"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

23/04/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Sardegna

Non è solo la crisi del PD. Ad essere in crisi è la politica intesa come organizzazione delle idee e della partecipazione alla vita di un paese. Quella del PD è forse più evidente perché, in buona sostanza, è rimasto l'unico soggetto che ha continuato ad avere una sua dimensione partecipativa di massa. Mentre i partiti aziendali o legati all'immagine di una persona, paradossalmente, si muovono più a loro agio fra le macerie della politica. Spero non sia questo il "due.zero".

Dello scarto di pensiero di cui ci sarebbe la necessità, neanche l'ombra. Tornando dall'incontro di Ponte in Valtellina (vedi il precedente diario) sento acuirsi la distanza fra i territori e quel che avviene nella capitale che pure non centra nulla fra la rappresentazione della piazza e quella del palazzo. Il discorso di insediamento di Giorgio Napolitano è un atto di accusa forte verso la degenerazione della politica, ma è tutto interno allo schema precedente e forse non può essere che così.

Se, con tutto il rispetto, la politica si deve affidare ad una persona di ottantotto anni per uscire dall'empasse in cui s'è cacciata, vuol proprio dire che ha abdicato al proprio ruolo, come del resto è avvenuto con i mesi del governo Monti. Non c'è da essere favorevoli o contrari, semplicemente dovremmo prenderne atto e riflettere. Ad esempio provando ad immaginare che i territori possano diventare protagonisti di un modo diverso di interpretare la politica, luoghi di autopensiero in rete fra regioni italiane ed europee, alpine e mediterranee...

Ma di questo scarto non sembra esserci traccia, almeno sul piano del dibattito politico ufficiale. Dico questo perché passo le giornate di lunedì e martedì al telefono con chi, nei territori, da tempo ci ragiona immaginando che i tempi inizino ad essere finalmente maturi per proporre un altro schema in cui provare a declinare il pensiero e l'azione politica. Dalla Lombardia alla Sicilia, dal Friuli alla Calabria, provo a capire se le "terre alte" sono in grado di mettersi in relazione con le "terre sole". Di questo provo a scrivere nelle cartelle che diventeranno la postfazione del libro che darà voce a quella fucina di idee che ha saputo essere il sito www.politicaresponsabile.it .

In un'intervista televisiva di Debora Serracchiani sento riecheggiare questi temi. Contro ogni pronostico della vigilia è lei la nuova presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e la sua vittoria è avvenuta, come lei stessa dice, nonostante la crisi politica nazionale e del PD. Una distanza che ben rappresenta l'urgenza di uno schema politico diverso.

Per il momento il dibattito nazionale è tutto concentrato sulla natura del governo, di larghe intese, di scopo o di tecnici. Ognuna di queste soluzioni apre scenari diversi, ma in buona sostanza la politica riconosce il proprio impasse, affidandosi al presidente Napolitano. L'unico che ne esce bene sembra essere Berlusconi ed anche questo è davvero paradossale.

Come appare paradossale che anche la politica trentina sia in attesa di quel che accade a Roma. Che pesi su tutti l'incertezza nazionale, non c'è verso, ma il laboratorio politico trentino non dovrebbe rianimarsi solo per effetto delle macerie romane. In questo bisogna avere il coraggio di dire che la politica trentina in realtà non sta poi tanto meglio. Basterebbe guardare in casa nostra per vedere come i cortocircuiti della politica nazionale in fondo non siano poi tanto estranei ad una politica condizionata anche qui dai destini delle persone. Questo è un male profondo e richiede una terapia di lungo periodo. Per uscirne, tanto per cominciare, sarebbe già qualcosa che le persone (e i partiti) riacquistassero il piacere per lo studio, l'inchiesta sociale, lo sguardo sul mondo.

Mentre scrivo Enrico Letta riceve l'incarico dal Presidente della Repubblica di formare il nuovo governo. Non sarà un governo tecnico. Quanto sarà politico, lo vedremo nella sua composizione e nel suo programma. Certo è che l'urgenza di un cambio di paradigma non viene meno e per questo dovremmo metterci al lavoro.

 

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