"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

18/03/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Bambine soldato...

L'acqua qui è davvero la manna dal cielo. Domenica piove a dirotto su Ramallah e in una terra dove c'è chi può scavare i pozzi e chi questo diritto se lo vede negato non è affatto male. D'altro canto, a queste latitudini l'acqua è anche motivo di contesa e di guerra. La delegazione trentina conclude gli incontri ufficiali, il presidente della PAT rientra in Italia mentre con Mario, Ali e Tareq ritorniamo ad Aboud per gli aspetti più tecnici relativi al processo di vinificazione e agli obiettivi di impianto di nuovi vitigni autoctoni nella zona. Il programma del viaggio è concluso e ci rimane qualche ora per salutare un po' di amici a Gerusalemme.

Dentro di noi la soddisfazione per l'alto livello delle interlocuzioni politiche e della considerazione che è venuta alla comunità trentina dai leader palestinesi, nonché di un piccolo sogno diventato realtà. E insieme l'inquietudine per una situazione di conflitto sempre più acuto e che solo la grande pazienza (e tenacia) del popolo palestinese sta evitando che degeneri in forma violenta. Ma la politica di continua espansione delle colonie illegali e le scelte nella composizione della nuova compagine governativa israeliana stanno ad indicare che la questione palestinese è ben lungi dal trovare soluzione.

In uno degli ultimi incontri ufficiali ci viene presentata una carta geografica di fonte israeliana dove sono tracciate le linee di espansione nella Cisgiordania, ovvero in quel 20% della Palestina storica che gli accordi di Oslo avrebbero assegnato all'autorità nazionale palestinese. Alle carte corrispondono le immagini delle espansioni delle colonie che nei fatti dividono in due un territorio palestinese privo di sovranità, il crescere del muro della vergogna, la sempre più diffusa militarizzazione del territorio, il racconto delle ordinarie sopraffazioni cui è vittima la popolazione palestinese.

In questo contesto parlare di pace rischia di essere uno stanco rituale. Anche gli interlocutori più attenti appaiono scettici sulla visita - iniziata in queste ore - del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Andrà anche a Ramallah e Betlemme ma i manifesti che campeggiano per le strade di Palestina usano l'ironia piuttosto che la speranza. Qualcuno pensa che questa visita possa rappresentare la verifica degli spazi (stretti) di una trattativa da rilanciare fra qualche mese, anche alla luce di una rinnovata alleanza fra USA e Israele. Altri parlano di una politica di contenimento dell'aggressività israeliana verso l'Iran. Altri ancora di seduzione verso l'opinione pubblica israeliana. Nel farlo legittima quella politica del fatto compiuto con la quale di volta in volta la leadership israeliana ha spostato indietro la trattativa. Dov'è finito il ritorno ai territori del 67? Quante risoluzioni delle Nazioni Unite sono state e saranno approvate inutilmente? Quanti accordi sono stati cancellati a suon di assassinii e di nuovi insediamenti?

Per riattivare il dialogo occorrerebbe innanzitutto volerlo. In secondo luogo il rispetto del diritto internazionale. In terzo luogo il coraggio di proposte in grado di sparigliare rispetto lo scenario attuale. Una visione ed una politica sovranazionale, nella fattispecie mediterranea. Ma è realistico tutto questo? Credo di no, almeno fino a quando non accadrà qualcosa di significativo nella società israeliana e probabilmente anche in quella palestinese. Tutto questo presuppone un cambio di sguardo e nuove classi dirigenti.

La cruna dell'ago? Forse sì, ma vale la pena provarci. Ma quando nella piazza del Santo Sepolcro di Gerusalemme sfilano provocatoriamente le giovani soldatesse israeliane, armate di mitra più grandi di loro, rimango basito. Sembrano delle scout, con il piccolo particolare di essere armate fino ai denti. Bambine soldato, sottratte all'adolescenza. Sento crescere in me l'indignazione.

Nella chiesa ortodossa di rito russo, da poco ristrutturata a pochi passi dal Santo Sepolcro, fanno bella mostra di sé i ritratti dei Romanov e la cappella d'oro e radica a loro dedicata . Le immagini dei vecchi zar e i denari di quelli nuovi, le mafie dell'oligarchia post sovietica, hanno semplicemente cancellato il Novecento. Ripristinando il viatico dei ricchi, alla faccia della cruna dell'ago (rappresentata proprio in questa chiesa dallo stretto passaggio nelle vecchie mura di Gerusalemme) mentre milioni di esseri umani non hanno più di che vivere. Terra Santa... dove si giocano partite che vanno ben oltre il destino di questa terra. Che, per la cronaca, qui a Gerusalemme vale quanto l'oro: per un fazzoletto di terra di mille metri quadrati ci vogliono due milioni di euro. Terra che scotta.

Dieci anni fa scattava la guerra in Iraq. C'erano armi di distruzione di massa, si disse, e non era vero. Lo ammettono ora anche i vertici del Pentagono. Fu un disastro, sotto tutti i profili. Spero proprio che Obama sia venuto nella "mezzaluna" per impedire che la storia si ripeti all'infinito.

 

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