"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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venerdì, 28 ottobre 2022Un'immagine del Convegno

Vaia: un tragico evento che obbliga a ripensarci: uno sguardo olistico sulle opportunità e i cambiamenti

Il Comitato Regionale di UNIPOL SAI nell’organizzare il convegno di lunedì 24 ottobre 2022 in occasione dell'approssimarsi del quarto anniversario del ciclone Vaia, ha preso spunto dal documento elaborato da 26 associazioni o enti trentini e che invita tutta la società a riflettere sul devastante evento che ha colpito così pesantemente le foreste dolomitiche, per riprendere fiducia nel lavoro nelle foreste, nei pascoli alpini e tramutare una tragedia in opportunità, investendo nel bene delle generazioni che abitano e abiteranno le montagne. Ecco qui un resoconto del convegno, grazie agli appunti di Luigi Casanova.

La giornata di lavoro è stata coordinata dalla giornalista de “Il Corriere del Trentino” Marika Giovannini.

Nell’introduzione Walter Alotti, presidente del CRU Unipol Sai del Triveneto ha delineato gli scopi che il convegno si prefiggeva: diffondere sensibilità per investire in opportunità del territorio avendo attenzione a quanto i cambiamenti climatici ci presentano, pensando al mondo del lavoro e alla gestione più corretta possibile del territorio.

E’ stato compito di Walter Nicoletti, a nome dei promotori del documento “Un Green Deal per le foreste dolomitiche”, illustrare la nascita del gruppo, la sua eterogeneità, a dimostrazione di un diffuso bisogno di confronto nella ricerca dei migliori interventi possibili nella gestione del patrimonio forestale, di quello dei pascoli di alta quota, del dovere di investire nella conservazione e nella tutela, anche attiva, della biodiversità. Partendo dalla consapevolezza che lo sviluppo ha dei limiti insuperabili: oggi non è più possibile soffermarci al semplice ripristino di ambienti impoveriti. necessario, da subito, un cambiamento dello sguardo politico sulla montagna, a partire dalle emergenze per arrivare a strutturare politiche di visione di medio e lungo periodo. Si stanno proponendo ovunque, specie da parte di tanti giovani, input e proposte che riguardano il recupero di un'agricoltura a consumo zero, certo nei fondovalle, ma anche in quota. Così facendo si riprende una valorizzazione delle figure professionali del territorio, quelle storiche e quelle di nuova formazione e innovative.

Il geobotanico Cesare Lasen, membro del Comitato scientifico della Fondazione Dolomiti UNESCO, ha sviluppato la cornice di attenzioni che dovrebbe sostenere i nostri comportamenti nella valorizzazione di tutte le funzioni ecosistemiche di una foresta. Si è soffermato sulla lettura delle foreste e della loro ricchezza di biodiversità, quali potrebbero essere i boschi del domani nella crisi dei cambiamenti climatici in atto. Come offrire priorità al patrimonio naturalistico partendo dalla base della selvicoltura naturalistica, una riflessione sulla necessaria consapevolezza della non riproducibilità di quanto viene perduto in termini di habitat e specie. Significativo il passaggio che ci ha presentato la foresta letta come non solo come un insieme naturalistico, ma anche come struttura che divulga emozioni, miti, leggende, attenzioni spirituali.

Oggi l’intero sistema forestale soffre criticità importanti, le foreste non sono valorizzate nell’insieme della ricchezza che offrono e delle sofferenze che le colpiscono: incendi, degradazione mai giustificata delle risorse ambientali, una crescita quantitativa alla quale non corrisponde una crescita qualitativa. Se i punti di forza del sistema forestale sono tanti, si devono invece affrontarne le debolezze. Non tagliare di più, ma tagliare meglio e dove serve, mentre oggi in troppe montagne italiane assistiamo a prelievi massivi e disordinati. All’interno del conflitto fra conservazione e utilizzazione deve prevalere una attenta pianificazione multidisciplinare che aiuti tutti, in condivisione, a trovare un equilibrio.

Se Vaia è stato anche un passaggio fortemente emotivo che ci ha permesso di recuperare attenzioni verso il sistema forestale, si sta assistendo ad un bisogno impellente: colmare un deficit di conoscenze e la sete di conoscenza. Avendo presente che il vero tema di oggi e del domani immediato è la crisi climatica.

Quindi attenzione ai paesaggi che evolvono a seguito di interventi antropici e naturali, ai valori naturalistici che ci devono portare a rendere esigibili le invarianti urbanistiche, alle utilizzazioni forestali e specialmente ai sistemi di esbosco. Con la dovuta attenzione verso la centralità delle aree protette superando logiche settoriali per investire in valutazioni interdisciplinari. Preso atto che gli attuali consumi sono insostenibili si abbia coscienza che le risorse naturali non sono illimitate, che ad oggi meno del 3% della superficie terrestre è integra. Anche per questo motivo è cogente la difesa dei valori naturalistici, l’impoverimento di questi è progressivo, incessante, anche perché si stanno frantumando gli habitat e questa azione mette in difficoltà la resilenza naturale. Si parla di Liste rosse, delle aree naturali e protette, dello studio della libera evoluzione dell’ambiente, della necessità – dovere dei controlli. Per frenare o recuperare l’esodo dalle montagne il turismo è attività insufficiente pur se importante: serve tornare ad investire nella gestione qualitativa degli ambienti alpini.

Dopo Vaia: a che punto siamo?

La dott.ssa Caterina Gagliano del Servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento ha illustrato l’impegno svolto dal servizio in collaborazione con la Provincia, i comuni e gli enti proprietari, il personale proprio nell’affrontare le emergenze provocate dalla tempesta Vaia. L’80% del legname recuperabile è stato venduto, il 20% rimasto sul terreno è irraggiungibile (circa 820.000 mc). La spesa investita complessiva supera i 20 milioni di euro, 2,5 dei quali investiti sui piazzali di deposito (88 piazzali su 23 ettari). Si sono aperti 1534 cantieri, saranno messe a dimora 350 mila piantine, il monitoraggio del bostrico è sostenuto da 229 trappole a ferormoni. Ad oggi il bostrico ha causato 1.470.000 mc. tariffari di danno (-37% su Vaia) e ha colpito oltre 8.000 ettari (- 42% su Vaia). Per i rimboschimenti, dove utili o necessari, si prevede di coprire 200 ettari l’anno con 2/3 specie.

Il dott. Gianmaria Somavilla, direttore dell’Unità operativa dei servizi forestali della Regione Veneto, ha illustrato la realtà del suo ambito lavorativo, le province di Belluno e Vicenza. La Regione è coperta per il 23% da foreste (413.000 ettari) e a causa di Vaia ha subito danni per oltre un miliardo di euro sulla viabilità, 20.000 gli ettari interessati, oltre i 3 milioni i metri cubi di schianti dei quali 1,9 nella provincia di Belluno. I siti valanghivi apertisi coprono 1004 ettari. Il recupero è al 65%, più intenso sull’altopiano di Asiago, più impegnativo, anche per diffusione delle proprietà e la parcellizzazione di queste, nel bellunese. Il bostrico è stato limitato nel 2019 e 2020 causa primavere fredde, invece con il 2021 e 2022 ha trovato diffusione epidemica (in Europa 50 milioni di mc.). Un migliaio sono i nuclei di bosco attaccati, circa 3000 ettari per una cifra superiore al milione di metri cubi di piante morte. Per la sicurezza gli investimenti sono straordinari, si tenga presente che il costo è di 350.000 euro per ettaro e si agisce con una attenzione olistica. Si abbiano presenti le temperature in Veneto. Dal 1993 al 2003 l’aumento medio del decennio è stato di 0,55°C. Senza dubbio incrementi più accentuati nel decennio successivo. Si deve investire in umiltà e avere strategie adattabili, flessibili alle situazioni.

Il dott. Genther Unterthiner dirigente del Servizio foreste della Provincia autonoma di Bolzano, ha illustrato l'azione del Sud Tirolo. Un immediato coinvolgimento degli attori interessati, proprietari privati, aziende del settore, la struttura del servizio che ha così potuto coordinare i lavori e specialmente ripristinare la viabilità dove necessario e seguendo una programmazione specifica. Sono state impiegate da subito 140 aziende boschive, 1100 gru a cavo su 6000 ettari: alla fine si è raccolto 1,6 milioni di metri cubi. stata sottolineata l’importanza del coinvolgimento dei proprietari, per arrivare anche a diffondere consapevolezza e formazione, si è costruita interazione fra aspetti economici e sociali. La Provincia ha investito 14 milioni di euro sulla viabilità forestale, 19 milioni i contributi erogati. I successivi schianti da neve (2019 e 2020) sono stati più impegnativi da raccogliere in quanto distribuiti più diffusamente e meno concentrati, oltre 2 milioni di mc. Ora è necessario trovare una giusta misura per non peggiorare una situazione critica, sostenere misure di intervento anche molto diversificate per zone e funzioni del bosco, quindi anche decidere se fare o non fare.

Il dott. Rinaldo Comino ha illustrato la realtà del Friuli Venezia Giulia, meno omogenea nelle specie arboree di quelle già illustrate, con i danni di Vaia concentrati per lo più nel settore nord occidentale della Regione autonoma. Ha sottolineato come il loro compito sia rivolto a garantire multifunzionalità alla copertura forestale. Su un totale di 330.000 ettari di superficie Vaia ha colpito 3700 ettari causando oltre 800.000 mc. di schianti recuperati al 95% anche grazie all’apporto dei proprietari privati. Come gli altri ambiti il bosco ha poi subito danni per le nevicate del 2019 e del 2020 e ora con l’attacco del bostrico si superano i 200 mila mc. di piante colpite. In soli 5 anni i danni forestali da bostrico sono stati superiori ai 300 mila mc. e una copertura di territorio di 1500 ettari. Ritiene che tanti danni siano dovuti ad un bosco eccessivamente vetusto causa anche l’abbandono della montagna, la polverizzazione delle proprietà, un impianto normativo (eccesso di burocrazia) non più adeguato. Quanto avvenuto e sta avvenendo è un acceleratore di un percorso di modifica strutturale delle foreste, anche causa i danni da bostrico. Per affrontare Vaia la Regione ha investito 4 milioni di euro per 450.000 mc. recuperati, e 2,5 milioni per 80.000 mc. di bostrico. Altro sostegno economico è pervenuto dai fondi del PSR (Piano di Sviluppo Rurale), 8 milioni di euro.

Le buone pratiche: alla ricerca di nuovi equilibri

Nel convegno sono state illustrate alcune buone pratiche nate dall’esperienza di Vaia. Si è consapevoli che i territori abbiano espresso ulteriore ricchezza.

Il dott. Bruno Crosignani, già capodistretto forestale delle valli di Fiemme e Fassa, ha presentato un progetto realizzato in alta quota nella zona di passo Lavazé a protezione della viabilità. Le valli dell’Avisio sono state le più colpite dalla tempesta, 1,5 milioni di schianti su un patrimonio di circa 9 milioni, senza sommare i successivi danni dovuti alle pesanti nevicate. Anche causa la pandemia l’emergenza è stata protratta a tre anni. Ma ci sarebbe stato bisogno di una visione su tempi più lunghi per disporre di ulteriori risorse economiche e umane oltre alla prontezza degli interventi. Anche qui gli interventi a protezione delle valanghe sono stati massicci, specie per la protezione della viabilità. Forse era possibile in alcune zone agire diversamente in quanto laddove si è intervenuti si è provocato un danno importante alla rinnovazione naturale, anche azzerata. Un eccesso di intervento strutturale. Aver lasciato in bosco sul versante di passo Lavazé legname schiantato, in accordo con l’amministrazione comunale, oltre a permettere sicurezza, oltre ad aver difeso la rinnovazione naturale, ha permesso un risparmio in lavori di circa 1,5 milioni di euro. Gran parte di passo Lavazé è stata affidata al recupero naturale del bosco.

La dott.ssa Giada Mearns, insegnante al CFP - ENAIP di Tesero, istituto di formazione professionale del legno che coinvolge studenti anche di aree esterne alla provincia, ha spiegato come intervengano nel trasferire conoscenze agli studenti sulla complessità del bosco. Non solo legno da lavorare, la foresta è entità compartecipe della nostra vita, aria, case, carta, arte, libri e formazione. Gli studenti diventano compartecipi di questa complessità, il futuro falegname conoscerà il percorso intero del legno, dal bosco all’abitazione. Si tratta di una piattaforma di lancio culturale e di lavoro per le generazioni future tesa anche a sostenere le aziende del settore. Si è trasferita loro la percezione di come Vaia ci abbia cambiati, anche nella formazione scolastica e alla fine nella percezione della complessità di vita del legno che si lavora.

L’ambito aziendale è stato ripreso da Albino Angeli della ditta XLAM Dolomiti di Castelnuovo, una azienda che raccoglie il personale dalle scuole e lo rende compartecipe della trasformazione di secondo e terzo livello, lasciando sul territorio di produzione il valore aggiunto più alto possibile. L’azienda lavora oltre 40 mila mc. l’anno, il fatturato si aggira sui 28 milioni di euro, 72 dipendenti. Il tavolame proveniente dalle segherie viene trasformato in pannelli idonei alla costruzione delle case in legno, vi si lavora in tutto il mondo, case alte anche nove piani (ultimo esempio, residenza abitativa a Rovereto, 92 appartamenti, 2500 mc. di legname proveniente da Vaia). Si è costruita la filiera solidale di PEFC, una certificazione capace di legare il territorio, dal bosco alla formazione, dal tavolame al prodotto finito. Per arrivare a lavori come impegnativi anche dal punto di vista artistico come nella galleria Fox Town progettata dall’arch. Botta. Va ricordato che il legno lavorato mantiene una sua strategica funzione: un serbatoio di stoccaggio della CO2.

Non poteva mancare il lavoro nel paesaggio e nel settore agricolo dell’allevamento. Grazie alla dott.ssa Alessandra Gomiero, alla collaborazione con le locali ASUC, alla disponibilità di una azienda agricola locale, il GAL del Trentino orientale, parte del bosco schiantato da Vaia (siamo sull’altopiano di Piné), in una situazione ottimale per pendenze, quota, servizio di viabilità forestale, è stata trasformata in pascolo e altra in area di produzione di foraggio. Come in tutte le precedenti esperienze si affranca un metodo di lavoro condiviso, che coinvolge più attori, che produce reddito in zona: un approccio solidaristico che si rafforza nelle difficoltà. Il pinetano ha subito schianti di Vaia che arrivano a 150 mila metri cubi. Quattro ASUC sono state impegnate nella raccolta del legno, abete rosso e pino silvestre, un valore che si aggira sul milione e mezzo di euro, ma anche una quantità che vanifica le utilizzazioni per i prossimi dieci anni. Oggi le aziende agricole sono efficienti quando riescono ad essere multifunzionali e offrire produzioni tipiche locali. Si è modificata in parte la funzione del territorio, da bosco a produzione agricola in una realtà dove il pascolo è prezioso, copre solo l’11% del territorio. In questo modo Vaia è stata anche una opportunità, per riflettere e per agire, creando lavoro, qualità produttiva e paesaggistica.

E’ in questo contesto che si inserisce l’esperienza raccontata dall’allevatore Andrea Giovannini che a Rizzolaga ha costruito una stalla di Grigio alpine con annesso caseificio.

Attraverso l’ASUC di Sternigo vengono individuati i primi 5 ettari di bosco schiantato da riconvertire a pascolo. L’accordo prevede da una parte il prelievo del materiale abbattuto da parte dell’Amministrazione Separata di Uso Civico e dall’altra la bonifica, la riqualificazione dell’area colpita e la messa a coltura di nuove essenze foraggere da parte dell’azienda zootecnica.

Il risultato è stato un contratto fra l’azienda e l’ASUC di vent’anni durante i quali viene sospeso l’uso civico a fronte dell’impegno dell’azienda zootecnica ad ottemperare alle spese di affitto corrispondenti al valore della ripresa annuale del bosco un tempo caratterizzato dalla presenza di Pino nero.

La seconda parte del progetto riguarda la riqualificazione di una nuova frazione di bosco schiantato di altri cinque ettari nei territori di competenza delle Asuc di Sternigo e Rizzolaga. La concessione di questa nuova bonifica è stata resa possibile grazie alla buona riuscita del primo intervento del quale sono stati valutati i risultati positivi anche in considerazione della presenza in loco di un’azienda zootecnia impegnata nel presidio e nello sviluppo di questo territorio.

In questo modo l’azienda si è dotata di altri 10 ettari di terreni contigui alla stalla adatti allo sfalcio e al pascolo autunnale in linea con le moderne esigenze attinenti il benessere animale. Innegabile il miglioramento logistico ed organizzativo apportato all’impresa che può così contare sull’accorpamento di terreni messi a disposizione grazie alla sensibilità della comunità locale, consapevole della funzione di presidio e manutenzione del territorio assicurato dall’allevatore.

Alla prof.ssa Marta Villa, del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell’Università di Trento, è spettato il compito di riassumere il lavoro della giornata. Partendo dal fatto che gli antropologi oggi vengono chiamati in causa solo dopo avversità, tragedie, catastrofi naturali, quando la loro attività potrebbe essere meglio valorizzata. Ha messo in evidenza come l’intera giornata abbia rielaborato i tanti significati di un bosco con l’evidenza di un ambiente che è nostro partner diretto, la foresta è un nostro mondo. Vi si deve andare dentro, anche rompendo l’involucro, per comprendere, scoprire in profondità. Il legame con il territorio è una scommessa utile e fondamentale per proteggerci, anche quando, doverosamente, la natura la si lascia andare da sola in libera evoluzione, integra, che faccia da sé. Non vi è dubbio alcuno, ha sottolineato, che la giornata abbia rappresentato un valore politico. Il pensiero è stato ecosistemico, si è partiti dalle terre alte per prendersi cura, uniti, della casa comune. Perché questo avvenga è necessario il lavoro di rete, come emerso in tutti gli interventi, la partecipazione a rete, il coinvolgimento. Vi è piena consapevolezza che il patrimonio naturalistico non sia riproducibile, che vada superata la nostra visione solo antropocentrica, è anche evidente come non si sia ancora compresa la complessità della vita naturale, quante conoscenze ci manchino. Come del resto è evidente che il paesaggio è in mutazione, è un polmone vivente, ci accompagna. La percezione del limite non va assunta solo in presenza di catastrofi. La giornata ha messo insieme attori fra loro diversi, nelle competenze e nei ruoli. E’ stata un’oasi di fraternità,che ha fatto emergere il valore profondo del documento elaborato dalle 26 associazioni. Nessuno oggi va lasciato solo, specie chi rimane in montagna. Ora la collaborazione, il dialogo deve arrivare a superare un divario più presente nelle parole che nei fatti, una certa divisione fra montagna e città.

venerdì, 21 ottobre 2022Il primo incontro formativo al Liceo Da vinci di Trento

Alla pace ci si educa.

Nel pomeriggio di oggi venerdì 21 ottobre, alle 16.00, avrà luogo il secondo appuntamento del progetto formativo promosso congiuntamente dal Cantiere di Pace e da Iprase rivolto agli insegnanti attorno agli scenari di guerra che investono l'Europa e il Mediterraneo.

Dopo il primo appuntamento svoltosi venerdì scorso e che ha affrontato le origini, il rinascimento, l'apparire degli stati nazionali, il Novecento e le chiavi di lettura necessarie a leggere il nostro tempo, oggi Giuseppe Ferrandi e Michele Nardelli affronteranno i temi della guerra e della pace, parole tanto evocate quanto rese banali da una trattazione superficiale, come se la guerra fosse la prosecuzione della politica con altri mezzi e la pace assenza di guerra.

Guerre e nuove guerre, elaborazione dei conflitti e riconciliazione, educazione alla cultura della pace e cooperazione, orizzonti (e istituzioni) del diritto internazionale e Costituzione della Terra: saranno questi i nodi che verranno posti all'attenzione dei partecipanti, a loro volta formatori dei futuri cittadini di un tempo sempre più globale.

Il percorso formativo proseguirà con altri tre moduli il 4, l'11 e il 12 novembre dedicati più nello specifico alla didattica della pace.

La sperimentazione di questo percorso formativo e il suo gradimento costituiranno le basi per estenderlo alla normale attività di aggiornamento professionale degli insegnanti nonché ad un'attività di educazione permanente rivolta agli adulti, nelle forme che verranno proposte da associazioni, circoli, gruppi di lettura, ecc. sul territorio (per info 347 4098578).

lunedì, 10 ottobre 2022Bussola

(10 ottobre 2022) Ha preso il via stamane, nella programmazione radiofonica della RSI (la Radiotelevisione Svizzera in lingua italiana), la mia collaborazione con la rubrica “In altre parole”. Per tutta la settimana, a partire dalle ore 8.18, sarò ospite del giornalista Massimo Zenari nell'obiettivo di commentare e di scavare negli avvenimenti che segnano il nostro presente. Una collaborazione nata a partire dalla pubblicazione sulla rivista online “Il Mulino” di una mia riflessione dal titolo “Fra passato e presente. Quel che l'Europa non ha imparato dalle guerre moderne” (https://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=4798).

Ho quindi pensato di proporre cinque immagini che provano ad indicare altrettante chiavi di lettura verso questi “tempi maledettamente interessanti” che stiamo attraversando. Nella prima, quella di oggi, ho cercato di mettere a fuoco questi quasi tre anni di pandemia che hanno lasciato sul campo la vita di oltre 6.522.600 di persone, come una guerra mondiale sulla quale non si è ancora riflettuto adeguatamente. A seguire quella dell'impatto di una crisi climatica e ambientale che ha messo oltremodo in luce l'insostenibilità di un modello di sviluppo fondato sulla crescita senza limiti. Porterò poi l'attenzione sul ritorno della guerra in Europa dopo il dramma balcanico di fine secolo, con conseguenze che già oggi si estendono a livello globale e che potrebbero rivelarsi letali per l'intera umanità. Con la quarta immagine, intendo porre la necessità di leggere il pianeta non più dall'angusta e mortifera visione degli stati nazionali ma attraverso gli ecosistemi, le forme di vita del pianeta che non conoscono confini. Ed infine, l'urgenza di un rilancio dello spazio europeo e mediterraneo, quale orizzonte di un nuovo rinascimento non più incagliato nello scontro di civiltà.

Un viaggio nella contemporaneità e nella sua complessità, che all'inquietudine e allo spaesamento, alla paura e alla chiusura a difesa dei propri privilegi, propone la necessità culturale e politica di uno sguardo diverso capace di indicare altre strade da quelle conosciute e che ci hanno portati sull'orlo dell'abisso.

Averne consapevolezza non è che il punto di partenza, ma se un'agenzia di servizio pubblico come la RSI apre i suoi microfoni ad un pensiero laterale come il mio significa che forse qualcosa si muove e che la strada delle idee può trovare ancora ascolto (m.n.)