"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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venerdì, 31 maggio 2013Piramidi...

La Commissione Europa si riunisce giovedì mattina per esaminare la posizione espressa dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sulla proposta di nuovi orientamenti in materia di aiuti di stato a finalità regionale, con particolare indirizzo a sostegno delle imprese e del lavoro. Un tema tutt'altro che secondario perché dall'esposizione che ne fa il dott. Foradori dell'Ufficio legislativo della PAT l'Europa è così condizionata dai paesi più forti che l'Italia (e le altre economie più fragili) beneficia solo in misura residuale degli interventi dell'Unione, tanto i criteri che vengono utilizzati per la fruibilità non corrispondono alle reali condizioni di crisi dei territori.

Il tema andrebbe sviluppato con particolare attenzione perché ha a che fare sia con la questione delle "terre alte" governate dalle città (e dalle pianure), sia perché l'assegnazione dei fondi strutturali segue i medesimi criteri degli aiuti di stato alle regioni. Ma devo dire che la cosa che più mi colpisce del breve confronto che si sviluppa in Commissione è come negli interventi di alcuni consiglieri (dell'opposizione) sembra che l'unica loro preoccupazione sia di come intercettare finanziamenti per il Trentino. Ora mi fa un po' riflettere il fatto che, di fronte ad una crisi che colpisce in maniera ben più devastante altre regioni (italiane e non), l'unico problema sia quello di portare a casa qualcosa, quando altrove non esiste nemmeno uno straccio di ammortizzatre sociale. E semmai la nostra attenzione dovrebbe riguardare la destinazione dei fondi strutturali, considerato che il problema di rivedere i fondamentali dell'economia locale ce l'abbiamo anche qui.

Fra me e me penso che la Commissione Europa dovrebbe piuttosto aiutarci ad acquisire una visione europea, non essere il luogo delle rivendicazione verso l'Europa. Questione di prospettiva.

In tarda mattinata ci vediamo al Forum con Paola Rosà, l'animatrice del viaggio di un gruppo di giovani di Rovereto a Lampedusa di qualche settimana fa. Sta elaborando una sorta di instant book con le testimonianze dei ragazzi e insieme a Federico esprimiamo il desiderio che Lampedusa diventi una delle "cartoline" con cui articoleremo il percorso annuale del Forum. Che diverrebbe a sua volta il pretesto per costruire fra Rovereto e Lampedusa una relazione permanente di amicizia e di scambio, coinvolgendo altri soggetti come la nostra Protezione Civile, le scuole, le istituzioni che si occupano di pace e di diritti umani. Anche questa è animazione territoriale.

Il tempo di finire l'incontro e mi vedo con Paolo Domenico Malvinni, operatore culturale presso la Biblioteca Comunale di Trento ma anche animatore di tanti percorsi culturali, musicali e teatrali. Stiamo organizzando la rappresentazione teatrale "A che serve un poeta" dedicata allo scrittore armeno Daniel Varujan e di cui ho già parlato in questo blog. Vi anticipo subito che lo spettacolo verrà presentato nel tardo pomeriggio di domenica 30 giugno, nella piazzetta del Café de la Paix in Passaggio Teatro Osele a Trento, e sarà seguito da una cena armena. Con Paolo sta crescendo un'intesa profonda, che va oltre questa rappresentazione.

Il ritmo della giornata è incalzante. Mi incontro con il presidente dell'Associazione per una Comunità Responsabile Giuseppe Ferrandi. Parliamo dell'ininiziativa che abbiamo programmato per venerdì prossimo 7 giugno a Trento (ore 18.00, Palazzo Trentini) con Aldo Bonomi e Marco Revelli. Il titolo sarà "Territoriali ed europei" e riassume in estrema sintesi lo sguardo che intendiamo proporre: l'idea dei partiti territoriali in reti regionali e sovranazionali.

Conclusa la nostra conversazione andiamo alla manifestazione di apertura del Festival dell'economia: il tema proposto quest'anno "Sovranità in conflitto" è di grande attualità ma alle domande che pongono gli interventi iniziali di Alessandro Andreatta e di Tito Boeri le risposte sembrano essere ancorate ai paradigmi di un tempo ormai scaduto: il rilancio della crescita, l'Europa degli Stati, la sovranità dei mercati. Bene fa Alberto Pacher nel suo intervento conclusivo a porre la necessità di un cambio di paradigma, quel pensiero interdipendente che ancora fatica a diventare approccio diffuso, ferma com'è la politica ad una dimensione nazionale che appare ormai largamente fuori scala.

La formula vincente del Festival, quella magia di cui parla Pacher e che fa pulsare questo appuntamento con il cuore della nostra comunità, penso dovrebbe essere ripensata. Certo, è importante che il dibattito sull'economia globale abbia trovato nella città di Trento un luogo fertile di confronto ad alto livello, ma credo sia giunto il momento di interrogarsi se il Festival non debba solo limitarsi a raccogliere delle opinioni piuttosto che esprimere delle tesi da mettere a verifica, anno dopo anno. Altrimenti si rischia di cadere in una sorta di relativismo, per cui un'idea vale l'altra e nessuno in realtà si mette veramente in giuoco.

Ho un colloquio con Alessandro Olivi. Voglio essere molto franco con lui perché al mio sostegno alla sua candidatura per le primarie possa corrispondere un sentire condiviso sul futuro di questa terra e sul fatto che il dare continuità alla sperimentazione politica trentina non ci esime dalla necessità di cercare approcci nuovi e interdisciplinari nei programmi come nei futuri assetti di governo della nostra autonomia. Lunedì prossimo Olivi verrà ufficializzato come il candidato del Partito Democratico del Trentino alle primarie del centrosinistra autonomista che si svolgeranno a fine giugno. C'è infatti una larga maggioranza dell'assemblea del PD che lo sostiene e che porta alla rinuncia degli altri due candidati che si erano proposti, Donata Borgonovo Re e Luca Zeni.

Un ritiro che viene annunciato venerdì in maniera fortemente polemica, come se la decisione di affidare all'assemblea del partito e non al corpo elettorale la scelta del candidato del PD del Trentino e del programma costituisse un vulnus democratico. Nel documento con il quale viene comunicata la loro rinuncia, emerge un'idea di natura plebiscitaria della politica che, nei fatti, annulla il ruolo dei corpi intermedi e dell'elaborazione collettiva, affidandolo al rapporto fra il candidato leader e il popolo. Un modo di pensare che sento davvero molto lontano e che gioco forza richiede un chiarimento di fondo.

Perché la cultura plebiscitaria è autoritaria e violenta, elude le dinamiche di potere e di condizionamento nella formazione delle idee e delle classi dirigenti, ma soprattutto svilisce l'autonomia della politica. A dirla tutta, è la fine della politica.  

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mercoledì, 29 maggio 2013Hannah Arendt

Devo scusarmi con i lettori di questo blog per una omessa segnalazione piuttosto grave. Nel pomeriggio di martedì, organizzato dalla Provincia Autonoma di Trento in collaborazione con Step, la Scuola per il governo del territorio e del paesaggio, e con il Comune di Trento, c'era un momento importante del ciclo "Masterinvita" che in precedenza aveva portato a Trento Salvatore Settis e Marco Aime. Si trattava della conferenza di Mauro Ceruti ''La nostra Europa. Vincoli e possibilità nella civiltà planetaria'', occasione per presentare al pubblico il libro di Edgar Morin e Mauro Ceruti "La nostra Europa" (Raffaello Cortina Editore).

Il ciclo di conferenze, curato da Ugo Morelli, ha avuto un positivo riscontro di pubblico ma forse non è questo il tratto più significativo da sottolineare. L'aspetto che vorrei mettere in rilievo riguarda piuttosto i temi trattati e la loro valenza che ci riportano alla "maledizione di vivere in tempi interessanti". Ecco, il valore dell'incontro a cui partecipo nel tardo pomeriggio di  martedì è proprio questo, la delicatezza (ma anche il fascino) di un passaggio di tempo che investe l'Europa, il suo farsi o disfarsi.

Con Mauro Ceruti, nel corso degli anni, si è creata una sorta di comunità di pensiero che mi ha accompagnato nel mio percorso politico. Mi fa piacere che l'amico Ugo Morelli nella sua introduzione ricordi quando insieme presentammo quasi vent'anni fa (era l'aprile del 1994), il libro di Bocchi e Ceruti "Solidarietà o barbarie?", che indicava nell'Europa la chiave per affrontare le sfide del futuro. Ed ora che in quel futuro già ci siamo la domanda non è poi tanto diversa, l'Europa si è allargata, certo, ma appare appannata dal potere finanziario come dagli egoismi nazionali e locali.

Provo emozione nel sentire nelle parole di Mauro Ceruti una straordinaria assonanza con i temi che due anni fa abbiamo posto alla base del percorso del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani sulla "Cittadinanza Euromediterranea", con le storie e le suggestioni che ho proposto nei miei articoli come nelle lezioni dedicate all'Europa. Quella stessa visione che aveva portato Mauro Ceruti ad essere fra gli estensori della Carta dei Valori del Partito Democratico, poi inabissatasi un po' come l'Europa.

E, ciò nonostante, dal libro di Edgar Morin e Mauro Ceruti esce un messaggio improntato all'ottimismo, come se le ragioni della speranza si annidassero paradossalmente nelle ragioni della disperazione. Lo stesso paradosso che avverto il giorno seguente alla presentazione di un altro libro, questa volta di uno scrittore croato che in pochi conoscono e che da Zagabria arriva in auto fin qui a Trento. Lo scrittore è Robert Perišić e il libro che viene presentato s'intitola "Il nostro uomo sul campo" (Zandonai editore). Racconta il contesto di un paese in procinto di diventare il ventottesimo membro dell'Unione Europea ma nel quale non si può nemmeno parlare di disincanto considerato che l'incanto è stata una guerra dove si sono mescolati affari e nazionalismi e che - in assenza di elaborazione - nessuno riesce a scrollarsi di dosso. Un libro che in Croazia è pure diventato uno degli eventi  editoriali più importanti degli ultimi anni, ora tradotto in vari paesi. Al Café de la Paix di Trento Robert Perišić usa parole cariche di ironia, forse l'unica arma a disposizione di una generazione altrimenti perduta.

Non ci sono grandi folle, come accade quando gli autori ancora non sono diventati personaggi. E quando la cultura risponde più ai cliché imposti dalle case editrici che non all'effettivo valore di quel che si scrive. Lo dico perché sono un po' stanco di leggere "best seller" che non comunicano nulla e perché il giorno successivo prende il via l'ottava edizione del Festival dell'economia. Mi fa piacere vedere affollati gli stand dei libri quando le librerie sono desolatamente vuote...  o vedere rincorrere gli autori di grido diventati fenomeni mediatici pur scrivendo cose scontate e banali. Peccato che nemmeno si accorgano di quel che avviene intorno a loro.

Sono un sostenitore del Festival dell'economia, ma proprio per questo mi permetto di dire che l'obiettivo dovrebbe essere quello di proporre immagini inedite e fors'anche sgradevoli, non di assecondare gli umori. Non ho nulla contro i premi Nobel, mi basterebbe che costoro sapessero proporci "un pensiero forte e originale sintonizzato sulla presenza al proprio tempo" come scrive Laura Boella nella sua splendida introduzione del libro di Hannah Arendt "L'umanità in tempi bui".

La presenza al proprio tempo.  L'opposto del rincorrere quel che accade.

lunedì, 27 maggio 2013Passo del Redebus

Del cantiere "Afghanistan 2014" ho già scritto annunciando l'incontro di venerdì scorso. Un cantiere che contiene tante cose. Un film innanzitutto. Il secondo atto è in corso di lavorazione. Dopo il primo dedicato alla Conferenza internazionale di Bonn e ai rituali di una diplomazia senz'anima, questa seconda parte affronta il tema della diaspora che solo in Europa conta più di un milione di rifugiati, l'esodo clandestino nei container o sotto i camion, l'asilo politico che diventa umiliazione. In secondo luogo, una piattaforma per il confronto sul futuro del paese quando - nel 2014 - le forze di occupazione militare se ne andranno dall'Afghanistan: un sito in diverse lingue al quale si sta lavorando, anche per cercare i finanziamenti che ancora non ci sono. Realizzarlo non è un problema, è il lavoro quotidiano di animazione e di aggiornamento che dev'essere garantito. Il futuro di quel paese richiede pensiero, incrocio di esperienze, elaborazione originale: abita qui un terzo terreno di lavoro del cantiere che dovrebbe coinvolgere le università e i centri di ricerca allo scopo di realizzare una Carta per il futuro assetto politico-istituzionale dell'Afghanistan, dando voce e cittadinanza alla società civile. Sarà infine un progetto di cooperazione che verrà presentato alla PAT in autunno. I giovani giornalisti di Herat che partecipano all'incontro si mettono a disposizione affinché questo sia anche il loro cantiere.

Nonostante siamo alla fine di maggio al passo del Redebus che separa la valle dei Mocheni e l'altipiano di Piné nevica copiosamente. Sabato mattina sono lì con l'assessore Mauro Gilmozzi per ascoltare alcuni giovani di Palù del Fersina che intendono investire sul loro futuro in loco, tanto come piccoli imprenditori che come amministratori locali. Ma che si scontrano con non sempre leciti e una burocrazia che non aiuta. Parliamo di strade, di sostenibilità e di valorizzazione delle unicità che questa valle può dare. Vedere questi trentenni, competenti e che amano il loro lavoro e la loro terra, mi dà qualche speranza. Il pranzo che ci preparano ci racconta di tutto questo (davvero ottimi i rufioi).

A sera una cosa bella, che si realizza grazie a Sandro Regazzola. Perché nel suo lasciare questo mondo ci ha fatti incontrare dopo un sacco di tempo, più o meno una decina d'anni. Le protagoniste e i protagonisti di un'esperienza che abbiamo tutti nel cuore, la Casa per la Pace di Trento. Che si è conclusa bene, forse anche perché ha saputo non trascinarsi, germinando invece tante strade che ciascuno ha continuato a percorrere. E' bello oggi rivedersi, senza nostalgia, ciascuno con il proprio percorso collettivo e/o individuale. Sandra (che ci ospita) e poi Alba, Alberto, Cristiana, Franca, Lorenza, Gigio, Paola, Rosanna... capelli bianchi (non tutti per la verità), ciascuno nel suo raccontarsi così, come viene. Grazie ancora, Sandro.

La domenica passa al telefono, perché - come ho scritto - sono giorni ed ore convulse. Verso sera mi chiama Ale Pacher per dirmi che alla fine ha deciso di rinunciare alla candidatura. Vivo questa cosa come una piccola sconfitta anche personale, perché ad un suo ripensamento un po' ci avevo lavorato e perché credo che Alberto avrebbe potuto rappresentare meglio di ogni altro lo spirito coalizionale e dare una diversa impronta pur nella continuità di questi quindici anni di navigazione solitaria del Trentino in un nord segnato dalla paura e dallo spaesamento. Al tempo stesso comprendo la stanchezza ed il bisogno di aria pulita, non proprio quella che si respira nel cuore del potere seppure di una piccola realtà come la nostra. Rimane la sintonia che si è costruita in questi anni di maggior vicinanza ed il valore di relazioni sgombre da secondi fini.

Anche a cucinare, per la verità... per le persone care di casa e alla sera per Adriana, Diego, Enzo e Iva. Le nostre vite di corsa (e le cose in cui siamo impegnati) non ci aiutano a sintonizzarci su quel che accade, perché nonostante siamo fra persone che la pensano più o meno alla stessa maniera non è facile raccapezzarsi in un contesto tanto complesso. Senza nuovi punti di riferimento (e con quelli vecchi spuntati), possiamo misurare quanto siamo soli. Già, la politica ... quella cosa che dovrebbe aiutarci almeno ad attenuare questa solitudine. La sua crisi non riguarda solo la sfera pubblica.

Inizia una settimana oltremodo difficile. Incontro l'assessore Tiziano Mellarini per un nutrito elenco di argomenti che spaziano dal progetto "Terre Salubri Alpine" al Parco Agricolo del Garda, dalla Colonia Paverse di Torbole alla strada (che "agricola" non è) di Palù del Fersina, dalla legge sui Fondi Rustici che è rimasta fino ad oggi lettera morta a quella sulle Filiere corte che invece è da poco operativa ma che andrebbe gestita come grande opportunità per la nostra comunità.

Arrivano i primi dati di Pergine Valsugana (vedi commento nella home page) e, qualche ora dopo, quelli delle elezioni amministrative in Italia. Chi partecipa al voto è un numero sempre minore di persone, ma almeno in questo caso i dati sono interessanti: Lega e Cinque Stelle in caduta libera, PDL in netta flessione, centrosinistra in crescita. Quando la politica ritorna sul territorio forse un filo di comunicazione riprende ad intrecciarsi. Ma i commenti televisivi ci raccontano un altro film.

Ci sarebbe dell'altro, ma il tempo è tiranno. Sulle riunioni del PD, ad esempio. Ma di questo vi parlerò nei giorni a venire.

giovedì, 23 maggio 2013Sguardi mediterranei

Riccardo Mazzeo è persona cara. Colta, sensibile, attenta alle cose belle. E' una delle colonne portanti della Casa Editrice Erickson di Trento, azienda leader in Italia specializzata nell'editoria scolastica e sociale, tanto che il suo catalogo conta migliaia di testi e riviste. Le Edizioni Erickson peraltro non sono solo una casa editrice, ma anche un centro studi e formazione, una formula vincente che vanta numeri di assoluto rilievo.

Con Riccardo ci vediamo nell'elegante sede di Gardolo per parlare di un libro che vorremmo aggiungere al loro ricco catalogo, un testo di politica nel senso più nobile del termine, la ricerca sulle parole che hanno smesso di comunicare e sulle categorie che non riescono più a scandagliare il presente.  Duecentoquaranta pagine, sette capitoli per altrettanti paradigmi, una corposa prefazione, una postfazione che ho avuto il piacere di scrivere, una copertina accattivante ... ma soprattutto sessanta e passa tesi fra il locale e il globale. Non dico di più perché ci sarà il modo e il tempo per parlarne.

La cosa bella di questa vicenda è che il sito http://www.politicaresponsabile.it/ è diventato un luogo di incontro seppure virtuale, di idee e spunti originali ma anche di segnalazione di articoli e contributi interessanti, che hanno contribuito a far prendere corpo ad un collettivo politico che non si prefigge nulla d'altro che non sia la circolazione delle idee.  Quel che la politica organizzata oggi fatica a fare.

Della miseria della politica ne abbiamo una manifestazione nel dibattito che prende il via mercoledì pomeriggio sui disegni di legge presentati dal centrodestra sulla riduzione/abrogazione della percentuale fissa dello 0,25% del bilancio della PAT da destinare alla solidarietà internazionale. Della legge 4 del 2005 che riformava il testo precedente degli anni '80, la percentuale fissa da destinare è una delle poche cose innovative rimaste dopo l'impugnativa del governo nazionale e i tagli della Corte Costituzionale che avocava allo Stato la prerogativa delle politiche internazionali.

In fondo il nodo è proprio questo. Di una politica ferma al secolo scorso e di prerogative statuali del tutto anacronistiche. Perché non è possibile oggi far politica in senso pieno se non si assume un'ottica insieme territoriale e globale, non si può amministrare bene anche il più piccolo Comune del Trentino se non si ha consapevolezza dell'interdipendenza del nostro tempo, non si può creare futuro senza costruire relazioni che tale interdipendenza rende ineludibili.

Ma se invece, come ogni volta che si parla di operazione internazionale accade, si pensa alla solidarietà internazionale come carità verso qualcuno allora ovviamente non serve conoscenza, non occorre formazione, non importa costruire relazioni permanenti. Tutto si gioca sull'emergenza e sul buon cuore (e con quali esiti non importa). Ci si è salvati l'anima, questo è quanto.

Al contrario la cooperazione di comunità, che abbiamo elaborato nell'esperienza concreta e che oggi è diventato un concetto con piena cittadinanza, si pone proprio nell'ottica della prevenzione della degenerazione violenta dei conflitti o delle situazioni di impoverimento, destinate a riverberarsi sulla nostra esistenza quotidiana nelle forme che poi hanno un costo senz'altro maggiore se pensiamo alle guerre, alla deregolazione dei territori, alle mafie, alla criminalità internazionale e agli stessi fenomeni migratori.

Provo nel mio intervento a dire queste cose, ma ci vorrebbero ben più dei quindici minuti che sono assegnati al mio gruppo per esprimere un pensiero compiuto e per confutare le sciocchezze che gli esponenti della minoranza affermano nei loro interventi. Dico anche dell'amarezza che deriva dal fatto che in quest'aula si parla di cooperazione solo per iniziative come questa, piuttosto che per parlarne in maniera propositiva, anche per migliorare, certo, perché so bene quanto ci sia da migliorare su questo terreno. Lo affermo non solo come critica verso la minoranza, ma anche perché da parte dell'assessorato competente non c'è stato affatto un lavoro di coinvolgimento del Consiglio (e nemmeno della maggioranza) per discutere di questi temi, nonostante più volte abbia chiesto di attivare una maggiore collaborazione. So bene che non è facile affrontare temi come questo con la serenità di mettere a confronto le idee e di imparare dalle esperienze. Ogni qual volta si parla di pace, di solidarietà internazionale, anche di Europa ... viene fuori il peggio e non solo da parte degli esponenti della minoranza. La stessa cosa la potremmo dire sui temi dell'immigrazione e dei diritti di cittadinanza, delle libertà e dei diritti civili, degli orsi e del rapporto con gli altri esseri viventi.

Metterò nero su bianco il mio intervento - che pure svolgo a nome della maggioranza - non appena avrò un attimo di tempo. Nel frattempo i due DDL sono respinti, mentre viene approvato (con il mio voto contrario) uno dei punti di un ordine del giorno che impegna la giunta a far sì che il 70% della cifra destinata alla solidarietà internazionale sia impiegata per iniziative delle associazioni. Demagogia (a mio avviso), un po' perché è già così, un po' perché si vorrebbe far rientrare dalla finestra l'idea che quelle che vengono indicate dall'opposizione come "spese accessorie" (informazione, conoscenza, formazione, ricerca ...) siano cose inutili.

Misuro quanto sia difficile cambiare lo sguardo sulle cose e sul mondo rispetto agli stereotipi che vanno per la maggiore. Misuro il profondo ritardo della politica. E ne trovo conferma quando vedo su internet il Ministro della Difesa del "nostro" governo affermare che gli F35 sarebbero una scelta di pace. Chiamo Fabio Pipinato - con il quale in Trentino abbiamo coordinato la campagna contro i cacciabombardieri - per dirgli che forse sarebbe il caso di sommergerlo di messaggi. Proprio non ci siamo.

lunedì, 20 maggio 2013leggere

Lunedì mattina, in Quarta Commissione Legislativa provinciale, si vota il testo unificato dei due disegni di legge, quello che mi vedeva come primo firmatario per agevolare la nascita di comunità di studio per favorire l'apprendimento permanente, e quello che vedeva primo firmatario Mattia Civico per introdurre il riconoscimento formale dell' esperienza lavorativa come percorso di formazione. Il testo unificato recepisce inoltre il decreto Fornero in materia di certificazione della formazione permanente, quella che avviene con l'acquisizione delle varie attività professionali.

Nel mio intervento a conclusione del dibattito e della votazione sull'articolato sottolineo in maniera sintetica  questi aspetti. Contrariamente a quel che si può immaginare questa proposta di legge non è settoriale, rappresenta una risposta al "nuovo tempo" ed uso questo termine non casualmente perché bisogna smetterla di parlare di crisi. La risposta è la conoscenza. In secondo luogo la formazione non si deve più associare ad una sola stagione della vita. Questo DDL si ripromette di avvicinare l'apprendimento formale, non formale e informale affinché i processi della conoscenza investa l'intero arco di vita. Un grande obiettivo di rimotivazione delle persone. La terza osservazione mi porta a dire che questo obiettivo non ce lo poniamo in Trentino perché siamo i più bravi ma in quanto cittadini europei: il Memorandum di Lisbona (2000) indica l'obiettivo del 15% di popolazione in apprendimento permanente entro il 2020. Nel 2007 in Italia questo dato era sconsolatamente inferiore: il 6,2%. In Trentino questo vorrebbe dire 30 mila persone coinvolte nei processi formativi. Il quarto aspetto riguarda le diverse sensibilità che si sono incontrate in questa legge ma soprattutto il fatto di aver anticipato il decreto Fornero e di trovarci oggi non solo a recepire la legislazione nazionale ma di essere sul pezzo. A giugno il testo arriverà in aula.

Vado a pranzo con il presidente Pacher al Café de la Paix. Questo luogo sta diventando un punto di riferimento per migliaia di giovani e non solo. Consideriamo insieme che qui si sta proprio bene, a prescindere dalla nostra appartenenza generazionale. Fa specie quindi che vi sia una sorta di accanimento burocratico verso questo luogo, sia nell'impossibilità di poter usare fino a questo momento la piazzetta come luogo di relax e consumazione, sia i continui interventi della polizia urbana per cercare qualcosa che non va. Certo è che diecimila soci è un fatto politico e culturale di tutto rilievo. Certo è che questo, oltre ad un luogo di cui la città aveva bisogno, è un piccolo incubatore di lavoro e di economia locale, che si è realizzato senza chiedere un euro a nessuno. Un esempio, insomma.

Nel pomeriggio  riunione della terza Commissione Legislativa con all'ordine del giorno la proposta di legge sulle case sugli alberi. Ho provato a guardare a questa cosa senza pregiudizi, così come credo che in questo passaggio la fantasia non debba assolutamente mancare. Ma in realtà la cosa è ancora contraddittoria e l'idea di costruire case nei boschi, a fronte di un patrimonio urbanistico di antichi masi che stanno crollando perché in stato di abbandono, proprio non mi convince. E non è questo il rilancio tuirstico di cui ha bisogno il Trentino. La discussione viene sospesa in attesa di una proposta dell'assessore Gilmozzi.

Qualche amico mi segnala l'editoriale di Giuseppe De Rita sul Corriere della Sera. Ritengo il pensiero di De Rita uno dei più stimolanti di quelli in circolazione e anche in questo caso il suo pezzo, che riporto nella home page, è davvero pregevole. E però in questo caso vorrei dire a De Rita che quel contesto di crescita e di mobilità sociale cui si riferisce nell'articolo era il risultato di quel compromesso socialdemocratico fra capitale e lavoro che poteva avvenire grazie al carattere illimitato delle risorse disponibili in un mondo nel quale 3/5 dell'umanità non sedevano al tavolo delle trattative. Oggi Cina, India e Brasile, non solo siedono al tavolo ma vi sono da protagonisti assoluti. E per questo penso che, più che invocare la "chimica intima" di cui parla De Rita, quel bisogno di progredire che ha caratterizzato l'Italia del secondo dopoguerra, si dovrebbe aver consapevolezza che "quel tempo felice" si basava sullo sviluppo ineguale e sullo sfruttamento coloniale di una parte del pianeta. E che non ritornerà, se non a prezzo di guerre e violenza. Eppure, vorrei che quella "chimica intima" trovasse libera espressione nell'immaginare un futuro dove - come abbiamo ripetuto in questi anni - "fare meglio con meno". Ce ne sarà bisogno: occorre essere più innovativi quando le condizioni sono meno favorevoli che nel tempo delle vacche grasse.

La giornata si chiude a Sanba Radio, per un'intervista in relazione alla giornata nazionale per la legalità (il 23 maggio) sul tema delle mafie. Un tema sul quale, anche in Trentino, dobbiamo tenere gli occhi bene aperti perché davvero nessun territorio è un'isola e perché le mafie oggi non corrispondono affatto agli stereotipi ma  si nascondono nei processi di finanziarizzazione dell'economia si nutrono di riciclaggio (usura, mattoni, centri commerciali...), di appalti privi di controllo e dove vige la logica del massimo ribasso, di traffici illegali. Esattamente i temi che abbiamo affrontato nella winter school "Mafie senza confini" che abbiamo realizzato nel marzo scorso.

sabato, 18 maggio 2013Un\'immagine dello spettacolo

"A che serve un poeta": s'intitola così la pièce teatrale presentata per la prima volta ieri sera a Riva del Garda e dedicata al poeta armeno Daniel Varujan. Il titolo non ha un punto di domanda e non richiede risposta. Non ha nemmeno un punto esclamativo e dunque non è nemmeno un'affermazione perentoria, pur sempre soggettiva. Forse vuol dire semplicemente che laddove c'è la poesia, lì c'è un'identità insopprimibile, che non ha bisogno e tanto meno rivendica confini o stati ma semplicemente di vivere, malgrado tutto. Parole che esprimono la dolcezza della vita, musica che racconta lo strazio dell'abbandono, novelle satiriche come pillole di resistenza nonviolenta.

Daniel Varujan venne assassinato nel 1915, nel contesto del genocidio armeno che del secolo degli assassini fu il preludio. Ma il quaderno con le sue poesie, ritrovato qualche anno dopo, ha dato voce ad un popolo che si voleva cancellare e ad una cultura nazionale che nella diaspora ha saputo arricchirsi ed arricchire.

Quei testi, quei suoni e quelle atmosfere sono diventate, grazie in particolare a Paolo Domenico Malvinni, un spettacolo intenso e delicato. Un racconto sul Novecento, con il quale ieri ha preso il via il percorso annuale del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che ha come titolo "1914 - 2014. Inchiesta sulla pace nel secolo degli assassini". Lo spettacolo sarà replicato a Trento a metà di giugno.

 

venerdì, 17 maggio 2013Amore

Alberto Robol è persona d'altri tempi, come se avesse deciso che l'unica cosa che gli rimaneva da fare in un contesto nel quale faticava a riconoscersi (oltre all'impegnativa reggenza della Fondazione Campana dei Caduti) fosse quella del vecchio saggio. Un po' malandato e provato dalle vicende della vita, Alberto mantiene intatta la capacità di testimoniare il significato delle cose e soprattutto quello alto della politica, lui che dopo la fine della Democrazia Cristiana e del suo mandato parlamentare ha come sospeso il giudizio.

All'Assemblea dei soci del Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale, Alberto arriva per ultimo ma subito mette in chiaro che lui, nonostante il disincanto degli anni, è per la continuità. Si riferisce al ruolo del CFSI, all'esito positivo dell'intuizione dellaiana di mettere in rete le esperienze formative sui temi della mondialità... e, guardando negli occhi il presidente della PAT Alberto Pacher presente alla riunione, non solo. Quell'intuizione (se posso dire, non esattamente dellaiana) di rilanciare la scommessa che avviammo con la costruzione dell'UNIP, affinché il Trentino si dotasse di un luogo di alta formazione sui temi della pace e della solidarietà globale, in sintonia con la scelta del legislatore di istituire il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, oggi possiamo dire di averla fatta diventare realtà. E i numeri che la direttrice del CFSI Jenni Capuano (a breve mamma) ci porta lo stanno a testimoniare.

Ogni anno, nel palazzo nel centro della città di Trento che prima di Napoleone era il Convento degli Agostiniani, sono quasi mille le persone che frequentano i percorsi formativi proposti: giovani post laureati, donne e uomini che intendono arricchire il loro bagaglio professionale ma anche persone impegnate nella cooperazione internazionale, nei processi di internazionalizzazione, nel volontariato, nella cooperazione trentina, a breve anche nella protezione civile. Provengono in primo luogo del nostro territorio, ma un terzo degli utenti viene da altre regioni ed il lavoro di relazione con altre istituzioni formative nazionali ed internazionali sta crescendo in maniera significativa. Investire nella formazione è importante, farlo per acquisire uno sguardo interdipendente ancora di più e sappiamo bene di quanto ne avrebbe bisogno in primis la politica (potete trovare il rapporto completo sulle attività 2012 sul sito http://www.tcic.eu/).

Boris Pahor il prossimo 26 agosto compirà cent'anni. Nella sala di rappresentanza del Comune di Trento, con il sindaco Alessandro Andreatta, Micaela Bertoldi e Nadia Scappini che questo evento hanno promosso, l'autore di Necropoli (un romanzo autobiografico sulla sua prigionia nel campo di Natzweiler-Struthof) incontra un gruppo di studenti del liceo Da Vinci. La sua voce è ancora forte e chiara nel raccontare la sua vita di partigiano sloveno inviso dai nazionalisti come dai comunisti, italiani o jugoslavi che fossero. Un pezzo di storia sulla quale prima si è preferito il silenzio, poi l'uso distorto e propagandistico, infine la retorica. E che, come molte altre, non ha ancora conosciuto un'elaborazione condivisa.

Incombe la pioggia. Nella serata di giovedì era prevista una fiaccolata nell'ambito della settimana di iniziative contro l'omofobia, ma il brutto tempo la riduce ad un piccolo sit in. Eppure ho la sensazione, vista anche la grande partecipazione che stanno avendo le iniziative in programma, che l'avvio di questa intelligente campagna sia riuscita a rompere le barriere e questo nonostante l'uscita davvero fuori luogo dell'arcivescovo Bressan e di qualche altro personaggio del mondo cattolico che hanno parlato del "bacio" (i manifesti della campagna) come qualcosa di "cattivo gusto" o addirittura "di ripugnante". Conoscono costoro la parola dialogo? O sono forse ripugnanti e di cattivo gusto anche le centinaia di persone che hanno affollato l'incontro con la filosofa Michela Marzano? Quando riuscirà la Chiesa Cattolica (e non solo quella, per la verità) a smetterla con gli anatemi?

Di questo, seppure in senso lato, parliamo anche venerdì sera a Fiera di Primiero, in occasione della presentazione del libro di Francesco Prezzi dedicato al Trentino in quel passaggio di tempo che va dalla metà del XV e l'inizio del XVI secolo. Nel mio intervento ricordo a questo proposito che il culto del Simonino, la vicenda che nel 1475 portò alla persecuzione degli ebrei nella città di Trento, è continuato fino al 1965. Quel falso faceva parte di una vera e propria campagna di odio razziale che portò in quel passaggio di tempo che non studieremo mai abbastanza alla cacciata degli ebrei e dei musulmani dalla Spagna e dai loro domini (compresa la Sicilia e la Sardegna), ovvero alla fine di una delle pagine più interessanti di convivenza delle culture religiose che l'Europa abbia mai conosciuto, il "califfato di al-Aldalus". Non riguarda solo gli studiosi, riguarda la politica, almeno nel suo significato più nobile.

E dei mali della politica parliamo nel pomeriggio, in una lunga conversazione, con Simone Casalini, giornalista del Corriere del Trentino. Il pretesto è la stimolante intervista a Gian Enrico Rusconi e pubblicata nei giorni scorsi con un titolo piuttosto efficace: "Primarie e società civile, favole miracolistiche che non hanno funzionato".  Non possiamo cavarcela trovando il capro espiatorio di turno, sia esso Pierluigi Bersani o qualsiasi altro esponente del PD. Perché il nodo è di fondo e riguarda la capacità di leggere il presente, le ragioni della sconfitta (o della "non vittoria", non cambia), i mutamenti profondi che sono avvenuti nella realtà economica e sociale come pure nella coscienza della gente, sempre più sola davanti alla televisione o al web, in quel processo di spaesamento che ancora la politica non ha saputo elaborare. L'intervista dovrebbe uscire sul Corriere di domenica.       

mercoledì, 15 maggio 2013Anno zero?

Nemmeno il tempo di tirare il fiato - rientro da Isola Vicentina domenica sera - e riprende il ritmo di una nuova settimana fittissima di impegni. Così lunedì di buon mattino sono al Cirè di Civezzano, dagli amici di "Proposta Vini", per parlare di associazionismo nel campo culturale come in quello del turismo responsabile, questa volta rivolto al Trentino e alle Dolomiti. Dalla nostra conversazione vengono fuori idee davvero interessanti. Staremo a vedere se riescono a prendere corpo, per arricchire in questo modo quel tessuto partecipativo che ha fatto diverso il Trentino aiutandoci ad attenuare le dinamiche dello spaesamento.

Scendo da Civezzano e ho subito un incontro con Stefano Moltrer, giovane consigliere comunale (di opposizione, tende a precisare) di Palù del Fersina. Per metterlo a suo agio gli parlo della "Valle incantata" e quasi non gli sembra vero che ci sia qualcuno che ama e che conosce la sua valle anche nei piccoli dettagli. Parliamo di Robert Musil e della novella "Grigia", delle piccole storie della valle e di quell'identità europea che qualcuno potrebbe (sbagliando) considerare improbabile se riferita ad un luogo che fino agli anni '50 non aveva nemmeno una strada di collegamento, dei padri fondatori dell'autonomismo politico trentino e di quanto fossero diversi dai loro pronipoti più intenti agli affari che alla valorizzazione della loro valle. Così entriamo nel merito anche del motivo del nostro incontro, un'operazione che in nome dello sviluppo rurale nasconde una storia di ordinaria speculazione. Ci lasciamo dandoci appuntamento per domenica prossima in Valle dei Mocheni, per fare un sopraluogo e potermi rendere conto del problema prima di intraprendere un'eventuale iniziativa istituzionale.

All'intervallo ci vediamo come gruppo di lavoro di "Politica Responsabile". Un bell'esempio di collettivo di pensiero, pulito e fresco. Parliamo del libro che uscirà a breve. Tutto è pronto, basta solo l'accordo con l'editore e qualche dettaglio. La copertina, ad esempio. La foto che invio a tutti nel pomeriggio piace a tutti. E' stata scattata nel profondo sud di questo paese e rende bene l'idea di come la politica sia rimasta "senza parole". Parliamo anche dell'idea di ospitare in Trentino una "summer school" dei giovani democratici attorno ai nuovi paradigmi della politica. Anche qui escono un sacco di idee: quelle che sembrano mancare nel panorama della politica nazionale, tutta presa dai suoi riti e dal nulla dei destini personali.

Faccio un salto alla riunione della Prima Commissione Legislativa dove viene presentato il quadro di prospettiva della situazione finanziaria provinciale. Di fronte alle grida manzoniane che vorrebbero descrivere un Trentino alle prese con il debito e la cattiva gestione delle risorse nell'era Dellai, giustamente il presidente Alberto Pacher porta i dati relativi alle previsioni da qui al 2017, analizzando una situazione certamente difficile ma sotto controllo. Ovviamente, essendo la disponibilità finanziaria della Provincia di Trento legata al gettito fiscale che viene prodotto, il perdurare di una situazione di crescita zero (o negativa) porterà con sé delle conseguenze che imporranno di cambiare l'approccio fin qui seguito. Ma, come affermerà qualche giorno dopo su L'Adige in un'intervista, non abbiamo davanti cinque anni di percorso di guerra.

Questi stessi temi li affrontiamo in una presa di posizione dei consiglieri Bruno Dorigatti, Andrea Rudari e del sottoscritto a partire dalle dichiarazioni con le quali alcuni esponenti del PD avvaloravano l'idea che all'origine dell'indisponibilità alla candidatura a presidente di Alberto Pacher ci sarebbe l'eredità insostenibile dell'era Dellai. Che questa tesi venga dal partito di maggioranza relativa, e dunque con la maggiore responsabilità politica nella direzione della PAT, è davvero insopportabile. Il documento, lo potete leggere nella home page, trova un forte apprezzamento tanto che sono decine le telefonate o i messaggi di condivisione che mi arrivano.

Mi convinco sempre di più che occorre un chiarimento politico di natura congressuale. Come dice Pacher, non stiamo partendo da zero e se non viene riconosciuto il lavoro fin qui svolto è anche difficile definire dove si vuole andare. Senza nulla togliere alla necessità di un cambio di pensiero che la nuova realtà (quella che impropriamente viene chiamata crisi) impone. E che non è né l'abolizione delle Comunità di valle, né la PiRuBi, né le critiche al Muse. Ne parliamo ampiamente in un vivace incontro del Circolo del PD dell'Oltrefersina, a Trento. Come si dovrebbe fare, perché a questo servono i corpi intermedi, mettere a confronto i pensieri, formare le persone, costruire progettualità politica. Ci tornerò nelle prossime ore.

domenica, 12 maggio 2013Il Chiostro del Convento di Santa maria del Cengio

Della puntata a Roma di venerdì scorso ho già, seppur succintamente, parlato in altra parte del blog. Aggiungo solo un fatto interessante che emerge negli incontri, ovvero la proposta di promuovere in Trentino a fine agosto una tre giorni a carattere nazionale con i giovani democratici ed alcune esperienze regionali, incentrata proprio sull'idea di una riforma territoriale e sovranazionale della politica, nel pensiero come nelle forme dell'agire federativo. Che ci sia qualcuno a Roma disposto a prendere in considerazione il cambio di schema di gioco che vado proponendo da tempo è già qualcosa.

Eppure si fa fatica ad entrare in questa dimensione, perché nonostante il contesto politico sia in grande fibrillazione (l'assemblea del PD il giorno successivo si rifugerà nell'ex segretario della Cgil Epifani), il pensiero che la crisi della politica possa essere riconducibile alle proprie categorie non sembra nemmeno sfiorare un ceto troppo assorto nei propri rituali per essere in grado di immaginare uno scenario diverso.

Ritorno dalla capitale che è notte fonda (anche perché i treni non sono mai in orario e saltano le coincidenze), immerso nel pensiero se in fondo ne valga la pena. Se non sia la proiezione di un soggettivismo che non sa fare i conti con la realtà, se questo procedere "in direzione ostinata e contraria" altro non rappresenti che una sorta di vitalismo cui ci aggrappiamo.

Una piccola risposta mi viene domenica, nel Convento Santa Maria del Cengio di Isola Vicentina, dove si tiene l'incontro del nord - est della Rete Radié Resh, una delle più "antiche" realtà dell'impegno mondialista, nata nel lontano 1967 grazie all'impegno di Ettore Masina e di tanti altri.

Ho passato il sabato a scrivere appunti per questo incontro di autoriflessione e per una relazione che Gianni Pettenella mi ha chiesto di tenere in apertura dell'incontro per stimolare il confronto e che avverto molto attesa. Attesa che cerco di non tradire, proponendo ai numerosi partecipanti la necessità di cambiare il nostro sguardo sul mondo. Uno si aspetta di dover fare i conti con culture consolidate, conservatorismi, resistenze al cambiamento ... e invece rimango quasi spiazzato da come il mio argomentare riesca a toccare le corde sensibili di un bisogno atteso. Come è ovvio, le domande sono moltissime, ma ho la sensazione di aver contribuito a liberare dei pensieri solo abbozzati e finiti in qualche angolo delle loro stanchezze.

Le persone della Rete Radié Resh che sono qui nel convento di Isola Vicentina provengono dalle province del profondo nord e hanno conosciuto in questi anni lo spaesamento, l'isolamento, la sconfitta. Molti i capelli bianchi. Eppure c'è in queste persone una grande attenzione, il rigore del prendere appunti, la curiosità verso uno sguardo diverso, il senso di un'elaborazione collettiva. Fra loro anche un gruppo di vecchi amici trentini e mi fa piacere che uno di loro, Paolo Rosà, se ne esca dicendo che - dopo tante cose più o meno scontate che si sono ascoltate in tanti convegni - le mie riflessioni abbiano finalmente portato qualcosa di nuovo e di stimolante su cui riflettere. E' proprio vero che non si è mai profeti in patria.

Sento attorno a me molto affetto. Certo, oggi ho parlato più che altro di come ridare significato a parole come pace, diritti umani, solidarietà ... svuotate di significato dalla banalità del bene. Ma nella necessità di cambiare le nostre categorie interpretative, nel mettere in gioco i nostri bagagli di idee, nel porre l'esigenza di rivedere le forme stesse del nostro agire (ivi compresa la necessità dell'elaborazione del nostro tempo come condizione per il ricambio generazionale), ho posto questioni di piena rilevanza politica.

Ecco perché, nonostante la fatica di una domenica non certo di riposo, l'incontro con queste persone mi dice che forse ancora ne vale la pena.

giovedì, 9 maggio 2013Muri a secco e terrazze, Villalagarina

Conclusa la sessione dedicata alla manovra "anticrisi", ci attende una doppia convocazione del Consiglio Provinciale nella giornata di giovedì. Al mattino insieme al Consiglio Provinciale dei giovani, riunione congiunta in occasione della giornata dell'Europa; nel pomeriggio in una convocazione straordinaria richiesta dalle minoranze sulla questione del NOT, il nuovo ospedale provinciale, il cui appalto è stato da poco assegnato.

Parlare di Europa con i giovani è sempre interessante, parlarne congiuntamente al Consiglio Provinciale (lo dico sommessamente e con amarezza) rischia di essere un inutile rituale. A cominciare da una mozione piuttosto poverella proposta dalla Commissione competente e che mi vedo costretto ad emendare perché ci si è dimenticati che l'Europa nel secondo dopoguerra non è stata affatto (come si affermava nella sua stesura iniziale) un continente in pace, lacerato invece da una guerra durata dieci anni nel cuore dell'Europa e che si continua a rimuovere, dalla crisi di Cipro e dalla tragedia del Caucaso.

Ma il nodo vero è quello che sottolineo con forza nel mio intervento: l'Europa non è diventata una visione, un modo di pensare e di leggere le contraddizioni del nostro tempo, una cittadinanza. L'Europa non è affatto nelle corde della politica, quando non apertamente avversata. Nonostante il 70% della legislazione italiana avvenga ormai attraverso il recepimento di normative europee. Richiederebbe semmai una maggiore cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali, tanto verso l'alto quanto verso il basso. Ma oggi il veno tira nella direzione opposta.

L'attenzione dell'aula in realtà è rivolta altrove. In particolare ai titoli dei giornali e alla fibrillazione dentro la maggioranza. Il consigliere PD Mattia Civico ha pensato bene di rilasciare un'intervista sulla questione del NOT, indicando una situazione di scarsa trasparenza nella gestione della partita del nuovo ospedale e, cosa a mio avviso ancora più grave, riprendendo la tesi che se Alberto Pacher ha deciso di non candidare come presidente ciò potrebbe essere motivato dall'eredità poco chiara lasciata dalla gestione Dellai.

Non è solo una cretinata, come la definisce lo stesso presidente Pacher. E' l'esplicito prendere le distanze da quindici anni di amministrazione del centrosinistra autonomista del Trentino. E' il manifestarsi esplicito di una visione politica che ha condizionato il lavoro del gruppo consiliare per l'intero corso della legislatura. E' l'avvio delle primarie dentro il PD del Trentino. Una cosa è essere critici ed esigenti, altro è sollevare polveroni su un tema tanto delicato come quello del NOT proprio nel giorno in cui è previsto un Consiglio straordinario sulla questione. No, non sono d'accordo. Abbiamo condiviso come maggioranza tutto l'iter progettuale del nuovo ospedale compreso il Project Financing che ci permette di realizzare un'opera tanto costosa mantenendo la gestione pubblica della salute dei cittadini. Ma in questo modo si mina il terreno e la coesione della coalizione. Si vuole normalizzare il quadro politico trentino, rendendolo omogeneo a quello nazionale? Come abbiamo visto nel contesto nazionale, il PD da solo non va da nessuna parte. Certo è che se si pensa di arrivare così alle elezioni provinciali, davvero è a rischio la coalizione. Pergine Valsugana è solo la prova generale e la responsabilità è anche nostra.

Ho continuato a ripetere in queste settimane che nel PD del Trentino era necessario un chiarimento politico di natura congressuale. Non mi hanno ascoltato, ma ora i nodi vengono comunque al pettine. Così come verranno in preparazione del Congresso nazionale la cui data verrà fissata nel corso dell'assemblea nazionale che si svolge a Roma in questo fine settimana.

Ne parliamo in un veloce incontro nella pausa di mezzogiorno con il gruppo di lavoro di Politica Responsabile, dove decidiamo che il contributo di idee e di proposte per il programma di coalizione (sempre che riusciamo a tenerla insieme) che avverrà anche attraverso una ristrutturazione del sito web dovrà proseguire anche dopo la scadenza di ottobre.

Nel pomeriggio siamo di nuovo in Consiglio per il NOT, il nuovo ospedale trentino. Una burrascosa riunione della maggioranza mette in luce due cose: le presunte ombre nel percorso che ha portato all'appalto riguardano tutt'al più carenze di comunicazione nell'ultima fase dell'iter fin qui seguito e quindi (seconda cosa) la natura strumentale dell'affondo mediatico. Il fatto è che una maggioranza (e un partito come il PD) si regge anche sul rapporto di fiducia che si costruisce. Se questo viene meno, per i più svariati motivi, occorre riflettere e cercare di capire se le ragioni costitutive ancora valgono qualcosa. Sapendo che tutto questo prescinde dalle forme degenerative della politica, ovvero gli interessi personali.

Aspetto niente affatto trascurabile e che ha molto a che vedere con le modalità di selezione delle classi dirigenti nonché con la concezione stessa della politica e del ruolo dei corpi intermedi. Che tende a scomparire in una cultura di tipo plebiscitario come quella che affida alle primarie la scelta della linea politica e del leader. In questo, mi convinco sempre di più che le primarie rappresentino la forma partecipativa nel tempo dell'antipolitica. Da usare con molta attenzione e solo quando la politica non è in grado di fare il proprio lavoro.

Nel dibattito consiliare la montagna partorisce il topolino. La minoranza che ne ha chiesto la convocazione fa giustamente il suo lavoro di opposizione chiedendo di sospendere l'iter dell'appalto, ma non si capisce in attesa di cosa se non dei ricorsi presentati da chi l'appalto non l'ha vinto, il che non sta in piedi. Nella maggioranza le ombre svaniscono, ma rimangono i nodi politici che ne minano compattezza e ragioni.

Finiamo i lavori che è sera e mi aspettano a Nomi per una riunione con i sindaci dei Comuni che si oppongono alla realizzazione delle dighe sul fiume Adige. C'è un bel riconoscimento per il lavoro svolto in Consiglio e l'approvazione della mozione di cui ero primo firmatario. Ma la battaglia non è finita. Il titolare della Aquafil Power (la società che ha chiesto la concessione di sfruttamento idroelettrico del fiume), l'industriale Giulio Bonazzi, sta girando casa per casa a Nomi per convincere la gente della bontà del progetto e questo lavoro di pressione non va affatto trascurato perché gli interessi in gioco non sono banali e perché si tratta di una figura di peso nel mondo economico trentino, vicepresidente di Confindustria e altro ancora. Allora decidiamo che anche da parte dei Comuni debba iniziare una campagna per la salvaguardia e la valorizzazione dello spazio rurale fra Trento e Rovereto, di cui l'Adige e un possibile progetto di ri-naturalizzazione dell'Adige possa essere parte integrante. Significa non solo area agricola ma anche strade interpoderali, muri di sostegno, colture tradizionali... rapporto con il fiume. Storia, cultura, identità, insomma. Fermo restando che continueremo a presidiare l'iter e che quanto previsto nella mozione approvata (un piano regionale per il Fiume) venga messo in atto nei prossimi mesi, quindi anche oltre la fine di questa legislatura.

Finiamo che è tarda sera e l'indomani devo partire di primo mattino per Roma.

 

mercoledì, 8 maggio 2013Riqualificazione edilizia...

Una tornata di Consiglio Provinciale che ha un solo punto di rilievo. E' il DDL 376 presentato dalla Giunta e che prevede una serie di interventi a sostegno dell'economia, una raffica di provvedimenti per il rilancio dell'edilizia, pubblica e privata, orientata alla riqualificazione del patrimonio esistente, per generare reddito e nuove opportunità, attivando il fondo strategico che abbiamo deciso di attivare in sede di finanziaria regionale e provinciale.

Sono cinque anni che continuiamo a mettere in campo manovre a sostegno dell'economia che in effetti hanno attenuato gli effetti della crisi sul nostro territorio. Il problema è che la crisi è un cambio strutturale di contesto e quindi, occorre un mutamento altrettanto profondo che non è ancora percepito nella nostra comunità. La mia sensazione è che di questo cambio di contesto non ce ne siamo ancora resi conto, per cui interi comparti della nostra comunità continuano come sempre, senza farsi carico in alcun modo di un contesto che richiede di riconsiderare l'utilizzo delle risorse e gli stili di vita.

Ho sostenuto in questi anni tutte le finanziarie che il governo provinciale e la maggioranza hanno proposto. E ciò nonostante credo che non ci si possa più limitare a tamponare l'esistente, e che s' imponga di immaginare un diverso modello economico per il Trentino di quello che abbiamo ereditato dagli anni '60 e '70. Modello di sviluppo e uso delle risorse dell'autonomia da ri-orientare e questa appare la vera sfida che investe l'amministrazione provinciale, le società di sistema, la politica degli incentivi, le comunità di valle, l'economia trentina, i singoli cittadini nei prossimi anni.

Credo che con la manovra da circa 400 milioni di questi giorni (che si aggiunge a quanto previsto nella finanziaria 2013) l'acceleratore sulla qualità sia stato posto (riqualificazione patrimonio edilizio in primis). Al tempo stesso, non posso nascondere l'impressione che comunque l'esito non potrà che essere limitato rispetto agli effetti pesanti che la crisi sta avendo sul tessuto economico della nostra provincia.

Forse allora dovremmo cominciare a parlare alla nostra gente. Non per promettere qualcosa, ma per dire come stanno le cose, di come dovremo farci carico di una situazione nuova, di come capire che non tutto è dovuto, di come occorra mobilitare le risorse umane e territoriali.    

 

Scheda: la nuova Manovra anticrisi

Gli strumenti di incentivazione contenuti nei primi articoli della manovra hanno il duplice obiettivo di rilanciare il settore edilizio e di trasferire risorse alle famiglie per la riqualificazione del patrimonio edilizio o per l'acquisto o la costruzione della prima casa.

Per quanto concerne gli incentivi di riqualificazione del patrimonio edilizio, la misura è rivolta sia ad interventi sulle parti comuni finanziariamente impegnativi proposti dai condomini, sia ad interventi di riqualificazione di unità immobiliari destinate a diventare prima casa del richiedente. La graduatoria, nella sostanza, privilegerà gli interventi strutturali sulle parti comuni, per quanto concerne i condomini, e, per quanto riguarda gli interventi sull'abitazione principale, privilegerà i nuclei familiari che hanno sostenuto una spesa per l'IMUP inferiore. Nel caso in cui le risorse assegnate non siano del tutto esaurite dopo il primo bando, la Giunta potrà adottare i successivi bandi prescindendo dai requisiti richiesti in prima istanza.
Nella discussione in consiglio provinciale è stato accolto inoltre un emendamento consiliare che consente il finanziamento di una terza tipologia di interventi, ovvero quelli realizzati da enti pubblici, fondazioni, onlus ed enti ecclesiastici su alloggi di loro proprietà che intendono dare in locazione alle condizioni previste con delibera della Giunta provinciale.

L'articolo 2 riguarda invece un contributo erogato ai nuclei che intendono acquistare la loro prima abitazione o che intendono costruirla. Sono previste due distinte graduatorie, una relativa alle giovani coppie e una relativa agli altri nuclei familiari, con preferenza per i nuclei con maggior numero di figli. In questo caso sarà l'ICEF l'elemento essenziale a determinare l'ordine della graduatoria.

L'articolo 3 costituisce uno strumento molto innovativo rivolto agli aderenti dei fondi pensione che ha anch'esso l'obiettivo di promuovere l'utilizzo del risparmio delle famiglie per la costruzione, l'acquisto e la realizzazione di interventi di ristrutturazione sulla prima casa di abitazione mediante l'utilizzo delle risorse del fondo territoriale regionale e mediante strumenti che consentano. In questo caso parte del finanziamento ottenuto dagli istituti bancari convenzionati potrà essere restituito a valere sulle somme progressivamente accumulate sul fondo pensione dal richiedente il finanziamento.

Sempre nella direzione dello stimolo dell'economia, si rivolge la disposizione che estende i finanziamenti per gli enti pubblici rivolti a promuovere partenariato pubblico privato nella ristrutturazione di edifici di loro proprietà anche mediante una riqualificazione energetica

La parte della manovra più propriamente diretta alla generalità delle imprese, nell'ottica però di una particolare attenzione nei confronti dei lavoratori, è contenuta nelle disposizioni che introducono ulteriori agevolazioni Irap (per imprese in difficoltà che si impegnano a garantire i livelli occupazionali), la costituzione di fondi di rotazione per sostenere gli investimenti e la gestione delle imprese nonché l'erogazione di contributi ad imprese in difficoltà che mantengono i livelli occupazionali pur avendo esaurito la strumentazione degli ammortizzatori sociali.

Uno stimolo all'economia potrà infine derivare anche dall'approvazione delle norme che consentono la realizzazione nell'ambito degli esercizi alberghieri, di unità che potranno essere destinate anche ad altri utilizzi e che potranno essere anche alienate separatamente, purché, peraltro, mantengano obbligatoriamente un vincolo di gestione integrata con l'esercizio alberghiero nei modi stabiliti con deliberazione della Giunta provinciale.

  

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lunedì, 6 maggio 2013Sandro Regazzola

Sabato sera mi giunge una brutta notizia. Sandro Regazzola ha lasciato questo mondo, lasciandoci tutti più poveri e più soli. Perché Sandro era una persona colta e saggia, oltre che un caro amico. A ragion del vero Sandro negli ultimi tempi aveva piano piano, senza far rumore come da par suo, staccato la spina. Di tanto in tanto, ci scrivevamo oppure lo andavo a trovare, ma avvertivo in me una sorta di pudore, come se lo disturbassi in questo lento accomiatarsi dalle cose di questo mondo.

Sandro aveva 83 anni. Da quando era andato in pensione si era dedicato anima e corpo nell'impegno volontario alla Casa per la Pace di Trento, diventandone un punto di riferimento. Furono anni difficili e insieme straordinari, dove ciascuno di noi si mise alla prova quando alla fine degli anni ottanta, alla speranza di un mondo senza blocchi seguì un tempo (mai davvero archiviato) dove la guerra ridivenne normalità. Prese forma una piccola comunità, insieme di azione e di pensiero, e Sandro c'era. Anche quando decidemmo che lo spazio della guerra andava abitato, nell'intervento umanitario quando ancora il sangue stava scorrendo, nella cooperazione di comunità quando le macerie (non solo quelle materiali) del dopoguerra andavano rimesse insieme. Ne venne un lavoro di grande spessore, riuscimmo a fare cose che sembravano impossibili, cambiammo anche noi. Ne ho scritto qualcosa, per quando lo saluteremo, mercoledì 8 maggio, alle ore 11.00 nella cappella del Cimitero di Trento.

Mi interrogo su quel che rimane del nostro agire e penso che in fondo siano proprio le relazioni, le amicizie, gli sguardi a dare un senso alle nostre esistenze. Penso al rapporto fra le generazioni, a quel che si lascia dietro di noi come elaborazione del nostro tempo, alla bellezza del passare la mano.

E' un po' il significato che vorrei dare anche del percorso di questo ultimo anno di mia presidenza del Forum, il desiderio di lasciare una riflessione sul secolo degli assassini e sui percorsi della pace sottratti alla "banalità del bene". Ne parliamo con Federico e Adele, persona quest'ultima che in questi giorni ha manifestato il suo interesse per dare una mano a questo lavoro di declinazione originale della pace che ha trovato stimolante.

Di quanto vi sia bisogno di sguardi non banali sul nostro tempo, lo avverto in maniera quasi drammatica nella conferenza che si svolge nel pomeriggio di lunedì al Castello del Buonconsiglio sul tema "La competizione in Europa per attrarre investimenti esteri e le priorità per una politica di attrazione internazionale in Trentino", promossa da Trentino Sviluppo e dalla PAT. Non che non ci siano spunti interessanti, ma lo sguardo appare complessivamente appannato, alla ricerca di quel che non può esserci al di fuori di una diversa impostazione europea e di una scelta legata alle vocazioni e alle filiere del nostro territorio. Che non c'è. fa specie che nemmeno si riesca a distinguere fra investimenti finanziari e produttivi, quando questi ultimi ormai sembrano scomparire a fronte dei processi sempre più invasivi di finanziarizzazione dell'economia. Per dire che di certi investimenti dall'estero se ne può largamente fare anche a meno.

Questo inizio di settimana si conclude con l'assemblea del PD del Trentino. Già nella riunione del coordinamento si percepisce che il clima è teso. Manca il segretario Michele Nicoletti e già questo ci dice di come l'equilibrio, già precario di suo, si stia spezzando. Assisto solo alla prima parte dell'assemblea perché francamente dover dedicare il proprio tempo al feticcio delle primarie come elemento costitutivo del PD mi sembra insopportabile. A che servono i partiti se poi sono gli elettori anziché gli iscritti ad assumere gli orientamenti e le candidature? Emerge una concezione di tipo plebiscitario, dove i corpi intermedi scompaiono di fronte al rapporto diretto fra cittadino e leader. Che razza di idea di partecipazione democratica è quella che si basa sull'immagine del capo e sulla solitudine degli elettori chiamati di tanto in tanto a dire un sì o un no, o ad esprimere una preferenza su un nome? Dov'è che si formano le decisioni? Nel rapporto con i media? Avverto un disagio profondo. Ancor più suffragato dalla distanza narrativa sullo stato del Trentino e sui quindici anni di amministrazione del centrosinistra autonomista, di cui peraltro abbiamo deciso - con la scelta di non andare al congresso - di non parlare.

Dovevamo andarci, invece, al congresso. Dovevamo mettere a confronto le diverse analisi sulla navigazione di questi quindici anni. Dovevamo confrontarci sul nostro apporto di partito di maggioranza relativa in questa stessa legislatura. Dovevamo condividere un progetto per il Trentino, capace di affrontare le sfide che il cambio di contesto ci impone. E invece ora ci troveremo con un congresso che si farà nei fatti senza nemmeno averlo convocato, attraverso le primarie, cosa del tutto impropria ed escludente.

In questo clima di polarizzazione (e di degenerazione della dialettica interna) mi sento espropriato, tanto  del mio lavoro di questi anni come delle mie idee. Non era questo quel che avevamo immaginato quando ci siamo posti l'obiettivo di fluidificare i pensieri per dar vita a nuove sintesi culturali. Che cosa è rimasto di quel che si proponeva la Carta dei Valori a partire dall'inadeguatezza delle grandi tradizioni politiche e culturali del Novecento? Il feticismo delle regole? Con questi pensieri me ne vado verso casa.

venerdì, 3 maggio 2013Giovanni Segantini, Il lavoratore della terra

Pensplan e finanza di territorio. Nella presentazione alla sala della Regione dei risultati relativi al 2012 dei Fondi pensione complementari del sistema Pensplan c'è grande soddisfazione. A fronte di un esito positivo per tutto il sistema, il risultato conseguito da Pensplan centrum (il fondo direttamente controllato dalla Regione) mostra un incremento complessivo dell'11,17% che compensa in maniera significativa la perdita registrata nel 2011 del 5,21%. Un rendimento per tutti gli aderenti a un fondo pensione superiore alla rivalutazione del TFR in azienda ed un utile netto per Pensplan di circa dieci milioni di Euro. Bene così, ovviamente. C'è solo una considerazione piuttosto amara da fare: questo risultato finanziario è in buona parte il prodotto di uno spread salito alle stelle. Come a dire: più forte è la crisi economica del paese e più alta è la rendita finanziaria. Non è affatto un paradosso. E' la finanza che si mangia l'economia reale.

La domanda che ne viene è la seguente. Chi investe nell'economia reale? Non una buona parte delle imprese, i cui utili vengono gestiti in ambito finanziario in quanto più redditizi. Diciamo pure che quel poco che si investe nella produzione e nell'innovazione è per effetto di incentivi pubblici. Non i risparmiatori (se ancora ci sono) e non i lavoratori che semmai investono il proprio TFR nei Fondi pensione o in BOT. Non i pensionati che fanno la stessa cosa. Non gli sfigati, che si giocano alla fortuna quel che sottraggono alla vita familiare, fino ad arrivare ad indebitarsi. E allora, come immaginare una crescita dell'economia se gli investimenti sono attratti da un mercato finanziario che vale più di dodici volte l'economia reale? Investe nell'economia reale chi ancora crede nel proprio lavoro.

Ne viene una situazione di sofferenza nella quale il ricorso al credito rappresenta un tassello tutt'altro che trascurabile. Ecco perché se si vuole fare sistema territoriale occorre anche una finanza di territorio, funzionale a sostenere l'economia locale. E' quel che ho proposto due anni fa e che finalmente si sta realizzando con il Fondo regionale per lo sviluppo locale, grazie al concorso delle realtà finanziarie regionali, da Pensplan a Laborfonds, dalle Casse Rurali all'Itas, che hanno aderito alla proposta e che porta ad attivare già nel 2013 su scala regionale 500 milioni di euro da destinare ad investimenti strategici nell'economia trentina e sudtirolese, nel progetto casa e nei fondi sanitari. I primi interventi nell'utilizzo dei 250 milioni destinati al Trentino sono già stati indicati nella riunione odierna della Giunta provinciale.

Rompere il meccanismo perverso della rendita finanziaria è una priorità assoluta, prima che la finanziarizzazione faccia saltare il banco. Perché il denaro non produce denaro e alla fine se c'è qualcuno che ci guadagna significa che qualcun altro (in genere i numeri pesano da questa parte) ci rimette. E perché la finanziarizzazione porta con sé la criminalità economica organizzata.

1 maggio. La festa dei lavoratori è all'insegna di quella che da più parti si indica come la priorità assoluta, il lavoro. I dati sulla disoccupazione mordono sul piano nazionale e progressivamente anche su quello locale. I numeri del Trentino sono certamente migliori rispetto al quadro generale, ma non si può non vedere che se fin qui gli interventi anticrisi e gli ammortizzatori sociali hanno attenuato gli effetti, ora anche nella nostra provincia il numero delle aziende che riducono la propria attività o che chiudono cresce in maniera vistosa. Anche sul piano degli interventi a sostegno del reddito le risorse si dimostrano insufficienti a coprire l'emergenza.

Sul tema del lavoro è necessario dirsi come stanno le cose. In primo luogo che quella che chiamiamo impropriamente crisi, continuiamo a dircelo, è strutturale e dunque rappresenta la nuova realtà con la quale dovremmo abituarci a fare i conti nel presente e nel futuro. Non ci sarà nessuna locomotiva da agganciare e niente sarà più come prima. Per questo considero un azzardo quello che sta facendo il governo Letta quando scommette tutto su una ripresa di tipo keynesiano. In secondo luogo che dovremmo affrontare una situazione nella quale ci sarà più precarietà e meno lavoro dipendente almeno nelle forme che abbiamo fin qui conosciuto, tanto nel comparto pubblico quanto in quello privato. E che quindi l'unica possibilità di venirne a capo sarà quello di vivere con meno e di riconsiderare i nostri stili di vita. Non sarà facile. In terzo luogo è che se vogliamo creare lavoro stabile è necessario investire sulle vocazioni del territorio e sulle filiere che ne possono venire. Sappiamo che non saremo mai competitivi sul piano del costo del lavoro e ormai nemmeno su quello dello sviluppo tecnologico. Allora l'unica cosa che potrà cercare di fare la differenza sarà l'unicità (e la qualità) delle produzioni, la capacità di fare sistema nel valorizzare le filiere territoriali e quella di costruire relazioni fra territori, connettendo reti corte e reti lunghe (internazionalizzazione). Infine è necessario che il sistema finanziario locale - come dicevo a proposito della finanza di territorio - sia al servizio non della rendita ma dell'economia trentina.

Festeggiare il 1 maggio immaginando che prima o poi ci sia una ripresa è prendere in giro la gente. Dobbiamo riorganizzare il lavoro ed impegnarci affinché vi sia una politica europea del lavoro. Finché per lo stesso lavoro in Europa ci sarà chi prende 3000 euro e chi ne porta a casa 200, la migrazione delle produzioni che non siano legate alle caratteristiche del territorio sarà inevitabile, così come la migrazione del lavoro (l'effetto Bolkenstein). Un riequilibrio d'impone ma anche per questo temo che l'Europa politica non sia nel sentire dei paesi più forti.

Voglio infine mettere in rilievo che se nella serata del 1 maggio sono a Trento su invito del Consiglio Provinciale le voci del coro "Zente sarda" di Ovodda in provincia di Nuoro (gemellato con quello della Sosat) non è affatto casuale. Perché il tema del lavoro in Sardegna sta diventando drammatico (tutti ricordiamo la lotta dei minatori del Sulcis) e perché la loro terra così bella e ricca dovrebbe vivere largamente di quel che ha e non dipendere dalle industrie senza qualità che il colonialismo italiano ha portato nell'isola insieme al veleno del comparto petrolchimico o siderurgico, delle servitù militari e dell'uranio impoverito. Nella sala della Filarmonica, gremita di trentini di origine sarda e di amici della Sardegna, il canto esprime non solo la grande cultura regionale ma anche la dignità di una terra piegata che potrà rinascere solo a partire dalla valorizzazione delle straordinarie risorse (materiali ed immateriali) dell'isola.

Disegno di Legge sull'apprendimento permanente. Il testo del disegno di legge sull'apprendimento informale di cui sono primo firmatario e quello sulla certificazione dell'apprendimento permanente presentato dal consigliere Civico che recepisce la Legge 92 (Fornero) sono stati unificati. Ci abbiamo lavorato nei giorni scorsi insieme ai dirigenti dell'assessorato all'istruzione e del servizio legislativo ed il testo che arriva in quarta Commissione, pur risentendo del contesto difficile, è certamente importante. Continuiamo a dirci che per affrontare la crisi occorre investire sulla conoscenza e poi però facciamo fatica ad essere coerenti, come se le cose che contano fossero altre. C'è proprio la necessità di uno scarto di pensiero. In ogni caso, devo dire che il clima in Commissione è buono e prevedibilmente il provvedimento sarà varato già nella prossima riunione per giungere successivamente in aula nel mese di giugno. E' questo un provvedimento al quale tengo particolarmente, che abbiamo realizzato grazie all'impegno di molte persone, e che rappresenterebbe un altro tassello significativo a completamento di questa legislatura.