"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

24/08/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
Sarajevo, il monumento agli aiuti internazionali
"Si avverte la tua anima". Ci sono cose che fa piacere sentirsi dire, c'è poco da fare. Sara Guelmi è di ritorno da un viaggio nel cuore dei Balcani, fra Bosnia, Montenegro e Kosovo, nei luoghi dove alcuni ragazzi del "servizio civile provinciale" operano in stretta relazione con le attività della cooperazione della comunità trentina.

Per quanto coinvolto, cerco di ascoltare in silenzio le sue parole, per capire quel che in pochi giorni si è portata via da quei luoghi a me tanto cari e dai quali manco da un sacco di tempo. Non è solo nostalgia. Mi mancano le atmosfere balcaniche, l'ironia, i profumi. Mi manca l'accoglienza delle persone che ti avvertono amico, non un cooperante tutto jeep e "progetti Frankenstein". Mi manca lo sguardo che ne viene dal frequentare spazi nei quali puoi cogliere quel che significa il concetto di postmodernità.

In questo caso, è come se nelle parole di Sara ci fosse la traccia di quel che si è cercato di seminare. Ogni tanto penso a questi quindici anni di lavoro appassionato, centinaia di migliaia di chilometri in auto attraverso strade sconnesse, le situazioni talvolta estreme vissute, l'umanità incontrata, la difficoltà di far capire qui quel che andavi cercando in questi luoghi e quel che essi ti trasmettevano.

Penso all'unicità del tempo e non ho dubbi sul fatto che quello trascorso nel cercare di entrare in sintonia con questa parte d'Europa è stato ben speso. E questo vale oltre le stesse associazioni che ho contribuito a costruire. Ovviamente fa piacere veder giovani (e meno giovani) appassionarsi al lavoro di tessitura di relazioni, così come spiace veder smarrita l'originalità che faceva di queste relazioni un contributo di innovazione nel panorama di una cooperazione internazionale che non ha più nulla da dire.

Perché ci tengo a sottolineare che in questi quindici anni abbiamo imparato a percorrere un'altra strada, diversa dalla logica paternalistica (e neocoloniale) dell'aiuto ma anche dal narcisismo dell'emergenza. Logiche che permangono ancora oggi come tratto caratterizzante di tante esperienze di volontariatoi e di chi proprio non riesce, pur avendo responsabilità politiche, ad andare oltre la solidarietà. E sono contento che questo diverso tratto emerga nello sguardo di altri, di Sara in questo caso.

E' questo sguardo sul mondo, l'anima di una cooperazione che si fonda sulle relazioni, che vorremmo trasmettere in un percorso formativo rivolto ai ragazzi del servizio civile che intendiamo progettare con Sara, perché rimanga loro come portato di un'esperienza di vita e magari anche professionale. Uno sguardo curioso, che eviti di costringere gli avvenimenti dentro i propri schemi interpretativi anche quando - a saper vedere - li mettono profondamente in discussione. E' la disposizione al cambiamento, cosa che non si smette mai di imparare.

 

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