"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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giovedì, 28 febbraio 2013Lentezza

L'esito del voto in Trentino, nonostante un sistema elettorale bloccato alla Camera e la discutibile scelta delle candidature di partito al Senato, vede nettamente vincente il centrosinistra autonomista che porta a Roma 16 parlamentari su 19. E' il risultato della scelta che ha voluto salvaguardare l'unità della coalizione che governa la provincia da quindici anni.

Il risultato parla da solo ma, ciò nonostante, ognuno sembra voler tirare la coperta dalla sua parte. Tanto per essere chiari, chi voleva rompere con l'UpT e limitarsi all'accordo con il PATT dovrebbe prendere atto che questa strada ci avrebbe portati alla perdita secca in tutti e tre i collegi senatoriali del Trentino. E invece no, tanto che, ad urne ancora aperte, il confronto comincia a prendere la piega che non vorremmo vedere.

Anziché interrogarsi sulla sostanziale differenza fra il quadro trentino e quello nazionale, laddove la maggioranza relativa ottenuta dal centrosinistra assomiglia ad una sconfitta piuttosto che ad una vittoria, immediatamente è partita la campagna elettorale per l'autunno, lasciando intravvedere uno scenario di lacerazioni proprio di quel patrimonio unitario che ci ha portati a segnare in questa nostra terra un risultato positivo. Parlo in particolare delle candidature che vengono avanzate per la presidenza della PAT, come se queste non dovessero tener conto della coalizione, ma basarsi o su dinamiche interne al solo PD, o sulla capacità di rivolgersi direttamente all'elettorato delle primarie prescindendo dai partiti o contando sulla loro debolezza.

La stessa cosa dicasi della fronda interna all'UpT. Nonostante il positivo risultato della lista di Dellai, l'ex assessore Silvano Grisenti fa le prove generali di scissione immaginando una diversa collocazione di quell'area politica. Sembra un'azione speculare a quella di chi a sinistra cerca di liberarsi a tutti i costi dell'alleanza con il partito di Lorenzo Dellai. Ecco che "i chierici" (quella parte degli ex giovani democristiani che per vari motivi vorrebbero Dellai sulla graticola) ritornano. Non si pensi che sia un problema di beghe familiari. E' l'anomalia politica del Trentino ad essere in gioco. E anche un'idea di PD che da più parti si vorrebbe meno "Trentino" e incline alla sperimentazione originale e più "nazionale".

Occorre nel PD del Trentino un chiarimento di fondo, che ci trasciniamo da tempo e la cui assenza ha negativamente segnato quest'ultima legislatura provinciale. Un congresso? Il problema è che non so se ci sono i tempi per un dibattito vero, ma in ogni caso così, in assenza di una narrazione condivisa di questa terra, non si può di certo andare alle elezioni provinciali.

In questo quadro piuttosto complesso, provo a non farmi distrarre dal chiacchiericcio e a concentrami sui contenuti. Ne parliamo nel confronto fra i "responsabili" (le esperienze di Comunità Responsabile e Politica Responsabile) per cercare un'agenda di lavoro proprio attorno alle questioni cruciali che dovrebbero segnare questo ultimo scorcio di legislatura, le elezioni comunali nella terza città del Trentino (Pergine Valsugana che andrà alle urne nella tarda primavera) e il prossimo autunno elettorale. I contenuti come risposta alla degenerazione della politica o all'antipolitica. Qualcosa da dire, insomma!

Vale per il Trentino ma non solo. Ne parlo nei colloqui telefonici con diversi amici con i quali in questi anni ho intessuto un percorso di ricerca politico-culturale lungo le strade dell'amore per il territorio: con Giulio Marcon, fino a ieri responsabile di "Sbilanciamci" ed oggi neo eletto alla Camera dei deputati; con Aldo Bonomi che mi dice di aver conclusa la sua ricerca sulle "terre alte" e pronto a presentarla in un viaggio per l'Italia da fare insieme; con Tonino Perna, anima inquieta di un Sud in grave sofferenza e che la politica nazionale non sa vedere; con Florian Kronbichler, da poco eletto alla Camera nella nostra regione grazie all'apporto dei Grünen del Sud Tirolo all'alleanza "Italia. Bene comune"; con Piergiorgio Oliveti, responsabile delle "Città Slow" (l'alleanza delle città europee della chiocciolina) che incontro a Bolzano e con il quale prosegue da tempo un proficuo dialogo sulla politica dei territori tanto che si mette a disposizione per partecipare attivamente a questo viaggio per l'Italia delle cose belle che la politica non sa intercettare. Vedo crescere un pensiero comune che forse è il caso di strutturare, non per fare nuovi partiti ma per contribuire a cambiare lo schema di gioco attraverso una connessione anche politica fra i territori e l'Europa.

Sono combattuto fra il desiderio di intraprendere un itinerario per le strade secondarie di questo paese, delle Alpi e del Mediterraneo e le cose che investono il presente ed il futuro del Trentino, non ultima la decisione se candidare o meno alle prossime elezioni provinciali. Cose non necessariamente alternative, ma già oggi la mia agenda è un incubo. Eppure l'ancoraggio territoriale è al centro del mio pensiero e delle cose interessanti che qui in Trentino riusciamo a mettere in cantiere.

Come l'evento sulle "Mafie senza confini" che come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani abbiamo promosso a Trento dal 7 al 9 marzo e che porterà qui studiosi e persone che hanno fatto della lotta per la legalità una ragione di vita. Nella conferenza stampa di presentazione a Palazzo Trentini con noi ci sono Libera Trentino, la Federazione trentina della Cooperazione, il Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale e l'Università degli Studi di Trento, soggetti che a vario titolo concorrono alla promozione e all'organizzazione dell'evento. Ne esce uno spaccato nel quale l'impegno contro la criminalità organizzata diviene un comune terreno di impegno sociale, civile, formativo. E politico. Le aspettative e la partecipazione (le iscrizioni sono state numerose, tanto da doverle chiudere) sono molte. Il programma lo trovate in "Primo piano". I manfesti della "winter school", un grande papavero rosso in un campo di grano, per le strade di Trento sono davvero molto belli.


lunedì, 25 febbraio 2013politica cercasi...

... e invece è di nuovo fango.

Mentre scrivo questo breve appunto, i dati sono ancora in evoluzione ma il quadro è chiaro, tristemente chiaro.  La coalizione "Italia. Bene comune" prevale sia pur di poco alla Camera quanto al Senato, ma Berlusconi è avanti al Senato in Lombardia, Veneto, Campania, Abruzzo, Puglia, Calabria e Sicilia. Se questi dati non cambiano (ma il divario nelle regioni chiave appare incolmabile), significa che al Senato non ci sono maggioranze politiche possibili.

Il movimento di Beppe Grillo con il 25% ha raggiunto il suo obiettivo di mandare tutti a casa, perché così l'Italia è ingovernabile e con ogni probabilità si deve tornare a votare. Scenario davvero inquietante.

Ancora più inquietante è questa Italia. Il successo di Berlusconi, che i sondaggi non sono riusciti ad intercettare sino all'ultimo, ci racconta di un paese che gli assomiglia: bugiardo, invidioso, individualista, furbo, disonesto, volgare e... fascista.

Un paese malato. Richiederebbe capacità di guardarsi dentro, un lungo e difficile lavoro di cura, la necessità di recuperare orgoglio e dignità. Ci sarebbe bisogno di una politica capace di ascoltare e di riconnettersi con i territori. Disponibile a cambiare lo schema di gioco tradizionale, sapendosi ripensare regionali ed europei. Uno scarto di cultura e di classe dirigente.

Una primavera, insomma, che però nel fango di queste ore appare ben di là da venire.

PS. Il Trentino ancora una volta si dimostra, nonostante tutto, terra di civiltà. Portiamo alla coalizione "Italia. Bene comune"  la netta affermazione in tutti i collegi senatoriali e un netto successo anche alla Camera, malgrado il passo falso del PATT. Pesa comunque anche qui il vento che tira in questo paese, come a gettare la sua ombra sul futuro di questa nostra terra.

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domenica, 24 febbraio 2013Luci della ribalta

Nevica. Dicono sia la prima volta che accade nelle elezioni politiche in Italia e speriamo che sia di buon auspicio. Godiamoci tutto questo bianco. Non vorrei, parafrasando le parole del bellissimo film di Corneliu Porumboiu, che domani fosse di nuovo tutto fango.

PS. Il film di Corneliu Porumboiu s'intitola "Ad est di Bucarest" ed ha vinto la "Caméra d'or" al 59° Festival del Cinema di Cannes

giovedì, 21 febbraio 2013Magnete

La realizzazione del Magnete, l'edificio che sorge nell'area di Trento nord dove un tempo c'erano la Carbochimica ed altri insediamenti industriali, ha rappresentato una delle pagine più inquietanti della speculazione edilizia in questa città. Quell'insediamento tutto bianco dove oggi ha sede l'Agenzia delle entrate rappresenta ciò che è rimasto del progetto Magnete, un programma di insediamento del cosiddetto terziario avanzato che avrebbe rappresentato una impressionante colata di cemento su tutta l'area inquinata di Trento nord (Sloi, Carbochimica, ET e Podini).

Era l'11 febbraio 1993 quando presentammo allora come Solidarietà il "Dossier Magnete", un lavoro di ricerca meticoloso, "un capitolo di storia cittadina" come ebbe a scrivere il quotidiano "Alto Adige" presentando il dossier destinato a finire sui tavoli della Procura della Repubblica. Erano gli anni dinTangentopoli e quel lavoro di denuncia contribuì a fermare un'operazione in cui era implicato il gotha del partito degli affari e l'allora presidente della PAT Mario Malossini che finì nei guai proprio per la signora Prada, proprietaria dell'area della Carbochimica.

Il carotaggio dei terreni fece venire a galla la verità di decenni di inquinamento da parte dei proprietari, tanto è vero che il tema della bonifica di trento Nord ancora oggi, dopo vent'anni, non è affatto risolto. Iniziò così un braccio di ferro fra il Comune che subordinava le licenze al risanamento delle aree e i proprietari che vantavano diritti di edificare ma che volevano scaricare sulla pubblica amministrazione gli enormi costi del risanamento. Una contesa che ebbe una svolta nel 1996 con un accordo fra i proprietari (che nel frattempo era diventato Tosolini), il Comune, la PAT (che avrebbe comprato gli uffici finanziari e una parte di alloggi per l'Itea) e l'amministrazione dello Stato. L'esito portò all'edificazione di un modulo dei quattro che avrebbero dovuto sorgere, sull'area di maggior pregio e considerata meno compromessa dai veleni.

Allora condividemmo quell'accordo, ma se tornassi indietro - alla luce dei fatti - la mia scelta credo sarebbe diversa. Perché negli anni successivi venne su un blocco di cemento armato inguardabile e contestualmente riprese il braccio di ferro per il resto dell'area ancora in corso. In quell'agglomerato urbano si sono insediate famiglie, ci sono vite che crescono e che, nonostante tutto, hanno imparato ad amare quel luogo. Senza per questo rinunciare a far sentire la loro voce per rivendicare dignità, servizi, spazi aggregativi. Fra queste, quella di Antonella Andreatta, oggi consigliera circoscrizionale.

Ed è proprio nella saletta circoscrizionale del Magnete che ci incontriamo giovedì sera per un incontro sulle problematiche di Trento nord ma anche per parlare del voto di domenica e lunedì prossimi. Un luogo simbolico, per indicare che anche in questa campagna elettorale l'impegno cruciale del Partito Democratico è quello di ripensare in profondità un modello di sviluppo insostenibile e di riportare l'attenzione verso i diritti di cittadinanza, specie nelle aree sociali più vulnerabili. In sala anche Annalisa Tomasi e Giuliano Andreolli, impegnati con Antonella nella Circoscrizione, Luciana Chini che del Centro Storico -Piedicastello è la segretaria del circolo del PD e il consigliere comunale Alberto Salizzoni che della Commissione consiliare per l'urbanistica è il presidente. Con me anche il consigliere provinciale Andrea Rudari. Insieme abbiamo presentato, proprio nell'ultima finanziaria, un ordine del giorno (approvato) che indicava una road map per la riqualificazione urbanistica e sociale di questa nuova città a nord di quella vecchia. Insieme ad un'agenda di piccole/grandi questioni che potrebbero trovare soluzione grazie ad un concorso di attenzione fra Comune e Provincia che ancora non c'è stato.

Questioni che richiederebbero semplicemente un po' di attenzione a fronte di altre ben più complesse e che investono il disegno della città. Nodo chiave che viene posto nel corso del confronto da Maurizio Camin, infaticabile animatore sociale, chiedendo quale sia il limite nella crescita della città. Perché, specie negli ultimi anni, Provincia e Comune di Trento sono sembrate procedere in direzione opposta. Così Trento è cresciuta a dismisura, prefigurando una città da 150.000 abitanti, accentrando
funzioni e servizi (e presenze), sottraendo aree all'agricoltura e alla vivibilità urbana, mentre in piazza Dante si gettavano le basi per una ridislocazione di funzioni e poteri sul territorio. Era esattamente il tema che avevo posto qualche mese fa in occasione della festa che si svolge su via Brennero, sottraendola così almeno per un giorno al traffico urbano.

Non è solo un problema di coordinamento fra le due istituzioni, c'è una questione di interessi che sono in gioco laddove la destinazione urbanistica diventa diritto di edificare consolidato e difficilmente reversibile. Interessi forti, che sanno farsi valere. L'edificazione delle aree che sono in previsione urbanistica (Italcementi, Canova, comparto scolastico di via Brigata Acqui, buco Tosolini, area Lenzi, via Brennero...) sono lì a delineare una previsione che va esattamente all'opposto delle politiche di riequilibrio fra il capoluogo e le valli indicato nellariforma istituzionale, nell'alleggerimento della Provincia, nella banda larga...). Il paradosso è che la città nel frattempo si riempie di cartelli "vendesi" e "affittasi", ma non è questo il problema perché si costruisce per tenere in vita il credito finanziario o per ripulire il denaro, in una spirale che non ha nulla a che fare con l'economia reale.

Maurizio insiste anche su un altro concetto imprtante. Oltre alla riqualificazione dei luoghi, è necessario  ripensare le forme partecipative. Perché qui al Magnete, in questa piccola sala nella quale durante la settimana si svolgono mille forme di animazione, il tema che si pone è quello indagare i meccanismi del dialogo far istanze sociali e istituzioni. Ed è oltremodo paradossale che proprio qui, in questo perimetro di case anonime, prenda corpo una inattesa socialità a testimoniare le molteplici forme attraverso le quali costruire coesione sociale.

L'attesa per un passaggio politico cruciale come quello di domenica non nasconde il disincanto. Quasi rappresentasse un ultimo appello.

mercoledì, 20 febbraio 2013Cavareno

A Cavareno, nella terza sponda della Val di Non, nevica copiosamente. Forse anche per questo o per la concomitanza con la diretta televisiva della partita Milan - Barcellona, nella sala della Cassa rurale non c'è tanta gente alla serata promossa dal PD e dedicata al tema dell'Europa. O forse è perché proprio questo tema non è nelle corde degli elettori e la cittadinanza europea rappresenta ancora un'utopia...

Ciò nonostante, bene ha fatto il circolo del PD a porre questo tema fra gli argomenti di una campagna elettorale dove al contrario di Europa si è discusso poco o niente. O, al massimo, l'Europa è stata un punto del programma di cui peraltro poco si è parlato. E nonostante il numero dei presenti decidiamo che vale la pena parlarne, come se la serata diventasse un momento di formazione piuttosto che di campagna elettorale. Perché anche di questo c'è bisogno.

E così gli altri relatori che con me condividono la serata, i candidati Laura Froner e Piergiorgio Sester, mi lasciano lo spazio per introdurre la serata alzando lo sguardo anche oltre la scadenza elettorale. E quindi parto proprio da qui, dal fatto che l'Europa deve diventare una visione, un nostro normale punto di osservazione, lo sguardo di chi crede che l'Europa debba diventare un modo di essere.

E qui dobbiamo prendere atto di quanto siamo ancora lontani da questo obiettivo. Allora cerco di sviscerare i caratteri di una cittadinanza europea, a partire dall'autoconsapevolezza di cos'è l'Europa, delle sue istituzioni e prima ancora delle geografie ai più sconosciute. E' davvero incredibile come anche l'approccio in fondo più elementare, i contorni geografici dell'Europa, sia un'immagine piuttosto confusa nella coscienza degli stessi cittadini europei. Non pretendo che lo sia fra gli statunitensi, se
penso che l'ex presidente Bush aveva scambiato la Slovenia con la Slovacchia, ma qui sarebbe auspicabile che sin dalle scuole elementari (come nelle forme dell'apprendimento permanente) si raccontasse che cos'è l'Europa, da dove viene questo nome così da cominciare a scoprire che l'Europa nasce fuori di sé (nella mitologia Europa è la principessa figlia di Agenore, re di Tiro, capitale della Fenicia). Un'immagine paradigmatica che ci parla di un popolo mediterraneo stanziale a fronte di un continente attraversato da grandi migrazioni.

Di come si è formata l'Europa moderna, le sue lingue, i suoi costumi, le sue tradizioni. Di un'identità in continuo divenire, dove ognuno è minoranza fra tante minoranze. Così parlo di quel che ci racconta l'ultimo censimento (1910) dell'impero austroungarico, delle lingue della koiné danubiana, dei pogrom che hanno segnato la storia europea, di quel che rappresentava il Mediterraneo nell'incontro di civiltà. E racconto di come l'Europa politica nasca dallo straordinario disegno di pace del manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel mezzo della seconda guerra mondiale come antidoto alla guerra nell'immaginare un federalismo europeo senza intenzioni egemoniche da parte delle maggiori potenze. E nel quale, con grande lungimiranza, scrivevano: "Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani". Parole che dovrebbero essere scolpite nel sentire degli europei e che invece continuano a rappresentare - nonostante a Spinelli sia dedicato il palazzo del Parlamento Europeo - una sorta di moderna eresia.

Parlo del bisogno che abbiamo di Europa a fronte della cifra, insieme sovranazionale e locale, di ogni questione del nostro tempo. Ci si può non sentire cittadini europei, ma nell'interdipendenza gli stati nazionali sono troppo piccoli per affrontare i problemi indotti dalla globalizzazione e troppo grandi per mettersi in sintonia con i territori, ovvero i luoghi nei quali le tendenze si materializzano.  E dove è possibile immaginare risposte dettate dall'unicità dei luoghi, richiedendo una capacità progettuale e politica non delegabile a forme ed istanze come i partiti nazionali ormai fuori scala.

So bene che quando parlo di questo, anche nell'ambito di partito nazionale come il PD, il mio stesso pensiero diventa eresia. Ma non è certo questo che mi preoccupa. Mi preoccupa piuttosto vedere come la politica su questi temi nemmeno s'interroghi, di come sia al carro degli avvenimenti anziché produrre visione, pensiero, ruolo pedagogico. Di come ancora oggi, a settant'anni da quel manifesto, siamo lontani dall'idea di mettere in discussione la sovranità degli stati nazionali. Il che lo si evince anche dallo stesso confronto che abbiamo fra i relatori e le persone presenti in questa fredda serata di febbraio.

Alla cessione di sovranità da parte degli stati nazionali verso l'Europa dovrebbe corrispondere una altretanto significativa cessione di competenze alle autonomie locali e per questo Fabrizio Paternoster mi chiede di illustrare il progetto di nuova Regione che abbiamo presentato nei giorni scorsi a Trento. In realtà il tema è lo stesso, perché se un terzo statuto di autonomia prima o poi prenderà forma, questo o sarà all'insegna dell'Europa delle regioni o semplicemente non sarà. L'Europa, per l'appunto, è una visione.    

Speriamo che l'esito elettorale di domenica e lunedì prossimi segni una svolta rispetto al buio degli anni passati, ma sono persuaso che questa sarà solo la condizione preliminare per poter ricostruire non solo questo paese e un'Europa che fatica ad imporsi nell'immaginario collettivo prima ancora che sul piano politico, ma anche una nuova narrazione politica. Leggo negli occhi di Alessandro, Fabrizio e Rolando, amministratori locali e animatori del circolo, la consapevolezza di quanto vi sia da lavorare ma anche la fascinazione verso un disegno politico ancora solo tratteggiato.

PS. In primo piano potete trovare il testo di un mio intervento in Consiglio Provinciale dedicato proprio al sogno europeo.

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martedì, 19 febbraio 201317 novembre 1957, verso Castelfirmiano

Regione d'Europa

Non vorrei che il motivo fosse che ne ero coinvolto in prima persona, ma credo che una delle iniziative più interessanti svoltesi nel corso di questa strana e insidiosa campagna elettorale in Trentino è stato l'incontro di lunedì scorso per la presentazione del documento sul futuro della Regione.

Si è trattato di uno dei pochi sforzi di elaborazione collettiva che abbiamo saputo realizzare nel corso di questa legislatura (e che abbiamo deciso di presentare forzando un po' la mano rispetto alle timidezze e alle ritrosie che pure percorrevano il gruppo consiliare come il partito), attorno ad un tema certamente delicato ma che richiedeva e richiede di rompere gli indugi ed indicare una possibile strada da seguire nella riforma del nostro assetto istituzionale.

Ed il messaggio che ne è venuto è sembrato forte e chiaro: togliere di mezzo l'equivoco delle competenze quand'anche residuali che svolge la Regione, concentrarsi su un ruolo di coordinamento e di indirizzo politico attorno ai temi che segnano le nostre interdipendenze, collocare il terzo statuto nella cornice europea ed infine indicare le modalità partecipate (l'istituto della Convenzione) attraverso le quali giungere alla riforma, sottraendo la discussione alla sfera dei soli addetti ai lavori e al tempo salvaguardando la sovranità istituzionale (l'ultima parola) tanto alle Province come al Parlamento.

Tante persone, qualche distinguo ed un generale apprezzamento alla proposta che abbiamo elaborato con Francesco Palermo, Mauro Cereghini e Paolo Pasi. Ci tenevo ad evitare che la legislatura regionale si chiudesse senza nemmeno lasciare una testimonianza di come pensare la Regione del futuro e di quel che si potrebbe fare in questa direzione anche a statuto invariato. Staremo a vedere se la carovana che abbiamo messo in moto saprà attraversare il deserto. Ma intanto anche su questo argomento tutt'altro che trascurabile (e che faceva parte degli impegni che mi ero assunto nella campagna elettorale) abbiamo battuto un colpo.

L'immigrazione nella campagna elettorale

Nella sede storica (politicamente parlando) di via Tartarotti di Rovereto l'incontro è dedicato ai nuovi trentini, quelli che la cittadinanza l'hanno presa dopo anni di lavoro e quelli per i quali è ancora un miraggio. La sala è piccola ma affollata, molte le persone di origine mediterranea o balcanica. Dopo la bella introduzione del segretario del circolo Fabiano Lorandi, inizio con il dire che non dovremmo avere timore di affrontare questi temi in campagna elettorale, anzi avremmo dovuto rispondere a tono in maniera più forte a chi fa della paura e del rancore il cuore della propria campagna elettorale.

A cominciare da quei volgari cartelli dei 2.000 euro che il Trentino darebbe agli extracomunitari che non lavorano. Perché la normativa che ci siamo dati con le manovre anticrisi, il reddito di garanzia e le forme di tutela dei minori e del loro diritto allo studio, valgono per ogni persona residente da almeno tre anni a prescindere dal colore della pelle, dalla sua religione o dalla lingua parlata. Ne ho già parlato in questo diario e non mi ripeto.

Nel mio intervento cerco piuttosto di affrontare i nodi culturali che sono alla radice delle paure, della fatica di mettersi in relazione con chi è diverso da noi, di come si sono formate le identità nazionali fra popoli che nemmeno parlavano la stessa lingua, di come i saperi e le tradizioni si sono incrociati lungo le sponde del Mediterraneo o nelle migrazioni europee... della necessità di recuperare la memoria del nostro stesso passato, di una comunità che tende a dimenticarsi troppo in fretta quella stessa condizione di migrante che è scritta nella storia di ogni famiglia trentina.

Interrogo i presenti sul significato di quella parola, interculturalità, di cui spesso ci riempiamo la bocca quando nemmeno conosciamo le storie e le geografie, o quasi fosse l'antidoto verso conflitti assolutamente normali e fisiologici quando diversi modi di vivere e di relazionarsi si incontrano. E infine parlo della necessità di passare dall'accoglienza alla cittadinanza e di come tale passaggio richieda politiche adeguate ed attente a come stanno cambiando i fenomeni sociali, non ultimo quello delle seconde generazioni, ovvero dei ragazzi trentini figli di immigrati, senza dimenticare cha la rivolta delle banlieue (le periferie delle grandi città) in Francia aveva esattamente a che fare con le contraddizioni espresse da ragazzi nati in un paese che per effetto di una cittadinanza mutilata li disconosceva.

La riflessione prosegue con l'intervento di Piergiorgio Sester, candidato per il PD alla Camera dei Deputati, e poi dei presenti. Ci sono persone che per la prima volta prendono la parola pubblicamente per descrivere la loro condizione o anche semplicemente il loro riconoscimento verso questa terra che li ha accolti. Anche solo per questo valeva la pena promuovere questo incontro. Perché prendere la parola è già un atto di cittadinanza.

domenica, 17 febbraio 2013Fascismo...

Spero di sbagliarmi, ma non credo affatto che le piazze di Grillo siano piene di curiosi. Certo, ci saranno anche quelli, ma il dato va colto come un segnale politico che - come del resto ci dicono i sondaggi - tende a coinvolgere un numero crescente e non trascurabile di persone.

Non nascondo la preoccupazione per l'involuzione, ancora una volta all'insegna del populismo di stampo qualunquista e autoritario, a cui sembra andare incontro questo nostro paese senza memoria. Ma sarebbe sbagliato se liquidassimo il "grillismo" (come già facemmo con il leghismo vent'anni fa) senza provare a capire la natura del danno sociale da cui trae origine.

Ho continuato ad insistere in questi mesi sul fatto che l'uscita dal berlusconismo non potesse avvenire semplicemente con un voto (peraltro incerto) che rilevasse la delusione degli italiani per le promesse mancate. Sarebbe come prendersela con il fascismo perché ha perso la guerra...  Come la fine di quel ventennio avvenne solo in parte attraverso l'elaborazione collettiva di quel che aveva rappresentato il fascismo, così oggi la fine della cosiddetta seconda repubblica avviene senza un diffuso esame di coscienza dei guasti - culturali prima ancora che sociali - prodotti dal neoliberismo nella sua variante berlusconiana.

La natura del danno, dicevo. Come sia cambiato questo nostro paese negli ultimi vent'anni dovrebbe essere materia di studio prima ancora di indagine politica. Lo spaesamento, la perdita di identità sociale e l'individualismo diffuso, non svaniranno con la pure auspicabile uscita di scena del Cavaliere o con la crisi della Lega. Lo spaesamento rimane e continuerà a regalarci i suoi
frutti velenosi, come stiamo vedendo.

Nelle scorse settimane ho parlato di "diciannovismo" - quel particolare contesto di sconfitta sociale e di rancore post bellico che diede il là al fascismo - per descrivere questo nostro tempo. Quella stessa opacità di sguardo e quegli stessi umori mi sembra di coglierli in questo clima dove la politica è sinonimo di malaffare, il lavoro e la cultura sono disprezzati, la volgarità motivo di sorriso.

Un tempo polveroso, nel quale Beppe Grillo riempie ovunque le piazze. Il suo è uno sproloquio dove sotto accusa sono tutti, la politica, i sindacati, la magistratura, l'euro, lo stesso presidente della Repubblica ... la nostra stessa autonomia. Nessuno gli chiede spiegazione di un movimento di cui è padre-padrone e, laddove c'è il rischio che questo accada, come poteva capitargli sabato scorso su Sky, nemmeno si presenta.

Più ci si avvicina al voto, più questa polvere sembra crescere. Per questo vale la pena, nel corso di quest'ultima settimana di campagna elettorale, non lasciare nulla di intentato.  Non perché possano svanire i guasti, ma perché l'affermarsi del centrosinistra è forse l'unica condizione per cercare di ricostruire quel tessuto sociale e culturale che rappresenta la condizione prima per uscire dal buio.

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giovedì, 14 febbraio 2013Migranti italiani

Parlare di diritti di cittadinanza nella campagna elettorale non è affatto scontato. Se ci fate caso il tema viene usato piuttosto all'incontrario, per fomentare paure e populismo, da chi vuol giocare sulla pelle degli immigrati per conquistarsi un facile consenso.

La Lega Nord in questa campagna elettorale non ha fatto altro. Manifesti tanto giganti quanto vergognosi, per dire che un extracomunitario con quattro figli in Trentino po' riuscire a prendere 2000 euro al mese senza lavorare. Tipico esempio di malafede e di uso strumentale delle informazioni. Sì, perché ogni cittadino residente da almeno tre anni in Trentino che si venisse a trovare senza lavoro e con quattro figli a carico, grazie agli interventi che abbiamo messo in atto nelle finanziarie sul piano degli ammortizzatori sociali in tempo di crisi, potrebbe arrivare ad avere quella cifra, peraltro per un periodo limitato di tempo. E questo a prescindere dal colore della sua pelle, dalla sua religione o dal luogo di origine della sua famiglia.

Il reddito di cittadinanza, unica regione italiana il Trentino che l'ha introdotto, è un fatto di grande civiltà, peraltro presente in numerosi paesi europei. Usarlo per dire che chi non ha voglia di lavorare prende soldi dalla Provincia e associarlo ad una forma nemmeno tanto velata di razzismo è una volgarità, punto e basta. Per la cronaca i casi in questione si contano sulle dita di una mano, ma questo non ha alcuna importanza.

Di ben altro tono è il confronto che si svolge per iniziativa del circolo del PD del centro storico a Piedicastello. A trattare il tema della cittadinanza ci siamo io e Michele Nicoletti, candidato alla Camera dei Deputati. Contrariamente a quel che mi aspetto la sala è piuttosto affollata, di un pubblico attento e rappresentativo di molte realtà di impegno sociale. E quelle che emergono nella discussione sono le storie di ordinaria discriminazione con le quali abbiamo a che fare anche in un contesto come il nostro che pure in questi anni ha impegnato risorse sul tema dell'accoglienza.

Dalla cittadinanza negata ai bambini nati in Italia da genitori stranieri, con quel che significa in caso di perdita del permesso di soggiorno per effetto del venir meno del lavoro ad esempio. Negli interventi si parla di tante persone che in questi ultimi mesi hanno deciso di rientrare nel loro paese d'origine per effetto della crisi perdendo tutti i contributi sociali maturati, oppure del non poter partecipare ad una gita scolastica o ad un programma Erasmus, o ancora della difficoltà di avere una casa o di accedere ad un mutuo...

Cerco di portare il confronto oltre le pur importanti questioni di impatto sociale, per cercare di comprendere da dove venga la discriminazione e la paura. E di come la nostra memoria sia così fragile e breve dall'aver dimenticato in fretta di quando ad emigrare eravamo noi, un Trentino dove negli anni ce precedettero la prima guerra mondiale se ne andarono nelle "meriche" o nelle "bosnie" quarantamila nostri giovani, praticamente un quinto della popolazione trentina. E di come il fenomeno migratorio continuò fino a metà degli anni '70 quando, grazie al secondo statuto di autonomia e all'autogoverno, finalmente questa terra conobbe una svolta sul piano del benessere sociale.

Senza dimenticare le pagine dolorose del colonialismo e delle opzioni, alla faccia degli italiani brava gente. L'altra faccia dell'emigrazione. E di come la discriminazione sia sempre in agguato, quando consideriamo l'altro o il diverso come un pericolo. Ma come si è fatta l'Europa? Nell'incontro fra oriente e occidente, nelle migrazioni di gente (e di conoscenza) lungo le sponde di un Mediterraneo oggi diventato il cimitero delle carrette del mare, noi che siamo così orgogliosi di avere radici austroungariche ci siamo dimenticati (o abbiamo rimosso) che a Trento all'inizio del secolo c'era un luogo di culto islamico per i soldati di un impero multinazionale e multiculturale. E quanto abbiamo studiato ed elaborato la vicenda del Simonino e l'espulsione della comunità ebraica anche dalla nostra terra?

Solo nel riconoscimento dell'altro c'è la cittadinanza. Non solo dei suoi diritti e doveri, ma nel conoscere la storia, la geografia, le culture che poi non sono altro da noi, ma parte stessa della nostra identità, che è in divenire o muore.

Proprio su questo stiamo operando con il nuovo protocollo di Millevoci, realizzato all'insegna del passaggio dall'accoglienza alla cittadinanza. E così dovrebbero ripensarsi anche le politiche della Provincia Autonoma di Trento, andando oltre la logica dell'aiuto materiale e procedurale. Per una nuova cittadinanza, tutti dovremmo metterci in discussione.

Forse di serate come questa avremmo dovuto organizzarne di più in questa campagna elettorale così giocata sugli umori. Perché non se ne parla e perché sentire Beppe Grillo che dice parole non molto diverse da quelle di Borghezio, accomunati nella ricerca di un facile consenso cavalcando il peggior populismo, davvero mi inquieta.

mercoledì, 13 febbraio 2013Il fiume Adige

Se ne parla da qualche anno ma negli ultimi mesi l'idea di realizzare delle piccole dighe per lo sfruttamento idroelettrico del fiume Adige è tornata prepotentemente alla ribalta. E se in passato il fronte dei Comuni lagarini coinvolti era compatto nell'opporsi a questo progetto, oggi qualche crepa si è aperta, anche per il ritorno economico che è stato loro paventato dalla società che ha fatto la richiesta di concessione. In tempi di forti ristrettezze per gli enti locali... un apporto annuo quantificato in 500/600 mila € annui per ognuna delle tre turbine di 1,5 Megawatt installate per i Comuni di Volano e Pomarolo possono essere una cifra tutt'altro che trascurabile.

Energia rinnovabile, certo, ma con quali costi ambientali? A partire da questa ed altre considerazioni predispongo il testo di una mozione affinché la Provincia subordini ogni scelta di sfruttamento idroelettrico dell'Adige ad un progetto organico di salvaguardia del fiume sotto ogni profilo, ambientale, paesaggistico, faunistico, turistico, storico e culturale. La trovate in prima pagina e spero che la sua approvazione possa mettere una pietra tombale su questo progetto.

Al Polo tecnologico dei Solteri partecipo ad un incontro fra alcune associazioni trentine che cooperano con la Palestina e che hanno in animo di sostenere l'economia locale attraverso la valorizzazione delle produzioni artigianali ed in particolare del tessile tradizionale. Il confronto spazia ben oltre, investendo i progetti in corso nel settore della produzione e della commercializzazione dei prodotti agroalimentari, la cosmesi, l'artigianato religioso, il turismo responsabile. Ambiti nei quali la Palestina ha, indiscutibilmente, molto da dire e un valore aggiunto intrecciato ad un "genius loci" che non serve spiegare. Conveniamo che l'approccio deve essere quello di costruire relazioni fondate sullo scambio di competenze e sulla qualità delle produzioni. E in via preliminare per quanto riguarda il tessile, emerge la necessità di una ricognizione su quel che oggi la realtà palestinese esprime attraverso la visita di Moira Faitini che da anni si occupa di "moda etica".

Incontro nel mio ufficio Laura Cattoni, giovane studentessa che fa parte di una rete di esperienze legate al programma Erasmus. L'ultima volta che avevo visto Laura era una bambina, figlia di cari amici come Ersilia e Ivo Cattoni. Posso solo dire che Ivo era uno di noi, insegnante e sacerdote, che ad un certo punto, già un po' in là con gli anni, s'innamora e decide di parlare di questo suo segreto con i suoi parrocchiani ai Sorni di Lavis, venendo accolto da un grande applauso. Ivo era parte di un tempo dove il tema della liberazione dei popoli s'incontrava con il messaggio conciliare, suscitando grandi speranze che si scontravano soprattutto in America Latina con la violenza ed il potere, anche quello delle gerarchie della Chiesa. Rimase memorabile l'incontro dedicato a mons. Romero e al suo paese, el Salvador, con l'esule Rodrigo Diaz che Ivo organizzò nella chiesa di Zambana. Poi agli inizi degli anni '90 Ivo se ne andò improvvisamente, lasciando nello sconforto il suo amore e la piccola Laura. La loro sarebbe una bella storia da raccontare...

Con Laura parliamo di Europa, di quell'Europa che per molti giovani è un sentire oltre i confini, non solo un'entità geografica. Ci lasciamo con l'impegno di scriverci a breve perché di lì a pochi minuti c'è l'ultimo saluto ad un'altra persona che ha interpretato il messaggio evangelico stando dalla parte degli ultimi, il vecchio don Dante. Malgrado la vicinanza di impegno soprattutto sui temi della pace, con don Dante non ho mai stretto un rapporto di amicizia. Don Dante, nonostante negli anni sessanta la sua Chiesa fosse diventata il punto di riferimento per chi si apriva in quegli anni all'impegno sociale e politico, interpretava il suo stare con la strada e con gli emarginati come il suo modo di essere un uomo di chiesa a tutto tondo. Ricordo molte iniziative in cui ci siamo incontrati, ma a differenza del rapporto con molte altre persone di fede, i nostri erano mondi diversi. Nell'ultimo saluto, nel Duomo di Trento, il pensiero va a quello che non ci siamo detti e che avremmo potuto dirci. Quando sorrideva la sua faccia era davvero bella.

Alla sede della SAT (l'antica sezione trentina del CAI) ci troviamo con i responsabili della sentieristica. Con noi anche Luca Lietti e Agron Kaliqani, da anni impegnati nei progetti di cooperazione e sviluppo locale nei Balcani e che poco più di un anno fa hanno accompagnato un viaggio esplorativo degli alpinisti trentini lungo le montagne a cavallo fra il Kosovo, il Montengero e l'Albania. Per i trentini è stata una scoperta affascinante e la collaborazione ora prosegue attraverso la presentazione del filmato realizzato in quell'occasione nelle sezioni territoriali della SAT. Proprio qui, nella sede storica di via manci  a Trento, presenteremo a marzo il libro/guida "Scoprire i Balcani".

Al Café de la Paix, fra tante belle persone che parlano fra loro guardandosi negli occhi (nei miei pensieri il vero scopo di questo luogo era esattamente questo...), m'incontro con Luca, Stefano, Federico e Massimiliano per fare il punto sulle iniziative che abbiamo in animo di realizzare come collettivo di "Politica responsabile". Insisto sulla parola "collettivo", perché l'esito del lavoro fin qui realizzato in quest'ambito, e che vorremmo allargare nell'incontro con gli amici di Comunità responsabile, è proprio quella di voler dar vita ad un collettivo politico, cosa desueta ma fatto di persone che hanno voglia di lavorare insieme per il piacere della buona politica. Buttiamo giù una bozza di agenda di lavoro: l'animazione del sito web, la formazione politica sul territorio, l'approfondimento di due temi chiave (l'idea di un nuovo pro gettone e la programmazione strategica nelle comunità di valle), la scuola estiva sull'autonomia. Da condividere nei prossimi giorni con "Comunità Responsabile".

Ci sarebbero altre piccole cose da segnalare e poi ancora la riunione della commissione ambiente del PD del Trentino, ma avverto una insolita stanchezza e mi dirigo verso casa.

lunedì, 11 febbraio 2013Il gattopardo

Fra meno di quindici giorni si vota per il rinnovo del parlamento italiano (e contemporaneamente per alcune importanti regioni italiane come la Lombardia e il Lazio). Le elezioni politiche sono da sempre un passaggio decisivo nella vicenda italiana, queste in particolare potrebbero segnare una svolta politica rispetto allo scenario caratterizzato da vent'anni di presenza del signore di Arcore. Insomma, ci giochiamo il futuro assetto politico del paese.

Eppure ho la sensazione che l'esito sia meno che mai nelle nostre disponibilità. Forse perché in questa breve campagna elettorale protagonisti sono i grandi network, le televisioni e - fatto inedito almeno in Italia - la rete. Tutto sembra virtuale, l'andamento dei sondaggi ha scandito sin qui in tempo reale l'orientamento politico degli italiani, certificando la politica come un prodotto, piuttosto che valori da affermare, idee da condividere, progettualità da realizzare. La politica viene spettacolarizzata e personalizzata, quel che conta è prendere la scena e spararla grossa, mandare tutti a casa, far leva sulle emozioni e sulle paure. Che farsene dunque dell'impegno sociale, delle idee, della conoscenza e dell'esperienza?

Non aiuta certo una legge elettorale che tutti hanno criticato ma che non si è voluto cambiare. Chi saranno gli eletti lo hanno deciso le segreterie dei partiti nazionali (solo attenuata dalle primarie di un solo partito) o, peggio ancora, i padri-padroni. I risultati delle urne indicheranno il numero degli eletti, come a confermare o smentire i sondaggi. Ciò nonostante la partita è vera e quel che ne può venire è l'aprirsi di una fase nuova.

Per questo, contrariamente al mio sentire, provo a dire al segretario e agli altri candidati che ci sarebbero alcuni temi sui quali si è lavorato in questi anni che potrebbero diventare motivo di riflessione e fors'anche di orientamento elettorale, ma sembra quasi che i nodi che investono il modello di sviluppo e la cultura del limite, l'Europa e la primavera araba, la cooperazione internazionale e i flussi migratori, le spese militari e la cultura della pace..., tanto per toccare alcuni temi che hanno fatto da sfondo alla mia/nostra azione legislativa e politica, siano considerati ingombranti. O forse siamo già ad ottobre?

E' mia opinione che qui come altrove ci si affidi troppo alla campagna elettorale nazionale. Perché i temi della montagna, del governo del territorio, dell'agricoltura e del modello di sviluppo del Trentino non divengono oggetto della nostra iniziativa elettorale? Un partito a compartimenti stagni o l'assenza di una direzione politica capace di far tesoro del governo dell'autonomia? Probabilmente entrambe le cose. Prima della campagna elettorale, quando avremmo dovuto fare dell'autonomia il centro della nostra proposta così da immaginare che Lorenzo Dellai potesse essere il capolista di un Trentino Democratico che avrebbe portato a casa il 40% ed oltre dei consensi. Così ora, nell'appiattirci sulla campagna elettorale nazionale, è come se non avessimo nulla di nostro da dire o da rivendicare della nostra importante anomalia politica.

Si è molto parlato in queste settimane della collocazione dell'UpT al Senato, quasi non fosse affatto scontato il sostegno di Dellai al centrosinistra. Ed ora che Dellai, insieme a Pezzotta ed altri, propone il voto disgiunto ed il sostegno al candidato del centrosinistra Ambrosoli in Lombardia, questa cosa sembra quasi dare fastidio. Una indicazione che - oltre al valore in sé - ci dice molte cose. Ad esempio che le liste civiche per Monti sono un magma non omogeneo e che il tema della territorialità (delle terre alte) non ha ancora trovato rappresentazione politica. Che fra l'impostazione dallaiana e quella del professore c'è una profonda diversità. Che in Trentino l'esperienza del centrosinistra autonomista si è retta su un equilibrio che ha avuto nell'UpT un interlocutore decisivo (a conferma di quel che diceva nei giorni scorsi il presidente Pacher in un intervista su uno dei quotidiani locali) e che l'originale sperimentazione politica trentina andrebbe tutelata e fatta crescere. Ma sappiamo che su questo la narrazione nel PD del Trentino (come nella stessa UpT) non è affatto omogenea, se è vero che in queste ore persino Grisenti diviene oggetto d'attenzione pur di non avere a che fare con l'ex presidente.

Guardando ad ottobre la questione è cruciale, investe l'analisi sul presente e sul futuro di questa terra. Ma non possiamo permetterci ancora anni di navigazione solitaria. Per questo occorre aprire una fase nuova nel paese, il che non è affatto scontato. Dobbiamo avere piena consapevolezza che se questo paese ha dato per anni fiducia a Berlusconi e a Bossi, ciò è avvenuto non perché gli italiani si sono sbagliati ma perché la pensavano come loro. Tanto che è bastato poco perché ci si scordasse che oggi si va alle elezioni anticipate per la palese incapacità del centrodestra di proseguire la legislatura in un Parlamento dove pure aveva una larga maggioranza. E che si va a votare anticipatamente nel Lazio e in Lombardia per effetto degli scandali che hanno decapitato queste regioni. Fra incantatori di serpenti e comici, del Batman, del Trota o degli scandali prosperati al cospetto del potente presidente della Lombardia nemmeno ci si ricorda. Del resto, questa gente qualcuno l'avrà pure votata...

Con la stessa amnesia (o falsa coscienza) collettiva si rincorre l'antipolitica. Davanti a piazze gremite di gente lo sproloquio di Grillo inquieta quanto le fanfaluche o le oscenità del Cavaliere. Quel che dice sull'autonomia e sull'autogoverno è un vero e proprio insulto alla nostra storia, ma questo non sembra turbare più di tanto la folla che assiste alle performance del comico genovese. Se la nostra comunità non ha saputo sin qui costruire gli anticorpi ad una simile deriva, qualche responsabilità evidentemente ce l'abbiamo anche noi.

Nelle scorse settimane, per descrivere quel che accade in Italia, ho parlato di diciannovismo, quel contesto sociale, culturale e politico che segnò il primo dopoguerra e che diede il là alla nascita del fascismo. La crisi della politica non ci consegna affatto una situazione facile. Mi auguro che non sia così, che tanto gli italiani quanti i trentini sappiano distinguere. E se anche il centrosinistra riuscirà a prevalere, è con questa pesante eredità dovremo saper fare i conti.

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giovedì, 7 febbraio 2013Rododendri

Vediamo un po' come raccogliere le tante cose che si accavallano nel cuore della settimana. Comincio dall'incontro con Francesco Palermo. Ci vediamo nell'ora di pranzo ad Eurac, l'Accademia Europea di Bolzano. In questa difficile campagna elettorale, la candidatura di Francesco ha rappresentato una delle poche cose nuove e positive, frutto certamente di un accordo - quello fra il PD e la SVP - che colloca il partito di raccolta sudtirolese nell'alleanza con il centrosinistra, ma che assume un valore specifico per la qualità della candidatura e perché per la prima volta uno dei senatori che rappresenteranno la stella alpina nel Parlamento Italiano sarà - a prescindere dal suo ottimo tedesco - di madrelingua italiana.

Con Francesco Palermo commentiamo con preoccupazione il sondaggio uscito sulla stampa tedesca e che dà la SVP ai suoi minimi storici, tanto da mettere in discussione il raggiungimento del quorum regionale del 20% nelle elezioni per la Camera dei Deputati. A beneficiarne sarebbero i liberali tedeschi, ovvero le formazioni più nazionaliste e questo non sarebbe affatto positivo per questa terra.

La SVP governa il Sud Tirolo ininterrottamente dal secondo  dopoguerra e "la fatica da occupazione del potere" si fa sentire, anche perché negli ultimi mesi molti nodi critici sono venuti al pettine come ad esempio l'uso disinvolto e padronale delle istituzioni che la vicenda della Società Elettrica Altoatesina ha messo in rilievo. Poi bisogna dire che la crisi della politica non conosce confini: non è infatti la crisi di questo o quel partito, è l'incapacità che accomuna la politica di abitare un mondo in rapida trasformazione e che richiede nuovi paradigmi. Il che scuote anche quello che un tempo era un partito monolitico come la SVP.

Anche per questo la candidatura di Francesco Palermo, a prescindere dalla volontà dei partiti che la sostengono, potrebbe aiutare ad aprire una fase nuova nella politica locale. Se nel collegio senatoriale più importante è un sudtirolese di madrelingua italiana a rappresentare la SVP vuol dire che qualcosa sta cambiando. Così come la scelta dei Grünen di scendere in lizza con SEL, scrollandosi di dosso il peso di un riferimento politico nazionale che ormai andava stretto, potrebbe rappresentare l'inizio di un interessante rimescolamento delle carte nell'area democratica dell'Alto Adige/Sud Tirolo che più volte avevo auspicato nelle mie conversazioni con Riccardo Dello Sbarba.

In Trentino abbiamo guardato alla candidatura di Francesco Palermo nel collegio senatoriale della Bassa Atesina come ad un modello che avremmo potuto seguire per uscire dall'empasse della coalizione del centrosinistra autonomista. Con la mia proposta di azzerare le candidature di bandiera c'eravamo quasi riusciti, ma alla fine le rigidità e le appartenenze, come sappiamo, hanno prevalso.

Lo scopo dell'incontro è il futuro della Regione. Nei mesi scorsi, attraverso un gruppo di lavoro che si è avvalso della collaborazione anche di Francesco, abbiamo elaborato un documento per impostare una nuova fase dell'autonomia regionale, che ora diviene particolarmente prezioso. Così decidiamo di presentarlo in Trentino il prossimo 18 febbraio (ore 17.00 Sala Rosa della Regione), un contributo metodologico e di sostanza per una Regione più europea, più salda e più leggera. Sarà probabilmente l'unico momento di contatto con il pubblico trentino del candidato Francesco Palermo in queste elezioni, un'occasione da non perdere su un argomento peraltro cruciale.

A proposito di movimentazione politica, le vicende di queste settimane hanno reso oltremodo interessante l'assemblea di "Comunità Responsabile" che in questa occasione vede anche la presenza delle persone che con me hanno dato vita a "Politica Responsabile". Le difficoltà mostrate dalla coalizione di governo del Trentino nell'esprimere candidature unitarie all'altezza della delicata competizione politica di fine febbraio, fanno sì che la presenza/azione trasversale che queste realtà rappresentano possa aiutare il laboratorio politico trentino a rimettersi in movimento.

Ed infatti è proprio questo il nodo cruciale che Giuseppe Ferrandi pone in apertura dei lavori: l'assunzione di un ruolo non solo culturale ma anche di interlocuzione con la politica. Alle persone riunite nell'auditorium di via Perini  si pone la necessità di compiere un salto di responsabilità in ordine al complesso lavoro di riqualificazione della politica e dei suoi luoghi. Si delineano anche, com'è naturale, due diversi atteggiamenti fra chi comunque ha alle spalle un'appartenenza politica pur non accontentandosi e chi invece è fuori dai partiti ed avverte con più urgenza la necessità di rimescolare le carte e costruire qualcosa di nuovo. Si decide di darsi un'agenda di lavoro, pur nella consapevolezza che nelle prossime settimane molto dipenderà dall'esito delle elezioni e dall'accentuarsi o meno della crisi delle tradizionali rappresentazioni politiche.  

Della presentazione dell'Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo ho già parlato in altra parte di questo sito. Mi piace pensare che, a dispetto di un pacifismo italiano in profonda crisi e prigioniero dei propri rituali, qui al Café de la Paix proviamo a dire parole scomode anche per questo mondo. Federico mi racconta della riunione a Roma della Tavola della Pace a cui ha partecipato in rappresentanza del Forum e della sensazione di profonda estraneità che ha avvertito, non diversa da quella che ho provato io stesso quando ho frequentato quel luogo. E' proprio così, la crisi della politica non riguarda solo i partiti, è l'opacità di uno sguardo che non sa mettere in discussione le proprie categorie. E l'autoreferenzialità di un ceto politico sempre uguale a se stesso.

In Quarta Commissione Legislativa si apre finalmente il mio disegno di legge sull'apprendimento permanente. In "primo piano" potete trovare il testo del DDL e la relazione e quindi vi risparmio le argomentazioni che porto per indicare l'importanza di affrontare e normare anche sotto il profilo legislativo una materia che ritengo di grande importanza: quella dell'educazione informale e di tutte quelle forme attraverso le quali una comunità di persone decide che gli strumenti conoscitivi di cui è in possesso non sono sufficienti. Insieme al DDL di cui sono primo firmatario si apre anche quello che, su questa stessa materia, ha presentato il mio compagno di gruppo Mattia Civico. Un impianto il suo un po' diverso da quello che ho proposto e tende più al riconoscimento valutativo che non al diritto/dovere di essere cittadini all'altezza del proprio tempo. Ma non incompatibile.

Il Disegno di Legge  che ho presentato sull'apprendimento permanente è il risultato del lavoro di un anno di un qualificato gruppo di esperti che con me l'hanno elaborato e che era aperto al contributo di tutti. Forse sarebbe stato il caso di agire con degli emendamenti, ma pazienza. Decidiamo in Commissione di unificarne l'articolato con un apposito gruppo di lavoro, non senza qualche battuta di sarcasmo da parte di qualche consigliere, del resto non del tutto ingiustificata.

In serata sono a Riva del Garda per una cena con un gruppo di amici che mi vogliono parlare del contesto politico locale, incartato da una classe dirigente che galleggia da troppo tempo. E' questo un tema niente affatto banale, perché in effetti troppo spesso la politica è ridotta ad occupazione di potere piuttosto che impegnarsi nella ricerca del bene comune. Ho più volte parlato in questo diario di "aridità della politica". Perché in ogni scelta occorre studio, conoscenza, pensiero... ed invece molto spesso prevalgono interessi o semplicemente ricerca del consenso. Non va bene.

In quel pezzo del Trentino il centrosinistra è al governo dei maggiori comuni da anni, ma questo non ha prodotto grandi risultati, al contrario. Si è edificato oltre ogni limite e lo si è fatto male. Lo dico anche per quanto riguarda alcune delle osservazioni critiche che provengono dal mondo degli architetti trentini nel momento in cui troppe volte ci si è affidati ai grandi nomi per ridisegnare l'assetto urbanistico di interi comparti strategici nei nostri Comuni. In linea di massima sono d'accordo nel valorizzare le risorse del territorio, ma non si può di certo affermare che i "nostri" abbiano sempre dato buona prova di sé. E l'Alto Garda ne è una testimonianza.

In questo mi riferisco anche all'editoriale apparso qualche giorno fa sul Corriere del Trentino a firma di Roberto Bortolotti (e postato anche su questo sito) che si lamentava del fatto che in Consiglio Provinciale abbiamo trovato il tempo di votare una mozione sulle case sugli alberi e non si riesce invece a risolvere il ben più significativo problema delle aree per l'edilizia pubblica. Lascio stare i toni stizziti e rancorosi verso i politici dipinti come alieni (se Roberto vuole che facciamo un confronto sulle cose fatte dal sottoscritto in questi quattro anni di legislatura non  mi sottraggo di certo), semplicemente respingo le male parole al mittente. Le case sugli alberi non le prendo nemmeno in considerazione, tanto è insignificante quel che si è votato.

Ma la questione dell'edilizia pubblica è effettivamente un problema che va affrontato. Sul quale però ben poco può il Consiglio Provinciale perché i fondi per l'edilizia pubblica sono stati stanziati per anni in attesa che i Comuni mettessero a disposizione le aree senza che questo avvenisse. C'è un problema complessivo della politica che sul territorio non intende affrontare questo problema? Si, esiste e non da ora. Ma ad ognuno il suo. E comunque il tema della riqualificazione dell'esistente vale anche su questo piano e se in questi ultimi anni Itea ha scelto di ristrutturare o comprare l'invenduto, nel primo caso fatto bene (pur spendendo di più) e nel secondo diciamo che si è fatta carico di una situazione nella quale si è trovata ad operare. Ma su questo tema intendo ritornarci.

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martedì, 5 febbraio 2013La fede nel veleno

La sala Gabardi della Cgil è piena, molti rimangono in piedi. Rade è emozionato nel vedere tante persone alla presentazione del libro "La fede nel veleno" (Curcu & Genovese), il libro che Marcella Giuri cominciò a scrivere attraverso il suo diario all'inizio della malattia e che, ora che la sua compagna non c'è più, Rade ha voluto portare a termine come un impegno di vita e di amore.

In sala ci sono tante amiche ed amici di Marcella, ma anche tante persone che in questa storia hanno ritrovato la loro stessa sofferenza, la loro stessa solitudine, lo stesso senso di abbandono. Non sono qui per attaccare la sanità trentina, ma per aiutarla a diventare migliore. Nell'approccio alla malattia ma anche nelle piccole cose che riguardano l'accompagnamento del malato lungo un percorso difficile nel quale i protocolli non bastano, dove occorre sensibilità e la capacità di mobilitare tutte le risorse dell'individuo.

Perché è questo, in fondo, il messaggio che porta alla serata il professor Enzo Soresi, oncologo milanese che da quarant'anni studia questa malattia e che proprio Marcella aveva invitato a Trento prima che tutto precipitasse. Perché - ci spiega Soresi - ogni tumore è una storia a parte e l'evoluzione della malattia dipende da una infinità di fattori che investono la persona nella sua interezza, anima e corpo, la sua storia, l'alimentazione, il lavoro, la gestione del proprio tempo libero. Il suo libro "Il cervello anarchico" (Utet, 2005), il dialogo con un filosofo come Umberto Galimberti, ha fatto scuola. La tesi è racchiusa in una frase del filosofo greco Antifonte "In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto".

Enzo Soresi propone un racconto affascinante, fatto di cognizione scientifica ma anche di storie concrete di persone che hanno affrontato questo passaggio della propria vita, ma l'aspetto che più mi colpisce è il suo approccio non manicheo.  E infatti in un suo secondo libro parla di "una nuova medicina integrata", un mix di cure tradizionali, alternative, naturali, complementari. Una medicina che si propone un approccio alla salute globale, fisica e psichica del paziente, più che alla malattia e che "presta ascolto a un nuovo tipo di paziente, che decide il proprio futuro e collabora alla propria guarigione".

Nei giorni scorsi la stampa locale ha dedicato un certo spazio al libro di Rade Ljubišić e Marcella Giuri, tanto da scomodare il primario di oncologia del Santa Chiara di Trento Enzo Galligioni. Nel mostrarmi la bozza del libro, Rade aveva una grande preoccupazione, quella di non ferire il Trentino, questa terra che vent'anni fa lo accolse profugo dalla Jugoslavia e che ammira. E, insieme, la volontà di far sì che la dolorosa esperienza di Marcella potesse servire a migliorare le cose, anche quelle piccole cose che nella malattia diventano insopportabili. E credo proprio che questo proposito possa davvero diventare un nuovo capitolo in una nuova edizione del libro che stasera presentiamo.

Ognuno dei presenti avrebbe una storia da raccontare. Lo si capisce dai molti occhi arrossati e dalle parole che quasi con pudore vengono pronunciate nelle domande o nei brevi racconti. E' tale l'impatto emotivo che si potrebbe immaginare parole dure o giudizi senza appello, ed invece no, vedo una compostezza che non ti aspetti. E che Marcella avrebbe molto apprezzato.

Grazie a questo bel pubblico e al nostro ospite per il suo prezioso lavoro di ricerca, studio e cura. Grazie a Rade, per la fatica che gli si legge negli occhi. E grazie Marcella che questo incontro hai voluto e per il regalo che ci hai fatto con la tua amicizia.

lunedì, 4 febbraio 2013Paul Klee

La campagna elettorale rende oltremodo imbarazzante l'immagine della politica. Trovare toni decenti sarebbe già  qualcosa. Almeno in questo il PD prova a distinguersi positivamente. In generale il clima è del "tutti contro tutti".

Berlusconi ha rispolverato il suo repertorio più tradizionale fatto di populismo, euroscetticismo, spettri anticomunisti, ammiccamento con la destra e fanfaluche elettoralistiche (l'ultima della restituzione dell'IMU grazie ad un accordo con la Svizzera è davvero grossa), nella speranza che un nuovo patto contro le tasse possa fare ancora presa sugli italiani. Nei sondaggi cresce.

Grillo le spara ogni giorno più grosse e anche questo sembra funzionare. Lo slogan è "tutti a casa", puntando sull'ingovernabilità, sul ritorno alle urne dopo sei mesi e, a quel punto, sul presentarsi come l'unica alternativa alla partitocrazia. Del resto, tutto gioca a suo favore e i sondaggi - dopo averlo dato in calo costante da tre mesi a questa parte - danno il Movimento 5 stelle di nuovo in crescita.

Ingroia prova a sottrargli qualche punto in nome di una coalizione di sinistra che prova a scrollarsi di dosso l'immagine tardo comunista, senza peraltro sfuggire alla logica dei partiti ad personam. Prova a far leva sull'elettorato che aveva come riferimento Di Pietro prima di finire nel tritacarne mediatico e su quel che rimane di una sinistra antagonista sempre uguale a se stessa, nella speranza di superare lo sbarramento del 4%. Bersagli preferiti sono PD e SEL.

Monti prova, senza riuscirci, a ritagliarsi uno spazio centrale nel più tradizionale schema politico. Contrariamente a quel che afferma Dellai, la proposta politica del professore non si caratterizza per uno sguardo diverso nel quadro politico, tanto meno nell'interpretare quell'istanza territorialista che in realtà appare ancora totalmente orfana. L'esito è quello di scalciare, a destra quasi fosse la figura ingombrante di Berlusconi a costituire il problema, a sinistra prendendosela con Vendola quasi rappresentasse lo spauracchio dei mercati finanziari. Le intenzioni di voto lo danno in calo, come se avesse esaurito la propria spinta propulsiva.

Uno dei sondaggi più attendibili ad un mese dalle elezioni danno il centrosinistra al 34%, l'alleanza Pdl/Lega al 28,2%, il M5S al 15,5%, Scelta Civica/Udc al 13,9%, Rivoluzione Civile al 4,7%, Fare all'1,2%. Con Berlusconi avanti in Lombardia e in Sicilia, al Senato la maggioranza del centrosinistra non ci sarebbe e dunque un'alleanza post elettorale Bersani/Monti diverrebbe obbligatoria, ovviamente non senza quegli stessi problemi di tenuta che conoscemmo con la fine del governo Prodi. Le variazioni settimanali appaiono però sensibili, molti ancora gli indecisi e tutto sembra ancora possibile.  Quel che accadrà in queste tre settimane che ci separano dal voto sarà dunque decisivo.

Un buon motivo per convincere i tanti scontenti ad esprimere un voto utile e non solo perché tornare alle urne a breve non mi pare sia una cosa particolarmente utile. La condizione per imprimere una svolta al paese è che il centrosinistra abbia la maggioranza nei due rami del Parlamento, ma questa è appunto solo la condizione di partenza per impostare un disegno alternativo al liberismo che abbiamo conosciuto in questi anni: una grande alleanza dell'economia vera contro quella finta; un progetto sul lavoro che parta dalle straordinarie unicità di questo paese; un disegno di coesione sociale fondato sulla responsabilità e sui diritti.

Nel frattempo però la necessità del cambiare lo schema della politica italiana, attraverso l'assunzione di un approccio insieme europeo e territoriale di cui vado parlando da mesi, si pone più che mai. Di questo parliamo sabato mattina nella riunione di "Politica Responsabile", nella quale decidiamo di far incontrare i percorsi dei "responsabili" visto che il martedì successivo (oggi) si svolge l'assemblea di Comunità Responsabile. Un lavoro trasversale agli attuali partiti, per aiutare la politica sul piano delle idee e delle forme del proprio agire ma anche per sostenere una politica coalizionale.

I numeri di Politica Responsabile sono i seguenti: sessanta direttori responsabili che si sono susseguiti con altrettante tesi alla direzione del sito web; più di mille interventi nel merito delle tesi presentate, tutti di un certo rilievo ovvero postati come altrettanti contributi al dibattito; per ciascuna tesi una ricca bibliografia ed una altrettanto significativa raccolta di segnalazioni editoriali, costruendo così una piccola biblioteca virtuale; i pensieri del giorno che hanno dato spazio in questi mesi ad interventi di spessore attorno all'attualità politica. Un'esperienza editoriale ed un luogo di confronto unico nel suo genere, di cui credo dobbiamo essere un pochino orgogliosi. Un luogo di circolazione delle idee: ne verrà un libro che stiamo ultimando e che raccoglie le tesi prodotte nell'arco di tre anni.

E poi ci sono i numeri di chi ha semplicemente frequentato il sito web http://www.politicaresponsabile.it/ : nel mese di gennaio 2012 i visitatori unici sono stati 1.741, 4.995 pagine lette, una percentuale di nuove visite del 63,72 ed un'utenza che va ampiamente oltre i confini del nostro territorio.

Un sito che intendiamo mettere a disposizione di questo percorso comune, l'incontro fra i direttori responsabili un programma di lavoro che vorremmo mettere in comune sia sul piano della formazione nel territorio che nella realizzazione di una "summer school" da realizzarsi nella prossima estate attorno ai temi dell'autonomia.

Che i luoghi della politica abbiano bisogno di innovazione culturale prima ancora che nelle classi dirigenti è ben rappresentato dal fatto che attorno al tavolo della riunione ci sono soprattutto persone giovani, espressione di una domanda politica che trova riscontro anche nell'individuazione di Luca Paolazzi come nuovo coordinatore del progetto.