"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

16/04/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Farsi carico

Sono le otto del mattino quando un elicottero sorvola a bassa quota la nostra casa delle Camalghe ed atterra poco distante, a ridosso di quell'incrocio pericoloso già teatro di altri incidenti. Dopo mezz'ora l'elisoccorso riparte portando con sé la giovane vita appesa ad un filo di Gianluca Dicicco. Un filo che si spezzerà nella notte. Il giorno seguente non rimarrà che una sbiadita traccia di sangue sull'asfalto. Non si può morire così a vent'anni.

A Boston, dall'altra parte del pianeta, due ordigni rudimentali esplodono a pochi passi dal luogo dove si conclude la maratona internazionale. Perdono la vita tre persone fra cui un bambino, i feriti - anche gravi - sono centinaia. Nessuna rivendicazione, la follia omicida colpisce così, come a seguire un disegno nichilista impossibile da decifrare. Seminare sangue e paura, in odio al mondo.

E "Litigando con il mondo" s'intitola il libro di Ivo Andrić, da poco uscito per i tipi della Casa editrice Zandonai di Rovereto, che ho finito di leggere nella notte di domenica. Lo presenteremo giovedì prossimo (ore 18.30) al Cafè de la Paix insieme allo scrittore Božidar Stanišić che ne ha curato l'edizione e la postfazione. Una giovane giornalista mi chiede di parlarne e questa cosa un po' mi stupisce perché il premio Nobel 1961 per la letteratura è da tempo finito nell'oblio, come del resto quel pezzo di Europa di cui la politica e la grande informazione si occupa solo quando scorre il sangue. E' una bella raccolta di racconti che attraversando l'universo dell'adolescenza ci parla in realtà del mondo degli adulti, di una soglia fatta di perdita dell'innocenza, rancore, paura, sospetto... tratti che lasceranno il segno non solo fra Višerad e Sarajevo.

Mi immergo nel lavoro amministrativo. Nella tornata consiliare iniziata martedì all'ordine del giorno c'è la mia mozione sull'ipotesi di realizzazione di una diga sul fiume Adige. Alle comprensibili preoccupazioni delle comunità coinvolte nella destra Adige, corrisponde una sorta di offensiva verso i media e gli amministratori da parte della società proponente, l'Aquafil di Arco, e dei progettisti. Nel documento che discuteremo mercoledì in aula la richiesta è quella di subordinare ogni concessione ad un piano relativo ad una visione del fiume e dell'utilizzo per fini idroelettrici delle sue acque che sia di carattere regionale. Altrimenti sarebbe una sorta di corsa all'oro del primo che arriva, senza dimenticare che - a fronte di un'eventuale concessione ad un soggetto privato - analoghe richieste potrebbero proliferare. E questo a prescindere dall'impatto ambientale ed idrogeologico delle dighe che mi fa propendere per lasciare le cose come stanno, magari dandoci degli obiettivi di rinaturalizzazione di un corso che - grazie all'improvvido intervento austroungarico - assomiglia più ad un canale che ad un fiume.

Chiudere il ciclo dei rifiuti sul territorio è un'opzione il cui indirizzo è stato più volte affermato tanto da rappresentare un preciso indirizzo della PAT. Perché non dovrebbe valere per i pneumatici fuori uso? E' questo l'interrogativo all'origine dell'ordine del giorno che ho presentato in Finanziaria ed approvato a dicembre dal Consiglio Provinciale sul tema della sperimentazione dell'uso del polverino di gomma come componente nell'asfaltatura delle strade in Provincia di Trento. Se ne è discusso lunedì mattina nella sede del Consorzio dei Comuni e l'indirizzo che viene dall'assemblea legislativa è un punto di novità importante rispetto al precedente incontro realizzato in quella stessa sede proprio nella direzione della trasformazione e riuso dei pneumatici. Oltre alla chiusura del ciclo gli effetti sono nella maggior durata del manto stradale, nell'abbattimento significativo dell'inquinamento acustico, un minor consumo di pneumatici. Ora siamo in attesa dell'input operativo della PAT.

Iniziamo ad articolare la proposta del nuovo percorso annuale del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che avrà come tema "1914 - 2014. La pace nel secolo degli assassini". Ne parleremo diffusamente nell'incontro del Consiglio del Forum previsto nel tardo pomeriggio di martedì 23 aprile, ma intanto iniziamo a raccogliere le idee e le proposte che ci stanno arrivando, a testimonianza che il metodo inaugurato tre anni fa sta dando i suoi frutti. Non voglio anticipare nulla, ma gli stimoli appaiono già di grande interesse per un'idea di pace non banale e che cerchi di uscire dalle secche della ritualità.

Con Beatrice, giovane stagista che collaborerà per alcuni mesi al Forum proprio attorno ad uno dei filoni del percorso annuale, ripercorriamo le tappe dell'impegno per la pace e del rapporto fra Forum, istituzioni e società civile da quando questo organismo è stato istituito con la LP 11/91. Ventidue anni, praticamente un secolo. Il mondo era diviso per blocchi, c'erano ancora l'Urss e la Jugoslavia ma già s'intravvedeva come la caduta del muro non avrebbe aperto quel tempo della civiltà planetaria di cui allora ci parlava Ernesto Balducci. Una storia finiva, ma quella che iniziava sarebbe stata all'insegna delle nuove guerre.

Un breve incontro fra le esperienze dei "responsabili" in vista dell'assemblea di mercoledì 17 (ore 17.30 presso la sede dell'Arci in via degli Olmi) per provare a definire un'agenda di lavoro comune fatta di seminari tematici, una summer school, percorsi formativi, una griglia di contenuti per dare un contributo di idee alla coalizione del centrosinistra autonomista. Sono in molti a scaldare i motori in vista delle elezioni di ottobre, ma tutto questo fermento non sembra aiutare la coalizione a precisare i contorni della sua proposta politica. Al contrario, le candidature fino ad oggi in campo hanno più l'effetto di dividere che di unire. E quel che accade a Pergine Valsugana assume le caratteristiche di una prova generale di dissolvimento della coalizione che da quindici anni governa il Trentino. La parola responsabilità, come molte altre, viene stiracchiata da tutte le parti con l'effetto di veder sbiadire il suo significato. Ma oggi quel di cui c'è bisogno è esattamente di questo, quel "farsi carico" che solo può dare valore all'esigenza di imprimere anche le necessarie discontinuità sul piano del modello di sviluppo, della valorizzazione delle vocazioni territoriali, del fare sistema nelle filiere come nell'approccio diverso ai problemi. Ecco perché - fra l'altro - un possibile contributo al confronto potrebbe venire da una proposta che ridisegni le competenze assessorili proprio a partire dalla consapevolezza della natura interdisciplinare con cui si presentano i nodi sul tappeto. Ci lavorerò nelle prossime ore.

Al gruppo consiliare ci riuniamo per discutere sulla proposta di Margherita Cogo di istituire per legge una sorta di ente provinciale con tanto di Cda per coordinare la gestione delle strutture museali presenti nella Provincia di Trento. La proposta non incontra il favore dei Comuni di Trento e di Rovereto e pertanto non mi pare il caso di insistere. Ma questo non significa non porre mano alla situazione perché molte sono le cose che non vanno. Nel mio intervento provo a sintetizzare una possibile visione di riordino attraverso queste parole: autonomia (nella salvaguardia della caratteristica comunitaria delle realtà museali diffuse sul territorio), rete (nell'obiettivo di fare sistema fra le diverse esperienze), servizi (quelli che una seria amministrazione provinciale dovrebbe mettere a disposizione anche per evitare sprechi o doppioni), indirizzo politico (affinché le strutture museali condividano un disegno comune pur nella loro specificità e per far interagire la cultura con l'insieme della nostra comunità autonoma), Europa (perché continuiamo a parlare di tagli alla cultura quando l'Europa potrebbe cofinanziare una parte importante dei nostri investimenti culturali?).

 

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