"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Europa e Mediterraneo

Brennero e il senso del limite da ritrovare
Confini

 

di Federico Zappini *

(27 febbraio 2016) In molti hanno detto la loro sabato scorso al  Brennero. Silvano Bert – con la consueta pacatezza – ha saputo centrare meglio di tutti la questione. “Non credo che i confini si possano abolire, perchè confine può voler dire anche avere un territorio in comune. Io sono qui per favorire il dialogo.” Le sue parole sono un monito, un avvertimento per un dibattito che, nato dentro i codici emergenziali imposti del contesto politico e sociale di questo tempo, si pretende (a torto) di poter risolvere con interventi anch’essi di natura emergenziale. Alzare solidi muri da un lato, rivendicare l’abbattimento di ogni limite dall’altro. Due letture eccessivamente semplificate, che non ci aiutano nella comprensione di una fase storica di rara complessità come quella che stiamo affrontando.

La corsa degli Stati europei a costruire barriere “anti-profughi” sulle proprie linee di confine, il costante richiamo a sovranità da riaffermare (nel caso Brexit, un pericoloso precedente), l’assenza di visione comune su qualsiasi tema sono sintomi di un malessere che non ha più le caratteristiche della difficoltà passeggera ma della crisi strutturale, di progetto e di valori. L’Europa diventa quindi automaticamente soggetto terzo da sé con il quale trattare per la difesa dei propri interessi o – nel peggiore dei casi – contro il quale scagliarsi per denunciarne l’inefficienza o l’inutilità, diagnosticandone la fine. “Gli anni spensierati sono alle spalle” afferma in una bella lettera Andrea Seibel, descivendo l’attuale stato dell’Unione.

Se rinascono le frontiere
Brennero

di Gabriele Di Luca *

(15 febbraio 2016) Purtroppo non è andata come molti di noi speravano. Prima data in modo confuso, contraddittorio, allarmato e allarmante, adesso la notizia è che al Brennero, com’è già accaduto a Spielfeld, il piccolo comune al confine tra Austria e Slovenia, verrà allestita una barriera per contenere il flusso dei profughi. Si tratta della rivelazione che straccia un’illusione cullata a lungo. Recuperandone la nobile espressione originaria, risalente al testo del Manifesto di Ventotene redatto da Altiero Spinelli, parliamo ovviamente della “definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani”. A ben guardare un processo sempre e solo annunciato, quindi regolarmente smentito soprattutto allorché ci è parso scontato.

Una nuova narrazione per l’Europa. Con Mauro Berruto
Stadi

Una bella intervista pubblicata nel blog www.ultimoeuropeo.wordpress.com

di Federico Zappini

L’aspetto più interessante di poter chiacchierare con Mauro Berruto è la dimensione poliedrica della persona che si ha di fronte. Affermato allenatore, fino alla panchina della nazionale maschile italiana di volley. Narratore e formatore, alla guida da qualche mese della Scuola Holden di Torino. E ancora, curioso e attento osservatore dei contesti sociali connessi – e non – al mondo dello sport. Ognuno di questi “mondi” riesce a emergere dentro le sue parole e rende l’insieme delle riflessioni che ha condiviso con “Ultimo Europeo?” utilissimo a tracciare un bilancio degli Europei di calcio conclusi lo scorso 12 luglio. Non solo racconto dell’avvenimento calcistico ma anche uno sguardo alle tensioni sociali delle nostre società, alle crisi economica e politica che colpiscono l’Europa, all’approccio complesso al tema dell’identità e dell’incontro con l’Altro.

 

L'Europa politica o quella della sovranità degli stati nazionali? A proposito della visita a Ventotene di Matteo Renzi...
Federalisti europei

«Tempi interessanti» (35)

(31 gennaio 2016) Ho apprezzato che il premier Renzi si sia recato, al ritorno dall'incontro con Angela Merkel, sull'isola di Ventotene per rendere omaggio agli estensori del Manifesto “Per un'Europa libera e unita”, il manifesto dei federalisti europei scritto nell'esilio del 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni.

Gli atti simbolici hanno certamente un forte valore evocativo e Matteo Renzi lo sa. Nel 2011, in occasione del 70° anniversario della stesura del “Manifesto”, come presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, proposi al Consiglio Provinciale di recarsi in delegazione proprio a Ventotene per ricordare le radici culturali del progetto europeo. La risposta fu imbarazzante...

In Egitto, la seconda vita dei sindacati indipendenti
Giulio Regeni

L’ultimo reportage di Giulio Regeni, su un’affollata assemblea di uomini e donne per la libertà. Iniziative popolari e spontanee rompono il muro della paura nato dopo la speranza della primavera araba.

(5 febbraio 2016) Oggi il Manifesto pubblica l'ultima corrispondenza di Giulio Regeni, dedicata alla realtà dei sindacati indipendenti in Egitto. Come sapete nei giorni scorsi Giulio è stato assassinato e il corpo martoriato dai segni della tortura gettato lungo una strada nella periferia del Cairo. In altri articoli pubblicati in passato da il Manifesto, Giulio Regeni si era firmato per prudenza con uno pseudonimo, dicendo esplicitamente agli amici di temere per la sua sicurezza personale. Che Giulio sia stato vittima della feroce repressione militare in vigore in quel paese dopo il golpe militare che ha deposto il legittimo governo è piuttosto evidente, anche per i tentativi di depistaggio con i quali la polizia ha cercato di ascrivere la morte del giovane ricercatore ad un incidente automobilistico. Ora non c'è che da augurarsi che la verità venga a galla e che la comunità internazionale s'interroghi sulla natura della lobby di potere che governa questo paese cruciale nel quadro del vicino Oriente. Riprendo il testo dell'articolo come un piccolo omaggio verso l'impegno di Giulio e le cose in cui credeva questo giovane studioso.

di Giulio Regeni

Al-Sisi ha ottenuto il controllo del parlamento con il più alto numero di poliziotti e militari della storia del paese mentre l’Egitto è in coda a tutta le classifiche mondiali per rispetto della libertà di stampa. Eppure i sindacati indipendenti non demordono. Si è appena svolto un vibrante incontro presso il Centro Servizi per i Lavoratori e i Sindacati (Ctuws), tra i punti di riferimento del sindacalismo indipendente egiziano.

Unione europea: il crollo
Europa e fango

Viviamo giorni drammatici, che ricordano i tempi del 1989, quando tutto cambiò con estrema rapidità. E vi sono inquietanti similitudini con il crollo della Jugoslavia. Un commento del corrispondente da Capodistria di Ossrevatorio Balcani Caucaso (www.balcanicaucaso.org)

(28 gennaio 2016) La sensazione di essere arrivati al capolinea oramai è netta. Le cose corrono veloci. Non accadevano con tanta rapidità dal 1989, quando a crollare era stato il muro di Berlino. Troppo inquietanti le similitudini con la caduta di un altro impero, quello jugoslavo, per evocarle. Ma l’inefficienza delle istituzioni europee, l’incapacità di prendere decisioni rapide e di gestire la crisi fanno tirare un sin troppo facile parallelo con la presidenza collegiale e il governo della federazione jugoslava.

Voglia di muri

Intanto, non senza un certo entusiasmo e con un ampio consenso popolare, cresce in tutto il continente la voglia di sicurezza e di barriere protettive. Chiudersi per difendersi da immani pericoli che potrebbero sconvolgere per sempre la tranquilla vita di ogni giorno. Una nuova cortina di ferro sta nascendo e si fa strada la consapevolezza che se il filo spinato dovesse essere sostituito da una struttura di cemento armato con tanto di torrette di guardia, nessuno si lamenterebbe più di tanto.

Se solo un anno fa  qualcuno avesse ipotizzato che un reticolo sarebbe stata eretto ai confini o che sarebbero stati ripristinati i controlli di frontiera tra i paesi dell’Unione sarebbe stato preso per pazzo. Oppure nessuno avrebbe potuto credere che governi democratici  avrebbero preso seriamente in considerazione l’ipotesi di sequestrare i beni dei profughi per pagare le loro spese di mantenimento.

Istanbul, il giorno dopo la bomba
Foto di Mattia Panciroli

Nel cuore di Istanbul, dove la norma è vitale caos, il giorno dopo l'attentato a Sultanahmet regna un silenzio inquietante. Le conseguenze della bomba nel racconto del corrispondente di Osservatorio Balcani Caucaso

di Dimitri Bettoni *

(14 gennaio 2016) Camminare per le strade di Istanbul, lungo il lastricato di Sultanahmet, il giorno dopo. Vedere la città che cerca di ricominciare, pur ancora stordita, confusa, impaurita. Istanbul è mescolanza di odori, voci e colori, qui caos significa casa. Il vuoto ed il silenzio, invece, inquietano.

Mancano le code davanti a Santa Sofia e alla Basilica Cisterna, il frenetico andirivieni dei camerieri nei locali, manca persino l'assalto dei proprietari dei ristoranti, lo ammetto, solitamente quasi molesto, che provano a trascinarti ai loro tavoli. L'invito, se arriva, è apatico, sono molto di più gli occhi puntati verso le strade semivuote, le mani incrociate dietro la schiena, gli sguardi al cielo plumbeo che rotola sul Bosforo che ribolle.