"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

28/06/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
L\'assemblea dei lavoratori della Whirlpool di Trento

Nella discussione che abbiamo nel pomeriggio di venerdì nella sede del PD del Trentino sulla questione dei licenziamenti Whirlpool emerge l'eterogeneità di un partito che in questi anni non ha saputo costruire una sintesi culturale e politica. Ovviamente siamo tutti d'accordo nel mettere in campo ogni possibile ammortizzatore sociale per garantire a queste famiglie che vedono lo spettro della disoccupazione un reddito fin quando non si aprirà una nuova soluzione, dando per molto improbabile un passo indietro della multinazionale americana.

Per il resto, è proprio la mancanza di un racconto condiviso di questo tempo a rendere difficile una risposta comune, nello sguardo verso il passato e le scelte che hanno caratterizzato la PAT per evitare l'epilogo di questi giorni, nell'analisi delle ragioni che hanno portato questa azienda a chiudere lo stabilimento di Trento, del ruolo dell'industria (e di quale industria) nell'idea che abbiamo del Trentino del futuro.

Emerge l'impronta liberista di chi considera troppo stringente la nostra legislatura sul piano delle procedure e delle regole. Emerge l'ossessione per il PIL, considerato che un'azienda come questa ha un fatturato considerevole il cui venir meno avrebbe conseguenze sulle casse provinciali. Emerge la vecchia idea industrialista per cui ogni territorio, a prescindere dalle proprie caratteristiche, non dovrebbe comunque rinunciare all'assetto produttivo che ha ereditato da un passato dove l'ambiente non creava (o meglio non faceva percepire) ricchezza. Emerge la posizione di chi non aveva mai sostenuto l'idea che la PAT avrebbe dovuto mettere in campo proprie risorse (l'acquisto dei capannoni industriali) per cercare di mantenere in Trentino quell'insediamento industriale.

L'assessore Alessandro Olivi viene dall'incontro con i lavoratori della Whirlpool, dove è stato accolto - ci racconta - con grande compostezza e dignità. L'impegno a fianco dei lavoratori è totale e si dovrà concentrare tanto nel sostegno al reddito, quanto nella ricerca di nuove attività produttive attraverso la riconversione dell'azienda. Non ci ha dormito la notte, perché quello inferto dalla multinazionale al Trentino è un colpo duro, che investe 468 famiglie.

Per parte mia provo a dire che se una multinazionale se ne va via dal Trentino è perché qui, differentemente da altrove, le regole a tutela del lavoro e dell'ambiente tendenzialmente si rispettano. Che lo scambio PIL/territorio è il segno di una cultura che ha disseminato il paese di Ilva e di Petrolchimici in angoli di natura e urbane di straordinaria bellezza e che forse nessun altro paese al mondo può vantare. Che se ragioniamo da europei non importa avere un'industria automobilistica sul proprio territorio (come se la Fiat non fosse della Philip Morris), valorizzando quel che il nostro paese può mettere a disposizione dell'Europa e del mondo intero ovvero il suo patrimonio storico, artistico, ambientale e culturale (agroalimentare compreso). Che la PAT ha fatto bene a cercare di favorire la presenza di un settore industriale per quanto avulso dal territorio (tranne nel caso dell'Acciaieria di Borgo Valsugana dove quella presenza diviene inibitoria per un altro modello di sviluppo), ma che avrebbe dovuto per tempo sostenere la nascita di progetti industriali e artigianali connessi alle vocazioni locali.

In tutta questa legislatura, dalla vicenda dell'Acciaieria di Borgo in poi, ho continuato a dire che occorreva sul piano delle politiche industriali, un cambio di paradigma. Vedo sul Corriere del Trentino di sabato il prof. Giovanni Pegoretti esprimere posizioni analoghe e questo mi conforta. Solo che avremmo dovuto capirlo per tempo ma purtroppo l'emergenza è il contesto meno adatto per un cambio di sguardo sul nostro tempo, su una crisi che non è crisi ma radicale trasformazione all'insegna della finanziarizzazione dell'economia. Non possiamo nascondere come la politica non abbia avuto la necessaria attenzione verso quanto avveniva nel post comunismo, in paesi diventati luoghi all'insegna della più esasperata deregolazione e che, nell'interdipendenza, hanno avuto l'effetto di una forte spinta alla delocalizzazione selvaggia alla ricerca di profitto facile.

Lo stesso indirizzo che ha avuto "Trentino Sviluppo" in questi anni è stato all'insegna della continuità piuttosto che accelerare nella capacità di sostenere processi di riconversione in senso territoriale delle produzioni. E' l'unicità del prodotto la scelta vincente. E, insieme, la costruzione di relazioni. Occuparsi di internazionalizzazione (delle imprese e dei territori) è in primo luogo allargare lo sguardo sul presente. Quante volte ce lo siamo detti nelle discussioni sulle leggi finanziarie nelle quali abbiamo affrontato gli effetti della crisi globale, parlando di promozione dell'innovazione e della ricerca. E però la conservazione (quella delle associazioni di categoria, come quella di una parte significativa della nostra classe dirigente) tendeva a riprodurre il modello precedente.

Penso alla legge sulle filiere corte e a quanto c'è voluto prima per superare lo scoglio delle normative europee sulla concorrenza e poi perché venisse approvato il regolamento attuativo, penso agli stessi emendamenti (approvati) che ho presentato nell'ultima finanziaria a proposito di animazione territoriale e al ruolo di Trentino Sviluppo e per cercare di cambiarne l'impostazione.

Di aver creduto che il mercato fosse il regolatore dell'economia e di aver immaginato che il concetto stesso di "politica economica" fosse un ferro vecchio, oggi paghiamo lo scotto. Sono convinto, al contrario, che occorra più politica, un progetto di riconversione per questo insediamento produttivo che, come ho già accennato su questo diario, permanga nel ciclo del freddo come filiera interessante anche in relazione alle vocazioni dell'economia del nostro territorio (agricoltura e agroalimentare). Ovviamente rivolta all'Italia, all'Europa e al Mediterraneo. Provo (proviamo) a pensarci.

 

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