«Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani»<br/> Manifesto di Ventotene

Lettere

Pensare e agire altrimenti
Inverno 2020

di Federico Zappini *

 

Agitu è morta.

Tutto intorno la montagna buia d’inverno, ancora più silenziosa sotto la spessa coltre di neve fresca e dentro un tempo che al distanziamento ci ha drammaticamente abituati. Ci sentiamo – inutile negarlo – disorientati come nel bosco fitto nel bel mezzo di una bufera. Persa un’esperta e attenta compagna di viaggio, una guida per molti versi, le tracce del sentiero per attraversare la selva si fanno meno chiare. Il nostro passo è incerto, il pensiero confuso, la vista sfocata.

Agitu è stata uccisa.

Spaesati ci troviamo a fare i conti con un atto brutale che interrompe il flusso denso e multiforme di un’esistenza, quella di Agitu, posta nel mezzo di una costellazione composita di centinaia di uomini e donne, attivate e partecipi dentro un campo energetico che in lei aveva il fulcro più vitale e contagioso.

Spazi interrotti.

Si è incrinato uno spazio di possibilità che aveva nell’ibridazione – culturale e imprenditoriale, di genere e di identità – il suo valore aggiunto di innovatività, la sua anima concretamente utopica, la sua quotidiana e faticosa – e perché no, talvolta anche incoerente – prassi operativa e trasformativa. Un margine abitato e reso abitabile, per dirla con Bell Hooks, che non è confine che separa ma soglia verso ciò che potrebbe essere. Resistenza e desiderio, che devono confrontarsi con la natura imperfetta e mai pacificata della natura umana. Essere molteplice e non statico, in costante trasformazione. Un ridefinirsi che gode degli incroci tra diversità e non nega la dimensione conflittuale.

L'altro 'Gigante dello Stretto'
Acquarello di Gianfranco Neri

(17 novembre 2020) Se riconosciamo questo tempo come cupo e interessante, non possono che accadere cose così, cupe e interessanti. Di quelle cupe (ahimè prevalenti) ne parliamo – più o meno a dovere – in ogni momento.

Oggi vi voglio parlare di una bella storia che mi riempie di gioia e che mi dice che malgrado le avversità ne vale la pena, che quel che si fa sul piano dell'impegno insieme esigente e disinteressato, così estraneo alle cose di questo mondo, può essere riconosciuto. Anche là dove forse meno te lo aspetti, considerato che si è sempre un po' stranieri in patria e che il rapporto fra società civile, politica e istituzioni è spesso segnato da condizionamenti di potere.

Il fatto è che la realtà talvolta ci sorprende, nella sua complessità e nella ricchezza di sfaccettature. E così può accadere che a Reggio Calabria vinca le elezioni comunali la coalizione guidata da Giuseppe Falcomatà e che nella formazione della Giunta comunale venga chiamato come vicesindaco una persona come il professor Tonino Perna, un amico con il quale ho condiviso idee, valori e una parte importante del nostro sguardo sul mondo.

Preparare il tempo
Cammino

di Francesco Picciotto

(11 novembre 2020) Si approssima la stagione invernale. E per la prima volta nella mia vita ho la sensazione che questa possa rappresentare l'inverno del cuore e dell'anima ancora prima di essere l'inverno del corpo. Neanche l'apice solstiziale costituisce più una consolazione e una speranza di luce e apre semmai ad un tempo che non riusciamo a decifrare né a prefigurare e che per questo ci lascia spaventati ed attoniti.

In questo tempo senza precedenti in un'ottica generazionale veniamo spinti collettivamente al di sotto del livello di bisogni al quale la maggior parte di noi era abituata e questo ci catapulta in una nuova condizione in cui paure e certezze, gioie e dolori, nella loro contrapposizione agli estremi di una forbice molto più ampia, hanno un'intensità nuova. Non sono più impregnati da quel tepore proprio di un'umanità che si situa molto in alto nella piramide di Maslow, ma sono semmai caratterizzati da temperature estreme che ci sottraggono dalla fascia temperata del nostro pianeta e ci gettano, senza alcuna preparazione, in un angolo del nostro universo, stretti fra la temperatura di Plank e lo zero assoluto delle nostre nuove emozioni.

 

Conversazione sulle elezioni comunali di Trento
Le Camalghe

Care amiche e cari amici,

come sapete il 20 e il 21 settembre prossimi (salvo imprevisti) si vota a Trento per il rinnovo del Consiglio Comunale. Queste elezioni – che avrebbero dovuto tenersi nello scorso mese di maggio ma che la pandemia ha fatto slittare – sono un passaggio importante per la nostra città e non solo.

Trattandosi di elezioni comunali il voto ci dirà quel che i nostri concittadini pensano della loro città, di come è stata amministrata, del suo essere stabilmente ai primi posti delle classifiche sulla qualità del vivere in Italia ma anche delle sue contraddizioni e di come potrebbe cambiare.

Il voto nel capoluogo porta con sé anche altre implicazioni. Non possiamo non cogliere che si tratta del primo test elettorale locale dopo il voto che nell'ottobre 2018 ha consegnato il Trentino nelle mani della destra. E che saranno le prime espressioni di voto “dopo” (ma occorre prudenza considerato che a livello globale siamo nel periodo della sua massima espansione) la tragedia del Coronavirus.

Pensieri per un cambio di paradigma
il logo dell'incontro

Care amiche e cari amici,

questa nota viene inviata a tutte le persone che in vario modo hanno partecipato agli itinerari / incontri del “Viaggio nella solitudine della politica” (www.zerosifr.eu).

Un viaggio iniziato nella primavera del 2017 con l'intento di indagare pensieri e politiche attraverso i tanti limes europei e mediterranei che hanno segnato e segnano la storia e il nostro tempo.

C'eravamo ripromessi di concludere questa navigazione nel corso del 2020 ma l'insorgere della pandemia ci ha costretti ad interrompere la programmazione che prevedeva gli ultimi quattro itinerari (Apulia, il ponte verso il vicino Oriente; Andalusia, lungo le tracce del califfato e del Don Quijote; il tratto di mare fra la Sicilia e la Tunisia; I luoghi simbolici del delirio del Novecento, da Verdun e la Ruhr, ad Auschwitz per giungere a Chernobyl). Non sappiamo se nei prossimi mesi ci saranno le condizioni per realizzarli, ma in ogni caso – realmente o in maniera virtuale – quelle strade e quei luoghi rientreranno nelle riflessioni di questa nostra piccola comunità di pensiero.

Perché è forse questo – una piccola comunità di pensiero – l'esito di questo viaggio senza meta. Non necessariamente un pensiero comune, ma un comune interrogarsi sulle categorie con cui leggiamo il nostro tempo e la curiosità verso i percorsi individuali e collettivi che lo abitano. E poi il viaggio, come una forma politica collettiva che, a pensarci bene, ha segnato la storia dell'umanità ma che si è andata smarrendo nei rituali come nella metamorfosi della politica.

 

Cittadini adulti, sudditi bambini
Paternalismo

L'amica Daniela di Modena mi segnala questo suo intervento intorno alla vicenda Covid 19 e ai rischi che l'epidemia si porta appresso. Che volentieri riprendo.

di Daniela Tazzioli *

Fin dal primo giorno di questa epidemia, mentre il governatore della mia regione, Stefano Bonaccini era indeciso se chiudere le scuole o no il 24 febbraio e rimandava dal venerdì al sabato, dalla mattina al pomeriggio, da un'ora all'altra, il suo annuncio in merito, avevo la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato nella comunicazione, che non faceva altro che alimentare confusione e panico. Questo stile poi si è ripresentato non solo in Regione, ma soprattutto a livello centrale nella gestione della comunicazione sull'epidemia e se, nella prima fase, era comprensibile per via dell’impreparazione, della confusione alimentata dall’incertezza, nelle settimane successive è diventato, prima per chi come me ha qualche strumento interpretativo e una certa sensibilità linguistica, poi anche per chi è meno attrezzato, davvero insopportabile.

 

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Perché proprio qui?
Bergamo. La colonna di camion dell'esercito per trasportare le salme dei defunti

Raccolgo dal sito www.rivistailmulino.it questa “Cartolina da Bergamo” che mi è stata segnalata dall'amica Luisa.

di Paolo Barcella*

(18 marzo 2020) Vivo nell'epicentro del contagio, a pochi chilometri dall'ospedale di Alzano, cuore del disastro bergamasco. Mi limito a fornirvi qualche dato sul presente in cui vivo, molto materiale, qualora non vi fosse giunto proprio tutto, da Bergamo.

I morti – come sostiene anche il sindaco Giorgio Gori – sono molti più di quelli che vengono conteggiati, perché non tutte le persone che muoiono hanno avuto un tampone. Infatti, già da domenica 8 marzo, gli ospedali della città non riescono più a ricoverare tutti, quindi c'è chi resta – o viene fatto rimanere – a casa a curarsi l'infiammazione fino a quando può. I morti sono così tanti che il crematorio di Bergamo non regge i ritmi e sono terminate le scorte di urne funerarie. Il padre di un fraterno amico rianimatore è morto il 13 marzo e ha avuto come data per la cremazione il 23 marzo. Ci vogliono oggi dieci giorni o più per cremare un uomo, nonostante il crematorio lavori a ritmo serrato. Le bare rimangono nelle case per 4 giorni, perché anche le pompe funebri e gli spazi cimiteriali sono al limite. Nel cimitero di Bergamo accumulano bare su bare, e le piazzano dove possono, in tutti gli spazi coperti a disposizione.

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