"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

11/09/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
11 settembre 2001

A dieci anni da quel tragico 11 settembre 2001 effettivamente sono cambiate molte cose. Non starò qui a dirvi di ricordi e di emozioni personali di fronte alle immagini terrificanti che tutti vedemmo in diretta dal cuore della grande mela. Ne sono pieni i giornali ed il rischio è davvero di cadere nella retorica. Credo invece sia bene interrogarsi su come appariva il mondo all'alba di quell'11 settembre e come il corso della storia sia da allora cambiato. Ne ha scritto con acutezza Lucio Caracciolo qualche giorno fa, mettendo in rilievo il declino della "superpotenza solitaria" (articolo che potete trovare in home page). Vorrei solo obiettare a Caracciolo che quella solitudine non era il "sogno americano", era diventato un incubo invece, per gli americani e il mondo intero.

Ci sono voluti degli anni, ma oggi quell'incubo ce lo siamo lasciati alle spalle. Perché gli Stati Uniti hanno capito che la solitudine è il contrario del sogno americano ed hanno dato fiducia a Barack Obama. E perché il mondo arabo sta provando ad uscire dalla sua infelicità, emarginando con la sua primavera non solo la logica del terrore ma anche il peso del suo antico e perduto splendore.

Il disegno dei neoconservatori americani si fondava sullo "scontro di civiltà". L'esito lo abbiamo visto nel corso degli anni: guerre chiamate sante, integralismi religiosi e politici, identità in sottrazione, chiusura a riccio nelle proprie piccole fortezze, paura. A cui corrispondeva un incubo uguale e contrario, che contrapponeva ai sistemi d'arma più sofisticati il proprio corpo rivestito di esplosivo o il dirottamento di quattro aerei di linea lanciati contro i luoghi simbolici del male.

Poi un giovane di origine africana diventa presidente degli Stati Uniti d'America. Il suo primo vero atto politico avviene il 4 giugno 2009, all'Università del Cairo. «È più facile dare inizio a una guerra che porle fine. È più facile accusare gli altri invece che guardarsi dentro. È più facile tener conto delle differenze di ciascuno di noi che delle cose che abbiamo in comune. Ma nostro dovere è scegliere il cammino giusto, non quello più facile». Un discorso che rappresenta una svolta di portata straordinaria.

E quando, più o meno un anno fa, trentamila giovani hanno sfilato per le strade di Gaza, la prigione più grande del mondo, gridando "vogliamo vivere", mandando a quel paese Hamas, Fatah, Israele e la comunità internazionale tutta, hanno deciso di prendere davvero nelle proprie mani il loro destino. Con quelle parole che chiedevano semplicemente dignità quei giovani hanno dato il là ad una straordinaria primavera.

Dieci anni dopo l'11 settembre 2001 il mondo non è migliore. Ma questi dieci anni ci raccontano che la partecipazione sa ancora essere più forte degli eserciti e la cultura più forte di ogni paura.
 

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