"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

06/05/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Sandro Regazzola

Sabato sera mi giunge una brutta notizia. Sandro Regazzola ha lasciato questo mondo, lasciandoci tutti più poveri e più soli. Perché Sandro era una persona colta e saggia, oltre che un caro amico. A ragion del vero Sandro negli ultimi tempi aveva piano piano, senza far rumore come da par suo, staccato la spina. Di tanto in tanto, ci scrivevamo oppure lo andavo a trovare, ma avvertivo in me una sorta di pudore, come se lo disturbassi in questo lento accomiatarsi dalle cose di questo mondo.

Sandro aveva 83 anni. Da quando era andato in pensione si era dedicato anima e corpo nell'impegno volontario alla Casa per la Pace di Trento, diventandone un punto di riferimento. Furono anni difficili e insieme straordinari, dove ciascuno di noi si mise alla prova quando alla fine degli anni ottanta, alla speranza di un mondo senza blocchi seguì un tempo (mai davvero archiviato) dove la guerra ridivenne normalità. Prese forma una piccola comunità, insieme di azione e di pensiero, e Sandro c'era. Anche quando decidemmo che lo spazio della guerra andava abitato, nell'intervento umanitario quando ancora il sangue stava scorrendo, nella cooperazione di comunità quando le macerie (non solo quelle materiali) del dopoguerra andavano rimesse insieme. Ne venne un lavoro di grande spessore, riuscimmo a fare cose che sembravano impossibili, cambiammo anche noi. Ne ho scritto qualcosa, per quando lo saluteremo, mercoledì 8 maggio, alle ore 11.00 nella cappella del Cimitero di Trento.

Mi interrogo su quel che rimane del nostro agire e penso che in fondo siano proprio le relazioni, le amicizie, gli sguardi a dare un senso alle nostre esistenze. Penso al rapporto fra le generazioni, a quel che si lascia dietro di noi come elaborazione del nostro tempo, alla bellezza del passare la mano.

E' un po' il significato che vorrei dare anche del percorso di questo ultimo anno di mia presidenza del Forum, il desiderio di lasciare una riflessione sul secolo degli assassini e sui percorsi della pace sottratti alla "banalità del bene". Ne parliamo con Federico e Adele, persona quest'ultima che in questi giorni ha manifestato il suo interesse per dare una mano a questo lavoro di declinazione originale della pace che ha trovato stimolante.

Di quanto vi sia bisogno di sguardi non banali sul nostro tempo, lo avverto in maniera quasi drammatica nella conferenza che si svolge nel pomeriggio di lunedì al Castello del Buonconsiglio sul tema "La competizione in Europa per attrarre investimenti esteri e le priorità per una politica di attrazione internazionale in Trentino", promossa da Trentino Sviluppo e dalla PAT. Non che non ci siano spunti interessanti, ma lo sguardo appare complessivamente appannato, alla ricerca di quel che non può esserci al di fuori di una diversa impostazione europea e di una scelta legata alle vocazioni e alle filiere del nostro territorio. Che non c'è. fa specie che nemmeno si riesca a distinguere fra investimenti finanziari e produttivi, quando questi ultimi ormai sembrano scomparire a fronte dei processi sempre più invasivi di finanziarizzazione dell'economia. Per dire che di certi investimenti dall'estero se ne può largamente fare anche a meno.

Questo inizio di settimana si conclude con l'assemblea del PD del Trentino. Già nella riunione del coordinamento si percepisce che il clima è teso. Manca il segretario Michele Nicoletti e già questo ci dice di come l'equilibrio, già precario di suo, si stia spezzando. Assisto solo alla prima parte dell'assemblea perché francamente dover dedicare il proprio tempo al feticcio delle primarie come elemento costitutivo del PD mi sembra insopportabile. A che servono i partiti se poi sono gli elettori anziché gli iscritti ad assumere gli orientamenti e le candidature? Emerge una concezione di tipo plebiscitario, dove i corpi intermedi scompaiono di fronte al rapporto diretto fra cittadino e leader. Che razza di idea di partecipazione democratica è quella che si basa sull'immagine del capo e sulla solitudine degli elettori chiamati di tanto in tanto a dire un sì o un no, o ad esprimere una preferenza su un nome? Dov'è che si formano le decisioni? Nel rapporto con i media? Avverto un disagio profondo. Ancor più suffragato dalla distanza narrativa sullo stato del Trentino e sui quindici anni di amministrazione del centrosinistra autonomista, di cui peraltro abbiamo deciso - con la scelta di non andare al congresso - di non parlare.

Dovevamo andarci, invece, al congresso. Dovevamo mettere a confronto le diverse analisi sulla navigazione di questi quindici anni. Dovevamo confrontarci sul nostro apporto di partito di maggioranza relativa in questa stessa legislatura. Dovevamo condividere un progetto per il Trentino, capace di affrontare le sfide che il cambio di contesto ci impone. E invece ora ci troveremo con un congresso che si farà nei fatti senza nemmeno averlo convocato, attraverso le primarie, cosa del tutto impropria ed escludente.

In questo clima di polarizzazione (e di degenerazione della dialettica interna) mi sento espropriato, tanto  del mio lavoro di questi anni come delle mie idee. Non era questo quel che avevamo immaginato quando ci siamo posti l'obiettivo di fluidificare i pensieri per dar vita a nuove sintesi culturali. Che cosa è rimasto di quel che si proponeva la Carta dei Valori a partire dall'inadeguatezza delle grandi tradizioni politiche e culturali del Novecento? Il feticismo delle regole? Con questi pensieri me ne vado verso casa.

 

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