"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

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L'infinita notte araba
La Mezzaluna fertile del Mediterraneo

Adel Jabbar - L'infinita notte araba. Dispotismi, conflitti e disordine (conferenza online)

Grazie alla Biblioteca provinciale Claudia Augusta di Bolzano, una breve lezione dell'amico Adel sul contesto geopolitico e storico del Vicino Oriente.

La puoi ascoltare su https://youtu.be/E4P8bKPdS2c 

 

«... E' probabilmente troppo ambizioso pensare che le catene dell'infelicità stiano per spezzarsi. Il malo-sviluppo arabo si è troppo aggravato perché la felicità possa essere a portata di mano. E il persistere dell'egemonia occidentale, resa più pesante dall'occupazione americana in Iraq e dalla sempre maggiore supremazia di Israele, non consente di postulare un risveglio arabo in tempi stretti. Ma nulla - né la dominazione straniera, né i vizi strutturali delle economie, ancor meno l'eredità della cultura araba - impedisce di ricercare, malgrado le pessime condizioni attuali, la possibilità di un equilibrio.

Per raggiungerlo, molte sono le condizioni necessarie, e non tutte dipendono dagli arabi. Ma anche se non si può realizzarle tutte, resta sempre possibile forzare il destino, iniziando dalla condizione più urgente e senza la quale non c'è scampo alcuno: che gli arabi abbandonino il miraggio di un passato ineguagliabile e guardino finalmente in faccia la loro vera storia. In attesa di esserle fedeli».

Samir Kassir, L'infelicità araba. Einaudi, 2006

«Squilibri ambientali e pandemie». Un importante premio a Tolmezzo
Un momento della premiazione al Teatro Candoni di Tolmezzo

Premio Leggimontagna, le motivazioni della giuria per "Il monito della ninfea"

La sezione saggistica del prestigioso Premio Leggimontagna giunto nel 2020 alla sua diciottesima edizione ha avuto due vincitori. Il primo classificato è stato il volume edito da Einaudi "L'impero in quota. I Romani e le Alpi" di Silvia Giorcelli Bersani. Il secondo premio è andato invece ad una piccola casa editrice, la Bertelli Editori di Trento, con "Il monito della ninfea. Vaia, la montagna, il limite" di Diego Cason e Michele Nardelli. Accanto a queste opere, il riconoscimento come premio alla carriera per Annibale Salsa con il suo libro "I paesaggi delle Alpi. Un viaggio nelle terre alte fra filosofia, natura e storia (Donzelli Editore, 2019). Complessivamente le opere in concorso erano trentadue, di altrettanti autori italiani ed europei.

Forse basterebbe questo per descrivere il valore di questo riconoscimento e, insieme, l'emozione per aver raggiunto un risultato sostanzialmente inaspettato per un libro dal forte accento politico che parla della tragedia Vaia e, più in generale, dell'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo. Lo si evince anche dalle motivazioni della giuria dedicate a "Il monito della ninfea":

«Un libro documentatissimo, ma agile, dedicato al tema degli equilibri, dei disequilibri e dei limiti. Un volume militante che nasce dalla constatazione che è ormai impossibile pensare alla realtà della montagna prescindendo da ciò che è accaduto alla fine di ottobre del 2018. Vaia, infatti, non ha lasciato soltanto segni di devastazione; ha inciso in profondità anche su analisi, riflessioni, capacità progettuali, obbligando a riflettere sugli effetti diretti e indiretti del nostro stile di vita e sulle scelte economiche e politiche che lo reggono. Ogni passaggio è sorretto da cifre e statistiche e accompagnato da citazioni mai casuali che rafforzano il concetto che è necessario uno sguardo globale che superi e dia significato alle analisi specialistiche e alla quantità di dati prodotti dai diversi settori della ricerca scientifica e sappia porre le basi per offrirci la capacità di cogliere le interrelazioni fra i fenomeni che caratterizzano gli squilibri ambientali e che possono influire anche su eventi ancor più drammatici come le pandemie».

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Cittadini adulti, sudditi bambini
Paternalismo

L'amica Daniela di Modena mi segnala questo suo intervento intorno alla vicenda Covid 19 e ai rischi che l'epidemia si porta appresso. Che volentieri riprendo.

di Daniela Tazzioli *

Fin dal primo giorno di questa epidemia, mentre il governatore della mia regione, Stefano Bonaccini era indeciso se chiudere le scuole o no il 24 febbraio e rimandava dal venerdì al sabato, dalla mattina al pomeriggio, da un'ora all'altra, il suo annuncio in merito, avevo la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato nella comunicazione, che non faceva altro che alimentare confusione e panico. Questo stile poi si è ripresentato non solo in Regione, ma soprattutto a livello centrale nella gestione della comunicazione sull'epidemia e se, nella prima fase, era comprensibile per via dell’impreparazione, della confusione alimentata dall’incertezza, nelle settimane successive è diventato, prima per chi come me ha qualche strumento interpretativo e una certa sensibilità linguistica, poi anche per chi è meno attrezzato, davvero insopportabile.

 

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26 aprile 1986, Chernobyl. Un documentario
Prypjat', nei pressi di Chernobyl

"The battle of Chernobyl" del regista Thomas Johnson

Trantaquattro anni fa. Ricordo perfettamente quei giorni, la sensazione di inquietudine mentre, nei giorni immediatamente successivi di quel 26 aprile 1986, quando il vento e poi la pioggia riversarono l'onda lunga della nube tossica nelle nostre vite e di cui oggi i ricercatori trovano tracce persistenti nei ghiacciai alpini in scioglimento.

Trentaquattro anni fa percepimmo in maniera tangibile quale fosse il significato della parola interdipendenza. Oggi, trentaquattro anni dopo, in molti ancora parlano di sovranità, senza rendersi conto che i confini sono solo una nostra invenzione. Oggi, in piena pandemia Covid 19, ancora pensiamo che il modello di sviluppo della crescita illimitata non possa avere alternative. E che possiamo farcela da soli.

La visione del documentario di Thomas Johnson "La battaglia di Chernobyl" (Francia, 94’, 2006), forse il miglior documentario sull’incidente nucleare, assai poco conosciuto e trasmesso nel nostro paese, risulta molto istruttiva per comprendere che cosa significa la cieca fiducia nel progresso.

 

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«Ora riconvertiamo l'economia». Intervista a Enrico Giovannini
Rovesciamenti?

Parla il portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile: "L'emergenza coronavirus ci impone un cambio di paradigma su ambiente ed equità sociale. Eurobond per investimenti green"

di Angela Mauro *

Si rischia di compiere “lo stesso errore” compiuto dopo la crisi 2008-2009: e cioè non cogliere “l’occasione per cambiare paradigma” e “riorientare il sistema economico nella direzione di una maggiore sostenibilità ambientale e una maggiore equità sociale” e non creare “posti di lavoro purché siano”. Enrico Giovannini, economista, ex Chief Statistician dell’Ocse, nonché ex ministro del Lavoro, cofondatore e portavoce dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), è preoccupato perché l’emergenza da coronavirus sta spazzando via dal dibattito pubblico l’attenzione maturata in questi anni sugli Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Non un vezzo, ci spiega in questa intervista, ma una strada obbligata per reagire a shock come questi e costruire un futuro migliore e più solido. Si creino “eurobond per investire nell’economia verde: non sarebbero misure assistenziali”.

Gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, pur fatti proprio dalla Commissione europea con il Green deal, sembrano scomparsi dal dibattito pubblico sull’onda dell’emergenza Covid-19. Come se lo spiega?

Prima della crisi del 2008-2009, in Ocse avevamo provato a convincere molti governi ad adottare la logica di andare “oltre il Pil” nella misurazione dello stato di una società. La crisi fu il killer di questa discussione. Quando alcuni anni dopo chiesi ad Alan Krueger, advisor di Obama che pure faceva parte della commissione Stiglitz, perché non fosse stata colta l’occasione per cambiare paradigma, mi rispose che la priorità assoluta era creare posti di lavoro, non importa quali. Ecco, il rischio è che oggi si commetta lo stesso errore. È chiaro che la preoccupazione per lo shock economico, accanto a quello sanitario, è molto elevata ed è giustissima. Ma il rischio vero è di usare le risorse per far ripartire attività economiche a qualunque costo, perdendo di vista la necessità di pensare al futuro e riorientare il sistema economico nella direzione che tutti auspicavano solo poche settimane fa, tra cui quello di una maggiore sostenibilità ambientale e una maggiore equità sociale. I governi, ma anche l’Ue potrebbero istituire, accanto all’unità di crisi, quella che io chiamo “unità di resilienza trasformativa”, cioè un gruppo di soggetti, persone, istituti, esperti che ci facciano capire come “rimbalzare avanti” e non indietro.

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Il monito della ninfea. La prima presentazione on-line su Zoom
Claude Monet, Ninfee

Dato che le persone non possono andare alla libreria, sarà la libreria ad andare dalle persone. Un modo per essere tutti insieme, anche se a distanza, e di parlare di libri.

La due punti va on-line

Zoom su due punti Il monito della ninfea. Vaia, la montagna, il limite
sabato 11 aprile 2020, ore 17.00


Collegamento Zoom con gli autori
https://zoom.us/j/685953521?pwd=Q3Z2ODQ2TXRtUlBXNTBHTFB6TzdFZz09

Meeting ID: 685 953 521
Password: 008314

Gli autori Diego Cason e Michele Nardelli dialogano con Ugo Morelli e Gianfranco Bettin

«È un libro singolare e necessario, questo: un'analisi esatta e puntigliosa di cause ed effetti di quelle ore di tregenda … il libro è anche un affascinante quadro delle culture che si scontrano sulla scena del mondo attuale, la dissipativa, estrattiva, arrogante e incurante che è all'origine della crisi ambientale e climatica e del dissesto degli ecosistemi, e la ricca, complessa, articolata stratificata e decentrata cultura fatta di saperi radicati nei luoghi, di pratiche sviluppate per tentativi e osservazioni lungo millenni, che dell'equilibrio con la “casa” comune ... ha fatto sempre il proprio centro (il proprio cuore e il proprio cervello)».

 

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Immaginare gesti-barriera contro il ritorno alla produzione pre-crisi
Com'è che non riesci più a volare

di Bruno Latour *

Potrebbe esserci qualcosa di inappropriato nel guardare all’era post-crisi quando gli operatori sanitari sono ancora “in prima linea”, milioni di persone stanno perdendo il lavoro, e molte famiglie in lutto non possono nemmeno seppellire i loro morti. Eppure, è proprio questo il momento di lottare affinché la ripresa economica, una volta terminata la crisi, non ci riporti allo stesso vecchio regime climatico contro il quale finora abbiamo tentato, senza successo, di combattere.

In effetti, la crisi sanitaria è inserita in quella che non è una crisi – sempre passeggera per definizione – ma piuttosto una mutazione ecologica duratura e irreversibile. Se abbiamo delle buone possibilità di “uscire” dalla prima, ne abbiamo ben poche di “uscire” dalla seconda. Le due situazioni non sono alla stessa scala di grandezza, ma resta illuminante articolarle l’una con l’altra. In ogni caso, sarebbe un peccato non riflettere sulla crisi sanitaria per scoprire altri modi di entrare nella mutazione ecologica, piuttosto che farlo alla cieca.

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