"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

15/03/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Ibrahim Faltas

Il venerdì in Palestina è giorno di festa. Accedere alla città vecchia e alla spianata della Moschea al-Aqsa nel giorno della preghiera dovrebbe essere un diritto elementare, ma qui i diritti sono quelli del più forte. Così tutte le persone di sesso maschile con meno di quarantacinque anni non vengono fatte entrare. Uno sbarramento di soldati armati fino ai denti seleziona le persone una ad una. Un religioso improvvisa la preghiera lungo la strada di accesso prima dello sbarramento e la gente si inginocchia con un'indignazione strozzata e una pazienza encomiabile. Noi passiamo, ma la sensazione di essere innocuo per limiti di età non è proprio piacevole.

Due passi fra le mura di Gerusalemme non capitano tutti i giorni e fanno sempre un certo effetto. Zalatimo, il vecchio pasticcere che ci deliziava con le sue "zalabieh", non c'è più. Il suo locale, nonostante il figlio continui sulle orme del padre, oggi è chiuso ed è come se un pezzo di storia fosse cancellato. Un saluto veloce all'amico Wajeech Nuseibeh, custode del Santo Sepolcro grazie ad una regola (lo status quo) che da novecento anni fa sì che a governare il luogo più importante della cristianità sia una famiglia mussulmana, e di lì a poco ci aspetta l'amico Ibrahim.   

Incontrare Padre Ibrahim Faltas è sempre un grande piacere, specie qui a Gerusalemme fra le mura secolari che ospitano la Custodia di Terrasanta di cui è l'economo. Con Ibrahim ci conosciamo da quasi vent'anni, prima ancora di quella primavera del 2002 quando, come custode della Basilica della Natività a Betlemme, difese per 39 giorni i giovani miliziani palestinesi che lì avevano trovato rifugio durante l'assedio dell'esercito israeliano di quella città. Finì sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo ma alla fine la  sua mediazione salvò quelle giovani vite. E' stato qualche volta anche a Trento e in una di queste circostanze lo insignimmo con il premio "Montagne di Pace".

Ibrahim parla perfettamente l'italiano e le nostre conversazioni non conoscono reticenze o formalità. Francescano, è raggiante per la nomina del nuovo Papa che ha preso il nome di Francesco e dice che la sua elezione avrà un'importanza cruciale nella chiesa cattolica. Lo è un po' meno per l'arrivo di Barack Obama in Israele e Palestina (andrà a Ramallah e Betlemme) perché il presidente degli Stati Uniti sembra venire a mani vuote e, a quanto pare, senza nemmeno uno straccio di proposta per riavviare il dialogo in quella terra.

Anche la formazione del nuovo governo israeliano non lascia intendere nulla di buono, visto che fra le molte contraddizioni che l'attraversano l'unica cosa che tiene unito il governo di centrodestra/destra sembra essere quella dell'espansione delle colonie, illegali per il diritto internazionale ma ciò nonostante organizzate, sostenute e protette dal governo israeliano (tanto più ora che il rappresentante dei coloni è entrato a far parte della compagine governativa.

Con Padre Ibrahim e Ali Rashid andiamo a prendere a Tel Aviv il presidente della PAT Alberto Pacher, che arriva nel pomeriggio accompagnato dal giornalista Marco Pontoni. Da lì, con il suo pulmino con targa diplomatica, possiamo andare direttamente ad Aboud (non sarebbe così per un palestinese che invece dovrebbe fare due ore di strada e una decina di check point). Sempre a proposito di diritti umani...

Il villaggio ci aspetta, con il sindaco e le autorità religiose. Mentre stiamo inaugurando la piccola cantina realizzata grazie alla
collaborazione con la comunità trentina, ci raggiunge anche Nemer Hammad, un tempo ambasciatore palestinese in Italia ed ora consigliere politico del presidente Abu Mazen. Non ci vediamo da una vita e ci abbracciamo come vecchi amici. La sua presenza qui è un fatto importante per questa gente (Aboud è un piccolo paesino e non accade tutti i giorni di essere al centro dell'attenzione), un incoraggiamento per l'impegno di Ibrahim (in questo caso l'animatore del progetto della cantina "Vino di Cana"), ma anche per il nostro lavoro.

Ci spostiamo a Betlemme dove visitiamo la Fondazione Giovanni Paolo II che di Padre Ibrahim è un po' la creatura, motore di mille iniziative culturali e sociali per quella comunità. Incontriamo molti giovani palestinesi che stanno imparando la lingua italiana (condizione per poter venire poi a studiare nel nostro paese) e anche la prima cittadina di Betlemme, l'unica donna sindaco in tutta la Palestina, cosa tutt'altro che banale. E con Alberto cogliamo l'occasione per invitarla in Trentino.

Da Betlemme ci spostiamo a Ramallah, la sede del governo palestinese. Le distanze non sono grandi ma lo diventano per l'assurda realtà del muro della vergogna e del filo spinato. L'indomani ci aspetta una giornata intensa di colloqui e di visite sul campo. Lai la saida (felice notte).  

 

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