta la vita.

Lo spunto viene dalla presentazione del libro, appena dato alle stampe, dal titolo “Inverno liquido - la crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa” di Maurizio Dematteis e Michele Nardelli (edizioni DeriveApprodi) con la presenza di uno degli autori Maurizio Dematteis. Un libro che è un lungo reportage dalla montagna italiana, in cui si intrecciano le storie di imprenditori, operatori del settore dello sci da discesa, promotori locali che si raccontano, analizzano i fallimenti, spiegano i percorsi di riconversione a fronte di costi ormai insostenibili, fotografano i sogni di rinascita. Ne esce il racconto appassionato – con la voce di chi ci vive - di cosa resta della stagione dello sci di massa nelle grandi e piccole realtà di Alpi e Appennini. Sarà presente inoltre il sociologo Aldo Bonomi, autore di molte ricerche sulla realtà sociale delle aree periferiche e prefatore del libro e un rappresentante del Comitato MTO2694 costituitosi per difendere il monte Tonale occidentale da un progetto di ampliamento del demanio sciistico.

La locandina dell'evento

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