«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene
Nel cuore di Istanbul, dove la norma è vitale caos, il giorno dopo l'attentato a Sultanahmet regna un silenzio inquietante. Le conseguenze della bomba nel racconto del corrispondente di Osservatorio Balcani Caucaso
di Dimitri Bettoni *
(14 gennaio 2016) Camminare per le strade di Istanbul, lungo il lastricato di Sultanahmet, il giorno dopo. Vedere la città che cerca di ricominciare, pur ancora stordita, confusa, impaurita. Istanbul è mescolanza di odori, voci e colori, qui caos significa casa. Il vuoto ed il silenzio, invece, inquietano.
Mancano le code davanti a Santa Sofia e alla Basilica Cisterna, il frenetico andirivieni dei camerieri nei locali, manca persino l'assalto dei proprietari dei ristoranti, lo ammetto, solitamente quasi molesto, che provano a trascinarti ai loro tavoli. L'invito, se arriva, è apatico, sono molto di più gli occhi puntati verso le strade semivuote, le mani incrociate dietro la schiena, gli sguardi al cielo plumbeo che rotola sul Bosforo che ribolle.
Dalla Spagna un messaggio a favore di politiche coalizionali
di Alessandro Branz
(24 dicembre 2015) I vari commenti che in questi giorni si sono susseguiti sulle elezioni spagnole hanno sottolineato l’affermazione di due forze nuove come “Podemos” e “Ciudadanos” e la (forse non temporanea) fine del bipartitismo che ha retto la Spagna negli ultimi decenni. Soprattutto Podemos merita attenzione, non solo per la novità in sé, ma perché si tratta di un fenomeno rivelatore di una linea di tendenza che, per lo più, soprattutto in Italia, viene ignorata o non presa nella dovuta considerazione.
Podemos, infatti, nonostante le sue origini movimentiste e profondamente critiche nei confronti della classe politica, ha poco o nulla a che vedere con il populismo “anti-politico” di talune forze anche italiane (si veda il Movimento 5 Stelle), né si propone come alternativa totalizzante al sistema dei partiti, ma anzi si sta dimostrando (perlomeno per ora) una forza disponibile ad entrare nel gioco politico-istituzionale e ad appoggiare, anche a livello governativo e pur a certe precise condizioni, una fase di “compromesso” finalizzata a guidare la Spagna in una fase di difficile transizione.
Un'attenta analisi dell'esito delle elezioni politiche in Spagna. Grazie Steven.
di Steven Forti
(22 dicembre 2015) Le elezioni spagnole del 20 dicembre hanno segnato l’inizio di una nuova tappa politica per il paese iberico. È finito il tempo delle maggioranze assolute, dei governi monocolore e del bipartitismo imperfetto. Vince il Partido Popular di Mariano Rajoy, mentre il PSOE di Pedro Sánchez mantiene il secondo posto, ma entrambi perdono moltissimi voti e seggi. Entrano con forza nelle Cortes di Madrid Ciudadanos e soprattutto Podemos, il vincitore morale di questo appuntamento elettorale. Ora inizia un tempo nuovo e incerto. Gli scenari possibili sono tre: un’alleanza di sinistra ampliata sullo stile portoghese, una grosse koalition alla tedesca o nuove elezioni.
Tracollo di Rajoy, rimonta di Podemos
Come nel vicino Portogallo, la destra che ha governato la Spagna negli ultimi quattro anni, applicando dure politiche di austerity, si è mantenuta primo partito in un appuntamento elettorale che ha visto crescere la partecipazione (73,2%) rispetto al 2011 e diminuire l’astensionismo (26,8%). Ma ancor più di Passos Coelho, i popolari di Rajoy, con il 28,7% dei voti e 123 deputati, hanno subito un tracollo considerevole, perdendo oltre 3,6 milioni di voti e ben 63 deputati. I socialisti guidati da Pedro Sánchez hanno tenuto meglio del previsto: 22% e 90 deputati, perdendo comunque 1,5 milioni di voti e 20 deputati. È il loro peggior risultato dalla fine della dittatura franchista. Ma è il bipartitismo nel suo complesso ad essere in crisi: se nel 2011 PP e PSOE sommavano il 73% dei voti (296 seggi), ora superano di pochissimo il 50% (213 seggi). Non è un crollo, questo è certo, ma è una caduta che pare non aver toccato fondo, iniziata con le elezioni europee del 2014 e continuata con le amministrative di maggio e le regionali catalane di settembre.
Un modo diverso per seguire gli europei
https://ultimoeuropeo.wordpress.com/
«La vita che ci circonda è priva di concetti ordinatori. I fatti del passato, i fatti delle singole scienze, i fatti della vita ci sovrastano disordinatamente. La filosofia comune e le discussioni giornaliere o si accontentano di frasette liberali di una fede infondata nella ragione e nel progresso oppure si inventano il famoso feticismo dell’epoca, della nazione, della razza, del cattolicesimo, dell’uomo d’intuito, il cui comune elemento negativo è una critica emotiva contro l’intelletto e l’elemento comune positivo è il bisogno di un supporto, di gigantesche ossature fantomatiche, a cui si possono appendere le impressioni, l’unica cosa di cui siamo ancora costituiti».
Robert Musil, “Europa inerme”, 1921
di Federico Zappini
E’ dentro uno scenario paragonabile a quello che Robert Musil descriveva all’inizio del secolo scorso che ci stiamo muovendo. “E’ come nuotare sott’acqua in un mare di realismo, trattenendo il respiro, ostinatamente, ancora un po’ più a lungo: semplicemente con il pericolo che il nuotatore non riemerga più.” Non abbiamo alle spalle una guerra mondiale (anche se scenari di guerra non mancano a ogni latitudine) ma siamo in una fase storica di transizione caotica e spesso violenta.
(7 dicembre 2015) Quando lo capiremo che innalzare le bandiere nazionali in un contesto che richiede visione globale e territoriale è una grande sciocchezza? Che il nazionalismo è stato il delirio del Novecento, ovvero del secolo degli assassini, nel quale sono morti in guerra un numero di persone tre volte maggiore che nei 19 secoli precedenti? Che rispondere con la Marsigliese al terrorismo significa guardare ad un contesto nuovo con lo sguardo rivolto ad un passato che ha lasciato una inquietante eredità? Che la “grandeur” è l'opposto del progetto europeo? Che la logica delle armi ha prodotto immani disastri nel mondo intero di cui oggi paghiamo le conseguenze? Che la sinistra guerrafondaia degli Holland e dei Blair (come del resto quella dei Chavez e dei Maduro) è parte del problema? ...
(20 settembre 2015) A spoglio elettorale in Grecia ancora in corso il risultato appare comunque inequivocabile, Syriza ha nettamente vinto le elezioni. Nonostante l'intransigenza di un'Europa che si è dimostrata subalterna agli interessi degli stati nazionali, la sfiducia crescente di un paese che è andato alle urne per tre volte in nove mesi, una crisi che impatta una società già ampiamente provata sul piano economico e sociale (e che ha conosciuto per settimane la chiusura delle banche), la scissione della parte più radicale del partito, nonostante infine l'esito di una estenuante trattativa in sede europea che ha imposto ai greci nuovi sacrifici, Syriza ottiene praticamente gli stessi voti in percentuale del gennaio scorso portando il partito di Tsipras a pochissimi seggi dalla maggioranza assoluta in Parlamento.