"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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lunedì, 29 aprile 2013Frankenstein junior

L'attenzione di questi giorni è tutta per la formazione del governo e non può che essere così. Quel che sta avvenendo in queste ore nel paese, il formarsi di un governo di unità nazionale che nei fatti consegna alla normalità l'eccezionalità del governo Monti, non è cosa da nulla. D'incanto vengono cancellate non solo una campagna elettorale senza esclusione di colpi ma anche vent'anni di contrapposizione fra i due principali schieramenti politici italiani.

Ora Berlusconi afferma di condividere parola per parola quel che il vicesegretario del PD afferma nel suo discorso di investitura. Il rafforzamento del disegno europeo come si concilia con l'uscita dall'euro che è stata fatta balenare dal centrodestra in campagna elettorale? La politica delle grandi opere, dal ponte sullo stretto al ritorno al nucleare, è diventata compatibile con una diversa visione del rilancio dell'economia? La privatizzazione dell'acqua che gli italiani hanno impedito con il referendum è da ritenersi definitivamente archiviata o i servizi fondamentali devono essere regolati dalla logica del mercato? E, miracolo, dopo un anno di sacrifici che hanno messo in ginocchio una parte importante di questo paese, anche l'IMU si può cancellare? Insomma, ci hanno raccontato frottole prima, o si stanno facendo i conti senza l'oste oggi?

La contrapposizione politica che ha segnato la vita politica, economica e sociale di questo paese per un quarto di secolo era l'onda lunga di un'impronta ideologica fuori dal tempo? Un conto è dire che l'antiberlusconismo era una forma di subalternità politica, altra cosa è sostenere che il neoliberismo era tutto un equivoco. Perché non è stato (e non è) così. C'è un pezzo di storia che non può essere cancellato.

Enrico Letta ci invita a guardare al futuro. Ma se non ci si interroga sulle cause di una crisi diventata strutturale, quali ricette possiamo mettere in campo? No, c'è qualcosa che non va. Se il nuovo Presidente del Consiglio ci avesse detto che erano necessarie alcune riforme sul piano dell'assetto istituzionale del paese, mettere fine alla porcata di un sistema elettorale che assegna uno strapotere ai partiti, affrontare un diverso sistema fiscale sul lavoro e sui redditi da lavoro e che per questo si doveva trovare un accordo fra le principali forze politiche ... si poteva in una certa misura convenire. Ma quello che ha ottenuto oggi la fiducia dal Parlamento Italiano non è un governo di scopo.

Forse non c'era, data la situazione, una soluzione diversa che non fosse il ritorno al voto. Il nuovo governo segna un forte ricambio e mette insieme figure di un certo spessore. Ciò nonostante questo governo non mi convince, punta tutto sul rilancio di una prospettiva di natura keynesiana che appare del improponibile, elude i nodi di fondo, non è portatore di un cambio vero di prospettiva.

O forse qualcuno pensa che questa sia la strada giusta? E se fosse così, perché non proporla anche per il Trentino? Ve lo immaginate un governo con Dellai, Pacher e ... Leonardi? No, quello che questo Parlamento ha votato è un governo di emergenza, che deve fare due o tre cose e poi lasciare che i cittadini ritornino al voto. Sperando che, nel frattempo, la politica sia capace di imboccare strade diverse che pure si fatica ad intravvedere. Quel cambio di paradigma (e di schema di gioco) di cui vado parlando da tempo.

Ma che avverto lontano. Tanto che si scaldano i motori per una nuova guerra ancora più disastrosa di quelle precedenti.

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sabato, 27 aprile 2013I segni del cedimento della strada per il Monte Velo

24 aprile. ITI Marconi di Rovereto. I ragazzi protagonisti del viaggio a Lampedusa raccontano alla stampa che cosa ha significato per loro andare fin lì, su quel pezzo di terra che segna per i disperati delle carrette del mare l'ingresso in Europa. Non è solo un viaggio di conoscenza, è un'esperienza che cambia. Cambia il modo di guardare, cambia la prospettiva, cambia il modo stesso di vedere il luogo dove si vive quotidianamente. Ad un certo punto uno dei ragazzi si rivolge agli amministratori presenti (l'assessore provinciale Marta Dalmaso, l'assessore della Comunità di Valle Marta Baldessarini e il sottoscritto) affinché non facciano venir meno i finanziamenti a viaggi come questo. Mi scalda il cuore e dovremmo rifletterci. Il viaggio è una straordinaria occasione di crescita, non lo scopriamo ora. Ma la scuola è spesso ingessata nelle regole di una didattica senz'anima, arida e che non sa appassionare i ragazzi. Lo dico sottovoce all'assessore Dalmaso: se proprio dovessi scegliere (perché le cose potrebbero non essere alternative), preferirei classi da 50 alunni ma con insegnanti capaci di appassionare e di essere maestri di vita.

25 aprile. Trento. Durante la manifestazione per il 68° anniversario della liberazione mi avvicina Monica Ioris e mi dice dell'emozione che a stento riesce a trattenere in questa giornata. Dagli anni '70, credo di aver partecipato pressoché ogni anno alla commemorazione del 25 aprile, a segnare con le canzoni, i garofani rossi, gli slogan e le parole il significato vero della resistenza. Per questo mi permetto di non nascondere a Monica il mio sentirmi ogni anno sempre più estraneo ad un rituale che diventa retorica, nelle parate dei militari che in armi rendono onore ai caduti, come nelle bandiere che affermano appartenenze sempre uguali. Fra l'inno di Mameli e Bella Ciao, il mio sentire oggi è altrove.

26 aprile. Giornata dedicata alla scrittura e alla lettura. Me ne sto chiuso in casa, fuori piove e il caldo della stufa a legna è una delizia. A sera, siamo invitati da Anita e Flavio a Susà di Pergine, per festeggiare il compleanno degli arieti: Gabriella, Cristina, Adriana e Flavio. Il padrone di casa, orgoglioso delle sue origini come tutti i veneziani, è andato apposta a prendere il pesce in laguna ed in cucina è davvero un maestro. La sua è una vera e propria lezione sui frutti di mare. Anita, per la verità, non è da meno e il suo Monte Bianco è davvero delizioso. Come diceva Vinicius de Moraes, il bianco più negro del Brasile come lui amava definirsi, "la vita, amico, è l'arte dell'incontro". Così...

27 aprile. Sotto una pioggia torrenziale vado a fare un sopraluogo ai Gazzi, nei pressi di Arco. Quasi un anno fa avevo fatto un'interrogazione sui lavori di bonifica autorizzati (per modo di dire) in un'area particolarmente delicata sotto il profilo idrogeologico e a rischio di franare a valle. Parlai in quella occasione di un conoide che si sposta lentamente verso valle, con conseguenze pericolose per l'abitato di Bolognano. La risposta dell'assessore Mellarini fu rassicurante, tutto è a posto e sotto controllo. Non era vero, perché le autorizzazioni non erano affatto a posto e il sistema franoso preso alla leggera. Tant'è vero che qualche settimana fa la strada che porta al Monte Velo comincia a mostrare crepe piuttosto preoccupanti e per qualche giorno viene interrotta. Si dice che questo cedimento sia dovuto alla perdita dell'acquedotto, ma non è affatto così perché semmai è l'inverso, ovvero è stato il movimento franoso a causare il guasto all'acquedotto. Basta percorrere, l'avevo già consigliato a Mellarini un anno fa, la strada che sale verso la Val di Gresta per rendersi conto di come il conoide di argilla e sassi stia scivolando a valle, un fronte di qualche centinaio di metri e visibile ad occhio nudo che sta a monte della perdita d'acqua. Entriamo anche nel cantiere dove sono in corso i lavori che erano stati oggetto dell'interrogazione e che nel frattempo sono andati avanti, ma più che di bonifica si dovrebbe parlare di un vero e proprio disastro. E da mesi è tutto fermo. Sono infuriato e mi sento preso in giro. Decido così di tornare sulla questione con una nuova interrogazione.

Già che sono in zona, mi incontro con l'ex sindaco di Nago Torbole Eraldo Tonelli. L'oggetto è l'annosa questione della Colonia Pavese, un manufatto realizzato all'inizio del ‘900 in uno dei luoghi più affascinanti del Trentino, prima in stato di abbandono per anni e poi oggetto di un intervento che grida vendetta al cielo. La cosa insopportabile è che l'amministrazione comunale persevera e, dopo che sono stati buttati al vento grandi risorse per una ristrutturazione improbabile e mai completata, insiste in un progetto fallimentare. Ultimo atto, la vicenda LABA, Libera Accademia Belle Arti, un'operazione di alta formazione che avrebbe dovuto trovare sede nei locali dell'ex Pavese che ristrutturati ancora non sono (e provvisoriamente ospitata nei locali inizialmente adibiti a parte commerciale). Peccato che LABA Trentino non abbia alcun riconoscimento né scientifico, né didattico. Su tutta la questione ci ritornerò a breve. Voglio bene a questa terra e ne sostengo il governo, ma queste sono immagini di un Trentino di cui non essere orgogliosi. 

martedì, 23 aprile 2013Sardegna

Non è solo la crisi del PD. Ad essere in crisi è la politica intesa come organizzazione delle idee e della partecipazione alla vita di un paese. Quella del PD è forse più evidente perché, in buona sostanza, è rimasto l'unico soggetto che ha continuato ad avere una sua dimensione partecipativa di massa. Mentre i partiti aziendali o legati all'immagine di una persona, paradossalmente, si muovono più a loro agio fra le macerie della politica. Spero non sia questo il "due.zero".

Dello scarto di pensiero di cui ci sarebbe la necessità, neanche l'ombra. Tornando dall'incontro di Ponte in Valtellina (vedi il precedente diario) sento acuirsi la distanza fra i territori e quel che avviene nella capitale che pure non centra nulla fra la rappresentazione della piazza e quella del palazzo. Il discorso di insediamento di Giorgio Napolitano è un atto di accusa forte verso la degenerazione della politica, ma è tutto interno allo schema precedente e forse non può essere che così.

Se, con tutto il rispetto, la politica si deve affidare ad una persona di ottantotto anni per uscire dall'empasse in cui s'è cacciata, vuol proprio dire che ha abdicato al proprio ruolo, come del resto è avvenuto con i mesi del governo Monti. Non c'è da essere favorevoli o contrari, semplicemente dovremmo prenderne atto e riflettere. Ad esempio provando ad immaginare che i territori possano diventare protagonisti di un modo diverso di interpretare la politica, luoghi di autopensiero in rete fra regioni italiane ed europee, alpine e mediterranee...

Ma di questo scarto non sembra esserci traccia, almeno sul piano del dibattito politico ufficiale. Dico questo perché passo le giornate di lunedì e martedì al telefono con chi, nei territori, da tempo ci ragiona immaginando che i tempi inizino ad essere finalmente maturi per proporre un altro schema in cui provare a declinare il pensiero e l'azione politica. Dalla Lombardia alla Sicilia, dal Friuli alla Calabria, provo a capire se le "terre alte" sono in grado di mettersi in relazione con le "terre sole". Di questo provo a scrivere nelle cartelle che diventeranno la postfazione del libro che darà voce a quella fucina di idee che ha saputo essere il sito www.politicaresponsabile.it .

In un'intervista televisiva di Debora Serracchiani sento riecheggiare questi temi. Contro ogni pronostico della vigilia è lei la nuova presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e la sua vittoria è avvenuta, come lei stessa dice, nonostante la crisi politica nazionale e del PD. Una distanza che ben rappresenta l'urgenza di uno schema politico diverso.

Per il momento il dibattito nazionale è tutto concentrato sulla natura del governo, di larghe intese, di scopo o di tecnici. Ognuna di queste soluzioni apre scenari diversi, ma in buona sostanza la politica riconosce il proprio impasse, affidandosi al presidente Napolitano. L'unico che ne esce bene sembra essere Berlusconi ed anche questo è davvero paradossale.

Come appare paradossale che anche la politica trentina sia in attesa di quel che accade a Roma. Che pesi su tutti l'incertezza nazionale, non c'è verso, ma il laboratorio politico trentino non dovrebbe rianimarsi solo per effetto delle macerie romane. In questo bisogna avere il coraggio di dire che la politica trentina in realtà non sta poi tanto meglio. Basterebbe guardare in casa nostra per vedere come i cortocircuiti della politica nazionale in fondo non siano poi tanto estranei ad una politica condizionata anche qui dai destini delle persone. Questo è un male profondo e richiede una terapia di lungo periodo. Per uscirne, tanto per cominciare, sarebbe già qualcosa che le persone (e i partiti) riacquistassero il piacere per lo studio, l'inchiesta sociale, lo sguardo sul mondo.

Mentre scrivo Enrico Letta riceve l'incarico dal Presidente della Repubblica di formare il nuovo governo. Non sarà un governo tecnico. Quanto sarà politico, lo vedremo nella sua composizione e nel suo programma. Certo è che l'urgenza di un cambio di paradigma non viene meno e per questo dovremmo metterci al lavoro.

sabato, 20 aprile 2013Ponte in Valtellina

La sveglia è alle 5 del mattino. Arrivare a Ponte in Valtellina non è semplicissimo, bisogna attraversare la Val di Non e la Val di Sole, il Tonale, la Val Camonica, Aprica e scendere in Valtellina. I chilometri non sarebbero tantissimi, ma la strada è tortuosa. Se poi si ha a fare con il brutto tempo e la neve il viaggio diventa oltre modo impegnativo. Sul Tonale ci sono dieci buoni centimetri di neve fresca, ma ciò nonostante poco dopo le 9 siamo a destinazione.

Ponte in Valtellina è un bel borgo medievale  fatto di edifici pregevoli, archi e volti. Un luogo certamente da visitare. Ho scelto di venire qui per un impegno assunto con Aldo Bonomi già due mesi fa, ma devo dire in tutta onestà che l'incontro "Lo spaesamento delle terre alte" mi sembrava decisamente più interessante di una conferenza programmatica del PD trentino imbastita in tutta fretta. Qui ho l'impressione di essere sul pezzo, come se fossimo già oltre, immersi in quella rete di soggetti territoriali che dovrebbe essere l'orizzonte di un'altra politica.

Non voglio con questo aggiungermi al fiume in piena di queste ore, né pensare che i partiti si usano e si gettano a seconda delle convenienze. Questo blog testimonia come da tempo vada indicando la necessità di una ripensamento delle forme della politica in chiave territoriale ed europea e quanto poi alle convenienze tutto si può dire tranne che la mia vita sia fatta di calcolo. Anzi, temo le grida manzoniane e rimango senza parole di fronte agli insulti, alle parole "venduto" e "traditore", che vedo rivolte ai dirigenti del PD o alle massime cariche istituzionali.

Il fatto poi di essere qui insieme a Giorgio Lunelli, capogruppo in Consiglio provinciale dellUpT, ci racconta di un confronto che attraversa le attuali appartenenze e di storie diverse che s'incontrano e s'incrociano, esattamente com'era nell'intento originario del PD così come nell'idea di tipo federativo che avremmo voluto potesse rappresentare le forme dell'agire politico di questo partito. E infatti in questa sala le appartenenze, quando ci sono, appaiono davvero sfumate: ci sono sindaci e rappresentanti della Valtellina ma anche della val Brembana e di altre "terre alte" lombarde che vorrebbero sfuggire al mortale abbraccio padano.

Guardano al Trentino come un punto di riferimento, non per rivendicare privilegi (queste valli hanno imparato nel tempo la povertà e l'abbandono), semmai per immaginare forme di autogoverno responsabile per i loro territori analoghe a quelle che la nostra autonomia ha saputo mettere in campo in questi anni. Ma l'obiettivo è più semplicemente quello di mettere in rete le terre alte come regione alpina. Confrontandosi con Aldo Bonomi sulla metamorfosi dei territori, sulla crisi delle rappresentanze, sul rapporto fra conservazione e modernità, sulle regioni europee come cambio di paradigma...

E' come se mi invitassero a nozze. Si toccano corde sensibili. Colgo negli interventi la consapevolezza di quanto sia necessario tornare a raccontare il reale, valorizzando le buone pratiche, scambiando le esperienze, costruendo reti politiche territoriali. Ed è un significativo esercizio anche per il Trentino che qui è rappresentato da  esponenti di due soggetti politici diversi e dove pure la politica (e la coalizione di centrosinistra autonomista in particolare) rischia la frammentazione per effetto di una sperimentazione politica interrotta, della fatica dell'autonomia e del peso dei personalismi. Pergine Valsugana ne è la dimostrazione concreta.

E' paradossale che mentre il Trentino viene considerato un punto di riferimento per l'innovazione politica nell'arco alpino, proprio in questa nostra terra si avverta una stanchezza che attraversa i mondi e le classi dirigenti sulla quale faremo bene ad interrogarci con grande rigore.

Ben venga dunque a Trento il prossimo appuntamento delle "terre alte" che decidiamo di svolgere a fine maggio, in concomitanza con il Festival dell'Economia. In quella occasione vedremo se la rete avrà compiuto qualche passo in avanti, se le terre alte avranno saputo almeno iniziare a connettersi con le terre sole ed invisibili (alla politica) di questo bel paese, se questa nostra terra avrà saputo rimettere in moto quella sperimentazione originale che ha fatto diverso il Trentino in questi anni di navigazione solitaria e di spaesamento diffuso.

Che questo borgo di nome Ponte sia un luogo che allo spaesamento ha resistito con orgoglio, come rivendicava in apertura della tavola rotonda l'assessore Paola Folini, lo assaporiamo a pranzo nell'antico ristorante Cerere dove i cibi che ci vengono proposti hanno il valore dell'unicità, gli "sciatt" e i pizzoccheri sono davvero strepitosi.

Nel ritornare in Trentino c'è fra noi un senso di responsabilità che avvertiamo più forte grazie a queste persone che ci hanno accolto con grande calore. Mentre ascoltiamo in diretta il voto per il Presidente della Repubblica, il Tonale è ancora avvolto da una tempesta di neve. Giorgio Napolitano, 88 anni, è eletto per un nuovo mandato e anche questo ci può far capire di quanto la politica abbia urgente bisogno di ripensarsi.

venerdì, 19 aprile 2013Notte fonda

Il PD è in frantumi, ben oltre quel che le divisioni del passato lasciavano intravedere. Dopo l'affossamento della candidatura di Franco Marini che evocava le larghe intese, oggi è saltata anche quella - decisa in maniera unanime dall'assemblea dei grandi elettori del centrosinistra - di Romano Prodi che lasciava intendere una prospettiva opposta a quella del giorno precedente.

Sono centouno i franchi tiratori nel PD che con il loro voto hanno scelto nell'urna di non seguire questa nuova indicazione. Siamo dunque ad un cortocircuito che ha portato Pierluigi Bersani ad annunciare le sue dimissioni immediatamente dopo l'elezione del Presidente della Repubblica.

Si apre così nella forma più impropria ed irresponsabile un Congresso straordinario del Partito Democratico. Ma forse è più corretto immaginare che si tratta dell'epilogo di una scommessa perduta nonché il frutto velenoso della degenerazione della politica. Il problema non è più, se mai lo è stato, di scegliere fra Bersani o Renzi. Occorre un cambio profondo di pensiero e un diverso schema di gioco.

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mercoledì, 17 aprile 2013Sulle tracce della vecchia ferrovia della Val di Fiemme

Nella seconda giornata di lavori del Consiglio Provinciale due sono le mozioni di un certo rilievo. Quella presentata da Rodolfo Borga che intende decretare la fine del progetto Metroland e quella firmata dal sottoscritto sulle dighe sul fiume Adige.

Partiamo con Metroland. L'idea di collegare il Trentino con un sistema di viabilità alternativa al trasporto su gomma non era affatto male. Altra cosa è stata poi l'idea progettuale, quella di immaginarla attraverso un sistema di gallerie di dubbia sostenibilità economica ed ambientale, peraltro senza un serio lavoro di verifica del rapporto costi benefici alla luce degli effetti sulla mobilità che la messa in atto di riforme come quella sulle comunità di valle - attraverso lo spostamento di importanti funzioni verso le Valli - avrebbero determinato. O alla luce del nuovo sistema elettronico - Sinet - che fa da sfondo alla diffusione della banda larga che apre la strada al telelavoro nella pubblica amministrazione. E questo a prescindere dalle mutate condizioni finanziarie della nostra autonomia che rendono comunque più problematici gli investimenti  necessari ad un sistema di mobilità alternativa.

Nei fatti il progetto Metroland è rimasto sulla carta, se escludiamo un investimento funzionale al bando per la progettazione del collegamento Rovereto-Riva-Tione nell'ordine dei 700 mila euro. In più occasioni, nei mesi scorsi, la Giunta provinciale si è espressa su Metroland come se si trattasse di un disegno di riferimento e non di una vera e propria scelta, cercando di includere le proposte sulla mobilità nelle valli trentine ad ipotesi di collegamento aventi la natura di metropolitane di superficie, spesso partendo da linee o tracciati esistenti. Risulta quindi del tutto strumentale l'iniziativa del consigliere Borga, atta a far emergere possibili contraddizioni nella maggioranza. Di fronte al diniego verso una mediazione proposta, la mozione del centrodestra viene respinta.

A seguire la mozione sulle dighe sul fiume Adige di cui sono il primo firmatario. In questi giorni c'è stato un lavorio diplomatico da parte della società che ha chiesto la concessione (l'Aquafil Power spa) rivolto all'opinione pubblica, ai Comuni e ai partiti. Il progettista Franco Garzon (lo stesso del progetto Altissimo con il quale si intendeva portare l'acqua del lago di Garda a 1600 metri sul Monte Baldo e farla riprecipitare a valle giocando sulle fasce commerciali del costo dell'energia e che bocciammo all'inizio della legislatura grazie all'approvazione di una mia mozione) prova a convincerci della bontà dell'operazione. Ma il dispositivo della mozione non fa una grinza, perché non nega affatto la possibilità di realizzare impianti di generazione idroelettrica ma li subordina a due condizioni: una strategia provinciale e regionale relativa alla valorizzazione / rinaturalizzazione del fiume e la regia pubblica tesa a rendere protagonisti i Comuni. A fronte, ovviamente, di una verifica di sostenibilità e impatto ambientali, nella consapevolezza che stiamo parlando di un contesto molto delicato e che un eventuale innalzamento della falda potrebbe avere conseguenze sulle comunità rivierasche. La mozione passa a larga maggioranza e senza alcun voto contrario. La partita non è finita qui, ma intanto abbiamo evitato che vi sia la corsa all'oro da parte del primo che arriva.

Tanto su Metroland quanto sul concetto di sostenibilità ho la percezione che ci sia molto da lavorare, perché il cambio di approccio presuppone un discorso sul limite che avverto come oltremodo lontano dalla politica. Perché questo messaggio dovremmo avere il coraggio di trasmettere, la necessità di vivere meglio con meno, di riconsiderare i nostri consumi, di rivedere quella logica di sviluppo che ci ha portati in un "progresso scorsoio" nel quale vittime e carnefici si confondono.

Dico queste cose anche pensando all'assemblea di Comunità responsabile con cui chiudiamo la giornata. Molte le persone presenti, forte la consapevolezza del momento delicato che stiamo attraversando, comune la considerazione della fatica della politica nel saper dare risposte innovative, ma la sensazione che ne viene è una babele di linguaggi e di idee, a testimoniare la precarietà (se non proprio l'assenza) di un'elaborazione collettiva.

Con Giuseppe Ferrandi c'è un comune sentire che viene dal continuo intreccio in questi anni dei nostri sguardi. Così come avverto molto vicino al mio sentire l'intervento del presidente della comunità del Primiero Cristiano Trotter. Ma fremo nel sentire riemergere vecchi paradigmi sulla crescita del PIL o nel sentir proporre come nuove proposte che sono già patrimonio dell'azione amministrativa di questi anni. Pensieri fermi? Difetto di comunicazione? Autismo legato ai propri destini personali? Il fatto è che non ci sono scorciatoie all'elaborazione collettiva, specie se questa deve fare i conti con la profonda inadeguatezza delle vecchie cassette degli attrezzi.

Proviamo a mettere a disposizione strumenti di circolazione delle idee (a cominciare dal sito web di politica responsabile) e un'agenda di seminari e momenti formativi , ma ho la sensazione che la prossimità delle elezioni di ottobre inquini il confronto e la ricerca di nuove chiavi per leggere il presente. Perché è di questo che, almeno personalmente, avverto la necessità, prima che di nuovi partiti. Vedremo se sabato, nel confronto in Valtellina sulle Terre Alte, emergerà qualcosa di interessante.

martedì, 16 aprile 2013Farsi carico

Sono le otto del mattino quando un elicottero sorvola a bassa quota la nostra casa delle Camalghe ed atterra poco distante, a ridosso di quell'incrocio pericoloso già teatro di altri incidenti. Dopo mezz'ora l'elisoccorso riparte portando con sé la giovane vita appesa ad un filo di Gianluca Dicicco. Un filo che si spezzerà nella notte. Il giorno seguente non rimarrà che una sbiadita traccia di sangue sull'asfalto. Non si può morire così a vent'anni.

A Boston, dall'altra parte del pianeta, due ordigni rudimentali esplodono a pochi passi dal luogo dove si conclude la maratona internazionale. Perdono la vita tre persone fra cui un bambino, i feriti - anche gravi - sono centinaia. Nessuna rivendicazione, la follia omicida colpisce così, come a seguire un disegno nichilista impossibile da decifrare. Seminare sangue e paura, in odio al mondo.

E "Litigando con il mondo" s'intitola il libro di Ivo Andrić, da poco uscito per i tipi della Casa editrice Zandonai di Rovereto, che ho finito di leggere nella notte di domenica. Lo presenteremo giovedì prossimo (ore 18.30) al Cafè de la Paix insieme allo scrittore Božidar Stanišić che ne ha curato l'edizione e la postfazione. Una giovane giornalista mi chiede di parlarne e questa cosa un po' mi stupisce perché il premio Nobel 1961 per la letteratura è da tempo finito nell'oblio, come del resto quel pezzo di Europa di cui la politica e la grande informazione si occupa solo quando scorre il sangue. E' una bella raccolta di racconti che attraversando l'universo dell'adolescenza ci parla in realtà del mondo degli adulti, di una soglia fatta di perdita dell'innocenza, rancore, paura, sospetto... tratti che lasceranno il segno non solo fra Višerad e Sarajevo.

Mi immergo nel lavoro amministrativo. Nella tornata consiliare iniziata martedì all'ordine del giorno c'è la mia mozione sull'ipotesi di realizzazione di una diga sul fiume Adige. Alle comprensibili preoccupazioni delle comunità coinvolte nella destra Adige, corrisponde una sorta di offensiva verso i media e gli amministratori da parte della società proponente, l'Aquafil di Arco, e dei progettisti. Nel documento che discuteremo mercoledì in aula la richiesta è quella di subordinare ogni concessione ad un piano relativo ad una visione del fiume e dell'utilizzo per fini idroelettrici delle sue acque che sia di carattere regionale. Altrimenti sarebbe una sorta di corsa all'oro del primo che arriva, senza dimenticare che - a fronte di un'eventuale concessione ad un soggetto privato - analoghe richieste potrebbero proliferare. E questo a prescindere dall'impatto ambientale ed idrogeologico delle dighe che mi fa propendere per lasciare le cose come stanno, magari dandoci degli obiettivi di rinaturalizzazione di un corso che - grazie all'improvvido intervento austroungarico - assomiglia più ad un canale che ad un fiume.

Chiudere il ciclo dei rifiuti sul territorio è un'opzione il cui indirizzo è stato più volte affermato tanto da rappresentare un preciso indirizzo della PAT. Perché non dovrebbe valere per i pneumatici fuori uso? E' questo l'interrogativo all'origine dell'ordine del giorno che ho presentato in Finanziaria ed approvato a dicembre dal Consiglio Provinciale sul tema della sperimentazione dell'uso del polverino di gomma come componente nell'asfaltatura delle strade in Provincia di Trento. Se ne è discusso lunedì mattina nella sede del Consorzio dei Comuni e l'indirizzo che viene dall'assemblea legislativa è un punto di novità importante rispetto al precedente incontro realizzato in quella stessa sede proprio nella direzione della trasformazione e riuso dei pneumatici. Oltre alla chiusura del ciclo gli effetti sono nella maggior durata del manto stradale, nell'abbattimento significativo dell'inquinamento acustico, un minor consumo di pneumatici. Ora siamo in attesa dell'input operativo della PAT.

Iniziamo ad articolare la proposta del nuovo percorso annuale del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che avrà come tema "1914 - 2014. La pace nel secolo degli assassini". Ne parleremo diffusamente nell'incontro del Consiglio del Forum previsto nel tardo pomeriggio di martedì 23 aprile, ma intanto iniziamo a raccogliere le idee e le proposte che ci stanno arrivando, a testimonianza che il metodo inaugurato tre anni fa sta dando i suoi frutti. Non voglio anticipare nulla, ma gli stimoli appaiono già di grande interesse per un'idea di pace non banale e che cerchi di uscire dalle secche della ritualità.

Con Beatrice, giovane stagista che collaborerà per alcuni mesi al Forum proprio attorno ad uno dei filoni del percorso annuale, ripercorriamo le tappe dell'impegno per la pace e del rapporto fra Forum, istituzioni e società civile da quando questo organismo è stato istituito con la LP 11/91. Ventidue anni, praticamente un secolo. Il mondo era diviso per blocchi, c'erano ancora l'Urss e la Jugoslavia ma già s'intravvedeva come la caduta del muro non avrebbe aperto quel tempo della civiltà planetaria di cui allora ci parlava Ernesto Balducci. Una storia finiva, ma quella che iniziava sarebbe stata all'insegna delle nuove guerre.

Un breve incontro fra le esperienze dei "responsabili" in vista dell'assemblea di mercoledì 17 (ore 17.30 presso la sede dell'Arci in via degli Olmi) per provare a definire un'agenda di lavoro comune fatta di seminari tematici, una summer school, percorsi formativi, una griglia di contenuti per dare un contributo di idee alla coalizione del centrosinistra autonomista. Sono in molti a scaldare i motori in vista delle elezioni di ottobre, ma tutto questo fermento non sembra aiutare la coalizione a precisare i contorni della sua proposta politica. Al contrario, le candidature fino ad oggi in campo hanno più l'effetto di dividere che di unire. E quel che accade a Pergine Valsugana assume le caratteristiche di una prova generale di dissolvimento della coalizione che da quindici anni governa il Trentino. La parola responsabilità, come molte altre, viene stiracchiata da tutte le parti con l'effetto di veder sbiadire il suo significato. Ma oggi quel di cui c'è bisogno è esattamente di questo, quel "farsi carico" che solo può dare valore all'esigenza di imprimere anche le necessarie discontinuità sul piano del modello di sviluppo, della valorizzazione delle vocazioni territoriali, del fare sistema nelle filiere come nell'approccio diverso ai problemi. Ecco perché - fra l'altro - un possibile contributo al confronto potrebbe venire da una proposta che ridisegni le competenze assessorili proprio a partire dalla consapevolezza della natura interdisciplinare con cui si presentano i nodi sul tappeto. Ci lavorerò nelle prossime ore.

Al gruppo consiliare ci riuniamo per discutere sulla proposta di Margherita Cogo di istituire per legge una sorta di ente provinciale con tanto di Cda per coordinare la gestione delle strutture museali presenti nella Provincia di Trento. La proposta non incontra il favore dei Comuni di Trento e di Rovereto e pertanto non mi pare il caso di insistere. Ma questo non significa non porre mano alla situazione perché molte sono le cose che non vanno. Nel mio intervento provo a sintetizzare una possibile visione di riordino attraverso queste parole: autonomia (nella salvaguardia della caratteristica comunitaria delle realtà museali diffuse sul territorio), rete (nell'obiettivo di fare sistema fra le diverse esperienze), servizi (quelli che una seria amministrazione provinciale dovrebbe mettere a disposizione anche per evitare sprechi o doppioni), indirizzo politico (affinché le strutture museali condividano un disegno comune pur nella loro specificità e per far interagire la cultura con l'insieme della nostra comunità autonoma), Europa (perché continuiamo a parlare di tagli alla cultura quando l'Europa potrebbe cofinanziare una parte importante dei nostri investimenti culturali?).

sabato, 13 aprile 2013Luci alla ribalta

Due giorni di Consiglio provinciale, la visita del Dalai Lama, il lavoro di preparazione del nuovo percorso annuale del Forum, la partecipazione alle attività formative di "Punto Europa" ... la ricerca invano di uno spazio per la scrittura. Il diario prende spunto dagli avvenimenti di cui vi parlo brevemente, anche in relazione al fatto che le cronache giornalistiche ne hanno dato ampio riscontro.

In Consiglio provinciale arriva il nuovo regolamento di trattamento dei gruppi, dei dipendenti degli stessi, dei rimborsi... insomma una parte non trascurabile dei costi della politica o, meglio, delle istituzioni. Ci si è arrivati attraverso un lavoro di cesellamento durato diversi mesi ed ora il testo che giunge in aula è praticamente blindato. Inutile riaprire la bagarre anche se lo spazio per alcuni ritocchi alla fine si trova.

Devo però dire che nel polverone mediatico di questi mesi, alla fine i tagli rischiano di non avere il sapore della sobrietà, ma piuttosto del corrispondere al vento che tira. Certo, ci sono risparmi anche significativi, ma questo non placherà affatto l'onda contro la politica e le istituzioni. Mi preoccupa che nel polverone nemmeno ci si sia accorti che la vera fonte di privilegio (il vitalizio) è stato tagliato nella nostra Regione già nel corso della passata legislatura. Unica Regione italiana ad averlo fatto, seguita soltanto dall'Emilia Romagna che lo cancellerà con l'avvio della prossima legislatura.

Perché non valorizzare questa scelta? Perché non mettere in rilievo che questo privilegio insopportabile ed anacronistico avrebbe dovuto essere messo in discussione in tutte le Regioni e nel Parlamento Italiano? Perché anche i paladini della moralizzazione si guardano bene dall'intento di abolire i vitalizi e la loro reversibilità? La risposta è che si è ben lontani dal fare sul serio e che le scelte una tantum sembrano più funzionali ad attrarre i riflettori piuttosto che a cambiare, ovvero a far sì che la politica non diventi motivo di arricchimento personale.

In Trentino possiamo invece dire di aver fatto sul serio, prima con i vitalizi, poi con la messa in discussione della diaria e l'abrogazione della incompatibilità fra la carica di assessore e di consigliere, provvedimenti assunti nei mesi scorsi in sede regionale e provinciale. Scelte importanti, niente affatto scontate, talvolta persino un po' forzate come quella sulle "porte girevoli" che rischiano di produrre effetti discutibili. Anche per questo nuovo provvedimento che andiamo a votare, e che pure determina un risparmio sulle casse del Consiglio Provinciale valutabile in più di 700 mila euro, ci sarebbe qualcosa da dire laddove si confonde il taglio delle cose inessenziali con quello della politica in quanto tale.

Voglio solo ricordare che la riforma in senso maggioritario del sistema elettorale (con l'esito che sappiamo, ovvero un pessimo ibrido istituzionale) venne presa negli anni '90 a furor di popolo, senza nemmeno accorgersi che essa era parte integrante della strategia massonica della P2. Invece di indugiare oltremodo sulle vicissitudini del Cavaliere, forse  sarebbe utile un lavoro di elaborazione sulla cosiddetta "seconda repubblica" ... E' proprio difficile andare controcorrente.

La sobrietà è una cosa, la demagogia ed il polverone dell'antipolitica è altro. Lo dico anche in relazione alle parole che il Dalai Lama Tenzin Gyatso pronuncia nell'aula della nostra autonomia quando ci invita ad una maggiore mitezza nel nostro rapporto con la vita, con il creato, con gli altri. Nel pomeriggio, in un Palatrento, gremito di migliaia di persone, questo forte messaggio insieme spirituale e politico riecheggia, ad indicare che la speranza e l'impegno sono più che mai necessari, come lo sono stati quelli di chi prima di noi ha lavorato per costruire il nostro assetto autonomistico che pure rappresenta un punto di riferimento anche per il futuro del Tibet (e non solo). Un grande messaggio sul limite, quello del capo spirituale del popolo tibetano.

Proprio sabato scorso abbiamo concluso (se così si può dire) il percorso sulla cultura del limite che ha visto impegnato per più di un anno il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani.  Mentre continuiamo a ricevere messaggi di condivisione per la qualità dell'evento finale al Teatro Sociale, già siamo al lavoro per definire i contorni del nuovo percorso annuale che, lo ricordo, avrà come titolo "1914 - 2014. La pace nel secolo degli assassini". Fioccano le proposte per dare corpo a questa nuova scommessa - mostre, libri, spettacoli teatrali...  - a testimoniare che questo modo di declinare la pace inizia a produrre qualche frutto.  

Fra questi, l'itinerario che si è dato il Movimento Punto Europa per il 2013 e che vede coinvolti una trentina di giovani in un programma di studio, approfondimento, viaggio (quest'anno destinazione Berlino). Nell'incontrarli al Caffè Bookique, parlo loro proprio della necessità di far uscire la pace dall'angolo in cui si è cacciata, fra rituali, retorica e cortocircuiti ideologici. Fino a diventare, in assenza di uno sguardo esigente e profondo, una melassa insopportabile. Racconto di un modo diverso di pensare/costruire la pace attraverso un'agenda di lavoro che prova ad indicare scenari piuttosto che rincorrerli, che non sbandiera l'arcobaleno ma che piuttosto s'interroga, che cerca nella letteratura come nella poesia le parole per descrivere il tempo. Quanto alle mie, non sono affatto di circostanza, né cercano un facile consenso. Rischio di essere sgradevole, piuttosto. E, ciò nonostante, la reazione è davvero incoraggiante, qualcuno mi chiede dei testi che ho citato, altri di come si può fare volontariato presso il Forum. Nello smarrimento, insomma, qualche luce.

Buon fine settimana.

martedì, 9 aprile 2013Storia del vino

Dopo una settimana che non ha avuto un attimo di pausa, messo alle spalle l'evento conclusivo del percorso del Forum sul limite (i riscontri immediati sono stati molto positivi, ma se qualcuno ne scrivesse non mi spiacerebbe affatto), domenica mattina faccio un salto a Verona all'apertura di Vinitaly. La sera prima si è fatto tardi, ma ciò nonostante nel corso della mattina sono già nella città scaligera, in questa brutta periferia uguale a tante altre dove si svolge la kermesse del vino italiano.

Ci vado perché ho un appuntamento insieme ad Ali Rashid per parlare del progetto del Vino di Cana, altrimenti ne farei volentieri a meno. Le fiere sono così, anche se non ci sarebbe una regola ed un po' di fantasia non guasterebbe affatto. E' la terza o quarta volta che vado a Vinitaly ma ho l'impressione che ogni edizione sia una replica di quelle precedenti: più che della qualità mi sembra la fiera delle vanità. Incapace di rinnovarsi, costosa (il biglietto d'ingresso è di 50 euro), inconsistente sul piano culturale. Lo stesso assessore Mellarini sembra rendersene conto, tanto è vero che nell'incontro con la stampa nel padiglione trentino ammette che mai il livello della manifestazione inaugurale è stato di così basso. Ma la mia impressione è che anche il nostro settore non brilli di particolare effervescenza, nonostante il dichiarato superamento del conflitto fra le diverse anime del settore.

Me ne torno in Trentino e provo a chiudere almeno per un pomeriggio ogni altra connessione. Provo, perché con Ali è l'occasione di parlare sulla situazione mediorientale dopo la visita di Barack Obama. Si è visto nei giorni successivi con il presidente Abu Mazen e l'impressione è che il presidente degli Stati Uniti qualche impegno lo abbia assunto. Ne parleremo nei
giorni successivi in un incontro informale con il presidente Alberto Pacher. Il problema è che il nuovo governo israeliano è in mano ai coloni ed è ben difficile che senza la dovuta pressione costoro lavorino per una soluzione politica che ponga fine ad un conflitto che invece sembra infinito. Ogni volta che rientro dai miei viaggi nella mezzaluna fertile del Mediterraneo ho la
sensazione che la situazione si sia oltremodo aggravata. Alla faccia della retorica del dialogo.

Inizia una nuova settimana. Una raffica di incontri. Mi limito a dare cronaca a quelli che mi sembrano di maggior rilievo. Uno di questi è l'incontro con il circolo anziani di Pinzolo. Le visite guidate rappresentano l'occasione per raccogliere gli umori, consapevoli del fatto che le persone anziane non si fanno certo particolari problemi a dirti in faccia quel che pensano. E personalmente ne approfitto per parlare in maniera altrettanto chiara del rapporto, spesso malato, fra i cittadini, la politica e i loro rappresentanti istituzionali. Parliamo senza tanti infingimenti di quel che fa (o dovrebbe fare) la politica. Della sua capacità (o meno) di indicare scenari e di volare alto. Del suo essere (o meno) di esempio. Ho la percezione che quel che dico venga ascoltato con grande attenzione, non dico necessariamente condiviso, ma quel che si crea in questa ora di conversazione è un dialogo vero, tanto che qualcuno mi interroga anche sulle mia storia politica e sulla coerenza di questo percorso. Forme di dialogo che il Consiglio fa bene a coltivare.

Altro appuntamento interessante è quello che si svolge all'Hotel America con gli esponenti del coordinamento di SEL (Sinistra Ecologia Libertà) sul futuro della Regione anche a partire della proposta che come Gruppo consiliare del PD del Trentino abbiamo avanzato nelle scorse settimane. Mi fa ovviamente piacere questo invito, lo vivo come una sorta di apertura di interlocuzione su un argomento che ha forti implicazioni storico/culturali prima ancora che politiche. Per questo propongo un profilo alto alla nostra conversazione, nel mettere in fila i passaggi cruciali a partire dall'accordo Degasperi-Gruber, attraverso il primo e secondo statuto, il pacchetto, le leggi di riforma costituzionale del 2001, la nascita del GECT, l'accordo di Milano e l'avvio della discussione attorno al Terzo Statuto. Di cui la proposta che a breve presenteremo in Consiglio regionale (stiamo raccogliendo le firme anche da parte degli altri gruppi della maggioranza) altro non è che una possibile declinazione. La discussione tocca molti aspetti di ampio respiro che intendo riprendere. Credo di poter dire che il taglio dell'incontro venga stato apprezzato.

Martedì pomeriggio di riunisce il Consiglio regionale per eleggere i tre delegati del Trentino Alto Adige - Sud Tirolo che l'ormai prossimo 18 aprile saranno chiamati all'assemblea che eleggerà il nuovo Presidente della Repubblica. Dovrebbe essere un passaggio pressoché scontato, ma in un clima politico come quello attuale ogni cosa assume significati oltre la questione in sé, tanto nella maggioranza e ancor di più nella minoranza. E così mentre la maggioranza dopo una discussione trova l'accordo sul nome di Pacher, la minoranza si divide fra Morandini e Penasa.

Il tempo di rientrare a Trento e mi vedo con Rolando Valentini e Jessica Paternoster per parlare del tema del "limite". Rolando ha partecipato alla serata del Forum al Teatro Sociale rimanendone positivamente impressionato.  Jessica è orientata a presentare la sua tesi di laurea proprio su questo tema e quindi sta ascoltando una serie di persone che la possano orientare in una materia davvero particolarmente vasta. Proprio sulle implicazioni e possibili declinazioni di questo tema discutiamo nel nostro colloquio. E' un po' a senso unico, ma al tempo stesso trovo interessante come anche in un percorso formativo di indirizzo economico la questione del limite s'imponga come nodo cruciale.

E' così ed anche per questo la poesia di Andrea Zanzotto si rivela in tutto il suo valore profetico.

sabato, 6 aprile 2013come in giostra volar...

Una serata intensa, dolce e profonda per concludere il percorso di un anno su un tema, la cultura del limite, che ancora fatica ad avere piena cittadinanza politica. Si conclude così un ciclo di iniziative nell'ambito del quale la pace è stata declinata in una prospettiva diversa che la rende essenza di una visione del nostro rapporto con il diritto al futuro per l'umanità nell'uso che facciamo delle risorse, nello sguardo verso il territorio, nella comprensione della bellezza di sentirsi parte, nel recupero della memoria per comprendere che le identità sono in divenire, risultato dell'incontro con l'altro. Ma il tema rimane in tutta la sua centralità, come del resto la prospettiva euromediterranea che abbiamo cercato di mettere a fuoco due anni fa, nel mentre una parte dei popoli mediterranei cercavano di riprendere in mano il proprio destino.

E in tutta la sua valenza politica, perché quel che è andato in scena sabato sera al Teatro Sociale di Trento è un racconto che indaga il nostro tempo, i nostri modelli di sviluppo e di consumo, le nostre relazioni sociali. A partire dalle parole di un poeta che probabilmente molte delle quattrocento persone che hanno affollato "Come in giostra volar..." forse nemmeno conoscevano. Sicuramente era così per quei due giovani che, in teatro per lavoro, commentavano quanto fosse stata interessante la serata dedicata ad un vecchio poeta che mai nemmeno avevano sentito nominare.

Un po' una sorpresa, in realtà, lo è stata per tutti. La serata non è stata il ricordo di Andrea Zanzotto a più di un anno della sua scomparsa, quanto piuttosto il ripercorrere il valore di una poetica che ha saputo descrivere lo spaesamento, l'emigrazione, la finanza, il paesaggio e dentro tutto questo come siamo cambiati noi stessi, guardandolo con gli occhi di una terra come il Trentino che pure è stata capace di resistere almeno in parte  alle dinamiche che hanno attraversato (e devastato) questo nostro paese.

Mi viene da dire, una serata di buona politica a fronte di chi sfoggia parole ad effetto per invocare discontinuità generazionali, o rivincite rancorose. Eh sì, in queste stesse ore ha preso il via la corsa alla presidenza della Provincia. Prefigura tante partite personali (tanti partiti?) e testimonia di come quella sintesi culturale per cui il PD era nato non c'è stata affatto. Tanto meno serve in questo momento richiamarsi alle storie di ciascuno. Farlo è come immaginare che questi quindici anni che hanno permesso la non omologazione del Trentino siano in buona sostanza da archiviare.  

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venerdì, 5 aprile 2013Daone

Sono sotto pressione nella preparazione dell'evento di sabato sera al Teatro Sociale e quindi ho davvero poco tempo per darvi conto delle attività e degli incontri della settimana. E ciò nonostante mi ritaglio uno spazio di tempo almeno per una sintesi veloce.

Parto dall'incontro con il circolo anziani di Daone. E' la prima volta che vengono in visita guidata a Trento e hanno scelto di inserire anche un appuntamento con il Consiglio provinciale che, di volta in volta, viene rappresentato da un consigliere. Nella sala Depero parlo con loro del valore della politica, di una politica che dovrebbe essere capace di proporre visioni, progettualità rivolte al futuro, piuttosto che assecondare gli umori e lisciare il pelo dell'opinione pubblica alla ricerca del consenso. Parlo della necessità di descrivere e comprendere la realtà, quello che nei giorni scorsi in un bell'editoriale sul quotidiano L'Adige Francesco Terreri imputa come amnesia del centrosinistra e del PD in particolare. Rivolgendomi in particolare agli amministratori che accompagnano il folto gruppo di persone (Daone ha poco più di cinquecento abitanti), indico la necessità di investire nella conoscenza e sull'apprendimento permanente, come condizione per una cittadinanza responsabile. I presenti sembrano condividere ed in molti mi ringraziano. Anche l'ex sindaco che nel suo saluto esprime la propria soddisfazione per aver scelto di venire a far visita al Consiglio e per le cose che ho detto. Temi e suggestioni che possono sparigliare le opinioni, anche quelle politiche.

Mi incontro con il gruppo di lavoro di Politica Responsabile. Sono proprio contento nel vedere Luca, Tommaso, Federico e Massimiliano - decisamente un'altra generazione rispetto alla mia - prendere nelle loro mani questo luogo di dibattito con l'intenzione di farne un laboratorio politico coalizionale e oltre. Era questo, per la verità, fin dal primo momento l'obiettivo ma la degenerazione della politica fa sì che vi sia sempre una sorta di retro pensiero per cui anche le cose più belle vengono catalogate secondo lo sguardo cinico della peggiore politica. Ragioniamo di un programma di incontri tematici, di una summer school sull'autonomia, della ristrutturazione del sito per aprire alcune piste di lavoro tematico (interdisciplinare) come progetto per un diverso assetto delle deleghe assessorili. Ed infine dell'incontro con Comunità responsabile del 17 aprile.

A proposito di approcci diversi ed interdisciplinari. Ricorderete, spero, il lavoro che ho fatto nell'ultima Finanziaria provinciale per dare cittadinanza al tema dell'animazione territoriale, tanto come strumento di pianificazione strategica sia come ambito di impegno per Trentino Sviluppo. Ci incontriamo con gli assessori Gilmozzi e Olivi, unitamente con i responsabili di Trentino Sviluppo. E' la seconda volta che ci si incontra e, vi assicuro, che semplicemente questo è già un risultato. Far lavorare insieme gli assessorati è un'impresa titanica, mettere intorno ad un tavolo gli assessori all'urbanistica e all'industria non è affatto cosa banale. Tanto nella Finanziaria quanto in queste settimane ho chiesto un cambio di passo da parte di TS in direzione di un approccio più "territorialista" e oggi ne riscontro una importante condivisione. Da qui a diventare operatività il passo è tutt'altro che breve. Ci sono culture consolidate, conservatorismi, piccole dinamiche di potere...  ma mi convinco che siamo sulla buona strada.

Ne parliamo anche il giorno successivo all'Agraria di Riva del Garda dove si riuniscono i soggetti aderenti al progetto "Terre Salubri Alpine". Ho già spiegato a suo tempo di che cosa si tratta, oggi ci troviamo semplicemente per fare il punto del progetto anche alla luce dei contatti e di questo nuovo sguardo che dovrebbe albergare in Trentino Sviluppo. Anche qui, con la pazienza e la determinazione dei soggetti (e di Angelo Giovanazzi che questo consorzio informale è un po' l'anima) prendiamo in esame i passi avanti e quel che resta da fare affinché la PAT accompagni questa scommessa che, con il sostegno del Comune di Rovereto e dei soggetti privati, sta già dando importanti risultati sul piano della certificazione nutraceutica dei prodotti trentini presi in esame. Come dice il rappresentante dell'Agraria di Riva, questa è già la realtà dalla quale non si torna indietro. Peccato che l'amministrazione ancora un po' arranchi. Ma siamo convinti anche in questo caso di essere sulla strada giusta.

La sera di giovedì sono a Caldonazzo per una serata sull'inquinamento elettromagnetico promossa dal Comune. Mi hanno chiesto di essere presente come primo firmatario della mozione che ha dato il là al nuovo regolamento provinciale che regola la realizzazione degli impianti per la telefonia mobile. O, meglio, che dovrebbe regolare quello che si configura come una crescita a dismisura e pericolosa del numero degli impianti, già oltre ottocento sul territorio trentino. Il Comune di Caldonazzo è alle prese con la redazione di un proprio regolamento comunale per cercare di attenuare i pericoli per la salute delle persone, proprio in riferimento alla normativa provinciale. Che, in assenza di una competenza specifica da parte della PAT sul piano delle emissioni, non può altro che giocare sulla dimensione urbanistica. Era del resto questo, insieme alla realizzazione del Catasto provinciale delle antenne, del coordinamento degli operatori e dell'informazione sulle conseguenze dei campi elettromagnetici, l'impegno contenuto nella mia mozione approvata nel giugno del 2010. Nell'illustrare i punti salienti del regolamento provinciale sono io il primo a metterne in rilievo i limiti, dovuti essenzialmente all'avere come riferimento le normative nazionali ed europee. E, ciò nonostante, il regolamento provinciale un po' di briglia alle compagnie della telefonia mobile le mette... pur dovendo far fronte ad una giurisprudenza tutta a loro favore. Così come è importante che, sulla base del regolamento provinciale, i Comuni e le Comunità di Valle si attrezzino. Ma questo non basta ad uno dei presenti che, con il solito tono del "non nel mio giardino", spara giudizi e sentenze. Rivolgendosi in particolare al sottoscritto, il politico al soldo delle compagnie... . Effetto dell'antipolitica ma anche, non c'è dubbio, della cattiva politica che altro non sa fare che rincorrere le cose anziché studiarle e prevenirle.

Mi devo proprio fermare qui, anche se faccio torto a tante altre cose...    

martedì, 2 aprile 2013Luna e terra

Avevo immaginato di poter lavorare nei giorni della Pasqua alla postfazione al libro che raccoglie le idee dei direttori che si sono alternati alla guida del sito "Politica Responsabile" e magari staccare la spina per un giorno o due ma così non è stato. Occorrerebbe avere la mente sgombra dagli impegni, ma in questi giorni la preparazione dell'evento conclusivo del percorso del Forum sulla cultura del limite richiede piuttosto un supplemento di impegno: la certezza nella presenza delle persone invitate, lo svolgersi della serata, la promozione dell'evento, gli aspetti burocratici, i dettagli... Devo dire sin d'ora grazie ad Antonio, Federico e Roberta: senza di loro "Come in giostra volar..." sarebbe rimasto una bella intenzione, mentre invece, un giorno dopo l'altro, la cosa assume la forma che avevamo immaginato.

"Come in giostra volar..." prende spunto da un brano musicale di Enzo Jannacci del lontano 1964. Un affresco di luoghi e sensazioni per certi versi inimmaginabili che ci descrivono quanto questo paese sia cambiato. Un poeta, musicista e cantautore, che sabato scorso ci ha lasciati. In pochi si ricordavano di lui ma quasi d'incanto si è compreso che ad andarsene era qualcosa di più di un saltimbanco ormai invecchiato. Enzo Jannacci rappresentava forse più di ogni altro autore lo spirito di un tempo, quando nel racconto degli ultimi c'era la speranza del riscatto sociale e civile. In queste ore la televisione passa i suoi pezzi più famosi, "Vengo anch'io...", "Ho visto un re...", "El purtava i scarp del tennis", "Vincenzina e la fabbrica", noi lo ricorderemo sabato prossimo (ore 21.00 al Teatro Sociale) con "Ohe! Sun chì" che alla serata dà il titolo. Martedì pomeriggio avrei voluto unirmi alle tante persone in piazza Sant'Ambrogio. Non ce la faccio e allora scrivo due parole al figlio Paolo.

Penso a quel che ha rappresentato Jannacci per la mia generazione. Con il rischio di scoprirsi vecchi. E' questa anche la sensazione che avverto nel guardare alle cose della politica. E non parlo solo del contesto nazionale, un vero e proprio "cul de sac" nel quale gli italiani si sono cacciati con il voto del 24 e 25 febbraio. Tanto che il povero Napolitano ora non sa più che cosa inventarsi pur di non lasciare questo paese alla mercé di imbonitori da quattro soldi, anzi miliardari. Bersani è costretto a gettare la spugna, vecchio anche lui. Parlo anche del nostro contesto provinciale dove la dimensione collettiva della politica (parole anch'esse desuete) sembra proprio svanire. Ognuno a giocarsi la propria partita personale in vista delle elezioni di fine ottobre quando in Trentino si andrà al rinnovo degli organi rappresentativi della nostra autonomia.

Non la dialettica, anche forte, fra le forze politiche della coalizione che ha retto il Trentino in questi quindici anni di navigazione solitaria in un arco alpino preda dello spaesamento, come sarebbe normale. Ma le aspirazioni personali, quasi in alternativa allo spirito coalizionale che pure anche alle recenti elezioni politiche ci ha permesso di ottenere un risultato ben diverso da quello espresso dal panorama nazionale. Vecchio anche quello, tanto che a dar retta ai nostri talebani avremmo dovuto far saltare l'accordo con l'UpT, trascurando il fatto che così avremmo regalato al M5S una buona parte dei seggi trentini.

Ci sono questioni cruciali, irrisolte e che si trascinano da almeno una legislatura. Il PD del Trentino nelle scorse settimane ha scelto in nome dell'unità di non andare al congresso. "L'elettorato non avrebbe capito un confronto aspro prima delle elezioni..." hanno detto in molti. Personalmente non la pensavo così. Vedevo nel congresso la necessità (l'urgenza) di individuare una proposta di governo del Trentino che in questi cinque anni è mancata, divisi come siamo stati nel rapporto con la Giunta Dellai; la necessità di riflettere, di rinnovare ma anche di confermare un progetto di coalizione a partire dalla non autosufficienza dei "democratici"; il riprendere nelle nostre mani una diversa prospettiva politica (di natura europea e territoriale) sulla quale costruire relazioni fra esperienze regionali e un originale rapporto con una dimensione politica nazionale da ripensare. Andremo ad una conferenza programmatica il 20 aprile, senza gruppi di lavoro per prepararla, senza un'idea di sintesi e, inevitabilmente ognuno dirà la sua e poi tutti a casa.

Il congresso lo abbiamo invece rimandato al dopo elezioni. E così facendo abbiamo scelto di legittimare l'ulteriore sfarinarsi di una dimensione collettiva e così ognuno in questo partito si sente legittimato a fare quel che gli pare. In nome delle primarie si costruiscono correnti organizzate come altrettanti partiti nel partito, svuotando quest'ultimo e relegandolo all'ordinaria amministrazione o a vuoti rituali, dove peraltro si finge di discutere. Il Partito Democratico, rinunciando alla sintesi culturale prima ancora che politica per cui è nato, è diventato così una sorta di autobus dove si sale o si scende a seconda delle proprie convenienze personali e con l'idea nemmeno tanto nascosta (e coltivata nella cultura maggioritaria) del "chi vince piglia tutto".

La parola "collettivo" nel vocabolario del PD sembra scomparsa. Bersani per la verità ci ha provato a proporre il Partito Democratico come progetto collettivo, a fronte dei troppi cognomi nei simboli di partito, ma l'esito non è stato più di tanto condiviso. La stessa parola "collettivo" sa di vecchio, talvolta fa sorridere come mi disse qualche tempo fa una mia "collega" di gruppo. Posso comprendere che le sensibilità politiche e culturali cerchino luoghi e forme diverse per esprimersi, ma non ci sono imprese collettive fuori da una dimensione partecipata. E poi, ci sono ruoli e responsabilità che richiedono di essere rispettati (altrimenti ci si può dimettere, ad esempio). Penso al nostro gruppo consiliare provinciale, per non andare lontano, che in cinque anni ha avuto forse un paio di occasioni di confronto politico vero, dove sin dal suo avvio le decisioni sono state assunte attraverso meccanismi che con il merito e le competenze non avevano nulla a che fare, che si riunisce solo per sbrigare l'ordinaria amministrazione e che da tre mesi nemmeno per quello. Del resto, perché perdere tempo in cose condivise? Altre sono le partite.

In compenso si è già da tempo in campagna elettorale. Sabato prossimo, ad esempio, il nostro capogruppo presenterà il suo programma. Che nemmeno invia al suo gruppo, non dico per condividerlo, ma almeno per buona educazione. Leggo queste pagine senza alcun pregiudizio, ma siamo ben lontani da quello sguardo di cui ci sarebbe bisogno. Come siamo lontani dall'assunzione di responsabilità che dovrebbe venire da chi è stato il capogruppo del maggiore soggetto della coalizione di governo provinciale.

Altre candidature sono sul tappeto e percorrono strade pressoché analoghe. Come se avessimo a che fare con percorsi paralleli, peraltro niente affatto nuovi. Per chi ha esibito per mesi la clava delle regole, queste sembrano dissolversi come neve al sole. Ma di fronte alla convinzione di far vincere il bene contro il male (o il nuovo contro il vecchio, che è più o meno la stessa cosa), il pensiero e l'impegno di chi si è iscritto per partecipare ad un'impresa collettiva non conta un bel niente. L'importante è come ne parlano i giornali e magari anche essere di buona famiglia.

Che la politica debba essere ripensata, nel pensiero come nelle forme, non ci piove. I lettori di questo blog sanno quanto sia impegnato nel cercare di ripensare le categorie dell'agire politico ed il significato stesso delle parole. La bellezza del confronto, del mettersi in gioco, dell'essere curiosi, del cercare strade originali, del meravigliarsi e anche ... del passare la mano. Quello che stiamo vivendo non è un passaggio facile, ma non per questo meno interessante. Come interessante è il fatto che, in questo passaggio complesso, ci venga in aiuto la poesia, le parole di Jannacci e di Zanzotto che tanto ci hanno raccontato dello spaesamento come della passione civile.