"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

19/09/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
Darsi il tempo
Sta mattina dovrei essere a Roma, per partecipare ad un incontro di un gruppo di persone che negli anni si sono occupate di cooperazione internazionale. L'idea è quella di stendere un "manifesto" per una nuova cooperazione, in buona sostanza quel che con la Carta di Trento abbiamo chiesto già due anni fa e che con Mauro abbiamo scritto in "Darsi il tempo. Idee e pratiche per un'altra cooperazione internazionale" (EMI, 2008).

Alla fine - una volta tanto - faccio prevalere la cultura del limite e rimango a Trento. Affido quindi ad una conversazione telefonica quel che sarei andato a dire. Prima che l'incontro abbia inizio chiamo Luciano Carrino che della bozza di "manifesto" è l'estensore. Conosco Luciano fin dai tempi di Unops - articolazione italiana dell'agenzia delle Nazioni Unite UNDP per la programmazione territoriale - in Bosnia Erzegovina.

Un confronto che fra noi è stato talvolta anche aspro ma a partire da un comune sentire sull'inadeguatezza della cooperazione internazionale. La bozza è sostanzialmente condivisibile, ma richiede di essere migliorata in alcune sue parti che esplicito nella telefonata: come al solito quando si parla di cooperazione ci si scorda che si agisce in contesti di conflitto e post conflitto la cui elaborazione diventa essenziale nel processo di riconciliazione; che questo complesso lavoro di elaborazione è parte essenziale nella ricostruzione di una nuova classe dirigente locale, aspetto decisivo per una prospettiva di autogoverno; che la cooperazione è in primo luogo relazione e che non c'è relazione senza conoscenza del territorio, della sua storia e cultura, delle sue dinamiche di potere...; e infine che questo manifesto dovrebbe avere un orizzonte almeno europeo.

Luciano sembra condividere le mie osservazioni e avverto che ci tiene alla nostra collaborazione. In ogni caso, che finalmente questo mondo s'interroghi a tutto campo senza l'infingimento dei tagli sugli "aiuti allo sviluppo", mi sembra già un buon passo in avanti.

Rispondo alle domande di Peppe Sini, da anni animatore dell'agenzia telematica "La nonviolenza in cammino", sulla marcia Perugia Assisi che proprio domenica compie il suo cinquantesimo compleanno. Cinquant'anni nei quali la pace è stata declinata in molti modi, spesso banalizzata. Provo a dirlo, per cercare di darci sguardi diversi (vedi home page).

Vado in ufficio nella convinzione che vi sia la riunione del gruppo, che invece non c'è. Segno di disattenzione o di estraneità? Avevo messo in conto che avremmo discusso del Disegno di legge (non ancora formalizzato) sul software libero, insieme al gruppo di lavoro con il quale abbiamo articolato la proposta. Sarebbe stato il giorno giusto visto che da Berlino ci arriva la notizia che i "Pirates", lista di ispirazione libertaria che rivendica la piena libertà di navigazione lungo le autostrade informatiche, tocca il 9% dei voti nelle elezioni amministrative di una città da sempre laboratorio politico internazionale. Lo faremo la settimana prossima.

Passo dal Forum dove mettiamo a punto i dettagli della conferenza stampa di mercoledì sulla marcia Perugia Assisi (ore 11.00, Sala Aurora di Palazzo Trentini) e poi concludo la giornata partecipando - presso l'ex convento degli Agostiniani - al decimo compleanno del Cam, il Consorzio Associazioni con il Mozambico. In un contesto tanto diverso da quello balcanico come l'Africa più profonda, gli amici del Cam hanno sviluppato un quadro di riflessioni sulla cooperazione internazionale che riprende largamente quelle che ho sviluppato in questi anni, riprendendo concetti e parole di quella che abbiamo chiamato "cooperazione di comunità". Lungo l'intera settimana svilupperanno momenti di approfondimento che, a partire dall'esperienza concreta, delineano un pensiero di alto profilo. A testimonianza che questo non è solo il mondo del "fare", ma una realtà - in particolare quella dei Tavoli - che in questi anni ha saputo mettere mette a disposizione della nostra intera comunità uno sguardo che è diventato cultura politica. Ma non so quanto la politica e le istituzioni se ne siano effettivamente accorte.

Mi scrive Stefano Fait preoccupato dalle notizie che crac finanziario che in queste ore si va annunciando e mi chiede - citando Jacques Attali (primo presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo) quanto la politica ne sia consapevole. Ed ha ragione, perché in effetti questo nostro mondo appare spesso in tutt'altre faccende affaccendato, preso com'è nel rincorrere emergenze e consenso.

 

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