"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

06/04/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
come in giostra volar...

Una serata intensa, dolce e profonda per concludere il percorso di un anno su un tema, la cultura del limite, che ancora fatica ad avere piena cittadinanza politica. Si conclude così un ciclo di iniziative nell'ambito del quale la pace è stata declinata in una prospettiva diversa che la rende essenza di una visione del nostro rapporto con il diritto al futuro per l'umanità nell'uso che facciamo delle risorse, nello sguardo verso il territorio, nella comprensione della bellezza di sentirsi parte, nel recupero della memoria per comprendere che le identità sono in divenire, risultato dell'incontro con l'altro. Ma il tema rimane in tutta la sua centralità, come del resto la prospettiva euromediterranea che abbiamo cercato di mettere a fuoco due anni fa, nel mentre una parte dei popoli mediterranei cercavano di riprendere in mano il proprio destino.

E in tutta la sua valenza politica, perché quel che è andato in scena sabato sera al Teatro Sociale di Trento è un racconto che indaga il nostro tempo, i nostri modelli di sviluppo e di consumo, le nostre relazioni sociali. A partire dalle parole di un poeta che probabilmente molte delle quattrocento persone che hanno affollato "Come in giostra volar..." forse nemmeno conoscevano. Sicuramente era così per quei due giovani che, in teatro per lavoro, commentavano quanto fosse stata interessante la serata dedicata ad un vecchio poeta che mai nemmeno avevano sentito nominare.

Un po' una sorpresa, in realtà, lo è stata per tutti. La serata non è stata il ricordo di Andrea Zanzotto a più di un anno della sua scomparsa, quanto piuttosto il ripercorrere il valore di una poetica che ha saputo descrivere lo spaesamento, l'emigrazione, la finanza, il paesaggio e dentro tutto questo come siamo cambiati noi stessi, guardandolo con gli occhi di una terra come il Trentino che pure è stata capace di resistere almeno in parte  alle dinamiche che hanno attraversato (e devastato) questo nostro paese.

Mi viene da dire, una serata di buona politica a fronte di chi sfoggia parole ad effetto per invocare discontinuità generazionali, o rivincite rancorose. Eh sì, in queste stesse ore ha preso il via la corsa alla presidenza della Provincia. Prefigura tante partite personali (tanti partiti?) e testimonia di come quella sintesi culturale per cui il PD era nato non c'è stata affatto. Tanto meno serve in questo momento richiamarsi alle storie di ciascuno. Farlo è come immaginare che questi quindici anni che hanno permesso la non omologazione del Trentino siano in buona sostanza da archiviare.  

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 08 aprile 2013 15:53
    Ho spesso l'impressione che qui in provincia di TN ci sia l'inconscia convinzione che un'isola felice in mezzo a un continente è un'isola.
    Ma, in un mondo globale, neanche l'Isola di Pasqua è un'isola.
    Stiamo andando verso rivolgimenti che potrebbero far impallidire quelli del passato.

    Scrive Viale sul Manifesto dell'altro ieri:
    "Per capire le dimensioni del disastro basta pensare a questo: il 38 per cento di giovani disoccupati (per non parlare dei precari e degli scoraggiati) troverà lavoro tra qualche anno? No. Allora, e già in parte ora, saranno un 38 per cento di disoccupati adulti (e magari, per questo, anche senza casa e famiglia); e tra qualche anno ancora, non il 38 per cento, ma molto di più, di anziani senza lavoro, senza pensione e in miseria assoluta. Un intero sistema economico, e con esso un intero modello produttivo, è giunto al collasso, e in parte vi è stato portato dalle sue classi dirigenti".

    Questo discorso vale per gran parte dell'Europa, per il Regno Unito, per diversi paesi dell'Est Europa.
    La stessa Germania regina del sottoimpiego e del precariato non sarebbe in grado di reggere una fase di scioperi di massa europei.

    Io, però, ricette per l'assorbimento di questo allucinante e letale livello di disoccupazione non le ho viste: si sostiene che la banca centrale dovrebbe immettere liquidità (metodo Greenspan-Bernanke), o che i paesi dovrebbero poter spendere di più (neo-Keynesiani), o che non c'è ancora abbastanza flessibilità (neoliberisti).

    Qui c'è bisogno di voltare pagina in maniera seria.
    Serve discontinuità e vorrei un presidente della giunta che parlasse chiaro e dicesse con coraggio quello che va detto.

    Scrive Perna sul Manifesto di ieri: "Al di là di ogni immaginazione, il governo Monti che ha perso nettamente le elezioni e la fiducia della stragrande maggioranza degli italiani, continua a restare al suo posto, anche grazie al Grillo parlante e ai dieci saggi silenti. Ma, attenzione: per uscire dal commissariamento non basta avere un nuovo governo. Bisogna avere un governo che sia capace di portare il nostro paese fuori dalla stretta della troika. Un governo che sappia fare politica ad alto livello, tessendo alleanze con gli altri paesi della Ue strozzati dal fiscal compact, negoziando a Bruxelles una ristrutturazione chiara e netta del debito pubblico. Questo debito è impagabile per l’Italia, la Grecia, la Spagna, Cipro, il Portogallo, la Francia e altri paesi dell’Eurozona. Il mito della ripresa, della crescita che sta arrivando, è diventato una barzelletta: ogni sei mesi mister Draghi ci spiega che è rimandata ai prossimi sei mesi o anno. È così che andiamo avanti da cinque anni. Questa situazione non è più sostenibile. Né basta pensare, come sostengono gli economisti neokeynesiani, che bisogna far ripartire la spesa pubblica per far risalire il Pil e ridurre, per questa via, il rapporto col debito. Ci vorrebbero decenni e una diversa divisione internazionale del lavoro. Sul piano economico e finanziario, il nostro ruolo, come italiani ed europei, si è drasticamente ed irreversibilmente ridotto su scala mondiale. Le ricette del passato non funzionano più. C’è una sola cosa che dobbiamo prendere dalla storia e dal pensiero economico: la ciclicità del debito pubblico e privato. Come diceva Adam Smith: «Una volta che i debiti sono stati accumulati fino a un certo livello, credo che non ci sia un solo esempio in cui essi siano stati regolarmente e completamente pagati".
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