"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

12/03/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Artesella
Silvano Grisenti presenta nella sala di Interbrennero il suo nuovo (si fa per dire) movimento politico. I quotidiani locali, le televisioni, danno un grande spazio a questo avvenimento. Se i numeri delle presenze e delle adesioni sono visibilmente irreali, sul piano del pensiero l'incertezza è ancora maggiore.

Se dovessimo rappresentarle a partire dalla storia personale degli esponenti di maggior spicco che hanno dato la loro adesione a "Progetto Trentino", che pure si contano sulle dita di una mano, l'identità politica di questo nuovo partito potrebbe essere ricondotta ad un segmento di vecchia DC, più o meno collaterale a Comunione e Liberazione, in fuga dal PDL o di esponenti non più candidabili con l'Unione per il Trentino.

In realtà anche questa collocazione risulta fin troppo lusinghiera, considerato che le parole di Grisenti sono in realtà un mix di demagogia e di rincorsa agli umori che si vorrebbero cavalcare. Il richiamo a Grillo (accostamento azzardato ma non casuale), l'affondo contro le Comunità di Valle, il rilancio della nefasta idea delle seconde case, il richiamo alla politica con la gente... da chi ha rappresentato, tanto sul piano politico che come da presidente dell'A22, il Trentino più incline all'intreccio fra affari e politica (e che, dopo una prima condanna, ancora deve fare i conti con la giustizia), fa solo sorridere.

Preoccupa piuttosto lo spazio benevolo che i media dedicano ad un evento politico di così incerto spessore, quasi che dietro questo battage si nascondessero altri obiettivi, primo fra tutti la spaccatura del partito di Dellai e la messa in discussione della coalizione di centrosinistra autonomista che ha governato il Trentino negli ultimi quindici anni. E dunque la volontà di ridisegnare lo schema politico locale, dipingendo un Trentino surreale dove alla "magnadora" si contrapponga "l'antimagnadora" .

Uno schema che però non corrisponde alla realtà del Trentino, all'anomalia politica che l'ha caratterizzato (pure non senza contraddizioni) nel quadro di un arco alpino segnato invece dal rancore padano, alle politiche di buon governo del territorio, di coesione sociale e di apertura globale che hanno segnato un intero corso politico di questa terra.

Perché in questa lettura manichea è coinvolta anche una parte del centrosinistra e del PD. Per quest'ultimo, si tratta di un nodo congressuale ineludibile ma che temo non potrà essere risolto prima delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale, esponendoci così ad una campagna elettorale dove la narrazione del Trentino e il valore coalizionale rischiano di essere motivo di lacerazione, specie in assenza di un candidato presidente capace di rappresentare l'uno e l'altro.

Saranno mesi i prossimi in cui sulla coesione come sulla crescita della coalizione del centrosinistra autonomista dovremmo lavorare molto. Nel confronto sui contenuti, nella capacità di leggere il presente, nel fare tesoro e nel valorizzare le esperienze che il territorio esprime, nel saper affrontare un tempo difficile con idee nuove, misureremo la capacità di visione della politica.

In questo senso, la ricognizione che ha luogo martedì fra l'assessore Mauro Gilmozzi, il responsabile di Step Ugo Morelli e i presidenti delle Comunità di valle alle prese con i Piani territoriali, è un passaggio decisivo sul quale fra l'altro si misurerà il successo (o il fallimento) della stessa riforma istituzionale che ha portato alla nascita delle Comunità. Gli strumenti assunti in Finanziaria relativi all'animazione territoriale possono diventare decisivi. Una strada diversa rispetto a quella di tamponare le situazioni di crisi di industrie senza qualità o di continuare ad investire su impianti di risalita che descrivono un modello turistico che ha fatto il suo tempo.

Temo però che i partiti siano in tutt'altre faccende affaccendati. Più inclini ad assecondare gli umori che a proporre sguardi verso un territorio in connessione con il mondo intero.

 

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