"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

29/05/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Hannah Arendt

Devo scusarmi con i lettori di questo blog per una omessa segnalazione piuttosto grave. Nel pomeriggio di martedì, organizzato dalla Provincia Autonoma di Trento in collaborazione con Step, la Scuola per il governo del territorio e del paesaggio, e con il Comune di Trento, c'era un momento importante del ciclo "Masterinvita" che in precedenza aveva portato a Trento Salvatore Settis e Marco Aime. Si trattava della conferenza di Mauro Ceruti ''La nostra Europa. Vincoli e possibilità nella civiltà planetaria'', occasione per presentare al pubblico il libro di Edgar Morin e Mauro Ceruti "La nostra Europa" (Raffaello Cortina Editore).

Il ciclo di conferenze, curato da Ugo Morelli, ha avuto un positivo riscontro di pubblico ma forse non è questo il tratto più significativo da sottolineare. L'aspetto che vorrei mettere in rilievo riguarda piuttosto i temi trattati e la loro valenza che ci riportano alla "maledizione di vivere in tempi interessanti". Ecco, il valore dell'incontro a cui partecipo nel tardo pomeriggio di  martedì è proprio questo, la delicatezza (ma anche il fascino) di un passaggio di tempo che investe l'Europa, il suo farsi o disfarsi.

Con Mauro Ceruti, nel corso degli anni, si è creata una sorta di comunità di pensiero che mi ha accompagnato nel mio percorso politico. Mi fa piacere che l'amico Ugo Morelli nella sua introduzione ricordi quando insieme presentammo quasi vent'anni fa (era l'aprile del 1994), il libro di Bocchi e Ceruti "Solidarietà o barbarie?", che indicava nell'Europa la chiave per affrontare le sfide del futuro. Ed ora che in quel futuro già ci siamo la domanda non è poi tanto diversa, l'Europa si è allargata, certo, ma appare appannata dal potere finanziario come dagli egoismi nazionali e locali.

Provo emozione nel sentire nelle parole di Mauro Ceruti una straordinaria assonanza con i temi che due anni fa abbiamo posto alla base del percorso del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani sulla "Cittadinanza Euromediterranea", con le storie e le suggestioni che ho proposto nei miei articoli come nelle lezioni dedicate all'Europa. Quella stessa visione che aveva portato Mauro Ceruti ad essere fra gli estensori della Carta dei Valori del Partito Democratico, poi inabissatasi un po' come l'Europa.

E, ciò nonostante, dal libro di Edgar Morin e Mauro Ceruti esce un messaggio improntato all'ottimismo, come se le ragioni della speranza si annidassero paradossalmente nelle ragioni della disperazione. Lo stesso paradosso che avverto il giorno seguente alla presentazione di un altro libro, questa volta di uno scrittore croato che in pochi conoscono e che da Zagabria arriva in auto fin qui a Trento. Lo scrittore è Robert Perišić e il libro che viene presentato s'intitola "Il nostro uomo sul campo" (Zandonai editore). Racconta il contesto di un paese in procinto di diventare il ventottesimo membro dell'Unione Europea ma nel quale non si può nemmeno parlare di disincanto considerato che l'incanto è stata una guerra dove si sono mescolati affari e nazionalismi e che - in assenza di elaborazione - nessuno riesce a scrollarsi di dosso. Un libro che in Croazia è pure diventato uno degli eventi  editoriali più importanti degli ultimi anni, ora tradotto in vari paesi. Al Café de la Paix di Trento Robert Perišić usa parole cariche di ironia, forse l'unica arma a disposizione di una generazione altrimenti perduta.

Non ci sono grandi folle, come accade quando gli autori ancora non sono diventati personaggi. E quando la cultura risponde più ai cliché imposti dalle case editrici che non all'effettivo valore di quel che si scrive. Lo dico perché sono un po' stanco di leggere "best seller" che non comunicano nulla e perché il giorno successivo prende il via l'ottava edizione del Festival dell'economia. Mi fa piacere vedere affollati gli stand dei libri quando le librerie sono desolatamente vuote...  o vedere rincorrere gli autori di grido diventati fenomeni mediatici pur scrivendo cose scontate e banali. Peccato che nemmeno si accorgano di quel che avviene intorno a loro.

Sono un sostenitore del Festival dell'economia, ma proprio per questo mi permetto di dire che l'obiettivo dovrebbe essere quello di proporre immagini inedite e fors'anche sgradevoli, non di assecondare gli umori. Non ho nulla contro i premi Nobel, mi basterebbe che costoro sapessero proporci "un pensiero forte e originale sintonizzato sulla presenza al proprio tempo" come scrive Laura Boella nella sua splendida introduzione del libro di Hannah Arendt "L'umanità in tempi bui".

La presenza al proprio tempo.  L'opposto del rincorrere quel che accade.

 

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