«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene

Europa e Mediterraneo

Di sovranismo, produzioni belliche e … inversione morale
Smarrimento

«Tempi interessanti» (70)

Fincantieri e sovranismi, produzioni civili e militari, migranti e codici di comportamento stabiliti dai governi per le organizzazioni non governative ... Un'inversione morale che racconta di un tempo smarrito, dove il genocidio che si consuma nel Mediterraneo viene scambiato per un problema di ordine pubblico o tutt'al più come emergenza umanitaria. Dove la politica rincorre il consenso. Nel quale l'ignoranza e la paura devastano le coscienze, creando un terreno diffuso di guerra fra poveri, a difesa di quel che si ha. E dove – tragica beffa di questo tempo – inclusi ed esclusi a guardar bene la pensano allo stesso modo.

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Alle radici dell'Europa
Biblioteca nazionale Sarajevo 1992

Nel pomeriggio di venerdì 22 settembre sono stato a Modena per un momento di formazione rivolto ai partecipanti al viaggio di studio per insegnanti (e non solo) che la settimana prossima accompagnerò per le strade della Bosnia Erzegovina. Devo dire che trovare una così forte attenzione verso il mio racconto sul cuore dell'Europa, sulle vicende che hanno tragicamente segnato gli anni '90 del secolo scorso e su quel che avremmo dovuto imparare per abitare più consapevolmente il nostro tempo mi conforta e mi convince oltremodo del valore dello studio e dell'apprendimento permanente. Ci avevo fatto anche una legge provinciale, la n.10 del 2013. Chissà in questo vuoto di cultura istituzionale che fine avrà fatto...

 

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Memorie di guerra e scenari di pace in Bosnia Erzegovina 25 anni dopo (1992 - 2017)

Viaggio studio per insegnanti - 27 settembre / 2 ottobre 2017 - promosso dall'associazione culturale "Appena-appena" in collaborazione con l'Istituto Storico della Resistenza e di storia contemporanea di Modena.

Questo viaggio dà la possibilità di conoscere un paese di straordinaria bellezza, la Bosnia Erzegovina, terra di frontiera nel cuore d’Europa, ponte fra Oriente e Occidente, dove hanno vissuto una accanto all’altra la religione cattolica e l’ortodossa, l’islamismo e l’ebraismo. Qui nasce e muore il Novecento: a Sarajevo il 28 giugno 1914 con l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando, che fungerà da pretesto alla scoppio della Prima Guerra Mondiale, e, ancora a Sarajevo, con l’assedio subito dal ’92 al ’96.

Il mercato globale, i territori e la voglia di autonomia
Barcellona

di Aldo Bonomi *

«Omaggio alla Catalogna» scriveva George Orwell. Dovrei essere contento, ancorato come sono al territorio con il racconto e le riflessioni ed il continuo ricordare agli attori economici e politici-istituzionali, in tempi di reti hard e soft, di volgere lo sguardo verso il basso, non solo a guardare ai flussi ma al loro impatto ed effetto nei luoghi, nelle città, nel contado, nelle smart land della provincia e nelle regioni. Eppure c’è sempre qualcosa che mi fa preoccupato, che mi rimanda alla crisi delle forme di convivenza, quando il territorio vola nel cielo della politica saldandosi al nodo dell’identità. Convinto come sono che l’identità, anche se densa di storia, come nel caso della Catalogna, va ricercata più nella relazione che nel rinserramento.

 

Catalogna, tra repressione e possibili scenari
Catalogna

 

Se ancora è ignoto se il primo ottobre si voterà o meno, di certo il violento intervento del governo centrale, con decine di arresti, ha alzato il livello dello scontro e rafforzato la causa degli indipendentisti. La polarizzazione Madrid vs Barcellona rilancia Podemos e Ada Colau che mantengono una posizione di mediazione: diritto di decidere dei catalani nell’ambito però di uno Stato spagnolo plurinazionale.

di Steven Forti

Il 20 settembre potrebbe essere uno di quei giorni che cambia il corso degli eventi. Nella crescente tensione tra il governo spagnolo e quello catalano in vista del referendum unilaterale di autodeterminazione convocato dal Parlamento di Barcellona per il prossimo 1 ottobre, la Guardia Civil – la polizia spagnola – ha perquisito una dozzina di sedi del governo regionale catalano, requisito materiale relativo all’organizzazione del referendum e arrestato 14 alti funzionari della Generalitat catalana.

Nei giorni precedenti aveva proibito conferenze a favore del referendum, perquisito alcuni giornali e magazzini in cui si sarebbe stampato materiale necessario alla realizzazione della consultazione e chiamato a dichiarare gli oltre 700 sindaci che avevano dato la loro disponibilità per l’1 ottobre. Il premier Mariano Rajoy ha deciso di usare la mano dura con l’obiettivo di dimostrare che lo Stato spagnolo non tollererà oltre la sfida unilaterale catalana. “Non si terrà nessun referendum”, aveva ripetuto il leader del Partido Popular: “difenderemo lo Stato di diritto con tutti i mezzi che ci dà la Costituzione. Anche quelli che non vorremmo usare”. E dalle dichiarazioni è passato ai fatti. L’obiettivo? Che non si realizzi il referendum. E, da questo punto di vista, sembra che ci sia riuscito: con che schede elettorali andranno a votare i catalani l’1 ottobre? Dove ci saranno delle urne? Che seggi apriranno? Ma quella di Rajoy sarà, molto probabilmente, una vittoria pirrica.

Catalogna: verso la dichiarazione unilaterale d’indipendenza?
Crisi catalana

Entrambi i governi stanno gettando benzina sul fuoco, chi con la dichiarazione unilaterale d’indipendenza chi con l’uso della mano dura. Un’impasse che potrebbe avere conseguenze pesanti per tutti. Perché la crisi catalana è una declinazione della crisi di Stato che sta vivendo la Spagna. E può risolversi solo rinnovando il patto costituzionale del 1978. Ma per farlo serve il dialogo.

di Steven Forti

(6 ottobre 2017) Muro contro muro. Questo in sintesi è il riassunto della situazione catalana. Il governo di Mariano Rajoy continua arroccato nella difesa della legge e della Costituzione, mentre quello catalano tira dritto verso una dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Non c’è dialogo. Non c’è mai stato. Perché è sempre mancata la volontà politica. La Politica, con la P maiuscola, è stata e continua ad essere inesistente, almeno tra le classi dirigenti di Barcellona e di Madrid. Ognuno responsabilizza l’altro, senza proporre nulla, senza offrire una via di fuga a un’impasse che potrebbe avere conseguenze pesanti per tutti. In primis, per la società.

È indubbio che il referendum dell’1 ottobre ha segnato un prima e un dopo nella questione catalana. L’entrata in scena della violenza inaccettabile della Guardia Civil e della Policía Nacional contro cittadini inermi – si calcolano oltre 900 feriti – che opponevano solo e unicamente resistenza pacifica ha cambiato le carte in tavola, mobilitando la cittadinanza e internazionalizzando la questione catalana. Ieri due importanti banche (Sabadell e La Caixa) hanno deciso di spostare la loro sede fuori dalla Catalogna, cosa a cui anche molte imprese e multinazionali stanno pensando. Le immagini che hanno fatto il giro del mondo hanno reso quello catalano un affare che non è più solo spagnolo, ma è anche europeo.

Questione palestinese, un cambio di prospettiva s'impone
Palestina, inizio Novecento

Un pomeriggio fitto di testimonianze e visioni di futuro... quello svoltosi sabato scorso 1 ottobre 2016 all'Università di Trento nel convegno “Scenari di guerra. Spiragli di pace” promosso dall'associazione Pace per Gerusalemme in collaborazione con il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. L'intensità del confronto e l'elevato numero di interventi ha fatto sì che la seconda parte dell'incontro abbia costretto i relatori a stringere in pochi minuti il loro pensiero. Consegno quindi a queste pagine il tema che avrei voluto sviluppare se il tempo fosse stato meno tiranno.

di Michele Nardelli

E' difficile parlare della situazione in cui si trascina quella che Nelson Mandela ebbe a definire “la questione morale del nostro tempo” – ovvero la questione palestinese – a prescindere dal contesto regionale del vicino Oriente. Ed è proprio la non soluzione del conflitto fra israeliani e palestinesi a fare da sfondo ad un caos generalizzato, figlio di un tempo nel quale il passato incombe ed il futuro fatica a delinearsi, quel “non più e non ancora” che segna un passaggio della storia che ci richiede nuovi approcci.

… e la sinistra che fa? Spunti per un dibattito "territoriale"
Reticolati

Idee ricostruttive della sinistra interetnica

di Vincenzo Calì

(19 agosto 2017) La cartina di tornasole dei rapporti fra i vicini/lontani che abitano il bacino dell’Adige virerà in rosso se alle celebrazioni del 4 novembre 2018 si inneggerà ancora alla vittoria dagli uni e alla perdita della libertà per gli altri. Lasciare in quella data a bersaglieri tirolesi e alpini il compito di firmare, in nome della comune patria europea, le nuove “compattate”, e assumere, da parte della sinistra, la data del centenario come momento di riflessione su di una guerra che, attraversando la comunità regionale, fu così devastante da travolgere insieme agli uomini la natura stessa, come ci ricorda lo storico Diego Leoni nella sua “Guerra verticale”.

Dell’assenza politica della sinistra, su questi temi, è testimone la cronaca quotidiana: “La forza dell’Euregio? Non pervenuta. I rapporti privilegiati con l’Austria? Svaniti”. Sono le parole forti di Faustini a commento dell’intenzione austriaca di resuscitare il confine del Brennero. Quel confine, inventato da Tolomei, che nemmeno gli imperatori Augusto e Napoleone si erano sognati di tracciare, torna sulla scena, come ai tempi dell’italietta sabauda; “torniamo allo statuto!” è la parola d’ordine che la sinistra deve fare propria, riecheggiando l’implorazione sonniniana vecchia di un secolo, dove per statuto si intende non l’albertino, ma il degasperiano, quello che mise in sicurezza la convivenza fra le genti dell’alto bacino dell’Adige e che è ancora ben lungi dal compiere il secolo di vita.