"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

17/04/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Sulle tracce della vecchia ferrovia della Val di Fiemme

Nella seconda giornata di lavori del Consiglio Provinciale due sono le mozioni di un certo rilievo. Quella presentata da Rodolfo Borga che intende decretare la fine del progetto Metroland e quella firmata dal sottoscritto sulle dighe sul fiume Adige.

Partiamo con Metroland. L'idea di collegare il Trentino con un sistema di viabilità alternativa al trasporto su gomma non era affatto male. Altra cosa è stata poi l'idea progettuale, quella di immaginarla attraverso un sistema di gallerie di dubbia sostenibilità economica ed ambientale, peraltro senza un serio lavoro di verifica del rapporto costi benefici alla luce degli effetti sulla mobilità che la messa in atto di riforme come quella sulle comunità di valle - attraverso lo spostamento di importanti funzioni verso le Valli - avrebbero determinato. O alla luce del nuovo sistema elettronico - Sinet - che fa da sfondo alla diffusione della banda larga che apre la strada al telelavoro nella pubblica amministrazione. E questo a prescindere dalle mutate condizioni finanziarie della nostra autonomia che rendono comunque più problematici gli investimenti  necessari ad un sistema di mobilità alternativa.

Nei fatti il progetto Metroland è rimasto sulla carta, se escludiamo un investimento funzionale al bando per la progettazione del collegamento Rovereto-Riva-Tione nell'ordine dei 700 mila euro. In più occasioni, nei mesi scorsi, la Giunta provinciale si è espressa su Metroland come se si trattasse di un disegno di riferimento e non di una vera e propria scelta, cercando di includere le proposte sulla mobilità nelle valli trentine ad ipotesi di collegamento aventi la natura di metropolitane di superficie, spesso partendo da linee o tracciati esistenti. Risulta quindi del tutto strumentale l'iniziativa del consigliere Borga, atta a far emergere possibili contraddizioni nella maggioranza. Di fronte al diniego verso una mediazione proposta, la mozione del centrodestra viene respinta.

A seguire la mozione sulle dighe sul fiume Adige di cui sono il primo firmatario. In questi giorni c'è stato un lavorio diplomatico da parte della società che ha chiesto la concessione (l'Aquafil Power spa) rivolto all'opinione pubblica, ai Comuni e ai partiti. Il progettista Franco Garzon (lo stesso del progetto Altissimo con il quale si intendeva portare l'acqua del lago di Garda a 1600 metri sul Monte Baldo e farla riprecipitare a valle giocando sulle fasce commerciali del costo dell'energia e che bocciammo all'inizio della legislatura grazie all'approvazione di una mia mozione) prova a convincerci della bontà dell'operazione. Ma il dispositivo della mozione non fa una grinza, perché non nega affatto la possibilità di realizzare impianti di generazione idroelettrica ma li subordina a due condizioni: una strategia provinciale e regionale relativa alla valorizzazione / rinaturalizzazione del fiume e la regia pubblica tesa a rendere protagonisti i Comuni. A fronte, ovviamente, di una verifica di sostenibilità e impatto ambientali, nella consapevolezza che stiamo parlando di un contesto molto delicato e che un eventuale innalzamento della falda potrebbe avere conseguenze sulle comunità rivierasche. La mozione passa a larga maggioranza e senza alcun voto contrario. La partita non è finita qui, ma intanto abbiamo evitato che vi sia la corsa all'oro da parte del primo che arriva.

Tanto su Metroland quanto sul concetto di sostenibilità ho la percezione che ci sia molto da lavorare, perché il cambio di approccio presuppone un discorso sul limite che avverto come oltremodo lontano dalla politica. Perché questo messaggio dovremmo avere il coraggio di trasmettere, la necessità di vivere meglio con meno, di riconsiderare i nostri consumi, di rivedere quella logica di sviluppo che ci ha portati in un "progresso scorsoio" nel quale vittime e carnefici si confondono.

Dico queste cose anche pensando all'assemblea di Comunità responsabile con cui chiudiamo la giornata. Molte le persone presenti, forte la consapevolezza del momento delicato che stiamo attraversando, comune la considerazione della fatica della politica nel saper dare risposte innovative, ma la sensazione che ne viene è una babele di linguaggi e di idee, a testimoniare la precarietà (se non proprio l'assenza) di un'elaborazione collettiva.

Con Giuseppe Ferrandi c'è un comune sentire che viene dal continuo intreccio in questi anni dei nostri sguardi. Così come avverto molto vicino al mio sentire l'intervento del presidente della comunità del Primiero Cristiano Trotter. Ma fremo nel sentire riemergere vecchi paradigmi sulla crescita del PIL o nel sentir proporre come nuove proposte che sono già patrimonio dell'azione amministrativa di questi anni. Pensieri fermi? Difetto di comunicazione? Autismo legato ai propri destini personali? Il fatto è che non ci sono scorciatoie all'elaborazione collettiva, specie se questa deve fare i conti con la profonda inadeguatezza delle vecchie cassette degli attrezzi.

Proviamo a mettere a disposizione strumenti di circolazione delle idee (a cominciare dal sito web di politica responsabile) e un'agenda di seminari e momenti formativi , ma ho la sensazione che la prossimità delle elezioni di ottobre inquini il confronto e la ricerca di nuove chiavi per leggere il presente. Perché è di questo che, almeno personalmente, avverto la necessità, prima che di nuovi partiti. Vedremo se sabato, nel confronto in Valtellina sulle Terre Alte, emergerà qualcosa di interessante.

 

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