"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Attendo i primi dati del voto ed appare subito che l'esito delle elezioni conferma il centrosinistra autonomista al governo del Trentino. La prima sfida che appariva incerta almeno sul piano del superamento del quorum è superata brillantemente, pur tenendo conto del calo dei votanti. Non c'è storia: alla nostra coalizione il 58%, a quella del centrodestra di Diego Mosna e Silvano Grisenti il 19%.
In questo quadro il PD del Trentino si conferma il primo partito (22,1%) aumentando in percentuale (ma non in voti) rispetto a cinque anni fa, mentre assistiamo ad un rovesciamento delle posizioni fra il PATT (il partito del presidente Rossi, lo scrivo per i lettori non trentini di questo blog) e l'UPT (il partito di Dellai) a netto favore del primo. Percentuali pressoché insignificanti per gli altri partner di maggioranza, tanto da non esprimere nemmeno un consigliere (solo i ladini, in virtù della legge sulle minoranze, riescono ad ottenere un seggio). Insomma, un risultato positivo, oltre ogni previsione.
I dolori invece arrivano con il fluire delle preferenze. Mi rendo subito conto che il voto sul territorio (che cinque anni fa mi aveva permesso di entrare in Consiglio) non c'è e questo con lo scorrere delle ore si conferma anche nei centri maggiori. Ne esce una secca sconfitta personale, tanto che le 2.599 preferenze ottenute nelle passate elezioni diventano a scrutinio concluso 1.911, ben lontano dall'ultima degli eletti nella nostra lista che ne conta 2.675.
Vorrei poter festeggiare per il risultato complessivo che conferma l'anomalia politica trentina, ma proprio non ci riesco e mi rintano in casa. Non sono uso personalizzare la politica, ma non veder riconosciuti cinque anni di lavoro e di idee mi riempie di amarezza. So bene che i pensieri di mezzo, specie in un contesto urlato e manicheo, faticano a trovare seguito, ma ciò nonostante mi ero illuso che le buone idee come le buone leggi potessero trovare un qualche riconoscimento.
Invece non è stato così. Posso solo dire di avere la coscienza a posto, di essere soddisfatto del mio lavoro di questi cinque anni sul piano legislativo, di aver salvato (un po' di più di contribuito a salvare!) alcune delle aree più delicate del nostro ecosistema, di aver ricostruito una politica agricola che la sinistra trentina non presidiava più da anni, di aver dato significato all'impegno per la pace ben oltre i rituali del pacifismo di maniera. E, più in generale, di aver proposto una visione territoriale ed europea ad un partito che di visioni è piuttosto avaro, qui come sul piano nazionale.
A quanto pare tutto questo vale meno, molto meno, di un buon rapporto con i mezzi di informazione. Mi rendo conto che corro il rischio di incavolarmi e allora mi fermo qui. Aggiungo solo che nei mesi scorsi ero molto incerto se riproporre o meno la mia candidatura. Per come sono, perché non amo la dimensione pubblica, perché avrei voluto fare dell'altro. La "topolino amaranto", per un viaggio attraverso le terre sole al fine di ricostruire una diversa dimensione della politica, era già pronta ma poi ho deciso altrimenti. Decisive a farmi cambiare idea erano state le persone più vicine, le quali mi esortavano a non lasciare a metà il prezioso lavoro sin qui svolto oppure che non potevo permettermi questo atteggiamento un po' da "signore della politica". Poi arrivò l'esito delle primarie del centrosinistra autonomista, e divenne decisiva la considerazione che era necessario che tutti portassero il loro contributo per ridare centralità ad una politica di sinistra nella coalizione. Almeno su questo piano, il mio contributo spero di averlo portato.
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