"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

27/09/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
Venezia, anni \'70
Nonostante le condizioni precarie che richiederebbero di non caricare sul ginocchio sono in Consiglio Provinciale. L'infiammazione non accenna a passare e starmene seduto in aula non è esattamente quel che serve per far venir meno il gonfiore. A ragion del vero all'ordine del giorno del Consiglio non c'è niente di particolarmente importante, quand'anche una semplicissima ratifica di una impugnativa alla Corte Costituzionale  da parte della Provincia Autonoma di Trento scateni le opposizioni in una raffica di interventi che bloccano il Consiglio pressoché per l'intera giornata.

Ne approfitto per lavorare su altre cose e per vedere l'assessore alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami in relazione agli impegni che riguardano le nostre relazioni con la Palestina (che i lettori di questo blog conoscono) e con il Marocco. Nei giorni scorsi l'Associazione delle donne saharawi mi hanno invitato a metà ottobre ad una conferenza sul tema dell'autogoverno come strada possibile per superare il conflitto che si protrae da mezzo secolo fra il Marocco e il Sahara Occidentale. La cosa è molto interessante e vorrei che questo tema, analogamente a quanto avvenuto nella stesura della Carta per l'autonomia del Tibet, venisse messo a sistema anche per altre situazioni che ci richiedono di andare al superamento della contraddizione fra il concetto di autodeterminazione nazionale e quello di sovranità.

Altro tema di cui parliamo è quello del programma "Afghanistan 2014". Il prossimo 7 ottobre apriremo il "cantiere" sul futuro di questo martoriato paese, che dopo mezzo secolo di conflitti e di occupazione ha voglia di scrollarsi di dosso la guerra. Il 7 ottobre saranno esattamente dieci anni dall'avvio dei bombardamenti della coalizione occidentale. E da qui al 2014, anno nel quale è previsto il ritiro delle truppe della coalizione da quel paese, abbiamo la possibilità di dar voce alla società civile e alla diaspora afgana affinché la fine dell'occupazione non consolidi il potere dei "signori della guerra".

In questi giorni sono rientrate in Italia le salme di tre soldati. Di Afghanistan si parla solo quando arrivano le bare e a quel punto ci si divide fra chi dice che bisogna andarsene e chi afferma che è necessario rispettare gli impegni internazionali. Sbagliato è stato andarci in quel paese, pensando che il terrorismo si potesse sconfiggere bombardando a tappeto un paese già provato da trent'anni di guerra. Il fatto è che quando si combinano i disastri, poi è troppo comodo dire arrivederci. Ed ora è necessario farsi carico invece, contribuire al riscatto di questo paese, convertendo progressivamente la presenza italiana da militare a civile. Ma soprattutto cercare di fornire un contributo affinché siano gli afgani a riprendere nelle proprie mani il loro destino. Questo è il significato di "Afghanistan 2014".

Di questo parlo in mattinata con Gianfranco Bettin, assessore al Comune di Venezia, per replicare l'iniziativa il giorno successivo nella città lagunare, possibile sede per la conferenza internazionale di presentazione della Carta sul futuro politico istituzionale dell'Afghanistan che verrà prodotta a conclusione del cantiere. L'idea gli piace e mi chiede un giorno per poter vedere il materiale e darmi una risposta.

E' un po' che non ci sentiamo e mi descrive quanto è dura amministrare oggi Venezia con i chiari di luna della finanza locale. Dopo aver fatto il parlamentare e il consigliere regionale, ritornare in Comune (dove era stato prosindaco di Massimo Cacciari negli anni '90) è stata una sfida difficile e, mi dice, molto più impegnativa proprio per la mancanza di risorse. Sorride quando gli dico che qualche problemino ce l'abbiamo anche noi in Trentino.

Sarà certamente diversa la situazione della nostra autonomia, ma vedo il presidente Lorenzo Dellai particolarmente nervoso. Di fronte all'opposizione che non ha altri argomenti che descrivere il Trentino come un territorio in preda al malgoverno nonostante i riconoscimenti che vengono da più parti, il presidente li manda al diavolo. Poi replica puntualmente a difesa della nostra autonomia di fronte ad un governo centrale che impugna regolarmente le nostre delibere.

Non v'è alcun dubbio che la nostra autonomia sia assediata. Vista come una condizione di privilegio a fronte di una riforma federale dello Stato che non va avanti, guardata come anomalia politica dopo che le regioni del nord sono finite praticamente tutte al centrodestra, considerata come un esempio di buon governo laddove sul piano nazionale il centrosinistra fatica a rappresentare, nonostante la crisi del centro destra, un'alternativa credibile, la nostra autonomia e più in generale il Trentino si conferma - nonostante sul piano politico un po' di smalto l'abbia perduto - un laboratorio politico oltre i propri confini.

A sera guardo qualche frammento di Ballarò e mi convinco ancora di più che la politica italiana così com'è non sia riformabile, che occorre ripartire dai territori (e dall'Europa). In mattinata parlando con il vicepresidente Alberto Pacher gli dicevo che è incredibile come, in un contesto dove la Confindustria, le organizzazioni sindacali, la Conferenza episcopale italiana hanno staccato la spina al governo, con il mondo intero che ride del nostro premier, non si riesca a far crescere un'alternativa. Il fatto è che manca clamorosamente un progetto che la gente possa vedere come credibile e radicalmente diverso da questa Italia nelle mani di personaggi da operetta.

Durante la trasmissione Giovanni Floris rivolge pressoché la stessa domanda ad Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del PD. Non sa che dire se non che Berlusconi è avvinghiato al potere e che il PD è pronto. Ma se nei sondaggi il centrodestra va a picco e il centrosinistra non cresce, ci sarà pure di che riflettere?

Vorrei ci fosse il tempo per ritessere una diversa trama a partire proprio dai territori. Dal valore dell'economia reale rispetto a quella finanziaria, dalla terra e dalle prerogative che l'Italia può mettere in campo in un disegno europeo. Ne scriverò nei prossimi giorni.

 

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