"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

09/05/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Muri a secco e terrazze, Villalagarina

Conclusa la sessione dedicata alla manovra "anticrisi", ci attende una doppia convocazione del Consiglio Provinciale nella giornata di giovedì. Al mattino insieme al Consiglio Provinciale dei giovani, riunione congiunta in occasione della giornata dell'Europa; nel pomeriggio in una convocazione straordinaria richiesta dalle minoranze sulla questione del NOT, il nuovo ospedale provinciale, il cui appalto è stato da poco assegnato.

Parlare di Europa con i giovani è sempre interessante, parlarne congiuntamente al Consiglio Provinciale (lo dico sommessamente e con amarezza) rischia di essere un inutile rituale. A cominciare da una mozione piuttosto poverella proposta dalla Commissione competente e che mi vedo costretto ad emendare perché ci si è dimenticati che l'Europa nel secondo dopoguerra non è stata affatto (come si affermava nella sua stesura iniziale) un continente in pace, lacerato invece da una guerra durata dieci anni nel cuore dell'Europa e che si continua a rimuovere, dalla crisi di Cipro e dalla tragedia del Caucaso.

Ma il nodo vero è quello che sottolineo con forza nel mio intervento: l'Europa non è diventata una visione, un modo di pensare e di leggere le contraddizioni del nostro tempo, una cittadinanza. L'Europa non è affatto nelle corde della politica, quando non apertamente avversata. Nonostante il 70% della legislazione italiana avvenga ormai attraverso il recepimento di normative europee. Richiederebbe semmai una maggiore cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali, tanto verso l'alto quanto verso il basso. Ma oggi il veno tira nella direzione opposta.

L'attenzione dell'aula in realtà è rivolta altrove. In particolare ai titoli dei giornali e alla fibrillazione dentro la maggioranza. Il consigliere PD Mattia Civico ha pensato bene di rilasciare un'intervista sulla questione del NOT, indicando una situazione di scarsa trasparenza nella gestione della partita del nuovo ospedale e, cosa a mio avviso ancora più grave, riprendendo la tesi che se Alberto Pacher ha deciso di non candidare come presidente ciò potrebbe essere motivato dall'eredità poco chiara lasciata dalla gestione Dellai.

Non è solo una cretinata, come la definisce lo stesso presidente Pacher. E' l'esplicito prendere le distanze da quindici anni di amministrazione del centrosinistra autonomista del Trentino. E' il manifestarsi esplicito di una visione politica che ha condizionato il lavoro del gruppo consiliare per l'intero corso della legislatura. E' l'avvio delle primarie dentro il PD del Trentino. Una cosa è essere critici ed esigenti, altro è sollevare polveroni su un tema tanto delicato come quello del NOT proprio nel giorno in cui è previsto un Consiglio straordinario sulla questione. No, non sono d'accordo. Abbiamo condiviso come maggioranza tutto l'iter progettuale del nuovo ospedale compreso il Project Financing che ci permette di realizzare un'opera tanto costosa mantenendo la gestione pubblica della salute dei cittadini. Ma in questo modo si mina il terreno e la coesione della coalizione. Si vuole normalizzare il quadro politico trentino, rendendolo omogeneo a quello nazionale? Come abbiamo visto nel contesto nazionale, il PD da solo non va da nessuna parte. Certo è che se si pensa di arrivare così alle elezioni provinciali, davvero è a rischio la coalizione. Pergine Valsugana è solo la prova generale e la responsabilità è anche nostra.

Ho continuato a ripetere in queste settimane che nel PD del Trentino era necessario un chiarimento politico di natura congressuale. Non mi hanno ascoltato, ma ora i nodi vengono comunque al pettine. Così come verranno in preparazione del Congresso nazionale la cui data verrà fissata nel corso dell'assemblea nazionale che si svolge a Roma in questo fine settimana.

Ne parliamo in un veloce incontro nella pausa di mezzogiorno con il gruppo di lavoro di Politica Responsabile, dove decidiamo che il contributo di idee e di proposte per il programma di coalizione (sempre che riusciamo a tenerla insieme) che avverrà anche attraverso una ristrutturazione del sito web dovrà proseguire anche dopo la scadenza di ottobre.

Nel pomeriggio siamo di nuovo in Consiglio per il NOT, il nuovo ospedale trentino. Una burrascosa riunione della maggioranza mette in luce due cose: le presunte ombre nel percorso che ha portato all'appalto riguardano tutt'al più carenze di comunicazione nell'ultima fase dell'iter fin qui seguito e quindi (seconda cosa) la natura strumentale dell'affondo mediatico. Il fatto è che una maggioranza (e un partito come il PD) si regge anche sul rapporto di fiducia che si costruisce. Se questo viene meno, per i più svariati motivi, occorre riflettere e cercare di capire se le ragioni costitutive ancora valgono qualcosa. Sapendo che tutto questo prescinde dalle forme degenerative della politica, ovvero gli interessi personali.

Aspetto niente affatto trascurabile e che ha molto a che vedere con le modalità di selezione delle classi dirigenti nonché con la concezione stessa della politica e del ruolo dei corpi intermedi. Che tende a scomparire in una cultura di tipo plebiscitario come quella che affida alle primarie la scelta della linea politica e del leader. In questo, mi convinco sempre di più che le primarie rappresentino la forma partecipativa nel tempo dell'antipolitica. Da usare con molta attenzione e solo quando la politica non è in grado di fare il proprio lavoro.

Nel dibattito consiliare la montagna partorisce il topolino. La minoranza che ne ha chiesto la convocazione fa giustamente il suo lavoro di opposizione chiedendo di sospendere l'iter dell'appalto, ma non si capisce in attesa di cosa se non dei ricorsi presentati da chi l'appalto non l'ha vinto, il che non sta in piedi. Nella maggioranza le ombre svaniscono, ma rimangono i nodi politici che ne minano compattezza e ragioni.

Finiamo i lavori che è sera e mi aspettano a Nomi per una riunione con i sindaci dei Comuni che si oppongono alla realizzazione delle dighe sul fiume Adige. C'è un bel riconoscimento per il lavoro svolto in Consiglio e l'approvazione della mozione di cui ero primo firmatario. Ma la battaglia non è finita. Il titolare della Aquafil Power (la società che ha chiesto la concessione di sfruttamento idroelettrico del fiume), l'industriale Giulio Bonazzi, sta girando casa per casa a Nomi per convincere la gente della bontà del progetto e questo lavoro di pressione non va affatto trascurato perché gli interessi in gioco non sono banali e perché si tratta di una figura di peso nel mondo economico trentino, vicepresidente di Confindustria e altro ancora. Allora decidiamo che anche da parte dei Comuni debba iniziare una campagna per la salvaguardia e la valorizzazione dello spazio rurale fra Trento e Rovereto, di cui l'Adige e un possibile progetto di ri-naturalizzazione dell'Adige possa essere parte integrante. Significa non solo area agricola ma anche strade interpoderali, muri di sostegno, colture tradizionali... rapporto con il fiume. Storia, cultura, identità, insomma. Fermo restando che continueremo a presidiare l'iter e che quanto previsto nella mozione approvata (un piano regionale per il Fiume) venga messo in atto nei prossimi mesi, quindi anche oltre la fine di questa legislatura.

Finiamo che è tarda sera e l'indomani devo partire di primo mattino per Roma.

 

 

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