"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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venerdì, 29 marzo 2013Sguardi...

Sono giornate convulse e l'Italia sembra allo sbando. Profondamente divisa, sul piano culturale prima ancora che politico, è difficile indicare una via d'uscita. Il dilemma del presidente Giorgio Napolitano sta proprio qui, nell'intravvedere una strada che possa non solo avere i numeri in entrambi i rami del Parlamento ma prima ancora avere l'autorevolezza politica per dare risposte alle complesse questioni del nostro tempo.

Non è semplicemente lo stallo che l'esito delle elezioni ha evidenziato fra una destra populista che difende corporazioni e privilegi consolidati, i mille rivoli del rancore che si affidano al ciarlatano del momento ed un centrosinistra incapace di raccontare il presente e immaginare il futuro.

No, c'è qualcosa di più profondo, riconducibile alla domanda che Massimo Cacciari pone nel suo ultimo lavoro (Il potere che frena, Adelphi): come svelare l'Anticristo che si annida nelle forme della postmodernità, nella finanza globale come nella tecnocrazia, nelle mafie come nei moderni signori della guerra, nei centri commerciali come nelle slot machine?

Non basta svecchiare una classe dirigente, perché anche il confronto fra il vecchio e il nuovo, se assume il linguaggio dello
sfasciacarrozze, diventa insopportabile (e parte integrante del problema). Occorre una visione di quel che accade. Lenti per comprendere e strumenti per abitare il tempo. Il pensiero dovrebbe uscire dai salotti buoni, la letteratura aiutarci a scavare nel reale, la poesia tornare a meravigliarci.

martedì, 26 marzo 2013Yacht a Cipro

Si apre una settimana decisiva per la possibilità di dare un governo politico per l'Italia. Pierluigi Bersani, al quale va tutta la mia stima per la fatica di queste ore, ha proposto un governo di alto profilo politico ed istituzionale che, sulla base delle riforme di cui ha urgente bisogno il paese, possa trovare la maggioranza nei due rami del Parlamento.

Compito arduo perché i numeri al Senato sono molto incerti. Il Pd può contare infatti su 107 senatori; a questi vanno aggiunti i 10 del gruppo Psi-Autonomie, comunque ascrivibili all'area di centrosinistra. Altri 11 voti dovrebbero arrivare dal Gruppo Misto, che è composto da 7 eletti di Sel, 2 del Pd, una dimissionaria del M5S e il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi. Siamo quindi a 128 senatori. Aggiungendo i 21 di Scelta Civica (che hanno dato oggi il via libera a Bersani) si arriverebbe a 149. Mancherebbero nove senatori per arrivare alla soglia fatidica dei 158 che andrebbero conquistati in aula. Stamane l'incontro con i rappresentanti del M5S non ha dato un esito positivo e Grillo, da lontano, dà la linea: "Nessuna fiducia al governo Bersani".

Come si può capire la strada è in salita, i margini sottili, i condizionamenti molto forti. Vedremo se la forza della proposta e l'appello a non esporre il paese in un momento così delicato a nuove elezioni troverà ascolto. Bersani alla fine della consultazione afferma «Ogni ora che passa, per chi ancora non condivide la mia proposta, la consapevolezza che non è una proposta improvvisata sta aumentando». Se comunque Bersani non dovesse farcela, rimarrebbe ancora lo spazio per un governo istituzionale, un governo a termine per fare le due o tre cose più urgenti guidato da una figura sopra le parti o comunque capace di una maggioranza trasversale. Ma questa via appare forse ancor più precaria di quella che vede impegnato il segretario del PD.

Staremo a vedere. Ma intanto il quadro d'insieme tende ad aggravarsi. L'Europa non riesce nemmeno ad affrontare la situazione di Cipro, paese offshore osservato in maniera distratta dalla politica in tutti questi anni e dove il giro d'affari della finanza è più di otto volte il PIL di quel paese. Improvvisamente si è scoperto che quest'isola, ancora divisa dalla guerra del 1974, era diventata un paradiso fiscale e luogo di riciclaggio per le enormi fortune degli oligarchi russi e, prima ancora, dei profitti di guerra della crisi jugoslava negli anni '90. Ed ora, a questa disattenzione, si risponde nell'ormai abituale ricetta già messa in campo per la Grecia: un vero e proprio salasso verso i contribuenti e le categorie più deboli. Mentre a tutela degli investimenti russi (ma meglio sarebbe parlare delle dei capitali delle mafie) si è mosso in prima persona il premier Medvedev.

Tutti in Europa invocano la ripresa economica e dei consumi, nascondendosi dietro la foglia di fico del superamento dell'attuale congiuntura economica, quando tutti ormai ammettono il carattere strutturale della crisi in atto, che in realtà altro non è se non il nuovo assetto dell'economia al tempo della finanziarizzazione. Questo è l'oggetto di un bell'editoriale a firma del direttore de "L'Adige" Pierangelo Giovanetti intitolato "La finanza divora l'economia". Lo scontro fra economia reale ed economia finanziaria, indicato come "il primo e più incombente fattore esplosivo di disordine mondiale". Chiamo Giovanetti per complimentarmi e gli ricordo del pezzo che avevo scritto proprio per il suo giornale nei giorni immediatamente successivi alla prima edizione del Festival dell'economia (era il giugno 2006 e lo potete trovare a pag.35 degli editoriali su questo sito) quando, a bolla finanziaria non ancora scoppiata, ricordavo che i titoli derivati già rappresentavano una massa finanziaria grande dieci volte il PIL mondiale. Ne scriverò nei prossimi giorni.

Finanza che uccide l'economia reale per il semplice fatto che investire sulle produzioni non conviene. E le conseguenze le possiamo vedere quotidianamente in un contesto di crisi che attraversa ormai anche il Trentino, solo in parte attenuato dai provvedimenti adottati con le finanziarie di questi ultimi anni. Tanto che le situazioni di chiusura o ridimensionamento aziendale non si contano più.

In questi giorni tiene banco in Trentino la vicenda della Subaru di Ala che intende trasferirsi in altri lidi. Verso queste famiglie non può che esserci piena solidarietà e attenzione per salvaguardare quei posti, pur nella consapevolezza che il lavoro in Trentino non lo teniamo rincorrendo le situazioni di crisi ma impostando sin d'ora un diverso modello di sviluppo che abbia a che fare con le vocazioni e le unicità del territorio. In questa direzione andavano gli emendamenti che ho presentato in Finanziaria (ed approvati), per sostenere l'animazione territoriale e per far sì che Trentino Sviluppo acquisisse questa nuova prospettiva territoriale come parte integrante del proprio agire.

Un cambio di profilo di cui abbiamo già iniziato a discutere negli incontri che si sono realizzati in queste settimane a Trentino Sviluppo proprio attorno all'"animazione territoriale" e al progetto "Terre salubri alpine". Ne parleremo anche in un apposito incontro che abbiamo programmato per il prossimo 4 aprile con gli assessori Gilmozzi e Olivi e con il direttore Laner. Ne parliamo anche nell'ambito di "Politica Responsabile", per strutturare il sito in maniera da poter affiancare all'ormai tradizionale tema quindicinale anche alcuni blog di confronto che potrebbero far presagire un nuovo modo di intendere gli assessorati del futuro governo, assumendo un'ottica di natura interdisciplinare.

Incontri e riunioni si susseguono. Dei lavori della terza Commissione Legislativa provinciale e del regolamento per i contributi sulla bonifica dell'amianto ho già parlato in altra parte del sito. Si lavora intensamente alla preparazione dell'evento conclusivo del percorso del Forum sulla cultura del "Limite": ormai siamo alla messa a punto dei dettagli e ne verrà - almeno così mi sembra - un momento magico. Testimoni di spicco si alterneranno a brani musicali che raccontano di come siamo cambiati e, naturalmente, alla poesia di Andrea Zanzotto a cui è dedicata la serata di sabato 6 aprile.

sabato, 23 marzo 2013Acqua

Scusatemi ma in questi giorni proprio non ho trovato il tempo per aggiornare il diario. Proverò quindi a darvi qualche spunto su cui magari proverò a ritornare in maniera più approfondita.

Iniziamo con la tornata di sedute del Consiglio provinciale. Tre le cose interessanti da segnalare. Dell'impegno trentino per la Città della Scienza di Napoli ho già parlato nei gironi scorsi. La seconda è la risposta del presidente Pacher all'interrogazione del consigliere Borga sull'inceneritore di cui si parla nelle prime pagine dei giornali locali. Il no alla tecnologia dell'incenerimento
non significa affatto che non si debba mettere mano al trattamento del 25/30% di residuo che non può finire in discarica per poi essere spedito chissà dove. Abbiamo affermato in questi anni che il principio di fondo è rappresentato dalla chiusura del ciclo nel territorio e così dovrà essere. La questione non è affatto chiusa e riguarda l'esaurimento delle discariche di Ischia Podetti, della Maza e dei Lavini, nonché ciò che non finisce in differenziata e nell'umido. Mi sembra di vedere in giro un po' di faciloneria.

La terza cosa significativa riguarda il Disegno di Legge di modificazione della LP sulle foreste e sulla protezione della natura approvato nella serata di mercoledì in Consiglio provinciale. Non si tratta certo una legge di riforma strutturale, ma ciò nonostante il testo approvato indica qualcosa di più che dei semplici correttivi alla luce di cinque anni di applicazione della legge. Indica invece la maturazione di una nuova sensibilità, laddove il concetto di sostenibilità assume una declinazione di natura territorialista. Non è questo un passaggio banale e forse non è ancora pienamente compreso, tanto è vero che quando si parla di parchi (o anche solo di rete delle riserve) ancora scattano vecchi pregiudizi. La sensazione è che ancora oggi la questione ambientale coincida con il concetto di "protezione" e, nella sua accezione più comune di sequestro e di violazione dell'autogoverno locale. Quando invece più o meno consapevolmente si è passati da un approccio ecocompatibile (chi inquina paghi), a quello ambientalista (dalla compatibilità alla protezione) che spesso si è scontrato con resistenze ed interessi non sempre nobili, per giungere infine a quello territorialista (il territorio come soggetto vivente). Ci tornerò nei prossimi giorni, ma il passaggio investe esattamente la capacità di pianificazione strategica delle Comunità di Valle.

Sono passati nove mesi dall'approvazione della legge di riforma del sistema informativo e digitale trentino e ancora vediamo molte incertezze nel rendere concrete le scelte indicate dalla LP 16/2012 di cui ero il primo firmatario. Ci sono segnali contrastanti. Da una parte la kermesse trentina dell'innovazione che si svolge a Trento dal 20 al 23 marzo all'insegna dei dati aperti. Dall'altra, il fatto che in queste stesse giornate della legge di riforma del sistema informativo elettronico trentino si parli ben poco. Questa contraddizione è l'argomento di confronto nell'incontro del gruppo di lavoro che ha seguito con me l'elaborazione e l'iter legislativo della LP 16/2012. E' anche l'occasione per un confronto con il dirigente della PAT Sergio Bettotti che in questi anni ha seguito il progetto di sviluppo delle rete informatiche trentine. Dobbiamo prendere atto che c'è ancora nell'amministrazione provinciale molta incertezza ad esempio sul ruolo di Informatica Trentina e sulla scelta chiave di dove dislocare il centro motore della riforma, se dentro la PAT o nella società di sistema.

Se con la Legge 16 la politica ha dato un contributo importante sul tema della democrazia digitale, ora però è necessario che l'amministrazione ci creda, nel governo come nell'apparato. Il problema è che, lo dico da promotore della legge, la cultura dei dati e delle sorgenti aperti richiede un lavoro di paziente contaminazione. Di questo si parla anche nell'incontro promosso dalla presidenza del Consiglio provinciale in collaborazione con Open Data Trentino che si svolge sabato mattina ed è significativo il fatto che oltre al Presidente Dorigatti e al sottoscritto nessuno degli altri consiglieri provinciali sia presente. E non certo per essere già informati sui fatti, semmai per il contrario. Perché il divario digitale riguarda la politica come la società, perché la stessa approvazione della LP 16 è avvenuta più come effetto di un rapporto di fiducia politica verso il suo promotore che per una reale conoscenza e condivisione di una questione peraltro cruciale.

Con un apposito gruppo di lavoro del Forum da qualche settimana stiamo preparando l'evento che sabato 6 aprile concluderà al Teatro Sociale di Trento il percorso "Nel limite. La misura del futuro". Sarà una serata in forma di spettacolo dedicata ad Andrea Zanzotto, il poeta che più di ogni altro ha raccontato lo spaesamento. "Come in giostra volar..." (questo il titolo dell'evento dopo il "Caffè Sinan Pascià" che concluse lo scorso anno il percorso sulla cittadinanza euro mediterranea) cercherà di rappresentare, attraverso altrettanti affreschi, il gorgo dello spaesamento, il declino della bellezza, l'angoscia ma anche la forza del migrare, l'onestà del guardarsi dentro, la responsabilità del limite. La serata in forma di spettacolo avrà come ospiti Carmine Abate, Marzio Breda, Roberta Biagiarelli, Alessandra Clemente, Luca Mercalli, Ugo Morelli e Marisa Zanzotto. E l'accompagnamento musicale della Antonio Colangelo Ensemble nell'interpretazione di pezzi di Enzo Jannacci, Domenico Modugno, Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè e Sergio Endrigo.

Alla sala conferenze della SAT di Via Manci a Trento presentiamo "Scoprire i Balcani". Un libro e insieme una guida per un turismo curioso e responsabile dice Pier Giorgio Oliveti, direttore di Città Slow International e figura di spicco del CAI, e la sua presentazione rappresenta un riconoscimento di grande valore per questo lavoro. E' l'occasione per rendere meno ermetica la mia prefazione alla guida e per illustrare ai presenti le ragioni per cui narrare questi luoghi significa parlare della nostra storia e di noi stessi in quanto cittadini europei.

In occasione della Giornata internazionale per il diritto all'acqua esce l'annuncio da parte dei sindaci di Trento e di Rovereto dello scorporo del settore acqua da Dolomiti Energia e della costituzione di una nuova società interamente pubblica che gestirà il servizio idrico dei 17 comuni che l'avevano affidato ad una società mista pubblico provato come DE (e, se lo vorranno, degli altri comuni che fino ad oggi hanno gestito l'acqua in economia o affidandola a società interamente delle amministrazioni comunali). Vivo questo passaggio come un risultato importante del mio lavoro perché mio era l'ordine del giorno che il Consiglio Provinciale ha fatto proprio in occasione della legge finanziaria 2011 che prevedeva lo scorporo e la ripubblicizzazione. Non mi risulta che vi siano molte realtà regionali in Italia che hanno proceduto alla ripubblicizzazione dell'acqua dopo la vittoria nel referendum del 2011. Nella serata del 22 marzo sono a Villa Lagarina con la vicesindaco Romina Baroni e con Ivo Riccadonna, frate che da 30 anni opera in Bolivia, proprio a parlare di acqua, diritto essenziale ma calpestato in Sudamerica come in Palestina. Discutiamo di questo ma anche delle scelte importanti compiute in Trentino per affermare l'acqua come bene comune.

In ultimo, l'assemblea del PD del Trentino. Alla quale non riesco a partecipare (in ogni caso sarei senza diritto di voto) perché si sovrappone all'impegno di Villa Lagarina ma che, pur riconoscendo il ruolo importante svolto da Roberto Pinter nella delicata gestione della partita delle elezioni politiche nazionali, sceglie di non affrontare i problemi veri che lacerano il partito, dalla narrazione dell'esperienza del centrosinistra autonomista trentino negli ultimi quindici anni all'idea di Trentino che vogliamo. Per questo avevo proposto nei giorni scorsi di andare al congresso come grande opportunità di confronto aperto, subordinando la stessa individuazione delle candidature per la presidenza della PAT alla definizione precisa delle linee programmatiche e delle alleanze. Roberto viene proposto nel ruolo di presidente del PD del Trentino mentre Michele Nicoletti - nonostante il suo ruolo di deputato - rimane segretario. La mediazione prevede anche l'allargamento del coordinamento e di andare prima dell'estate ad una conferenza programmatica di cui si parla da tempo ma invano. Staremo a vedere ma non credo che tutto questo porti ad un chiarimento vero attorno alle questioni cruciali sul ruolo dell'autonomia, su quale modello di sviluppo e quale presenza pubblica nell'economia, quale il ruolo della cooperazione trentina... e quali alleanze. O ci siamo forse dimenticati che se fosse stato per una parte del partito l'alleanza che ha fatto politicamente diverso il Trentino dal resto delle regioni dell'arco alpino sarebbe già saltata? E che in questi anni il partito di maggioranza relativa in Consiglio Provinciale spesso si è trovato a fare l'opposizione? L'esito dell'assemblea lascia questi ed altri nodi (il rapporto con il PD nazionale, ad esempio) ancora irrisolti.

Ci sarebbe molto altro, ma mi fermo qui. Ho bisogno di staccare la spina almeno per qualche ora.

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lunedì, 18 marzo 2013Bambine soldato...

L'acqua qui è davvero la manna dal cielo. Domenica piove a dirotto su Ramallah e in una terra dove c'è chi può scavare i pozzi e chi questo diritto se lo vede negato non è affatto male. D'altro canto, a queste latitudini l'acqua è anche motivo di contesa e di guerra. La delegazione trentina conclude gli incontri ufficiali, il presidente della PAT rientra in Italia mentre con Mario, Ali e Tareq ritorniamo ad Aboud per gli aspetti più tecnici relativi al processo di vinificazione e agli obiettivi di impianto di nuovi vitigni autoctoni nella zona. Il programma del viaggio è concluso e ci rimane qualche ora per salutare un po' di amici a Gerusalemme.

Dentro di noi la soddisfazione per l'alto livello delle interlocuzioni politiche e della considerazione che è venuta alla comunità trentina dai leader palestinesi, nonché di un piccolo sogno diventato realtà. E insieme l'inquietudine per una situazione di conflitto sempre più acuto e che solo la grande pazienza (e tenacia) del popolo palestinese sta evitando che degeneri in forma violenta. Ma la politica di continua espansione delle colonie illegali e le scelte nella composizione della nuova compagine governativa israeliana stanno ad indicare che la questione palestinese è ben lungi dal trovare soluzione.

In uno degli ultimi incontri ufficiali ci viene presentata una carta geografica di fonte israeliana dove sono tracciate le linee di espansione nella Cisgiordania, ovvero in quel 20% della Palestina storica che gli accordi di Oslo avrebbero assegnato all'autorità nazionale palestinese. Alle carte corrispondono le immagini delle espansioni delle colonie che nei fatti dividono in due un territorio palestinese privo di sovranità, il crescere del muro della vergogna, la sempre più diffusa militarizzazione del territorio, il racconto delle ordinarie sopraffazioni cui è vittima la popolazione palestinese.

In questo contesto parlare di pace rischia di essere uno stanco rituale. Anche gli interlocutori più attenti appaiono scettici sulla visita - iniziata in queste ore - del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Andrà anche a Ramallah e Betlemme ma i manifesti che campeggiano per le strade di Palestina usano l'ironia piuttosto che la speranza. Qualcuno pensa che questa visita possa rappresentare la verifica degli spazi (stretti) di una trattativa da rilanciare fra qualche mese, anche alla luce di una rinnovata alleanza fra USA e Israele. Altri parlano di una politica di contenimento dell'aggressività israeliana verso l'Iran. Altri ancora di seduzione verso l'opinione pubblica israeliana. Nel farlo legittima quella politica del fatto compiuto con la quale di volta in volta la leadership israeliana ha spostato indietro la trattativa. Dov'è finito il ritorno ai territori del 67? Quante risoluzioni delle Nazioni Unite sono state e saranno approvate inutilmente? Quanti accordi sono stati cancellati a suon di assassinii e di nuovi insediamenti?

Per riattivare il dialogo occorrerebbe innanzitutto volerlo. In secondo luogo il rispetto del diritto internazionale. In terzo luogo il coraggio di proposte in grado di sparigliare rispetto lo scenario attuale. Una visione ed una politica sovranazionale, nella fattispecie mediterranea. Ma è realistico tutto questo? Credo di no, almeno fino a quando non accadrà qualcosa di significativo nella società israeliana e probabilmente anche in quella palestinese. Tutto questo presuppone un cambio di sguardo e nuove classi dirigenti.

La cruna dell'ago? Forse sì, ma vale la pena provarci. Ma quando nella piazza del Santo Sepolcro di Gerusalemme sfilano provocatoriamente le giovani soldatesse israeliane, armate di mitra più grandi di loro, rimango basito. Sembrano delle scout, con il piccolo particolare di essere armate fino ai denti. Bambine soldato, sottratte all'adolescenza. Sento crescere in me l'indignazione.

Nella chiesa ortodossa di rito russo, da poco ristrutturata a pochi passi dal Santo Sepolcro, fanno bella mostra di sé i ritratti dei Romanov e la cappella d'oro e radica a loro dedicata . Le immagini dei vecchi zar e i denari di quelli nuovi, le mafie dell'oligarchia post sovietica, hanno semplicemente cancellato il Novecento. Ripristinando il viatico dei ricchi, alla faccia della cruna dell'ago (rappresentata proprio in questa chiesa dallo stretto passaggio nelle vecchie mura di Gerusalemme) mentre milioni di esseri umani non hanno più di che vivere. Terra Santa... dove si giocano partite che vanno ben oltre il destino di questa terra. Che, per la cronaca, qui a Gerusalemme vale quanto l'oro: per un fazzoletto di terra di mille metri quadrati ci vogliono due milioni di euro. Terra che scotta.

Dieci anni fa scattava la guerra in Iraq. C'erano armi di distruzione di massa, si disse, e non era vero. Lo ammettono ora anche i vertici del Pentagono. Fu un disastro, sotto tutti i profili. Spero proprio che Obama sia venuto nella "mezzaluna" per impedire che la storia si ripeti all'infinito.

sabato, 16 marzo 2013Il muro a Betlemme

Alle nove del mattino abbiamo in agenda il primo incontro con lo staff del ministero dell'agricoltura a Ramallah. Facciamo il piano della giornata e poi ci spostiamo a Hebron per visitare uno dei cinque centri sperimentali dello stesso ministero. Potremmo arrivare in mezz'ora, ma l'apartheid investe anche le vie di comunicazione e così ci mettiamo un'ora e mezza. In compenso vediamo una valle che porta verso Gerico e che in questa stagione appare in tutta la sua bellezza mediterranea. Visitiamo l'impianto dei vitigni autoctoni selezionati dal nostro Istituto agrario di san Michele e l'opportunità di una collaborazione stabile nella difesa della biodiversità appare in tutta evidenza.

Ritorniamo a Ramallah. Con il nostro mezzo diplomatico facciamo la strada più breve, ma a Calandia, il check point fra Gerusalemme e Ramallah, c'è un ingorgo da incubo e nemmeno un autista eccezionale come Tareq riesce ad evitarlo. Potenza dei muri e del filo spinato in una terra che si vuole santa e che abbiamo trasformato in un inferno. Non consegno la responsabilità a qualcuno in particolare, anche se sarebbe facile farlo perché la pulizia etnica della Palestina ha delle precise colpe, così come l'ordine di costruire un muro lungo fino ad oggi 645 chilometri contro ogni legalità internazionale qualcuno l'ha pur dato. Ognuno deve prendersi la sua di responsabilità, noi europei per primi visto che dopo aver chiuso gli occhi sul male assoluto abbiamo pensato bene di cavarcela spostando altrove la contraddizione.

La notizia della elezione di Laura Boldrini e di Pietro Grasso alla presidenza di Camera e Senato, se da un lato testimonia della mancanza di un accordo politico per la formazione del governo, è comunque una boccata d'ossigeno e indica che il cambiamento possa mettere in moto processi imprevedibili, come ad esempio l'incrinatura fra gli eletti del M5S e il loro capo che impartisce gli ordini minacciando anatemi o di andarsene. Stupisce invece l'atteggiamento di Monti che per le proprie mire personali sul Senato ha stoppato la candidatura di Lorenzo Dellai alla presidenza della Camera. Credo proprio che questa equidistanza, impolitica e inconcludente, non reggerà a lungo. Chissà che non si sia alla vigilia di una disarticolazione delle rappresentanze in Parlamento.

Nella città diventata la capitale politica dello Stato di Palestina (nell'attesa che Gerusalemme possa diventare la capitale di tutti, anche se temo sia una pia illusione) ci incontriamo con il Ministro dell'agricoltura, Walid Assaf. Un colloquio nel quale manifestiamo la volontà di dare esecuzione alla "lettera d'intenti" siglata nel 2011, una cornice nell'ambito della quale favorire le collaborazioni sul piano della ricerca, della sperimentazione, dello scambio e della cooperazione fra soggetti pubblici e privati con una particolare attenzione al mondo della cooperazione. Sarà quello della cooperazione e del credito un terreno di confronto anche nell'incontro del giorno seguente con il Ministro del Lavoro Ahmed Majdalani.

Non credo più di tanto alla diplomazia ufficiale, in genere troppo ingessata ed intenta ad occuparsi delle proprie dinamiche autoreferenziali. Ma al tempo stesso sono consapevole che se la politica lo vuole può facilitare, e non di poco, le relazioni fra i territori. Per questo ritengo importante questo lavoro di contatto con le autorità palestinesi e credo che anche ai massimi
livelli si inizi a comprendere che la cooperazione diventa utile se è sostenibile e capace di mobilitare le energie vitali dei territori. E sempre per questo progetti come il  Vino di Cana, costruiti attraverso una continua verifica delle condizioni di sostenibilità e di coinvolgimento dei territori, diventano importanti. Così come le relazioni che si sono avviate con il nostro Istituto agrario nel settore della ricerca, che rappresentano un'opportunità di incrociare informazioni e contesti per entrambi.

Quando finiamo con il Ministro dell'agricoltura ci trasferiamo a Beit Jala, la bella città a due passi da Betlemme con la quale il Trentino ha sviluppato un programma di cooperazione di comunità. Un arco di iniziative improntate sull'animazione di territorio, protagonista l'associazione Pace per Gerusalemme ed in particolare Giulia Schirò che a Beit Jala lavora ormai da quasi tre anni. In questi giorni di nostra permanenza in Palestina abbiamo potuto verificare la conoscenza diffusa relativa all'impegno del Trentino in quest'area e la diffusa stima per il lavoro che sta svolgendo Giulia. Dopo essere passati dalla cantina Cremisan (decisamente migliorata da quando si è avviato il progetto di riqualificazione produttiva al quale ha partecipato anche la PAT), arriviamo al centro sociale costruito grazie al Trentino e lo troviamo in pieno fermento, dal ballo alle attività artigianali. Il fatto che sia qui il presidente Pacher è ovviamente motivo di soddisfazione, perché tutto questo lavoro - che viene realizzato senza clamore e riflettori - fa bene al Trentino prima ancora che alla comunità alla quale si rivolge. Ci aiuta a capire e a crescere, innanzitutto. E a guardare alla nostra terra con occhi diversi.

Ormai è sera inoltrata e rimane solo il tempo per fare due passi sul piazzale della natività. La notte a Betlemme è particolare e niente, nemmeno il muro della vergogna, la potrà cancellare.

venerdì, 15 marzo 2013Ibrahim Faltas

Il venerdì in Palestina è giorno di festa. Accedere alla città vecchia e alla spianata della Moschea al-Aqsa nel giorno della preghiera dovrebbe essere un diritto elementare, ma qui i diritti sono quelli del più forte. Così tutte le persone di sesso maschile con meno di quarantacinque anni non vengono fatte entrare. Uno sbarramento di soldati armati fino ai denti seleziona le persone una ad una. Un religioso improvvisa la preghiera lungo la strada di accesso prima dello sbarramento e la gente si inginocchia con un'indignazione strozzata e una pazienza encomiabile. Noi passiamo, ma la sensazione di essere innocuo per limiti di età non è proprio piacevole.

Due passi fra le mura di Gerusalemme non capitano tutti i giorni e fanno sempre un certo effetto. Zalatimo, il vecchio pasticcere che ci deliziava con le sue "zalabieh", non c'è più. Il suo locale, nonostante il figlio continui sulle orme del padre, oggi è chiuso ed è come se un pezzo di storia fosse cancellato. Un saluto veloce all'amico Wajeech Nuseibeh, custode del Santo Sepolcro grazie ad una regola (lo status quo) che da novecento anni fa sì che a governare il luogo più importante della cristianità sia una famiglia mussulmana, e di lì a poco ci aspetta l'amico Ibrahim.   

Incontrare Padre Ibrahim Faltas è sempre un grande piacere, specie qui a Gerusalemme fra le mura secolari che ospitano la Custodia di Terrasanta di cui è l'economo. Con Ibrahim ci conosciamo da quasi vent'anni, prima ancora di quella primavera del 2002 quando, come custode della Basilica della Natività a Betlemme, difese per 39 giorni i giovani miliziani palestinesi che lì avevano trovato rifugio durante l'assedio dell'esercito israeliano di quella città. Finì sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo ma alla fine la  sua mediazione salvò quelle giovani vite. E' stato qualche volta anche a Trento e in una di queste circostanze lo insignimmo con il premio "Montagne di Pace".

Ibrahim parla perfettamente l'italiano e le nostre conversazioni non conoscono reticenze o formalità. Francescano, è raggiante per la nomina del nuovo Papa che ha preso il nome di Francesco e dice che la sua elezione avrà un'importanza cruciale nella chiesa cattolica. Lo è un po' meno per l'arrivo di Barack Obama in Israele e Palestina (andrà a Ramallah e Betlemme) perché il presidente degli Stati Uniti sembra venire a mani vuote e, a quanto pare, senza nemmeno uno straccio di proposta per riavviare il dialogo in quella terra.

Anche la formazione del nuovo governo israeliano non lascia intendere nulla di buono, visto che fra le molte contraddizioni che l'attraversano l'unica cosa che tiene unito il governo di centrodestra/destra sembra essere quella dell'espansione delle colonie, illegali per il diritto internazionale ma ciò nonostante organizzate, sostenute e protette dal governo israeliano (tanto più ora che il rappresentante dei coloni è entrato a far parte della compagine governativa.

Con Padre Ibrahim e Ali Rashid andiamo a prendere a Tel Aviv il presidente della PAT Alberto Pacher, che arriva nel pomeriggio accompagnato dal giornalista Marco Pontoni. Da lì, con il suo pulmino con targa diplomatica, possiamo andare direttamente ad Aboud (non sarebbe così per un palestinese che invece dovrebbe fare due ore di strada e una decina di check point). Sempre a proposito di diritti umani...

Il villaggio ci aspetta, con il sindaco e le autorità religiose. Mentre stiamo inaugurando la piccola cantina realizzata grazie alla
collaborazione con la comunità trentina, ci raggiunge anche Nemer Hammad, un tempo ambasciatore palestinese in Italia ed ora consigliere politico del presidente Abu Mazen. Non ci vediamo da una vita e ci abbracciamo come vecchi amici. La sua presenza qui è un fatto importante per questa gente (Aboud è un piccolo paesino e non accade tutti i giorni di essere al centro dell'attenzione), un incoraggiamento per l'impegno di Ibrahim (in questo caso l'animatore del progetto della cantina "Vino di Cana"), ma anche per il nostro lavoro.

Ci spostiamo a Betlemme dove visitiamo la Fondazione Giovanni Paolo II che di Padre Ibrahim è un po' la creatura, motore di mille iniziative culturali e sociali per quella comunità. Incontriamo molti giovani palestinesi che stanno imparando la lingua italiana (condizione per poter venire poi a studiare nel nostro paese) e anche la prima cittadina di Betlemme, l'unica donna sindaco in tutta la Palestina, cosa tutt'altro che banale. E con Alberto cogliamo l'occasione per invitarla in Trentino.

Da Betlemme ci spostiamo a Ramallah, la sede del governo palestinese. Le distanze non sono grandi ma lo diventano per l'assurda realtà del muro della vergogna e del filo spinato. L'indomani ci aspetta una giornata intensa di colloqui e di visite sul campo. Lai la saida (felice notte).  

giovedì, 14 marzo 2013Antico ulivo ad Aboud

Non è ancora l'alba quando partiamo alla volta della Malpensa, un aeroporto che in genere cerco di evitare tanto è distante da Trento, ma che in questo caso fa la differenza se pensiamo che nei giorni scorsi la prenotazione di un volo a/r da Milano per Tel Aviv con la "nostra" compagnia di bandiera costava 1.300 euro a fronte dei 340 euro della El Al. La differenza viene compensata da un lungo interrogatorio che gli agenti della sicurezza israeliana ci rivolgono al check-in: chi siamo, se abbiamo famiglia, qual è il nostro lavoro, il motivo del viaggio, in quali città siamo diretti, chi incontreremo e così via. E' il loro lavoro, per carità, ma se un cittadino di Israele viene in Europa nessuno gli chiede nulla.

Arriviamo a Gerusalemme che è il tardo pomeriggio e lì inizia a comporsi la delegazione. Ali Rashid, presidente dell'associazione Mezzaluna Fertile del Mediterraneo, Mario Zambarda che di "Mezzaluna" è il referente trentino oltre ad essere un esperto vignaiolo. L'indomani ci raggiungeranno il Presidente della PAT Alberto Pacher e il giornalista Marco Pontoni. Ad accompagnarci anche l'amico Tareq che da anni lavora nell'ufficio della cooperazione italiana a Gerusalemme.

Neanche il tempo per scrollarsi di dosso la fatica del viaggio e subito si entra nel vivo degli incontri. Da subito vediamo il nuovo responsabile della Cooperazione italiana Vincenzo Recalbuto, con il quale ci rechiamo a Gerico per incontrare le organizzazioni degli agricoltori. Inizia così un tour di cinque giorni attraverso questa terra così fertile quanto contesa. Incontreremo realtà locali, sindaci, ministri e ovviamente le realtà del mondo agricolo palestinese.

A Gerico incontriamo fra gli altri l'ex ministro dell'agricoltura Ismail Daiq, che ci racconta di quel che sta facendo ora insieme a molte realtà non governative e sindacali del mondo rurale. Con Ismail siamo diventati amici e il confronto avviene senza reticenze, mettendo in rilievo i chiaroscuri della realtà rurale palestinese. Con lui parliamo in particolare del progetto "melograno" e della trasformazione della frutta.

Torniamo da Gerico che è quasi mezzanotte. L'indomani ci aspetta una giornata intensa. In particolare saremo ad Aboud, nei pressi di Ramallah, dove verrà inaugurata una piccola cantina così da far rivivere una antichissima tradizione locale. Un villaggio speciale lungo una delle vie che nel corso della storia serviva a collegare Nazareth e Gerusalemme, quando l'ulivo si abbracciava alla vite, per usare la dolcissima espressione di Fabrizio De Andrè. Gli ulivi millenari si fatica a difenderli dalla barbarie di chi i vorrebbe cancellare. La vite proviamo a reintrodurla attraverso la nostra collaborazione. Senza dimenticare che la coltivazione della terra è un modo nonviolento per difenderla.

martedì, 12 marzo 2013Artesella

Silvano Grisenti presenta nella sala di Interbrennero il suo nuovo (si fa per dire) movimento politico. I quotidiani locali, le televisioni, danno un grande spazio a questo avvenimento. Se i numeri delle presenze e delle adesioni sono visibilmente irreali, sul piano del pensiero l'incertezza è ancora maggiore.

Se dovessimo rappresentarle a partire dalla storia personale degli esponenti di maggior spicco che hanno dato la loro adesione a "Progetto Trentino", che pure si contano sulle dita di una mano, l'identità politica di questo nuovo partito potrebbe essere ricondotta ad un segmento di vecchia DC, più o meno collaterale a Comunione e Liberazione, in fuga dal PDL o di esponenti non più candidabili con l'Unione per il Trentino.

In realtà anche questa collocazione risulta fin troppo lusinghiera, considerato che le parole di Grisenti sono in realtà un mix di demagogia e di rincorsa agli umori che si vorrebbero cavalcare. Il richiamo a Grillo (accostamento azzardato ma non casuale), l'affondo contro le Comunità di Valle, il rilancio della nefasta idea delle seconde case, il richiamo alla politica con la gente... da chi ha rappresentato, tanto sul piano politico che come da presidente dell'A22, il Trentino più incline all'intreccio fra affari e politica (e che, dopo una prima condanna, ancora deve fare i conti con la giustizia), fa solo sorridere.

Preoccupa piuttosto lo spazio benevolo che i media dedicano ad un evento politico di così incerto spessore, quasi che dietro questo battage si nascondessero altri obiettivi, primo fra tutti la spaccatura del partito di Dellai e la messa in discussione della coalizione di centrosinistra autonomista che ha governato il Trentino negli ultimi quindici anni. E dunque la volontà di ridisegnare lo schema politico locale, dipingendo un Trentino surreale dove alla "magnadora" si contrapponga "l'antimagnadora" .

Uno schema che però non corrisponde alla realtà del Trentino, all'anomalia politica che l'ha caratterizzato (pure non senza contraddizioni) nel quadro di un arco alpino segnato invece dal rancore padano, alle politiche di buon governo del territorio, di coesione sociale e di apertura globale che hanno segnato un intero corso politico di questa terra.

Perché in questa lettura manichea è coinvolta anche una parte del centrosinistra e del PD. Per quest'ultimo, si tratta di un nodo congressuale ineludibile ma che temo non potrà essere risolto prima delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale, esponendoci così ad una campagna elettorale dove la narrazione del Trentino e il valore coalizionale rischiano di essere motivo di lacerazione, specie in assenza di un candidato presidente capace di rappresentare l'uno e l'altro.

Saranno mesi i prossimi in cui sulla coesione come sulla crescita della coalizione del centrosinistra autonomista dovremmo lavorare molto. Nel confronto sui contenuti, nella capacità di leggere il presente, nel fare tesoro e nel valorizzare le esperienze che il territorio esprime, nel saper affrontare un tempo difficile con idee nuove, misureremo la capacità di visione della politica.

In questo senso, la ricognizione che ha luogo martedì fra l'assessore Mauro Gilmozzi, il responsabile di Step Ugo Morelli e i presidenti delle Comunità di valle alle prese con i Piani territoriali, è un passaggio decisivo sul quale fra l'altro si misurerà il successo (o il fallimento) della stessa riforma istituzionale che ha portato alla nascita delle Comunità. Gli strumenti assunti in Finanziaria relativi all'animazione territoriale possono diventare decisivi. Una strada diversa rispetto a quella di tamponare le situazioni di crisi di industrie senza qualità o di continuare ad investire su impianti di risalita che descrivono un modello turistico che ha fatto il suo tempo.

Temo però che i partiti siano in tutt'altre faccende affaccendati. Più inclini ad assecondare gli umori che a proporre sguardi verso un territorio in connessione con il mondo intero.

sabato, 9 marzo 2013La tavola rotonda iniziale della Winter School

Si continua a dissertare su quanto la politica faccia fatica a parlare con i giovani, ma quando questo avviene - oltretutto su temi di grande rilievo come la cultura della legalità - quasi nemmeno ce ne accorgiamo (o forse si preferisce non vedere).

Perché quello che è avvenuto in questi giorni a Trento, in occasione della "Winter School" promossa dal Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e dall'associazione "Libera Trentino", è davvero un fatto di grande valore: un centinaio di giovani universitari per tre giorni a confronto sul tema "Mafie senza confini" con studiosi, magistrati, funzionari di polizia in prima linea, operatori dell'informazione, docenti, amministratori locali, famigliari delle vittime di mafia, volontari impegnati sul fronte dei diritti umani.

Colpisce il fatto che questi giovani, in larga prevalenza donne, si siano iscritti alla "Winter School" in maniera totalmente volontaria, versando una quota di partecipazione di 30 euro e senza nemmeno che tale partecipazione offrisse loro un qualche credito scolastico. L'attenzione con cui sono stati seguiti i lavori, tutti a prendere appunti, a fare domande, ad accompagnare con applausi non scontati i vari interventi... quasi stupiva. O piuttosto significa che quando c'è buona politica, idee e domande a confronto, allora le distanze tendono a ridursi se non proprio a svanire.

Anche nel prologo con gli studenti delle scuole elementari come in occasione dell'incontro con i ragazzi delle superiori abbiamo riscontrato una grande attenzione. Dai bambini delle scuole elementari Crispi di Trento, coinvolti nel gioco dall'animatrice del programma RAI per i ragazzi "Albero azzurro" Anna Sarfatti, ai ragazzi del Liceo Galilei coinvolti in due ore e mezza di lezione confronto con un Gherardo Colombo che non ti aspetti nella sua capacità di parlare ai ragazzi che pure tendono a vivere le regole come un'imposizione degli adulti sono venuti elementi di riflessione. Perché dopo l'incontro con l'ex magistrato probabilmente guarderanno alla Costituzione Italiana con altri occhi.

La Tavola rotonda con cui si apre la "Winter School", in una sala Depero del Palazzo della Provincia Autonoma gremita, abbiamo subito la percezione della grande attenzione con la quale verranno seguiti i lavori. E nonostante il luogo induca all'ufficialità non c'è nulla di formale, si entra subito nel vivo dei temi che poi verranno affrontati nelle tre sessioni di lavoro. E anche la testimonianza della giovanissima assessore del Comune di Napoli Alessandra Clemente, figlia di una donna assassinata per strada dalla camorra, che parla ai suoi coetanei emozionata per il solo fatto di essere a Trento a parlare di mafie, "mai stata così al nord in tutta la mia vita" ci racconta, assume in queste ore - con il rogo camorristico della Città della Scienza - un particolare valore simbolico.

A sera, anche la sala don Guetti della Cooperazione trentina è piena. Ti aspetteresti che questa potesse rappresentare l'occasione per un confronto fra diverse generazioni ma evidentemente ai nostri cooperatori di confrontarsi con chi è impegnato a produrre le mozzarelle nei luoghi confiscati alle mafie non interessa granché. Mi chiedo se si tratta di aridità o più semplicemente di un problema di comunicazione. Eppure di guardarsi attorno (e dentro) il nostro movimento cooperativo ne avrebbe davvero bisogno.

Venerdì prendono il via le sessioni di lavoro. Si comincia con l'analisi di che cosa rappresenti oggi la criminalità organizzata, affrontando altresì il tema cruciale dell'economia mondiale al tempo delle mafie. Di particolare spessore il contributo di Isaia Sales, docente di storia della criminalità organizzata, ma devo dire che tutti gli interventi sono stimolanti, da quello sulle professioni di Stefania Pellegrini a quello del giornalista di Repubblica Paolo Berizzi. Si prosegue nel pomeriggio con la sessione sulle mafie nel mondo, con una particolare attenzione all'area balcanica e russa. E qui tanto il magistrato di Torino Alberto Perduca quanto il dirigente del Ministero degli Interni Paolo Sartori, portano il contributo di visione e di esperienza di chi è impegnato sul campo. Mentre Cecilia Ferrara porta il suo contributo di giornalista e collaboratrice di Osservatorio Balcani Caucaso nell'indagine sulle interdipendenze criminali nelle regioni europee. Avrei un sacco di cose da dire su come la criminalità organizzata abbia avuto un ruolo per certi versi decisivo nella "guerra dei dieci anni" e di come quegli stessi criminali spesso
coincidessero con i signori della guerra, alimentando nella guerra e nel dopoguerra i loro affari. Ma non c'è il tempo. E c'è gente in piedi anche alla no stop cinematografica al Cinema Astra con Massimiliano De Santis e Aldo Zappalà di venerdì sera.

Arriviamo così all'ultimo giorno. La terza sessione è dedicata alla capacità dei territori di mettere in campo politiche di autodifesa e prevenzione della penetrazione della criminalità organizzata.  A parlarne il consigliere regionale veneto Roberto Fasoli, primo firmatario dell'ultima legge regionale varata in Italia sulla cultura della legalità, Ilaria Ramoni che per Libera segue tutta l'iniziativa sulla gestione dei beni requisiti alle mafie, il magistrato Pasquale Profiti che offre uno sguardo sugli strumenti che la giustizia ha fin qui messo in essere per battere l'economia criminale, il professor Stefano Caneppele che spiega gli strumenti messi in campo da Transcrime per monitorare i rischi di radicamento nelle mafie sul territorio ed infine l'assessore Mauro Gilmozzi e il dottor Gardelli sulle attività poste in essere dalla PAT per cercare di tagliare le unghie ai poteri criminali che pure hanno cercato di insediarsi in Trentino. Ma in Trentino, come ci ricorda il dott. Profiti riferendosi ad una intercettazione telefonica, "sono stranieri, ci prendono subito". A testimoniare di un tessuto sociale, culturale e normativo che ancora ci tiene un po' al riparo, almeno per quanto riguarda le organizzazioni mafiose.

Il che non vuol dire che nelle operazioni "legali" non circolino capitali inquinati, nel mercato immobiliare come nel gioco d'azzardo, negli appalti pubblici come nell'usura. E per questo non solo l'attenzione non è mai troppa, ma occorre tenere bene gli occhi aperti, incrociare i dati in possesso della pubblica amministrazione, mettere in campo una capillare attività culturale.

Il confronto con i partecipanti e la tavola rotonda conclusiva segnano la conclusione, con il saluto del presidente Bruno Dorigatti e con le mie considerazioni conclusive. Credo che questi giorni dedicati in Trentino all'approfondimento sulle mafie e la cultura della legalità rappresentino un modo originale di declinare l'impegno per la pace e i diritti umani, affinché queste parole non diventino un vuoto rituale. L'appaluso conclusivo, forte e sentito, ci dà la misura di quanto il messaggio sia stato ricevuto.

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mercoledì, 6 marzo 2013Il Petruzzelli dopo il rogo

Il 27 marzo dello scorso anno ero al Teatro Petruzzelli di Bari in occasione della presentazione del film di Aldo Zappalà per RAI Storia e dedicato alla cosiddetta "quarta mafia", quella "Sacra Corona Unita" che è diventata nel tempo l'anello di congiunzione fra la criminalità organizzata del nostro paese e le mafie montenegrina e russa.

Proprio in quello splendido teatro, da poco ricostruito dopo l'incendio doloso che l'aveva completamente distrutto per mano mafiosa, nel confronto con il sindaco di Bari ed ex magistrato Michele Emiliano, con il capostruttura RAI Piero Corsini e il regista Zappalà sulle nuove mafie, è emersa la proposta di dare continuità a quel dialogo e di farlo dall'altra Italia, a testimoniare che l'infiltrazione della criminalità organizzata non conosce confini e che nessun luogo è un'isola.

Ed è proprio di questo che discuteremo nella "Winter School" che da giovedì  a sabato porterà a Trento figure di spicco dell'impegno per la legalità. cercheremo di mettere a fuoco il ruolo delle mafie nel tempo dell'interdipendenza, mafie che hanno smesso da tempo di essere fenomeni criminali di natura locale assumendo una cifra  po o che mi preme sviluppare, ovvero il ruolo delle mafie nel tempo dell'e continuità che ha a che vedere con i moderni processi di finanziarizzazione dell'economia. Le mafie oggi proliferano sui traffici internazionali (armi, droga, rifiuti tossici, esseri umani...), sul riciclaggio del denaro(speculazione edilizia, centri commerciali, casinò...), sugli appalti (oligopoli, mancato rispetto delle regole, cooperative fantasma...), sulle tangenti e sull'usura, sui prodotti contraffatti e il gioco d'azzardo... Un fiume di denaro immesso e ripulito nell'economia legale valutato nell'ordine del 10% del PIL italiano.

Vi parteciperanno 120 studenti universitari che si sono iscritti alla scuola invernale promossa dal Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e dall'associazione Libera Trentino, ma sarà anche un'occasione di confronto per amministratori, operatori dell'informazione e tante persone impegnate a vario titolo su questo fronte. Un lavoro di analisi, di idee e di organizzazione tutt'altro che semplice ma anche un contributo importante al percorso sulla cultura del limite che ha caratterizzato un anno di lavoro del Forum.

La winter school coincide con l'uscita della ricerca di Libera realizzata con gli studenti trentini proprio attorno della percezione che qui si ha del fenomeno mafioso che viene presentata alla stampa come parte integrante dell'evento che prende il via giovedì mattina nel confronto con gli studenti, i più piccini con le animatrici del programma RAI Albero azzurro e per quelli delle superiori con Gherardo Colombo che si confronterà con il liceo Galileo Galilei nella tarda mattinata. E che formalmente inizia nel tardo pomeriggio (ore 18.00 Sala Depero in pazza Dante) con una prima tavola rotonda per presentare la dimensione del problema e di come attrezzarsi per renderne meno devastante possibile l'impatto con il territorio.

Ci sposteremo la sera stessa alla Sala don Guetti delle Casse Rurali per una manifestazione a sostegno della mozzarella della legalità e poi da venerdì fino al giorno seguente proseguirà con tre workshop dedicati alla descrizione del processo, alla mafia dell'Europa dell'est  e agli strumenti amministrativi per combatterla. Venerdì al Cinema Astra dalle 17.30 una no stop cinematografica con tutti i documentari di RAI Storia, per concludere i lavori sabato alla sede del Centro per la Formazione alla solidarietà internazionale di vicolo san Marco.

Potrei parlare della nuova sessione del Consiglio Provinciale (ma farei fatica a raccontarne qualcosa, talmente è impazzito il clima fragilissimo), oppure del vuoto che si è creato fra contenuti e politica quando invece dovremmo sperimentare scenari terreni". Potrei parlare del nuovo incontro fra i responsabili, questo tributo per cercare di attenuare distanze culturali prima ancora che politiche nel centrosinistra. O del clima non certo coeso che si respira nella sede del PD di fronte all'esito elettorale.

Ma mi fermo qui, un po' per catalizzare la vostra attenzione sull'evento principale di questo fine settimana, un po' per la stanchezza che mi prende mentre scrivo questi appunti.

lunedì, 4 marzo 2013Paul Klee

Nella sala consiliare di Aldeno, importante centro agricolo della destra Adige, incontro gli amministratori locali e i volontari del centrosinistra autonomista. Mi hanno invitato in quanto primo firmatario della mozione per fermare la realizzazione (e la conseguente possibile proliferazione) di una nuova diga sul fiume Adige (potete trovare la mozione nella home page).

In queste settimane Aldeno si è messo in rete con altri comuni come Besenello, Villa Lagarina e Nomi nonché con territori del Comune di Trento come Mattarello, non solo per contrastare la realizzazione da parte della Acquafil Power spa di un impianto dotato di tre turbine per la produzione di energia idroelettrica che avrebbe un forte impatto ambientale, ma per sviluppare un progetto di valorizzazione della "plaga agricola" fra Trento sud e Rovereto.

Nelle mie parole ricordo come sia dall'inizio di questa legislatura che il tema dello sfruttamento idrogeologico sia oggetto di particolare attenzione da parte di soggetti privati attraverso progetti di forte impatto ambientale. Il primo è stato quello che prevedeva la realizzazione di un impianto di generazione energetica fra il Garda e il Monte Baldo, un opera che avrebbe portato a scavare la montagna fino a oltre 1600 metri slm per portare l'acqua in quota durante la notte (quando l'energia costa meno) e riversarla nel lago di giorno (giocando sul mercato più favorevole). Un'operazione commerciale e speculativa che vedeva come protagonisti la Energie Valsabbia spa di Franco Bernabè e Chicco Testa, la FT Energia spa del gotha della finanza trentina (Lunelli & Marangoni) e la Sws Engineering spa che fa capo a Paolo Mazzalai, l'attuale presidente di Trentino Sviluppo. Progetto che abbiamo bloccato con un mio ordine del giorno sulla Legge Finanziaria 2009 (e che potete trovare in archivio "ordini del giorno") ma che nelle intenzioni dei proponenti non sembra ancora definitivamente archiviato.

Allo stesso periodo risalgono i progetti di sfruttamento idroelettrico del fiume Adige, presentate dalla Sws Engineering a cui è successivamente subentrata la Acquafil Power, progetti che hanno incontrato un'immediata sollevazioni delle comunità locali, poi ritirati e di nuovo ripresentati nell'ottobre dello scorso anno. Insomma i soggetti sono gli stessi e il progetto solo un po' ridimensionato e rivisto nella localizzazione. La forza dei promotori è scontata e il nulla osta al passaggio alla VIA è avvenuto da parte della Giunta Provinciale nella sua ultima seduta del 27 dicembre scorso, forzata dall'ex presidente Dellai nel respingere le osservazioni dei Comuni contrari all'opera.

Prima ancora però del passaggio alla VIA, c'è una questione di fondo che la Giunta non ha preso in considerazione e che porto come argomento di fondo che motiva la mozione di cui sono primo firmatario: non è possibile che lo sfruttamento energetico del fiume Adige avvenga perché qualcuno ne fa richiesta. Perché, se così fosse, a questo progetto se ne potrebbero affiancare altri lungo il corso del fiume e voglio vedere perché si dovrebbe dire sì alla proposta di Mazzalai e no a quella di altri soggetti.

L'Adige non è del primo che arriva e nemmeno dei Comuni che ne sono bagnati: il fiume è un bene comune della nostra comunità intera. Ed il suo eventuale utilizzo per scopi energetici deve avvenire a partire da una strategia condivisa provinciale e regionale. In questo senso va la mozione presentata: l'elaborazione di una comune strategia con la Provincia Autonoma di Bolzano e la subordinazione a tale strategia della prosecuzione dell'iter.

E solo a quel punto, se del caso, entreremo nel merito dell'impatto ambientale che comunque rappresenta l'elemento di maggiore preoccupazione per le comunità dell'asta dell'Adige. Per gli effetti ambientali, idrogeologici, microclimatici che ne possono venire. Basterebbe conoscere la storia per comprendere quanto delicato sia intervenire sui corsi d'acqua... o ci siamo forse dimenticati che durante l'alluvione del 1966 il fiume riprese il suo vecchio corso?

Per tutto questo è importante il lavoro di coordinamento che le comunità hanno intrapreso nel delineare un progetto su quella plaga agricola che vista dall'alto tanto assomiglia ad un quadro di Paul Klee nella combinazioni fra le diverse coltivazioni come nei segni delle trasformazioni nel tempo. Come è vero che il territorio rappresenta un soggetto vivente, in dialogo con la storia e l'azione dell'uomo, i suoi saperi e le sue culture...

Tutto questo rientra perfettamente in quella nuova consapevolezza di cui parlavo nel precedente diario a proposito delle politiche di "animazione territoriale", parte integrante di quel cambio di sguardo che ci chiede di uscire dal paradigma dell'industrialismo e della crescita illimitata. Un cambio che s'impone.

venerdì, 1 marzo 2013Giovanni Segantini, particolare

Tre ore fitte fitte di idee, esperienze, testimonianze. Così, almeno per un giorno, nella sala riunioni di "Trentino Sviluppo" il tema all'ordine del giorno non è come salvare un'azienda in crisi ma come disegnare un approccio diverso di economia del territorio.

Intorno al tavolo una quindicina di persone, a vario titolo animatori territoriali. Sì, perché è proprio dall'animazione territoriale che siamo partiti per cercare di dare piena cittadinanza culturale e politica ad un lavoro sul quale da tempo sono impegnate energie importanti ma che ancora faticano a diventare a tutti gli effetti strumento di pianificazione dello sviluppo.

E così, dopo l'incontro di Ravina del 20 ottobre scorso, nel quale parlammo di come l'animazione territoriale avrebbe dovuto finire nella Legge Finanziaria 2013, il lavoro di accompagnamento della Pianificazione strategica delle Comunità di Valle del gruppo di lavoro di Sergio Remi nell'ambito di Trentino Sviluppo e l'attività di Step, la Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio  di Ugo Morelli, sono un po' meno sole.

Ho la sensazione che finalmente l'approccio territoriale si stia imponendo. Con l'approvazione degli emendamenti che ho presentato in Finanziaria, con le leggi 15/2008 (Distretto agricolo del Garda) e 13/2009 (Educazione alimentare e filiere corte), con l'attenzione da parte degli assessori Gilmozzi e Olivi, ma soprattutto con il nascere sul territorio di esperienze importanti (qui l'elenco sarebbe lungo e non vorrei fare torto a qualcuno) proprio nella direzione di puntare sull'unicità del prodotto locale e dei saperi che racchiudono, sta crescendo uno sguardo diverso verso lo sviluppo locale.

C'è, sia chiaro, ancora molto da fare. Perché tutto questo dovrebbe interagire con un forte ripensamento dell'agricoltura trentina in nome della qualità e del biologico, perché la cultura diffusa è ancora chiusa in un'idea di crescita estranea alle vocazioni territoriali, perché siamo ancora lontani dalla capacità di far incontrare questo approccio ad esempio con l'internazionalizzazione delle imprese, la cooperazione internazionale fra comunità o, ancora, le attività di sostegno all'imprenditoria giovanile o l'idea di una "fase 2" del "Progettone".

In altre parole c'è molto da lavorare affinché l'approccio territorialista diventi cultura politica e di governo a tutto tondo. Tanto che ancora oggi dobbiamo logorarci nel far applicare e rispettare le stesse leggi che andiamo a varare, oppure scontrarci con apparati pigri ed ostili al cambiamento. Quella di cui stiamo parlando non un'area di attenzione in più, ma lo sguardo necessario per evitare di soccombere in una crisi strutturale o di perdere tempo a cercare imprenditori per dare continuità a presenze industriali senza qualità. Penso ad esempio all'acciaieria di Borgo Valsugana e di come quei 120 posti di lavoro (e
il PIL prodotto) condizionino l'aprirsi di una fase nuova per il futuro di quella valle. Un cambio di paradigma s'impone, lo vado dicendo da tempo.

Per questo è importante che le realtà che di questo nuovo sguardo sono protagoniste  parlino fra loro, imparino a far sistema, aiutino le amministrazioni locali ad imparare a riconoscere le risorse di ciascun territorio.  E l'incontro di oggi al polo tecnologico di Rovereto si pone proprio l'obiettivo di tracciare un'agenda di lavoro in questa direzione. L'assessorato agli enti locali sta già lavorando all'incontro dei presidenti delle Comunità di Valle per condividere un approccio niente affatto scontato, se è vero che nella pianificazione strategica di alcune valli (penso ad esempio alle Giudicarie) ancora emergono vecchie impostazioni (e interessi).

In questa cornice si propone che la Provincia promuova in primavera un'occasione di incontro delle realtà impegnate nell'animazione territoriale. Le persone in sala sono uno spaccato significativo di un impegno professionale, istituzionale e associativo, persone giovani a testimonianza di una classe dirigente che sta crescendo proprio attorno al lavoro di autocoscienza del territorio. E' interessante che nei presenti ci sia la consapevolezza che il territorio non è solo l'oggetto della nostra indagine, ma un approccio politico che prova a dare una risposta allo spaesamento, ovvero la condizione del nostro
tempo.