"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

03/05/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Giovanni Segantini, Il lavoratore della terra

Pensplan e finanza di territorio. Nella presentazione alla sala della Regione dei risultati relativi al 2012 dei Fondi pensione complementari del sistema Pensplan c'è grande soddisfazione. A fronte di un esito positivo per tutto il sistema, il risultato conseguito da Pensplan centrum (il fondo direttamente controllato dalla Regione) mostra un incremento complessivo dell'11,17% che compensa in maniera significativa la perdita registrata nel 2011 del 5,21%. Un rendimento per tutti gli aderenti a un fondo pensione superiore alla rivalutazione del TFR in azienda ed un utile netto per Pensplan di circa dieci milioni di Euro. Bene così, ovviamente. C'è solo una considerazione piuttosto amara da fare: questo risultato finanziario è in buona parte il prodotto di uno spread salito alle stelle. Come a dire: più forte è la crisi economica del paese e più alta è la rendita finanziaria. Non è affatto un paradosso. E' la finanza che si mangia l'economia reale.

La domanda che ne viene è la seguente. Chi investe nell'economia reale? Non una buona parte delle imprese, i cui utili vengono gestiti in ambito finanziario in quanto più redditizi. Diciamo pure che quel poco che si investe nella produzione e nell'innovazione è per effetto di incentivi pubblici. Non i risparmiatori (se ancora ci sono) e non i lavoratori che semmai investono il proprio TFR nei Fondi pensione o in BOT. Non i pensionati che fanno la stessa cosa. Non gli sfigati, che si giocano alla fortuna quel che sottraggono alla vita familiare, fino ad arrivare ad indebitarsi. E allora, come immaginare una crescita dell'economia se gli investimenti sono attratti da un mercato finanziario che vale più di dodici volte l'economia reale? Investe nell'economia reale chi ancora crede nel proprio lavoro.

Ne viene una situazione di sofferenza nella quale il ricorso al credito rappresenta un tassello tutt'altro che trascurabile. Ecco perché se si vuole fare sistema territoriale occorre anche una finanza di territorio, funzionale a sostenere l'economia locale. E' quel che ho proposto due anni fa e che finalmente si sta realizzando con il Fondo regionale per lo sviluppo locale, grazie al concorso delle realtà finanziarie regionali, da Pensplan a Laborfonds, dalle Casse Rurali all'Itas, che hanno aderito alla proposta e che porta ad attivare già nel 2013 su scala regionale 500 milioni di euro da destinare ad investimenti strategici nell'economia trentina e sudtirolese, nel progetto casa e nei fondi sanitari. I primi interventi nell'utilizzo dei 250 milioni destinati al Trentino sono già stati indicati nella riunione odierna della Giunta provinciale.

Rompere il meccanismo perverso della rendita finanziaria è una priorità assoluta, prima che la finanziarizzazione faccia saltare il banco. Perché il denaro non produce denaro e alla fine se c'è qualcuno che ci guadagna significa che qualcun altro (in genere i numeri pesano da questa parte) ci rimette. E perché la finanziarizzazione porta con sé la criminalità economica organizzata.

1 maggio. La festa dei lavoratori è all'insegna di quella che da più parti si indica come la priorità assoluta, il lavoro. I dati sulla disoccupazione mordono sul piano nazionale e progressivamente anche su quello locale. I numeri del Trentino sono certamente migliori rispetto al quadro generale, ma non si può non vedere che se fin qui gli interventi anticrisi e gli ammortizzatori sociali hanno attenuato gli effetti, ora anche nella nostra provincia il numero delle aziende che riducono la propria attività o che chiudono cresce in maniera vistosa. Anche sul piano degli interventi a sostegno del reddito le risorse si dimostrano insufficienti a coprire l'emergenza.

Sul tema del lavoro è necessario dirsi come stanno le cose. In primo luogo che quella che chiamiamo impropriamente crisi, continuiamo a dircelo, è strutturale e dunque rappresenta la nuova realtà con la quale dovremmo abituarci a fare i conti nel presente e nel futuro. Non ci sarà nessuna locomotiva da agganciare e niente sarà più come prima. Per questo considero un azzardo quello che sta facendo il governo Letta quando scommette tutto su una ripresa di tipo keynesiano. In secondo luogo che dovremmo affrontare una situazione nella quale ci sarà più precarietà e meno lavoro dipendente almeno nelle forme che abbiamo fin qui conosciuto, tanto nel comparto pubblico quanto in quello privato. E che quindi l'unica possibilità di venirne a capo sarà quello di vivere con meno e di riconsiderare i nostri stili di vita. Non sarà facile. In terzo luogo è che se vogliamo creare lavoro stabile è necessario investire sulle vocazioni del territorio e sulle filiere che ne possono venire. Sappiamo che non saremo mai competitivi sul piano del costo del lavoro e ormai nemmeno su quello dello sviluppo tecnologico. Allora l'unica cosa che potrà cercare di fare la differenza sarà l'unicità (e la qualità) delle produzioni, la capacità di fare sistema nel valorizzare le filiere territoriali e quella di costruire relazioni fra territori, connettendo reti corte e reti lunghe (internazionalizzazione). Infine è necessario che il sistema finanziario locale - come dicevo a proposito della finanza di territorio - sia al servizio non della rendita ma dell'economia trentina.

Festeggiare il 1 maggio immaginando che prima o poi ci sia una ripresa è prendere in giro la gente. Dobbiamo riorganizzare il lavoro ed impegnarci affinché vi sia una politica europea del lavoro. Finché per lo stesso lavoro in Europa ci sarà chi prende 3000 euro e chi ne porta a casa 200, la migrazione delle produzioni che non siano legate alle caratteristiche del territorio sarà inevitabile, così come la migrazione del lavoro (l'effetto Bolkenstein). Un riequilibrio d'impone ma anche per questo temo che l'Europa politica non sia nel sentire dei paesi più forti.

Voglio infine mettere in rilievo che se nella serata del 1 maggio sono a Trento su invito del Consiglio Provinciale le voci del coro "Zente sarda" di Ovodda in provincia di Nuoro (gemellato con quello della Sosat) non è affatto casuale. Perché il tema del lavoro in Sardegna sta diventando drammatico (tutti ricordiamo la lotta dei minatori del Sulcis) e perché la loro terra così bella e ricca dovrebbe vivere largamente di quel che ha e non dipendere dalle industrie senza qualità che il colonialismo italiano ha portato nell'isola insieme al veleno del comparto petrolchimico o siderurgico, delle servitù militari e dell'uranio impoverito. Nella sala della Filarmonica, gremita di trentini di origine sarda e di amici della Sardegna, il canto esprime non solo la grande cultura regionale ma anche la dignità di una terra piegata che potrà rinascere solo a partire dalla valorizzazione delle straordinarie risorse (materiali ed immateriali) dell'isola.

Disegno di Legge sull'apprendimento permanente. Il testo del disegno di legge sull'apprendimento informale di cui sono primo firmatario e quello sulla certificazione dell'apprendimento permanente presentato dal consigliere Civico che recepisce la Legge 92 (Fornero) sono stati unificati. Ci abbiamo lavorato nei giorni scorsi insieme ai dirigenti dell'assessorato all'istruzione e del servizio legislativo ed il testo che arriva in quarta Commissione, pur risentendo del contesto difficile, è certamente importante. Continuiamo a dirci che per affrontare la crisi occorre investire sulla conoscenza e poi però facciamo fatica ad essere coerenti, come se le cose che contano fossero altre. C'è proprio la necessità di uno scarto di pensiero. In ogni caso, devo dire che il clima in Commissione è buono e prevedibilmente il provvedimento sarà varato già nella prossima riunione per giungere successivamente in aula nel mese di giugno. E' questo un provvedimento al quale tengo particolarmente, che abbiamo realizzato grazie all'impegno di molte persone, e che rappresenterebbe un altro tassello significativo a completamento di questa legislatura.

 

 

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