"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

20/08/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Il Trentino che ci piace...

Dopo qualche giorno di silenzio il diario di bordo riprende il suo ritmo normale. Non farò alcun riassunto dell'ultima settimana che pure non è stata di vacanza. Voglio affrontare invece due aspetti diversi ma che in realtà manifestano una certa assonanza. Che ci parlano della capacità (o meno) di visione della politica e delle istituzioni. E della percezione che ne abbiamo.

Di quel che di tragico è accaduto (e sta accadendo) dall'altra parte del Mediterraneo ne ho scritto, con l'amarezza per quel che si sarebbe potuto fare e che non si è fatto affinché l'esito fosse diverso. Non era nelle nostre possibilità cambiare il corso degli avvenimenti  e, ciò nonostante, rimane lo sconforto per il vuoto di pensiero e di progettualità che ancora una volta la politica italiana ed europea hanno dimostrato, ivi compreso il mondo delle ong e del volontariato.

Un vuoto che pure avevamo individuato per tempo e sul quale una politica oltre l'emergenza avrebbe potuto almeno cercare di affrontare. La domanda è semplice: quale avrebbe potuto essere il ruolo di un'Europa attenta a costruire un Mediterraneo come spazio comune di scambio e relazione ad ogni livello? In realtà ho la percezione che si sia guardato a quanto accadeva nella sponda sud del Mediterraneo con l'occhio vitreo degli interessi immediati (o delle assonanze ideologiche), incuranti tanto della marcescenza dei regimi quanto del prevalere dei fondamentalismi. Uscire da questa dialettica avrebbe dovuto costituire la strada maestra di una politica attenta a far nascere uno spazio politico diverso.

E invece la primavera si è presto involuta nello scontro fra nazionalismo e fondamentalismo. Come mi ricordava spesso un vecchio e caro amico che non c'è più, le rivoluzioni fatte a metà si scavano la fossa. Così, quel grande movimento che ha spazzato via (o messo fortemente in discussione) i vecchi regimi (movimento nel quale la componente religiosa era del tutto marginale) si è trovato impreparato e come altra e unica classe dirigente quella di un islam politico che si è rivelato incapace di realizzare una sintesi originale fra modernità e tradizione. E con un potere militare (istituzionale o no) pronto a difendere con ogni mezzo la propria condizione di casta o di privilegio (clanistico o mafioso che fosse).

Occorreva dar vita ad una grande piazza virtuale che sapesse affrontare la crisi degli stati nazione verso forme di autogoverno che recuperassero l'antica tradizione dei beni comuni, che si proponesse di costruire una fitta rete di relazioni comunitarie fra le due sponde del mare, che sapesse valorizzare l'unicità e la ricchezza dei territori dirottando in questa direzione le risorse che potevano venire dalla cooperazione. Una piattaforma di idee, progettualità, percorsi formativi, relazioni ad ogni livello. E una realtà come quella trentina avrebbe potuto fare la sua parte. Avevo proposto due anni fa alla Provincia Autonoma e al Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale che di questo progetto si facessero carico. Una piccola cosa è stata fatta, per la verità, in collaborazione con l'associazione "La rondine" di Arezzo, ma si è trattato di un'iniziativa estemporanea e gli interlocutori erano del tutto casuali.

Occorreva crederci, mettersi in gioco, avere idee... che avrebbero potuto rappresentare un vero e proprio investimento sul futuro. Invece è venuto a galla il vuoto progettuale anche di una realtà politico amministrativa come quella trentina che pure in altre occasioni aveva saputo esprimere cose importanti ed innovative. Per mesi ho proposto un'azione condivisa fra istituzioni, ma altre erano le priorità, altra l'agenda politica. Nel bilancio di questa legislatura - lo dico con rammarico - in quest'ambito il bicchiere è decisamente più vuoto che pieno. Una miopia politica sulla quale riflettere. E questo nonostante l'opportuna continuità che veniva dalla destinazione di una quota importante del nostro bilancio alla cooperazione internazionale e alle iniziative di eccellenza realizzate nelle legislature precedenti, esperienze che pure hanno collocato (e collocano) il Trentino al primo posto fra le regioni impegnate sul piano delle relazioni internazionali. Peccato perché mai come in questo momento il valore dell'interdipendenza poteva emergere in tutte le sue potenzialità. Peccato perché con l'azione del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani eravamo, come si usa dire, sul pezzo. Ma non demordo.

Il tema della narrazione di questa come delle precedenti legislature sta diventando, come avevo previsto (e questo diario ne è buon testimone), sempre più cruciale anche in vista del difficile autunno elettorale. Negli incontri a cui partecipo in questi giorni la questione emerge con particolare evidenza, come se non si avesse la percezione di quel che questa terra ha rappresentato attraverso la sua anomalia politica. Basterebbe ripercorrere alcuni temi chiave (le risposte alla crisi, gli ammortizzatori sociali, gli investimenti nella conoscenza e nell'innovazione, la banda larga e la riforma del sistema di comunicazione elettronico, la stessa riforma istituzionale...) per comprendere come la nostra comunità abbia affrontato con intelligenza alcuni dei nodi cruciali e al tempo stesso come tutto questo abbia difettato di una classe dirigente all'altezza di questo passaggio pensando che sarebbe bastata una forte impronta dirigista per vincere la partita.

Invece occorreva, anche qui come nelle "primavere" (mi ero ripromesso di non usare più questo termine, ma fa niente), investire su una nuova classe dirigente. Occorreva coinvolgere la comunità trentina affinché si sentisse parte della sfida, nella consapevolezza del carattere comunitario del movimento cooperativo come nella partecipazione pubblica alla realizzazione delle grandi opere, nell'immaginare le relazioni internazionali come il veicolo per promuovere il Trentino nell'interdipendenza come nella rimotivazione delle persone impegnate ad ogni livello nella pubblica amministrazione. Nel interrogarsi, qui come altrove, sull'efficacia dei nostri strumenti, interpretativi e partecipativi.

Dopo quindici anni di governo del centrosinistra autonomista, questo racconto capace di valorizzare la nostra anomalia (e quel che abbiamo saputo mettere in campo) e insieme di evidenziarne i limiti in maniera costruttiva, fatica ad entrare nell'immaginario collettivo. Dove invece sembrano prevalere gli umori e i rancori. Dove cresce il "non nel mio giardino". Dove è la furbizia - e non la responsabilità - il tratto che segna sempre più frequentemente il rapporto con il bene comune. Il che dovrebbe farci riflettere, fra l'altro, sulla capacità di percepire e comunicare il Trentino e l'anomalia politica di questa terra...

La partita non è affatto chiusa. Credo che quello che ci giochiamo in autunno con il rinnovo delle istituzioni della nostra autonomia rappresenti un passaggio cruciale. Dobbiamo saperlo affrontare valorizzando le cose importanti che abbiamo realizzato e affrontando con decisione e creatività le criticità che si sono evidenziate.

Solo così il racconto di una terra diversa che ha saputo resistere allo spaesamento e alla paura potrebbe continuare.

 

0 commenti all'articolo - torna indietro

il tuo nick name*
url la tua email (non verrà pubblicata)*

Link ad altri siti

  • link al sito Sifr - la solitudine della politica
  • osservatorio balcani
  • viaggiare i Balcani
  • link al sito Forum trentino per la pace e i diritti umani
  • Sito nazionale della associazione Sloow Food
  • link al sito dislivelli.eu
  • link al sito volerelaluna.it
  • ambiente trentino
  • pontidivista
  • Sito ufficiale della Comunità Europea