"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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giovedì, 30 settembre 2010Gli ultimi giorni di Stramentizzo

Terzo ed ultimo giorno della sessione del Consiglio provinciale. All'ordine del giorno ci rimangono un paio di mozioni e il DDL della Giunta sulla centrale idroelettrica di san Floriano. Immagino che si riesca a finire già in tarda mattinata, ma mi sbaglio di grosso.

Vorrei poter seguire la preparazione dell'evento che darà il via al percorso del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani sulla "Cittadinanza Euromediterranea", oggi la stampa locale ne parla con un discreto rilievo, ma i numeri (e le assenze) della maggioranza mi tengono inchiodato in Consiglio.

Affrontiamo la discussione sulla mozione di cui sono cofirmatario sulla cittadella militare di Mattarello. Dopo un po' di trattativa con Dellai, concordiamo un testo leggermente modificato rispetto a quello iniziale, che in buona sostanza si propone il ridimensionamento dell'opera. Della questione se ne parla da diversi anni, fin da quando come DP del Trentino raccogliemmo migliaia di firme per avviare una trattativa con il Ministero della Difesa per recuperare alla città le aree delle caserme di Trento sud. Dopo anni di negoziato, ne risultò una cosa piuttosto vantaggiosa per il Comune di Trento, 59 ettari da destinare a servizi, nuovo ospedale, verde, concedendone meno della metà per un nuovo insediamento militare.

Un'operazione urbanistica, certo, non un'iniziativa antimilitarista. Nel tempo in cui il Ministro della Difesa di questo paese è un ex fascista che si accorda con la sua collega Gelmini per introdurre nelle scuole l'insegnamento delle armi e delle tecniche di sopravvivenza, non mi pare che vi sia un'opinione pubblica propensa al superamento delle Forze Armate e all'abolizione degli eserciti. Al contrario semmai.

Che in questa terra si spendano denari per costruire caserme non mi piace affatto, ma la nostra autonomia si ferma di fronte alla competenza della Difesa, prerogativa "indiscutibile" dello Stato. Troviamo un pertugio nella trattativa, dovuto al fatto che l'Italia è con le pezze al culo, e proviamo ad inserirci. Così con un'interrogazione prima della nostra consigliera Sara Ferrari e con una mozione poi firmata da una decina di consiglieri proponiamo di andare verso il ridimensionamento della "cittadella". Il testo approvato va esattamente in questa direzione. Un piccolo ma significativo risultato.

Passiamo al punto successivo, il Disegno di legge sulla centrale di San Floriano. Collocata com'è al confine fra il Trentino ed il Sud Tirolo, la centrale portava proventi solo alla provincia di Bolzano. La proposta della Giunta ha dunque come obiettivo quello di riportare la cosa nella sua giusta dimensione: l'energia è questione strategica per i territori e quel che ne viene, in termini di responsabilità e di risorse, deve essere equamente suddiviso.

In commissione la proposta era stata sostanzialmente condivisa, ma in Consiglio apriti cielo. Un DDL specifico diventa l'occasione per un dibattito generale dai toni durissimi. E' davvero difficile comprendere come un'operazione strategica, che ha riportato in Trentino la produzione di energia che prima veniva realizzata dall'Enel e dall'Edison, possa essere giudicata come una forma di privatizzazione od esproprio verso i Comuni. Specie in riferimento a Dolomiti Energia, il cui pacchetto azionario è in larga misura controllato dai Comuni di Trento e di Rovereto.

Il dibattito diventa parossistico. Da parte della Lega viene messa sotto accusa la presenza di una quota privata in Dolomiti Energia, per cui si parla di società offshore e di risorse pubbliche che finiscono nei paradisi fiscali. Uno dei soci privati, "FT energia", che conta complessivamente l'11,8% del pacchetto azionario di DE, ha al suo interno una cinquantina di società che vengono dal Trentino, dall'Italia e da mezzo mondo. Fa sorridere che i talebani del liberismo facciano le pulci ad una società privata che raccoglie una piccola percentuale di azioni in un gruppo a larga maggioranza pubblica. E, in ogni caso, non si tratta di una presenza diretta ma indiretta. In un settore come quello dell'energia che a livello nazionale viene gestito dalle multinazionali, ivi compresa la lobby del nucleare, grazie alla demagogia della Lega diventa un caso la gestione pubblica dell'energia in Trentino. Siamo davvero al paradosso.

Quando quest'assurda discussione - che non centra un fico secco con la trattativa con il Sud Tirolo per la centrale in oggetto - si conclude, le minoranze approfittano di qualche assenza della maggioranza per far saltare il numero legale. Morale? Una discussione che avrebbe potuto concludersi  in mattinata si protrae invece fino alle 18.00.

In mezzo a tutto questo, incontri, riunioni, telefonate, messaggi. Fra questi l'incontro con Tommaso Iori che sta facendo la tesi di laurea sui sinti in Trentino: gli propongo di costruire insieme un'iniziativa nell'ambito del Forum e ci accordiamo in questo senso.

La giornata volge al termine. Ci tenevo ad andare alla costituzione del circolo del PD del Trentino di Mezzocorona ma l'energia è davvero esaurita.

mercoledì, 29 settembre 2010Lawrence d\'Arabia

Dopo sei mesi di gestazione, nella cornice di Palazzo Trentini, presentiamo "Cittadinanza Euromediterranea". Un programma articolato in quattro itinerari di cui parliamo ampiamente in altra parte di questo blog. Un programma aperto, che si va arricchendo mano a mano che ne parliamo e incontriamo persone e soggetti che intendono sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda delle storie, dei saperi, dei pensieri e delle geografie di questo viaggio.

Mi chiama Predrag Matvejević, è a Roma alla presentazione del festival sulla letteratura viaggiante. E' allegro, mi racconta che il suo libro sul pane è al primo posto nella saggistica e mi conferma che a metà ottobre sarà a Trento. Ci siamo conosciuti diversi anni fa in qualche conferenza che aveva come oggetto la tragedia balcanica degli anni '90, e abbiamo poi continuato ad incrociare i nostri sguardi.

Nel presentare il programma parlo del Califfato di al-Andalus, un pezzo di storia che in genere non viene nemmeno proposta, forse perché non rientra nello schema di culture che si vivono in sottrazione rispetto ad altre. Mentre ne parlo o rispondendo alle domande che i giornalisti mi rivolgono mi rendo conto di quanto sia importante affidare al racconto piuttosto che alla presa di posizione ideologica l'approccio verso i temi della convivenza e del conflitto.

Come accade frequentemente quando non hai sangue da offrire, alla conferenza stampa ci sono alcuni mezzi di informazione, altri no. E così la conferenza stampa diventa itinerante, ma perdi un sacco di tempo. Al Trentino mi chiedono di scrivere un editoriale per l'edizione del giorno successivo, cosa che non mi peserebbe affatto se non ci fosse in corso la riunione del Consiglio Provinciale. Gia nel corso della mattinata, per la presentazione, ho dovuto disertare una parte dei lavori. Non che mi sia perso granché, sia chiaro.

Finisco il giro della stampa che ormai riprendono i lavori. Si accavallano appuntamenti e temi sui quali devo intervenire. Mi viene a trovare Riccardo Mazzeo, persona squisita e intelligenza creativa del Centro Erickson, casa editrice trentina che si è ritagliata uno spazio significativo sul piano nazionale e non solo nell'editoria specializzata. Vorrei coinvolgerlo nel programma "Cittadinanza Euromediterranea" e mi propone di inserirvi un appuntamento con Edgar Morin o Zigmunt Baumann, pensieri obliqui che ben potrebbero incardinarsi nella riflessione proposta.

Quando finisco con Riccardo devo vedere con Martina e con Diego le ultime cose organizzative dell'iniziativa di presentazione di venerdì sera e il materiale grafico.

Sento Tommaso Iori che sta lavorando ad una tesi sui Sinti trentini perché vorremmo dedicare al popolo viaggiante, quello che sa "leggere il libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura" come cantava Fabrizio, un momento del nostro racconto sulla cittadinanza.

Torno in aula perché si discute la mozione dell'Upt per salvare la vita di Sakineh. Proprio oggi il governo di Ahmadinejad ha annunciato che Sakineh è stata condannata all'impiccagione: in Consiglio si sviluppa un confronto piuttosto acceso perché il diritto alla vita e la moratoria della pena di morte diventano l'occasione da parte di qualche consigliere della minoranza per attaccare la religione islamica o le pratiche abortive. Nel mio intervento parlo della pena di morte nel mondo e del fatto che la scorsa settimana un'altra donna, Teresa Lewis, oltretutto affetta da disabilità psichiche, sia stata messa a morte negli Stati Uniti.

Qui dentro c'è gente che ritiene un avvenimento andare a Roma, figuriamoci cosa volete che sappiano dell'Iran, di un pese grande come mezza Europa e di rilevante peso sul piano geopolitico. E cosa volete che si sappia della forte ed ampia dialettica politica e culturale che l'attraversa. Provo quindi a spiegare come la battaglia per salvare la vita di Sakineh altro non sia che la prosecuzione della lotta per la democrazia in una regione sulla quale si stanno addensando nubi cariche di tempesta. Non so altrimenti come giudicare l'approvvigionamento senza precedenti di cherosene da parte dello stato israeliano, o l'accordo fra Romania e Israele sull'uso dello spazio aereo rumeno da parte dell'aeronautica israeliana. Segnali di guera che potrebbero avere conseguenza inimmaginabili.

Il tempo di votare la mozione e incontro Massimo Sinigaglia, responsabile trentino di Banca Etica, che mi chiede di attivarmi per sostenere la campagna "Zero Zero Cinque" per l'introduzione di una piccola tassa (lo 0,05%) sulle transazioni finanziarie. Un deterrente contro la speculazione, per la trasparenza e per la raccolta di risorse rispetto ad un contesto dove la finanza globale fa il bello e cattivo tempo. Raccolgo l'invito che estenderò verso il Consorzio dei Comuni trentini e più in generale nell'iniziativa sulla quale sto lavorando relativamente alla trasparenza sulle acquisizioni immobiliari. Parliamo anche di acqua pubblica, rendendolo partecipe al progetto che stiamo studiando intorno alla legge per utilizzare appieno le prerogative dell'autonomia nella gestione delle acque.

Fra un incontro e l'altro butto giù il pezzo che oggi il Trentino riporta in prima pagina e che potete trovare nella home page di questo sito. Segue un nuovo appuntamento, per "Abitare la terra", la grande mailing list che ormai da qualche anno settimanalmente informa migliaia di persone sugli appuntamenti che riguardano i temi della pace e della mondialità. Con Chiara Ghetta e Alessandro Graziadei ci scambiamo un po' di idee e ci diamo appuntamento per la prossima settimana.

Finiamo l'ultima votazione alle 19.45. Corro a casa per finire di scrivere il pezzo per il Trentino, e intorno alle 21.30 posso finalmente tirare il fiato e cenare con Gabriella. E' il giorno del nostro omomastico, ma giunti a questo punto nemmeno ce ne ricordiamo.

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martedì, 28 settembre 2010Valsugana, filanda

Inizia oggi una nuova sessione del Consiglio provinciale. All'ordine del giorno più di venti interrogazioni a risposta immediata, il disegno di legge sui rapporti con le istituzioni europee, un'altra proposta di legge per regolare i rapporti con la Provincia di Bolzano sulla centrale idroelettrica di Stramentizzo, un'infinità di mozioni ed altre cose di minore importanza.

Potremmo definirla una sessione di ordinaria amministrazione, se non fosse che devo seguire in prima persona alcuni dei temi che vengono trattati. Fra questi la mozione di Roberto Bombarda sul futuro della Valsugana. Un testo presentato già qualche mese fa e poi continuamente rinviato, in attesa di un chiarimento circa le iniziative legislative sull'inquinamento industriale. Ma dopo il passaggio di ieri in terza Commissione legislativa del Disegno di legge unificato sull'acciaieria di Borgo Valsugana e la sua approvazione, è bene trattare l'argomento. Perché la nuova legge, quando approvata, potrà sgomberare il campo dal tema che più ha destato allarme sociale, quello della salute dei cittadini e dei lavoratori, permettendoci così di affrontare serenamente quello cruciale del futuro, ovvero di un modello di sviluppo sostenibile della Valsugana, che possa fare a meno di un insediamento pesante come l'acciaieria.

La mozione in discussione ci permette di avere un primo scambio di idee. Propongo a Bombarda di modificare il dispositivo finale, aggiornandolo ed allargandolo. In questo devo fare i conti con il mio stesso gruppo consiliare, visto che il consigliere Bruno Dorigatti non vuol sentir parlare di riconversione dell'acciaieria che a suo modo di vedere (ma è effettivamente così) vorrebbe dire auspicare la chiusura di quell'insediamento industriale. Che sia questa la direzione nella quale si vuole andare in prospettiva, non c'è dubbio. Sarà un percorso lungo, complesso, che dovrà farsi carico dei lavoratori che vi sono occupati e della bonifica delle aree industriali inquinate, ma se non vogliamo trovarci fra dieci anni nelle stesse condizioni attuali, è necessario avviare da subito un progetto capace di individuare, a partire dalle vocazioni del territorio, un'alternativa di sviluppo.

Il dispositivo finale pone dunque il problema in termini generali, senza predefinirne gli esiti, indicando la necessità di un ripensamento sull'economia della valle, introducendo il tema dei parchi fluviali e del Lagorai, indicando una soluzione al tema della viabilità nella direzione di un alleggerimento del carico di veicoli attraverso forme di pedaggio per disincentivarne l'utilizzo specie per i mezzi pesanti ed altro ancora. Grazie a questo lavoro non facile di mediazione, ne esce comunque una mozione importante, che può aprire una fase nuova di confronto. O, almeno, speriamo che sia così, perché di mozioni e ordini del giorno inattuati ce n'è un vero e proprio cimitero. Ma su questo, con i consiglieri Bombarda e Zeni, concordiamo di avviare da subito una serie di incontri da realizzare in Valsugana, affinché il confronto - quello vero, fuori dagli allarmismi e dall'emergenza - possa prendere una direzione interessante e costruttiva.

Tra una mozione e l'altra cerco di seguire a distanza la preparazione della conferenza stampa attraverso la quale l'indomani presenteremo l'itinerario "Cittadinanza Euromediterranea": comunicati, manifesti, programma, cartoline e quant'altro, anche in vista della prima uscita di venerdì 1 ottobre a Palazzo Thun dove verrà presentato il percorso e rappresentata "L'incantadora" (se volete trovare posto e degustare i sapori mediterranei che lì verranno proposti, vi consiglio di essere a Palazzo Thun per tempo).

Finiamo alle 19.00. Ma non è finita la giornata. Raggiungo un gruppo di amici a Riva del Garda, provati e fortemente delusi per come lì vanno le cose nel PD del Trentino. Intorno alle scelte relative alle elezioni per le Comunità di Valle ma non solo.

Le istanze di rinnovamento si scontrano con pratiche e culture consolidate nel tempo, ma se prive di contenuto rischiano di apparire scontro di potere. Per questo insisto con loro sulla necessità di un profilo culturale e politico alto, perché è di questo che c'è bisogno e perché anche il ricambio avvenga non sulla base di personalismi bensì sulle idee e sull'agire politico. Non ho correnti da proporre, né teste da tagliare, di talebani ce ne sono in giro fin troppi. Ma un'idea nonviolenta della politica ancora fatica ad affermarsi. Provo semplicemente a parlare del mio stesso disagio rispetto ad un partito che nel suo raccogliere storie e pratiche diverse ha ereditato cose importanti ma anche modalità malate, opacità, furbizie.

Naturalmente non convinco nessuno, ma forse qualche dubbio, qualche motivo per considerare il PD del Trentino un luogo comunque utile a garantire cittadinanza politica a idee altrimenti destinate altrimenti alla testimonianza, spero di averlo fatto sorgere. E se alcune battaglie sono state vinte, come ad esempio aver impedito la realizzazione della centrale "Lago di Garda - Altissimo", è grazie in primo luogo a questo presidio.

Quando arrivo a casa, rintocca la mezzanotte.
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lunedì, 27 settembre 2010don quijote e sancho panza

Prende il via una settimana piuttosto faticosa. Mi consola pensare che c'è un limite fisiologico, ma intanto mi scopro a rincorrere gli appuntamenti che si sovrappongono per tutto il giorno. Mi arrabbio di questo ma se devo dirmi la verità ancor di più mi fanno incazzare le piccole meschinità che incontro, i muri ideologici che col cavolo che si buttano giù e con essi la riproposizione di vecchi schemi di pensiero.

Non è un problema di partito. Vale in generale, perché in questo Trentino che amo e del quale rivendico la diversità le barriere permangono, eccome. Perché nella maggioranza che governa la Provincia Autonoma di Trento non esistono ambiti di confronto e capaci di sintesi nuove e più avanzate, perché contano piuttosto le affinità riconducibili a vecchi richiami ideologici, perché conta molto di più la propria visibilità personale.

Così la fisionomia dell'azione di governo prende l'impronta dell'assessore di turno, non di una maggioranza in dialogo. Ci fosse una discussione pubblica, una sede istituzionale, un indirizzo da assumere, un voto da esprimere... nulla di tutto questo.

Ho proposto all'inizio della legislatura, almeno per gli ambiti che cerco di seguire, che vi fossero momenti di condivisione della maggioranza. Niente di tutto questo, piuttosto atteggiamenti stizziti. L'unico luogo di sintesi diviene il presidente, ma ne ha fin troppe di gatte da pelare e l'effetto è che ogni ambito esercita una sorta di reciproca non ingerenza...

Di tutto questo, comincio ad averne le tasche piene. Anche perché mi ritrovo a difendere impostazioni che spesso non condivido affatto.

I lettori si chiederanno con chi ce l'ho. Non mi va di personalizzare, ce l'ho con una maggioranza che non fa politica e che preferisce coltivarsi tante piccole aree di consenso. E con un'opposizione (ma anche nella maggioranza ci sono comportamenti analoghi) che, d'altro canto, salta su ogni carro possibile, su ogni giardino calpestato, su ogni istanza corporativa, pur di catturare qualche fetta di facile consenso.

La politica dovrebbe essere capacità di visione, non il rincorrere degli avvenimenti. Ne parlo con Nicola, un giovane grafico che ho conosciuto in questi giorni e che mi incuriosisce per la sua vivacità di sguardo. Questo stesso pensiero mi ritorna nel pomeriggio quando, in Terza Commissione legislativa, ci troviamo a discutere dei Disegni di legge sull'inquinamento industriale. Perché dopo aver fatto fuoco e fiamme, usato parole definitive, gridato all'attentato alla salute pubblica, si arriva ad un testo unificato che sostanzialmente mette d'accordo tutti. Anche la Lega, che pure sceglie di mantenere in vita il suo testo, quand'anche sia ormai ampiamente superato da quello unificato. Ho l'impressione che dei contenuti del provvedimento in questione non gli importi più di tanto e che invece quel che conta sia ciò che si può brandire in campagna elettorale.

Non c'è onestà intellettuale. E nemmeno senso delle istituzioni. Solo competizione, la politica è ricerca del potere e gara a chi disarciona gli avversari, con qualsiasi mezzo.

A tarda serata approviamo il testo unificato a partire dalle proposte della Giunta e di Kessler. E' importante togliere di mezzo la paura e poter avviare una discussione serena sul futuro della Valsugana. Che peraltro è già cominciata e che non si esaurirà in tempi brevi. Nel frattempo l'acciaieria dovrà attenersi a limiti più rigorosi nelle emissioni. Un positivo risultato, che sgombra il campo dall'emergenza ma che non rappresenta la soluzione del problema, che invece va ricercata in un modello di sviluppo che punti alla valorizzazione delle vocazioni del territorio. Un invito ai circoli del PD del Trentino e alle associazioni della società civile perché si passi ora a parlare pacatamente delle caratteristiche di un progetto di sviluppo autosostenibile per la Valsugana e il Lagorai.

 

venerdì, 24 settembre 2010Trento, manifestazione del Forum contro la pena di morte

Inizia Educa, la kermesse roveretana sull'educazione giunta alla sua terza edizione. Un appuntamento ormai nazionale, quest'anno dedicato ad un tema di grande profilo come si evince dal titolo: "Generazioni". Più di quaranta eventi, dedicati alle parole, alle azioni e alle emozioni. Quattro giorni intensissimi ai quali porto anch'io un piccolo contributo nel seminario intitolato "Rivenire al mondo dopo una guerra". Un centinaio di ragazzi ed i loro insegnanti sono qui per ascoltare la voce di Elena Patoner, di Fabrizio Bettini e la mia. Si parla di Burundi, di Kosovo, di Medio Oriente, di guerra e di dopoguerra. Dopo le testimonianze di Elena e Fabrizio, volontari in terre di conflitto violento, provo a parlare del valore di prendersi la distanza necessaria per mettere a fuoco un presente sempre più interdipendente, il valore della cooperazione non tanto per aiutare qualcuno ma per aiutare se stessi a stare al mondo, per comprendere le connessioni, per capire che la guerra non è una stranezza ma la normalità e che se vogliamo evitarla dobbiamo prenderla per mano, elaborarla, comprenderne i suoi lati inconfessabili.

Non so quanto le nostre parole entrino nel cuore e nella mente di queste giovani persone, ma certamente non sono la solita banale tiritera dei buoni e dei cattivi. Indagare sulla banalità del male. Indagare non solo sulla colpa criminale, ma anche su quella politica e morale, delle milioni di persone che hanno sostenuto le dittature del Novecento, di chi poteva fare qualcosa per impedire quel che è avvenuto e non ha alzato un dito o ha finto di non vedere. Indagare il criminale che alberga in ciascuno di noi, a partire dal racconto di giovani soldati diventati criminali per caso, per paura o per vendetta.

I ragazzi sono molto attenti, in diversi prendono appunti. Tommaso, rappresentante della Consulta degli studenti, è molto contento delle cose che abbiamo raccontato e mi chiede perché non promuovere nelle classi dei momenti formativi su questi temi. Mi chiedo perché la storia debba essere sempre così banalizzata ed incapace di insegnare qualcosa, mi chiedo perché la formazione permanente dei nostri educatori non possa essere più incisiva. E mi chiedo perché la politica ha smesso di analizzare i processi reali, incapace com'è di descrivere il presente.

Finito l'incontro vado nell'aula magna dove si tiene l'incontro degli "amici di Educa" ma gli interventi che mi capita di ascoltare non mi trasmettono nulla. Qualche minuto e poi parto per la provincia di Verona, dove mi attende una riunione del gruppo di lavoro di Viaggiare i Balcani. Siamo a Castelnuovo sul Garda, un proliferare di case a schiera di un turismo senza qualità tant'è che in quel tratto del lago c'è perfino il divieto di balneazione. Basta davvero mettere fuori il naso dal Trentino per rendersi conto di quanto della diversità di quel che abbiamo. Le criticità non mancano nemmeno in Trentino, sia chiaro, ma è davvero tutta un'altra cosa.

L'indomani a Mori, nell'incontro con Giuliana Sgrena nella piazza del borgo lagarino, una giovane ragazza si rivolgerà a Giuliana chiedendole se sa che in Trentino, nonostante si parli tanto di pace, si sta costruendo una grande base militare. Ovviamente non ne può sapere nulla, per due ragioni, anzi tre. Perché l'Italia è piena di caserme, vecchie e nuove, e non mi pare che l'esercito sia stato messo al bando non risultando agli occhi della stragrande maggioranza degli italiani né inutile, né anacronistico. Tanto meno considerano la presenza militare della Nato nel nostro paese qualcosa che andrebbe superato. Così il governo Prodi che nei pochi mesi di intervallo fra un Governo Berlusconi e l'altro ha sfrattato le basi americane alla Maddalena, ha perso le elezioni, in Italia ed anche in Sardegna. Come se non bastasse, dopo di lui anche Soru. In secondo luogo, perché quella che è stata progettata a sud di Trento è appunto una caserma che sostituisce, ridimensionandolo, l'insediamento precedente, visto che si passa da un'area militare di 59 ettari ormai nel cuore della città ad un'area di 29 ha, peraltro non interamente utilizzata. Ed infine perché in realtà non si sa bene nemmeno che fine farà anche questo insediamento, tanto è vero che si sta ipotizzando una nuova rinegoziazione dell'area ed in questo senso abbiamo presentata una mozione in Consiglio Provinciale.

Lo schema è quello di sempre: tanto peggio, tanto meglio. E noi, una manica di traditori. Tutto rientra nello schema, in bianco e nero.

 

giovedì, 23 settembre 2010Ugo Tartarotti

L'attività consiliare è ormai entrata nel vivo. La terza Commissione legislativa provinciale si riunisce per la discussione di merito sui Disegni di Leggi relativi alle norme sull'inquinamento industriale, che poi significa, anche se non ne fa cenno alcuno nell'articolato di legge, "Acciaieria di Borgo Valsugana". Le proposte sono tre, quella di alcuni consiglieri di centrosinistra (primo firmatario Giovanni Kessler), quella della Giunta (primo firmatario Alberto Pacher) e quella della Lega Nord. Si cerca di arrivare ad un testo unico sulla base di una proposta concordata fra Kessler e Pacher, ma la Lega chiede tempo.

Se penso al dibattito gridato dei mesi scorsi, il clima di oggi sembra irreale, quasi si fosse giocato con la paura della gente. Perché la realtà delle emissioni negli ultimi mesi era già ampiamente al di sotto di quanto previsto tanto dalla normativa vigente come di quella che si va profilando. Muoversi secondo il concetto di prudenza è quanto mai utile, specie se si è in presenza di un impianto comunque nocivo qual è quello di un'acciaieria. E dunque nuovi limiti più favorevoli all'ambiente e alla salute non possono essere che auspicabili. Nella consapevolezza che i limiti ammissibili riflettono sempre un determinato livello di conoscenza scientifica circa il grado di nocività degli agenti sprigionati da un impianto come quello in questione. E che ciò che oggi appare ammissibile domani potrebbe venir considerato altamente nocivo.

E allora forse la domanda dovrebbe essere un'altra: che senso ha un insediamento industriale di questo tipo in una valle ricca di risorse la cui valorizzazione appare confliggente con l'impatto di un industria pesante?

Voglio immaginare che quello in corso non sia altro che il preludio di un confronto attorno alla più complessa questione del modello di sviluppo della Valsugana. In altre parole, sbarazziamo il campo dall'allarme sulla pericolosità delle emissioni inquinanti ed affrontiamo il tema del superamento di questo insediamento industriale, nella direzione della valorizzazione delle vocazioni del territorio. Questo significa mettere in campo una visione antropologica dello sviluppo, il rapporto fra l'azione dell'uomo, l'ambiente e le sue caratteristiche, in un progetto economicamente e socialmente sostenibile. Molti interventi in questi mesi si sono inoltrati in questa direzione, a cominciare dall'architetto Ferrari sul Parco del Lagorai, seguito a ruota da molti altri. E' questa la strada maestra che indico nel mio intervento.

A proposito di sostenibilità, il centrodestra vorrebbe introdurre la navigazione a motore, seppure solo per i pescatori, nel tratto trentino del Lago di Garda. Proposta che viene bocciata, senza tanta discussione. Nei giorni successivi mi capiterà di raccogliere la testimonianza di un pescatore amatoriale di Castelnuovo del Garda su come la proliferazione dei natanti a motore degli industrialotti padani stanno gravemente compromettendo il fragile ecosistema lacustre. E di come venga visto come segno di speranza il senso di civiltà che esprime il Trentino con il suo divieto dei motori (che non siano per i pochi traghetti del trasporto pubblico).

Nelle intenzioni avrei voluto prendermi il pomeriggio libero da impegni per prepararmi per l'incontro del giorno successivo ad Educa. E invece gli appuntamenti si accavallano, prima con il vicepresidente Pacher, poi con il gruppo di lavoro del Forum, poi ancora con Nino Mazzocchi. Un salto al Centro di formazione per la solidarietà internazionale per salutare Luciano Carrino, funzionario del Ministero degli Esteri e fra i promotori delle prime esperienze di cooperazione internazionale attraverso i partenariati territoriali.

Di seguito sono in Comune per sistemare gli aspetti autorizzativi per la presentazione di "Cittadinanza Euromediterranea" che avverrà venerdì prossimo 1 ottobre con un evento speciale nel cortile di Palazzo Thun. Roberta Biagiarelli rappresenterà "L'incantadora", serata ricca di suggestioni (e sapori) mediterranei.

E' pomeriggio inoltrato. Sull'agenda si sovrappongono la conferenza "Misurare il benessere delle persone e della società: una sfida per la statistica e la politica" che vede l'intervento del presidente dell'Istat Enrico Giovannini e la festa per il novantesimo compleanno di Ugo Tartarotti. Come a dire, la ricerca e il sentimento.

Prevale quest'ultimo. La sala di Palazzo Trentini è affollata di amici e compagni, a testimonianza dell'affetto per il vecchio partigiano "Giorgio", per il sindacalista dei braccianti, per il segretario comunista, per il Sindaco di Pomarolo, per il consigliere regionale, per il presidente dell'Anpi ed altro ancora. Un vecchio ed indomabile combattente, che chiude il suo intervento invocando la cacciata dei barbari. Le parole, il canto di Bella Ciao, ci parlano di una storia per certi versi straordinaria, per altri archiviata per sempre malgrado la commozione dei presenti. Che rimane lì, molto spesso priva di elaborazione, sospesa fra nostalgia e rancore.

Esco dalla sala ed è come se volessi scappar via, mi rifugio in libreria e chiedo a Mauro di cercarmi una copia di un vecchio libro ormai dimenticato di Paul Nizan per un piccolo regalo. Inizia così: «Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita».
mercoledì, 22 settembre 2010cantina

Una giornata pressoché estiva, che contrariamente a quel che sarebbe nel mio animo, trascorro davanti al pc, fra posta, skipe, preparazione di materiali, aggiornamento del sito...  Nel pomeriggio faccio la spola fra il Gruppo consiliare e il Forum, ma la giornata si anima solo verso sera, con la Sagra di Cognola, nei pressi di Trento.

Il presidente della Circoscrizione dell'Argentario, Armando Stefani, nel ricco programma di incontri, concerti, meeting che si svilupperanno nella festa del S.Rosario, ha previsto la realizzazione anche di una serata dedicata al "Gioco del piacere alle radici del cibo", articolata in un momento di parola e di pensiero, nella degustazione "alla cieca" di bollicine e casolet, in una cena a cura dei cuochi di Terra madre, il tutto in collaborazione con Slow Food che della serata è l'anima.

La serata prende il via con un incontro sul cibo e l'amore per la terra dove intervengono il responsabile provinciale di Slow Food Sergio Valentini e il sottoscritto come presentatore della Legge 13/2009 sulle filiere corte e l'educazione al consumo consapevole. Ad ascoltarci molte più persone di quelle che potevamo immaginare. Dopo le nostre esposizioni, sul ruolo di un'associazione come Slow Food e su quello della politica nel valorizzare i prodotti di qualità del territorio, nel fare sistema locale, nell'orientare in maniera virtuosa i consumi di una comunità, seguono molte domande. Ci vorrebbe tutta la serata, tante sono le osservazioni che vengono proposte.

Come già in altre occasioni, trattandosi di un tema dalle vaste implicazioni, il confronto tocca molti temi: l'agricoltura trentina e le derive monoculturali, la qualità del cibo e la sua tracciabilità, la salute, l'economia locale... Ma anche la cornice generale, ovvero un'economia che perde progressivamente, sotto l'influenza della finanziarizzazione, il proprio rapporto con la realtà. E' il tema dell'economia vera rispetto a quella virtuale, dell'economia legata alla produzione di beni utili rispetto a quella criminale, è il valore del ritorno alla terra.

Un forte applauso conclude questa parte dell'incontro dedicata alla riflessione. Entriamo così nei sapori della serata, con l'illustrazione delle caratteristiche del casolet, formaggio trentino diventato nel corso degli anni "presidio" Slow Food. Giampaolo Gaiarin, tecnico lattiero caseareo di Slow Food International , ci aiuta a comprendere quel che per fretta, incuria o incompetenza non riusciamo a cogliere ogni volta ci avviciniamo ad un pezzo di formaggio. Ed è interessante scoprire alcuni dei piccoli grandi segreti che può custodire un caseificio o una malga.

Questo passaggio fra il generale ed il particolare credo corrisponda bene alla dimensione necessaria di una politica che si proponga di abitare un tempo sempre più interdipendente, nella sua capacità di leggerlo ma anche nel mettere in evidenza lo spazio di ognuno per modificarne gli esiti.

martedì, 21 settembre 2010attrezzi

Vediamo un po'. Ore 8.30, al gruppo, mi trovo con Francesca per condividere gli impegni del Forum su Millevoci. Alle 9.00 un salto al Forum per incontrare le rappresentanti dell'associazione Mimosa di Gardolo, che ci aiuteranno nell'iniziativa sul tema del pane che realizzeremo in piazza a Trento il 16 ottobre prossimo. Prove di cittadinanza euromediterranea.

Alle 10.00 inizia il Consiglio regionale. E' la prima riunione dopo la pausa estiva, ma il clima non è affatto diverso da quello che abbiamo lasciato alle nostre spalle a luglio. Contrapposizioni scontate sulla surroga di un membro dell'Ufficio di presidenza fin quando la conferenza dei capigruppo non trova un accordo. E poi si passa a discutere della legge regionale sulla previdenza, competenza residua in capo alla regione, che in serata approviamo. Durante la pausa dei lavori, veloce riunione del gruppo consiliare dove parliamo proprio del percorso di ricerca e di stimolo sul futuro della Regione, sul quale affideremo un incarico ad hoc per definire una proposta che ci faccia uscire dall'imbarazzante inutilità di questa istituzione.

Nel corso del pomeriggio, faccio un salto di sotto, dove nel salone di rappresentanza della Regione inizia l'annuale assemblea degli organismi di volontariato internazionale. Tante persone amiche, esperienze di grande valore e profilo che contribuiscono a fare diverso il Trentino. Un mondo dai tanti volti, per la verità. Alcuni dei quali faticano ad uscire dalla vecchia logica dell'aiuto umanitario. Nelle oltre duecento associazioni rappresentate c'è un vero e proprio spaccato della nostra comunità, fra istanze di forte innovazione e molti conservatorismi.

Non riesco a seguirne i lavori, diviso come sono diviso fra il Consiglio Regionale che si chiude alle 18.00 e la riunione che inizia poco dopo del gruppo di lavoro con il quale sto costruendo un disegno di legge sul tema dell'educazione permanente. Con me intorno al tavolo per affrontare questo tema ci sono Edoardo Benuzzi, Franco Ianeselli, Chiara Ghetta, Michele Ghezzer, Adriano Tomasi, Alberto Tomasi. Ugo Morelli, Giuseppe Ferrandi e Dario Ianes, pure coinvolti, non sono potuti venire. E' la seconda volta che ci incontriamo, questa volta per analizzare la proposta di legge di iniziativa popolare sull'apprendimento permanente presentata nei mesi scorsi dalla Cgil e la legge regionale della Toscana su questo stesso tema.

L'argomento è di quelli che considero decisivi; la discussione, come già nel primo incontro, è davvero molto interessante. Siamo ancora nella fase preliminare ed è dunque necessario in primo luogo capirsi bene su quel che s'intende per educazione permanente, perché possono esserci accezioni diverse: lo studio finalizzato al conseguimento di un diploma o di una laurea, la formazione professionale, i corsi di aggiornamento legati agli ammortizzatori sociali, la rimotivazione delle persone nella loro attività professionale come nel volontariato, il piacere di innovare la propria conoscenza ed altri ancora.

Focalizzare questi aspetti diventa decisivo per poter articolare una proposta complessiva e nelle sensibilità presenti all'incontro si esprimono indirizzi o priorità anche diverse, in realtà complementari. Personalmente credo che l'educazione permanente rappresenti una condizione essenziale per abitare un tempo in continua e profonda trasformazione, una risposta alla crisi, il bisogno di definire strumenti per rimettersi in gioco.

Le idee e le proposte non mancano affatto, prima fra tutte quella di operare una vera e propria ricognizione delle opportunità formative che vengono offerte in Trentino, che sono moltissime e di cui spesso non si sa granché. Decidiamo di proseguire la fase di ascolto, promovendo una giornata di lavoro sul tema nella quale coinvolgere studiosi ed esperienze di qualità, in Trentino come sul piano internazionale. Mi piacerebbe poter presentare il DDL nel contesto della discussione sulla manovra finanziaria 2011, per cui inizieremo contestualmente a lavorare anche su un'ipotesi di articolato. Finito l'incontro condivido con Franco Ianeselli l'importanza decisiva di lavorare su questo terreno per attrezzare una piccola comunità come la nostra a vivere il tempo sapendolo guardare a viso aperto, senza venir soggiogati dalla paura né aggrapparsi al conservatorismo. Avverto una bella comunità di pensiero.

Sono ormai le otto di sera passate e sulla strada di casa la stanchezza si fa sentire.

lunedì, 20 settembre 2010logo

 

L'assemblea del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani è chiamata oggi a varare il programma  annuale  che si svilupperà sul tema della "Cittadinanza Euromediterranea". Un programma che prenderà il via il 1 ottobre e proseguirà per tutto il 2011 per chiudersi l'11 gennaio 2012 con un omaggio a Fabrizio De Andrè. Perché sarà "Creuza de mä", lo straordinario lavoro di De Andrè in dialetto genovese dedicato alle anime del mare, il tratto che accompagnerà "Euromediterranea". Quattro itinerari si snoderanno sulla storia, i saperi, i pensieri e le geografie, attraverso incontri, testimonianze, racconti, viaggi di studio, seminari, manifestazioni culturali. Per andare alle radici di quel che siamo, per comprendere che le identità sono sempre in divenire, per scoprire l'origine di usi e costumi che fanno parte della nostra quotidianità, per dare cittadinanza ai pensieri eretici del Novecento: un programma che si sta arricchendo mano a mano che se ne parla attraverso nuove suggestioni e proposte che vengono da l territorio e dalle associazioni.

La sala Aurora di Palazzo Trentini è colma di persone. C'è una larga condivisione, il programma si arricchisce di nuove proposte, si chiede a tutte le associazioni ed enti un contributo di partecipazione.  Il 29 settembre il programma sarà presentato con una conferenza stampa  e venerdì 1 ottobre ci sarà il via, a Palazzo Thun con la rappresentazione teatrale de "L'incantadora. Cucina e memorie di una filibustiera", suggestioni mediterranee che ci introdurranno nel vivo di un racconto lungo un anno intero. Seguiranno ad ottobre due giornate sul tema del pane con la presenza di Pregrag Matvejević, la manifestazione "Terra madre Trentino",  la storia della famiglia Nuseibeh che da quattrocento anni custodisce il "Santo Sepolcro" a Gerusalemme raccontata dal protagonista, il custode palestinese e musulmano del più importante luogo della cristianità. E così via.

Accanto al percorso "Cittadinanza Euromediterranea", illustro all'assemblea le proposte uscite dall'incontro preliminare per costituire un Tavolo di lavoro sull'emergenza Pakistan che si è svolto in mattinata proprio su sollecitazione del Forum per la Pace e i Diritti Umani. I ritardi nel programma di aiuti verso le vittime di un'alluvione che ha lasciato milioni di persone in condizione di grave indigenza sono stati denunciati dal segretario generale delle Nazioni Unite. Si propone una campagna di raccolta di aiuti incentrata sul diritto all'acqua. L'allarme di queste ultime ore riguarda il diffondersi dell'epidemia di colera come effetto della mancanza di acqua potabile. Sarà dunque attorno alla depurazione dell'acqua che si svilupperà l'iniziativa. Diamo mandato alla Caritas trentina, già presente nel nord del Pakistan e nella regione del Kashmire, di individuare una comunità, gli interlocutori credibili,  il tipo di depurazione necessario,  il grado di sicurezza degli interventi.

Abbiamo in questi giorni l'ennesima dimostrazione di come l'industria dell'umanitario segua logiche perverse come ad esempio l'audience televisiva dell'emergenza. Anni di propaganda attorno allo "scontro di civiltà" hanno avuto l'effetto di distrarre l'attenzione da questo dramma, mix di ideologismo e di cinismo davvero insopportabile. Inutile dire che l'avvio di un'iniziativa della comunità trentina appare quanto mai necessaria.

 

venerdì, 17 settembre 2010il Cafe de la paix

Una volta tanto inizio dai giornali. Il quotidiano L'Adige riporta in cronaca di Rovereto con grande rilievo il fatto che The Economist, il più prestigioso settimanale d'informazione britannico, parla del "più importante sito di informazione sull'area balcanica" riferendosi all'Osservatorio Balcani Caucaso.

Un riconoscimento importante, che premia il lavoro di anni di un collettivo di grande valore, l'equilibrio nella lettura della realtà, l'idea stessa dell'Osservatorio. Al quale seguirà la presenza di uno dei più qualificati giornalisti della testata londinese, Tim Judah, che sarà a Rovereto in occasione della festa del decennale di OBC il 27 novembre prossimo.

Del resto basta scorrere i numeri del sito, la qualità delle sue produzioni, dalle inchieste ai documentari, l'attività formativa nella collaborazione con le Università italiane, il valore dei momenti di approfondimento annuali, per avere un'idea del ruolo svolto da questo progetto.

Spiace che qualche volta sia la politica a non capire l'importanza di uno sguardo europeo che OBC ci offre e di quanto possa essere produttivo (non solo in termini di immagine) investire sulla qualità per qualificare il Trentino e la sua autonomia. Per contraltare, va considerato il "miracolo" di una terra che decide di mettere in gioco risorse importanti per dotarsi di uno strumento di questa natura, che forse non paga sul piano elettorale ma che viene guardato da tutti gli addetti ai lavori come un patrimonio ed un investimento europeo in senso pieno. E, alla fine, capace pure di attrarre risorse attraverso l'apporto che OBC fornisce a progetti europei e nazionali.

Lo stesso quotidiano pubblica oggi in cronaca di Trento la proposta del Forum per la Pace e i Diritti Umani di realizzare nel cuore del capoluogo un "Cafe de la paix". Un mio vecchio sogno nel cassetto che sta piano piano prendendo forma grazie all'accordo con l'Itea di mettere a disposizione del Forum un angolo molto bello ma oggi abbandonato del centro storico, il passaggio Teatro Osele (l'antico teatro della città), lungo il vicolo che porta da via del Suffragio al Castello del Buonconsiglio. Vi viene dedicata un'intera pagina ed in effetti si tratta di una proposta che potrebbe qualificare il centro cittadino tanto sotto il profilo culturale quanto per sottrarre all'abbandono e al degrado questo pezzo di città e della sua storia (trovate il progetto su http://www.forumpace.it/ ma ne parleremo anche in questo sito non appena lo presenteremo ufficialmente).

Due avvenimenti nei quali, come sapete, c'è anche un po' del mio impegno. Che oggi scorre fra il lavoro della terza Commissione legislativa che vara a tempo di record il Disegno di Legge della Giunta sulla centrale San Floriano - Stramentizzo, cui seguono una serie di incontri incentrati nella preparazione dell'assemblea del Forum di lunedì prossimo, quando presenteremo il percorso di "Cittadinanza euromediterranea". Prima con il direttore del Museo storico del Trentino, Giuseppe Ferrandi, poi con il professor Ugo Morelli, amico con il quale condividiamo negli anni un percorso di ricerca culturale e politica di prima importanza. E infine con un giovane grafico, che curerà per il Forum il segno di "Euromediterranea". Una sintonia immediata, nonostante ci dividano due o tre generazioni.

Piove ma ciò nonostante decido di andare nei miei boschi della Valle dei Mocheni. Pochi porcini ma una grande abbondanza di funghi. Segni di una stagione tutt'altro che conclusa.
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giovedì, 16 settembre 2010tien an men

Ho parlato ampiamente nella "Lettera agli amici 3" della difficoltà che oggi segna la politica nella capacità di leggere il presente. E di come questo si traduca nel rincorrere gli avvenimenti, senza una visione progettuale in grado di dettare l'agenda anziché subirla. Alla carenza di visione corrisponde una progressiva degenerazione delle forme della politica, per cui sempre più frequentemente sono i destini individuali a condizionarne le scelte, con quel che significa nella formazione dei gruppi dirigenti o delle candidature.

Questi malanni di cui soffre la politica riguardano anche il PD. Sul piano nazionale, ma anche su quello locale. Walter Veltroni dice a chiare lettere che "manca una visione" ed ha ragione. Ma il suo orizzonte non sembra poi tanto diverso da quello dell'attuale leadership e i documenti congressuali lo testimoniavano. Perché il problema non è quello di tirare fuori dal cappello qualche invenzione o una parola d'ordine più efficace delle altre. E' che il mondo è cambiato e continuiamo a leggerlo con le categorie di prima. Insomma, siamo ancora profondamente immersi nel Novecento. Il PD è nato per esprimere una nuova visione, un cambio di paradigma che però non c'è stato. In compenso i destini personali sono invece piuttosto chiari. E su questi si costruisce una geografia interna parossistica, che con la politica non ha sostanzialmente nulla a che vedere.

Il PD del Trentino non è poi tanto diverso. Le culture che vi sono confluite faticano a costruire sintesi nuove, le vecchie appartenenze ancora ne segnano la vita. Stenta ad emergere un gruppo dirigente all'altezza del primo partito del Trentino. Nei circoli si preferisce la discussione sulle regole e sulle candidature (c'è sempre una scadenza elettorale di mezzo) piuttosto che nel merito dei temi che segnano il nostro presente. Il gruppo consiliare è un'insieme di individualità, non un collettivo.

Nel dire queste cose non voglio puntare il dito contro nessuno. Questo è anche il mio partito, sia chiaro. Ne avverto l'inadeguatezza, semplicemente. Lo vorrei diverso, capace di pulsare con il nostro tempo. In questo quadro, credo che il percorso di sperimentazione politica originale non si debba fermare.

Lo scarto di pensiero di cui c'è bisogno non avviene per miracolo. Va plasmata una nuova narrazione, occorre un adeguato programma di formazione ed una capacità di presidiare i temi con uno sguardo insieme globale e locale. Il che richiede un investimento di risorse ed uno spazio adeguati, spesso stridenti con i tempi della politica e le sue ritualità.  

Ne parlo con Alberto Pacher, ci troviamo sostanzialmente d'accordo nella necessità di provare ad indicare un'agenda tematica da porre all'attenzione del corpo del partito ed in particolare dei circoli.

Ed è proprio la necessità di un cambio di paradigma il tema che affronto con un folto gruppo di giovani (e anche qualche meno giovane, per la verità) al Centro di formazione alla solidarietà internazionale. Il titolo della mia lezione recita "Dall'aiuto umanitario alla cooperazione fra comunità", ma è l'occasione per spaziare a 360° su un mondo che, nell'interdipendenza, non può più essere osservato con le lenti del passato. Per quattro ore una trentina di persone mi stanno ad ascoltare e mi pongono domande a raffica. Avverto che le cose che dico aprono finestre prima sconosciute ed alla fine in molti mi chiedono di proseguire questa conversazione, chi nell'approssimarsi al servizio civile nei Balcani, altri nel loro avvicinarsi all'impegno associazionistico, altri ancora acquistando "Darsi il tempo". Un gruppo di ragazzi mi chiede di fare un viaggio con loro, chissà che non ci si possa trovare per un caffè a Mostar.

Il tempo di salutare Silvia Nejrotti che non vedo da qualche mese e poi alla riunione della Commissione Ambiente del PD del Trentino. Parliamo di acqua, biodigestori, energia e futuro della Valsugana. Temi veri, il confronto è utile e costruttivo. E spazia anche oltre. Quando finiamo è notte.

 

mercoledì, 15 settembre 2010Lech Walesa nella Sala Depero

Da alcuni giorni Lech Walesa è ospite in Trentino. Leader di Solidarnosc, Presidente della Polonia dal 1990 al 1995, Premio Nobel per la Pace nel 1983 ed ora padre nobile del suo paese, Walesa è stato una fra le figure più importanti degli anni che hanno segnato la fine del Novecento. Intendo con questo non solo la fine di un secolo ma anche di una storia, quella del muro di Berlino e del comunismo reale.

Lech Walesa era un operaio elettricista e un capo sindacale nei cantieri di Stocznia Gdańska (Cantieri navali di Danzica). Con Jacek Kuron, Adam Michnik, Anna Walentynowicz, Tadeusz Mazowiecki ed altri fondò Solidarnosc e divenne l'inizio di una nuova storia, non solo per quel paese.

Ricordo come allora seguivamo con attenzione e speranza le vicende della Polonia, le lotte nei cantieri navali di Stettino degli anni ‘70, la nascita di Solidarnosc nel 1980, le letture di Michnik e Kuron che tanto hanno influito sull'evoluzione del mio e nostro percorso politico, la stessa scelta nel 1989 di chiamare il nostro movimento politico "Solidarietà". Mi passano davanti tante immagini che un giorno o l'altro andrebbero raccontate, gli incontri con Edmund Baluka (leader delle lotte degli anni '70) e quello più controverso con Janas Marek (esponente cattolico di Solidarnosc), un enorme striscione rosso e bianco che portammo in tante manifestazioni per il diritto al lavoro, il viaggio che organizzammo in Polonia per incontrare clandestinamente gli esponenti dell'opposizione polacca a Cracovia. Insomma, vivevamo quel movimento come parte integrante del nostro stesso impegno politico.

Questa mattina Lech Walesa incontra la nostra comunità alla Sala Depero della Provincia. Mi aspetto una gran folla, al di là di come la si può pensare è l'occasione di ascoltare dal vivo uno dei grandi testimoni del nostro tempo. Invece la politica è sostanzialmente assente, cinque consiglieri provinciali (due della Lega e tre del centrosinistra) e l'assessore Mellarini a far gli onori di casa. Non un esponente sindacale. Pochissimi volti della sinistra. Molti giovani universitari, forse per curiosità, probabilmente come opportunità formativa.

Mi guardo intorno ed ho come l'impressione che il Novecento (con le sue divisioni ideologiche) continui ad occupare tutto lo spazio, anche quello mentale. Oppure è un'altra storia, che non interessa più. Walesa dice cose semplici ma interessanti, talvolta non condivisibili, ma la sua esperienza è tale che vale davvero la pena dedicargli attenzione. Penso che non sarebbe male se, nel viaggio che abbiamo programmato come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani in Polonia, andassimo ad incontrarlo. Mi attiverò per questo nei prossimi giorni.

Parlo di questo ed altro con Stefano Albergoni. Con Stefano, allora giovanissimo segretario del PDS trentino, all'inizio degli anni '90 abbiamo contribuito a rimodellare la sinistra trentina e se oggi il Trentino è diverso rispetto al resto del nord leghista, questo lo si deve anche a quella sperimentazione politica che pur fra mille resistenze riuscimmo ad avviare. Una sperimentazione che non si è affatto conclusa, tant'è vero che insieme vent'anni dopo abbiamo dato vita ad un luogo di idee che si chiama "Politica è responsabilità", che prova a riflettere sul tempo a fronte di una politica che si consuma nel rincorrere gli avvenimenti.

La giornata si conclude in piazza D'Arogno, in un partecipato incontro di testimonianze per salvare la vita di Sakineh e contro la pena di morte. La voce più importante è quella degli esuli iraniani, persone che amano il loro paese e che non hanno rinunciato alla speranza di farlo riemergere dal buio in cui s'è cacciato con Ahmadinejad ed un gruppo dirigente integralista e militarista. Insisto su questo aspetto anche nelle mie poche parole, perché da una svolta democratica in Iran potrebbero nascere nuovi scenari. Al contrario le informazioni che arrivano dal medio oriente sono cariche di cattivi presagi e i fondamentalismi si alimentano a vicenda. Nel dar la parola agli esuli iraniani c'è qualcosa di più che la loro testimonianza: si apre uno spazio nel quale questi giovani possano candidarsi come una possibile alternativa per il cambiamento del loro paese e, insieme, sentirsi parte integrante di questa nostra stessa comunità.

 

martedì, 14 settembre 2010l\'incontro con Shirin Ebadi a Trento

Dedico il diario di oggi ad un piccolo ma significativo episodio. Il Forum trentino per la Pace i Diritti Umani sta lavorando da diversi giorni con un gruppo di esuli e con le associazioni della società civile per organizzare una manifestazione (che avrà luogo oggi, ore 18 in piazza D'Arogno a Trento) per la definitiva sospensione dell'esecuzione della condanna alla lapidazione di Sakineh e, più in generale, e per eliminare la pena di morte in ogni parte del mondo.

Un impegno non nuovo se pensiamo che nei mesi scorsi abbiamo avuto la possibilità di incontrare ed ascoltare la denuncia di Shirin Ebadi, iraniana, premio Nobel per la pace e portavoce della Commissione per i diritti umani del suo paese, in Trentino grazie all'invito del Forum.

Attraverso l'iniziativa mia e di altri consiglieri provinciali abbiamo tenuta desta l'attenzione del Consiglio provinciale e regionale a sostegno dell'opposizione democratica iraniana, nonostante qualche esponente politico affermasse che non era compito di queste istituzioni occuparsi di quanto avveniva in Iran.

Oggi apro il sito del Consiglio provinciale e trovo un'interrogazione che ha come titolo "Sakineh. Il silenzio assordante del Forum per la pace e i diritti umani" presentata dal consigliere Nerio Giovanazzi. Non so se essere stupito, amareggiato o incazzato. Alzo il telefono e lo chiamo, per chiedergli spiegazioni e per informarlo - qualora non lo sapesse - che mercoledì (oggi) a Trento è prevista l'iniziativa a favore di Sakineh. Non una parola di scuse, non il gesto di buonsenso di almeno ritirare l'interrogazione.

Così è ridotta la politica. Così il senso delle istituzioni, visto che il Forum è espressione di tutta la nostra comunità e di tutto il Consiglio provinciale. Così il rapporto fra le persone. Sono semplicemente indignato.

 

lunedì, 13 settembre 2010solitudini

Ci sono giorni in cui l'impegno politico non ti fa tirare il fiato, dove si sovrappongono incontri e riunioni, dove passi da un tema all'altro senza nemmeno avere il tempo di far mente locale. E' quel che mi capita oggi e quando arrivi a sera ti senti svuotato. Quel po' di energia che mi rimane lo uso per queste considerazioni di fine giornata.

Alle 7.30 sono davanti al computer, per preparare un po' di appunti per la giornata, per mettere in ognuno degli appuntamenti un po' di pensiero. Qualcosa s'incaglia. La stampante non funziona, la lavastoviglie di casa perde acqua e, come se non bastasse, fuori sembra autunno inoltrato. Per fortuna posso contare sugli angeli custodi delle Camalghe, Carlo e Daniele, senza i quali la nostra casa sarebbe in balia degli eventi.

Al gruppo consiliare ho solo il tempo di dare un'occhiata ai giornali e poi mi tuffo negli appuntamenti. Il primo è con Alberto Conci e Laura Bampi, al Forum. Nel percorso di revisione del protocollo istitutivo di "Millevoci", pensato allo scopo di mettere alla prova l'efficacia del Centro a dodici anni dalla sua istituzione e in un contesto che è andato radicalmente modificandosi, mettiamo in cantiere una giornata di lavoro che si dovrebbe realizzare agli inizi di dicembre per ricavarne spunti, idee ed indicazioni di lavoro oltremodo utili per il nuovo accordo. Un lavoro iniziato nel marzo scorso con un incontro degli operatori che hanno collaborato con "Millevoci" nel corso di questi anni del quale ho parlato in queste pagine, proseguito con i partner nella stesura di una bozza del nuovo protocollo ma soprattutto nella verifica della volontà di un cambio di passo, tanto attraverso la definizione di nuovi obiettivi quanto nel loro coinvolgimento più vero e che ci metta nelle condizioni di mettere in campo una coralità di soggetti, di sensibilità e di punti di vista. Interdipendenza, conoscenza, reciprocità: sono le tre parole chiave che ci possono aiutare nell'accompagnarci dall'integrazione alla piena cittadinanza. Corrispondono grosso modo a tre comunicazioni a ciascuna delle quali affiancare una suggestione offertaci da un testimone del nostro tempo. Ne esce una proposta che mi sembra convincente, oltre ad una conversazione piacevole e stimolante.

Alle 13.30 mi attendono nell'emiciclo del palazzo della Regione il gruppo anziani di Cadine, in visita al Consiglio provinciale. Sono i miei compaesani, un po' ci conosciamo e non servono tanti convenevoli. Non descrivo loro, se non di striscio, il lavoro che si svolge in quelle stanze. Piuttosto approfitto della loro presenza per parlare di un tema che mi sta a cuore e che vedo toccare anche la loro sensibilità: quello della solitudine come tratto del nostro tempo. Prendo spunto dalla vicenda tragica che abbiamo vissuto in paese, il ritrovamento dopo vent'anni del corpo senza vita di Francesco Vicentini, per parlare nella nostra solitudine, delle porte chiuse, delle paure che condizionano il nostro vivere, quelle immaginarie costruite ad arte e quelle reali che investono l'incertezza del futuro.

"Che cos'è la politica se non dire al tuo prossimo che non è solo?" Il fatto è che oggi la politica non è affatto questo, non rappresenta uno sguardo condiviso sulla realtà, ci gioca sulla paura della gente. Fatica ad offrire visioni e le persone si sentono sole in un mondo che cambia. Non ci sono più i luoghi adatti e allora tutto si riduce alla tua capacità di sopravvivenza, gli altri diventano sottrazione di spazio, prevale la paura.

Molte le domande, poco il tempo: così rimaniamo che mi chiameranno nei prossimi giorni per fare insieme una serata e approfondire le immagini che in pochi minuti ho loro proposto e magari anche di qualche problema locale come il trasporto pubblico che fatica a trovare soluzione.

Di lì a poco c'è la riunione della maggioranza provinciale per avviare il confronto sulla manovra finanziaria 2011. Tema di grande spessore, che richiede di coniugare rigore e fantasia. Il presidente Dellai propone lo slogan "rigore fiscale e rilancio della crescita". Ci sarà modo di parlarne nelle prossime settimane, per ora percorriamo le linee di fondo che ci vengono proposte ma dico subito che preferirei un richiamo forte ad una sobrietà che punti alla riqualificazione della spesa e degli investimenti, insomma lo slogan potrebbe essere "fare meglio con meno". Come si fa? Mentre ascolto il presidente butto giù un paio di pagine di appunti, scarabocchio parole: analizzare i fattori di criticità, rimotivare il personale della pubblica amministrazione, investire nella conoscenza, assunzione di responsabilità ovvero darsi degli obiettivi da raggiungere in ogni comunità, compartecipazione degli utenti ai servizi, puntare su investimenti che creano ricchezza collettiva, mettere in campo la capacità di risparmio della nostra gente... Ci lavorerò nei prossimi giorni e se avete qualche idea da suggerirmi, ben venga.

Un salto all'assessorato alla solidarietà internazionale per aggiornare Luciano Rocchetti su un po' di cose e poi al Forum dove mi attende la riunione del Consiglio della Pace e dei Diritti Umani. Contemporaneamente ci sarebbe anche la riunione del Coordinamento del PD del Trentino con i consiglieri provinciali, ma le istituzioni hanno necessariamente la priorità. L'ordine del giorno è piuttosto nutrito e a raffica parliamo della mobilitazione per Sakineh con un occhio attento all'inasprirsi della tensione in tutta la regione. A seguire, dell'emergenza alluvione in Pakistan e della proposta che abbiamo avanzato come Forum per attivare una campagna per il diritto all'acqua potabile, oggi la vera emergenza che coinvolge più di venti milioni di persone a rischio di epidemie. Aggiorno il Consiglio sul percorso per arrivare al nuovo protocollo di "Millevoci". Arriviamo così al punto centrale della riunione, ovvero il programma "Cittadinanza Euromediterranea". Ci abbiamo lavorato alacremente, la proposta è ambiziosa ma anche convincente e riceviamo i complimenti di tutti i presenti. Il tema delle radici della nostra cittadinanza viene trattato con la leggerezza del racconto e con la forza dei dettagli. Ci sto mettendo l'anima in questa cosa e se saremo capaci di darvi attuazione sarà questo il tratto del Forum. Ne riparleremo all'assemblea del Forum lunedì prossimo e a quel punto lo renderemo pubblico, ma intanto è importante che vi sia una larga condivisione.

La giornata è pressoché terminata. Ci sarebbe ancora una riunione al partito. Ma la misura è colma e preferisco scambiare qualche parola con Massimiliano Pilati di fronte ad un buon bicchiere di vino. Parliamo di quel che vorremmo dalla politica e della distanza che avvertiamo verso quella che c'è. Dei rituali che la uccidono, delle meschinità, dei piccoli poteri, della cattiveria. Dell'urgenza di sintonizzarla sulla realtà che si è smesso di raccontare.

L'accoglienza di casa si rivela un buon rifugio.
venerdì, 10 settembre 2010Palestina, dettagli

Giornata fitta fitta di incontri. Un sopraluogo a Palazzo Thun per verificare gli aspetti logistici dello spettacolo che il 1 ottobre darà il via a "Cittadinanza Euromediterranea". Una riunione con gli esuli iraniani per organizzare il presidio di mercoledì prossimo per salvare la vita di Sakineh e contro la pena di morte in ogni parte del mondo. Fra gli esuli c'è anche Ehsan Soltani, un giovane laureato ed ex ufficiale dei Pasdaran, fuggito dal suo paese due anni fa e che nei mesi scorsi ha denunciato i loschi traffici internazionali nei quali sarebbero coinvolte le guardie della rivoluzione. Finisco con loro ed incontro il gruppo di lavoro di "Viaggiare i Balcani" per parlare dei programmi per il 2011. Di seguito mi vedo con il presidente Marco Depaoli, per proporgli che sia il Consiglio Regionale a promuovere nel 2011 un incontro di città simbolo dell'incontro fra le culture mediterranee. Avremo modo di parlarne. Mi chiama  Lanfranco Cis per dirmi che hanno deciso che l'edizione 2011 del festival Oriente Occidente sarà dedicata proprio al tema delle culture euromediterranee come gli avevamo proposto. Il puzzle si va componendo.

Nel pomeriggio mi incontro con Margherita Cogo per mettere le basi di una nuova proposta sulla Regione. Con noi anche Mauro Cereghini e Paolo Pasi, che dovrebbero dar vita ad un gruppo di lavoro, raccogliere la documentazione, istruire il tema e formulare un'ipotesi di proposta. Che, a grandi linee, dovrebbe partire dall'assegnazione alla Regione di un ruolo squisitamente politico, sbarazzando il campo dalle competenze ancora in essere la cui stessa esistenza, quand'anche residuale, è vissuta dalla maggioranza sudtirolese come un'imposizione a scapito dell'autogoverno. La Regione dovrebbe così rappresentare il cuore di un patto di vicinanza, scelto invece che subito. Parte integrante di un Terzo Statuto che guardi all'Europa in una prospettiva federale.

Credo che i tempi siano maturi per un passaggio di questa natura. Ogni volta che mi è capitato di parlarne con esponenti della SVP ho trovato attenzione e quasi stupore che dai trentini potesse venire una proposta in questa direzione. Parlandone oggi con il presidente del Consiglio Regionale, anche se pure informalmente, ho trovato una buona sintonia. Che nel corso di questa legislatura sia necessario almeno avanzare una proposta sul futuro della Regione è scontato per ogni persona di buon senso, talmente avvilente lo spettacolo che il Consiglio da di sé. Nella consapevolezza che incontreremo seri ostacoli, tanto dalla destra altoatesina quanto da parte di chi, nel centrodestra trentino, è fermo ad una logica - questa sì tutta ideologica - di difesa di un'italianità vissuta in sottrazione e che fatica ad uscire dal conflitto di cui è prigioniera.

Scrivo il comunicato stampa per la manifestazione di mercoledì prossimo per la definitiva sospensione della pena di morte contro Sakineh e inizio a telefonare per raccogliere le adesioni. Chiamo anche Aboulkheir Breigheche, imam della comunità islamica trentina. E' il giorno in cui la comunità festeggia la fine del Ramadam e intendo così far loro sentire la mia vicinanza. Gli parlo anche dell'iniziativa di mercoledì prossimo contro la lapidazione di Sakinek e la pena di morte: la presenza del rappresentante della comunità islamica sarebbe un gesto davvero importante. Il giorno dopo, all'articolista de L'Adige che gli chiede quale sia la posizione della comunità musulmana trentina riguardo alla vicenda di Sakineh Mohammad Ashtian, Breigheche risponderà: «la nostra posizione è decisa: siamo fortemente contrari alla pena di morte e promuoviamo la sua abolizione».

Verso le 18.00 vado alla Sala Depero dov'è previsto l'incontro con lo scrittore e pacifista israeliano Amos Oz. Tantissima gente, come accade ogni volta che a Trento arriva un testimone del nostro tempo. La strada della pace viene descritta con queste parole: «Questa terra è l'unica casa per entrambi. Ma i due popoli non possono diventare un'unica famiglia felice. Perché non sono una famiglia, e perché non sono felici. L'unica soluzione è allora dividere questa casa in due appartamenti, in modo da poter vivere non in amore ma in pace sì e la stragrande maggioranza degli israeliani e dei palestinesi sa benissimo che questa è l'unica soluzione».

Continuo a non credere che questa sia la soluzione. So bene che il movimento per la pace ha sposato l'idea dei "due popoli, due stati" ma, a parte il fatto che questo realismo non ha prodotto nulla e che ogni volta ci si è avvicinati ad una soluzione che andava in questa direzione qualcuno in Israele l'ha fatta saltare, continuo a pensare che la pace in Palestina (e in ogni altra parte del mondo) non si possa costruire erigendo muri di separazione. Che pace è quella che si fonda sulla paura dell'altro? Se questa paura diventa parte di te, come ho sentito ammettere nei miei viaggi in quella terra, il diritto alla sicurezza è destinato a diventare un incubo e capisco perché molta gente, tanto israeliana che palestinese, oggi decida di andarsene da una terra pure tanto amata. Oltre tutto, la formazione di due stati "etnicamente puri", in buona sostanza, comporterebbe il completamento di un processo di pulizia etnica iniziato nel 1948 e francamente non mi sembrerebbe un buon viatico ad una prospettiva di pace. Quel che vedo nel frattempo sono nuove colonie, sottrazione delle risorse come ad esempio il diritto all'acqua, militarizzazione, criminalità organizzata (che si nutre di contesti deregolati).

Occorre, qui come altrove, un cambio di paradigma. Per questo vale la pensa di impegnarsi. Perché in entrambe le società prenda corpo una nuova classe dirigente in grado di scegliere la strada della nonviolenza, una prospettiva diversa i cui ingredienti dovrebbero essere una soluzione regionale in senso euromediterraneo, il superamento dell'idea degli stati etnici (nazionali), l'avvio di un processo di elaborazione del conflitto fondato sul riconoscimento dell'altro, la scelta della demilitarizzazione dell'area. Non so dire se sia più utopica la prima o la seconda soluzione. Ma se anche gli scrittori non sanno andare oltre il realismo, non siamo messi bene.

Certo è che le notizie che arrivano dalla regione sono seriamente preoccupanti. Se dovesse essere guerra con l'Iran (e in Israele ci si sta attrezzando in questa direzione, con l'accumulo di scorte di carburante e con tanto di esercitazioni della sua aviazione in Romania), ogni residua speranza andrà su per il camino. Credo che il presidente Obama l'abbia capito e che cerchi di fermare, con le trattative in corso, il precipitare della situazione.

 

giovedì, 9 settembre 2010sfalcio

Giornata di lavoro nelle Commissioni legislative provinciali. Al mattino la terza Commissione avvia le audizioni sui DDL relativi alle norme sull'inquinamento industriale (sull'acciaieria di Borgo, tanto per capirci). Ne sono stati presentati tre: il primo ha come firmatari Giovanni Kessler Mattia Civico, Margherita Cogo, Mario Magnani e Roberto Bombarda, il secondo del gruppo della Lega e il terzo di Alberto Pacher a nome della Giunta provinciale.

Le proposte non sono tanto diverse e i limiti che vengono posti alle emissioni sono comunque molto al di sotto di quel che prevedono le normative europee. Penso che si dovrebbe arrivare ad un disegno di legge unificato, ma finora non ci si è mossi in questa direzione e devo dire che è un po' ridicolo passare alla fase delle audizioni senza nemmeno averci provato. Quanto alle audizioni, ho l'impressione che aiutino più a distanziare le posizioni che ad avvicinarle. Negli interventi di molte delle associazioni di categoria c'è un approccio verso le questioni ambientali e dello sviluppo davvero datato e rispetto alla questione di immaginare un futuro della Valsugana senza l'acciaieria si spendono pochissime parole. E' ovvio, sia chiaro, che l'audizione verte sulle proposte in campo che non hanno questo orizzonte, ma semplicemente quello dei limiti nelle emissioni. Che peraltro negli ultimi mesi sono state largamente al di sotto delle soglie previste dai tre testi presentati.

La discussione, devo dire la verità, non mi appassiona più di tanto, proprio perché penso che il nodo vero sia proprio il futuro, un progetto di riconversione dell'economia della Valsugana. Spero che la discussione in aula sia l'occasione per ragionare anche di questo e comunque ho in animo di organizzare un giro di incontri sul territorio per parlare proprio delle vocazioni alternative della Valsugana.

Un'ora di pausa per un'insalata veloce (alla faccia della lentezza) dove peraltro mi raggiungono Francesca e Martina per vedere al volo un po' di cose del Forum e poi mi immergo nella riunione della seconda Commissione, dove sostituisco il consigliere Zeni e dove comunque sarei stato presente per l'apertura della discussione sul DDL relativo alla gestione dei Fondi Rustici di cui sono primo firmatario.

Nell'illustrazione della proposta di legge pongo ai commissari in maniera chiara l'orizzonte e gli obiettivi della proposta. Che in generale viene condivisa, previo verifica tecnica con i funzionari della Provincia. Insisto sull'agricoltura in tutto il suo valore di parte essenziale dell'economia reale contrapposta a quella virtuale che ha ridotto l'economia mondo in un immenso casinò. Insisto sulla necessità di favorire l'ingresso dei giovani nell'agricoltura, sul bisogno di terra da lavorare e sul contributo che ne può venire da una corretta gestione di un patrimonio come quello dei Fondi di cui non si ha nemmeno l'esatta dimensione provinciale. Tanto che il DDL propone di realizzare un'anagrafe provinciale dei Fondi. Ne nasce una serrata discussione (a testimonianza della non marginalità della proposta) e si procede fissando per metà ottobre la fase delle audizioni e della discussione affinché la proposta arrivi in aula nel mese di novembre. Abbiamo perciò un paio di mesi per discuterne anche sul territorio. E' un invito ai circoli e agli amici interessati.
mercoledì, 8 settembre 2010mare nostrum

La proposta che ho avanzato come presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani alla Provincia per dar vita ad un'iniziativa coordinata fra soggetti diversi sull'emergenza alluvione in Pakistan e nelle regioni limitrofe dell'India sta prendendo corpo. L'acqua sarà, come avevo già scritto in questo diario, il filo conduttore della campagna: l'acqua che nel cambiamento climatico diventa furia, l'acqua pulita che viene richiesta nella disperazione perché quella inquinata è fonte di gravi patologie e di morte, l'acqua come bene comune in un tempo dove l'accesso a questa risorsa è problematico per milioni di persone e diventa fonte di profitto per pochi, l'acqua depurata in un'area definita come obiettivo di consolidamento (o di avvio) di una relazione territoriale, l'acqua come elemento naturale di chi farà da testimone della campagna. La lanceremo nei prossimi giorni in tutto il Trentino.

Mentre sto lavorando ad una mozione da presentare in Consiglio sull'argomento, mi chiamano alcuni esuli iraniani per promuovere una manifestazione contro la lapidazione di Sakineh. Do loro appuntamento per il primo pomeriggio. Arriva nel frattempo la notizia della sospensione della lapidazione, la mobilitazione internazionale sta dando qualche risultato ma non solo. Nel regime iraniano le crepe sono sempre più vistose ed il fatto che per la prima volta a schierarsi a favore di una donna accusata di adulterio e di complicità con l'assassinio del marito sia uno dei figli assume un significato davvero molto importante. Non c'è silenzio fra le mura domestiche e un giovane prende posizione superando la paura, mettendosi contro l'ordine costituito su un tema dalle forti implicazioni morali.

Nell'incontro, cerchiamo di capire se la sospensione della pena battuta dalle agenzie è una decisione vera o non invece un diversivo per allentare la tensione internazionale. Decidiamo che la mobilitazione va mantenuta forte, per Sakineh come per le altre donne e uomini che rischiano la pena capitale, in Iran e non solo. E decidiamo che mercoledì prossimo nel tardo pomeriggio verrà organizzato un sit in a Trento, come proposta che nasce dagli esuli iraniani contro la barbarie della pena di morte e raccolta dal Forum, dalle associazioni della società civile, dalle istituzioni locali.

Incontro Maria Rosa Mura, anima del Gioco degli Specchi. Lavoriamo ad un calendario per l'anno che viene, dedicato alla Carta Costituzionale di un Paese che guarda all'Europa. Mese dopo mese, scorreranno insieme ai giorni anche gli articoli della Costituzione, le date che non dovremmo scordare e i messaggi di civiltà che ne vengono.

Incontro Alessandro Andreatta. Parlo con il Sindaco di Trento della serata di presentazione dell'iniziativa "Cittadinanza Euromediterranea" che vogliamo realizzare a Palazzo Geremia, nel cuore della città, con lo spettacolo "L'incantadora" di Roberta Biagiarelli. Ma anche delle due giornate sul "pane nostro" che stiamo programmando per metà ottobre con Predrag Matvejević che presenterà il suo nuovo libro sul pane e con una compagnia teatrale di Bologna che si esibirà nelle piazze di Trento con una performance sul pane del Mediterraneo. E di altre cose ancora a cui stiamo pensando lungo i quattro itinerari di "Euromediterranea": la storia, i saperi, i pensieri e le geografie.

E infine ho appuntamento con il presidente del Consiglio Provinciale Giovanni Kessler, al quale rivolgo una proposta piuttosto singolare: quella di portare il Consiglio Provinciale in visita a Ventotene nel maggio prossimo, in occasione del settantennale del Manifesto di Altiero Spinelli e di Ernesto Rossi. Non solo un omaggio ad un pensiero altro schiacciato nel dopoguerra dalle vulgate dominanti, ma anche come testimonianza di un'Europa delle Regioni a cui non vogliamo smettere di guardare. Farà sua la proposta e la sottoporrà alla prossima riunione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio.

E' sera. Passo in libreria ed è per me come una specie di rifugio. Quando vado a letto ho tra le mani il libro dell'amico Predrag, presentarlo a Trento sarà un piccolo avvenimento e soprattutto un grande piacere.

 

martedì, 7 settembre 2010nuovi cittadini, foto di Romano Magrone

Il mattino si presenta con il vestito autunnale. Accendo il fuoco nella cucina a legna e mi metto a lavorare, fra cose che ho da scrivere e materiale da studiare. Giovedì inizia il lavoro della terza commissione legislativa provinciale sui DDL relativi alle emissioni industriali (leggi acciaieria di Borgo Valsugana) e a seguire si riunisce pure la seconda commissione, dove inizierà l'iter del DDL sui Fondi rustici di cui sono primo firmatario.

Mentre lavoro al computer mi chiama Erman Bona, direttore del Consorzio Vini del Trentino, che ogni tanto s'invita a pranzo. Per la verità è un po' che non accade e allora cambio i miei programmi e gli propongo due tagliatelle ai porcini. Erman è uno strano amico, le nostre idee sulle cose del mondo (e non solo) sono molto diverse, ma fra noi c'è un'empatia che non so descrivere. Ricordo di averlo portato in Bosnia Erzegovina qualche anno fa, in rappresentanza della Federazione delle Cooperative. Presidente era ancora Pierluigi Angeli del quale ricordo lo sguardo sornione nell'avermi messo appresso un mastino, democristiano doc quando la DC era già finita da tempo. Dei Balcani, Erman, non capiva un accidente, solo qualche stereotipo come spesso accade. Ma il valore di quel che provavamo ad avviare lo avvertiva e la stima per il nostro lavoro non poteva mancare. Non ne venne fuori granché, anche perché io non ero "dei loro" e in quel mondo, allora come oggi, se non hai il pedigree giusto, tutto diventa più difficile.

Oggi non possiamo che parlare delle difficoltà in cui si dibatte la cooperazione trentina ed il mondo vitivinicolo. Mi interessa il suo punto di vista, anche se prevale in lui un po' il rancore verso chi spara a zero senza farsi minimamente carico di una realtà come quella di una cooperazione oggi sotto il tiro incrociato dei media e della politica. E che spesso, aggiungo io, tende a smarrire la sua missione, accettando le dinamiche del mercato per come sono. Se una cassa rurale si mette a fare la banca, ivi comprese le spericolate incursioni finanziarie nel mondo dei bond o dei titoli derivati, finisce con il perdere di vista quel che poi dovrebbe fare la differenza, il legame territoriale e l'etica di un economia responsabile.

Devo dire che anche a me non va il tono di chi spara nel mucchio, magari dopo aver beneficiato di lauti contributi o di pressoché totali agevolazioni fiscali, ma non c'è dubbio che quel che rappresenta uno dei pilastri della diversità trentina in questi anni ha investito ben poco sulle idee, sulla formazione, sulla capacità di sguardo critico verso il proprio stesso mondo.

Nel primo pomeriggio passo al Gruppo consiliare, controllo la corrispondenza, riordino le cartelle secondo un criterio di priorità, sento il vicepresidente Pacher sul tema dell'acqua.

Dedico quel che resta del pomeriggio all'attività del Forum. Vedo le persone dello staff con le quali ci aggiorniamo sulle nostre attività, incontriamo i rappresentanti della Rete Radie Resch sul programma "Cittadinanza Euromediterranea" e ne escono nuove e interessanti declinazioni. Poi scrivo al Presidente del Consiglio Provinciale per proporgli di promuovere nel maggio prossimo un viaggio studio dei consiglieri provinciali a Ventotene, in occasione del settantennale del Manifesto di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi sul federalismo europeo.

Infine al quale propongo di collaborare con il programma "euromed" per quanto riguarda lo sguardo sul vicino oriente. Ci si conosce fin dai tempi di Shangrillà, forse la prima associazione interetnica costruita in questa terra, la cui esperienza finì malamente fra carte bollate e qualche graffio. Oggi, di fronte alle tante associazioni chiuse nella rappresentazione della propria diaspora nazionale, la mancanza di una riflessione trasversale e di un'agire conseguente si avverte, eccome. Ma anche questo è segno dei tempi.

 

lunedì, 6 settembre 2010intrecci

Costruire un programma che - a partire da dettagli pressoché sconosciuti della storia - possa far comprendere alle persone comuni la natura meticcia e in divenire dell'identità individuali e collettive, non è affatto uno scherzo. Quel che proviamo a fare come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani negli ultimi mesi del 2010 e per tutto l'anno a venire con "Cittandinanza Euromediterranea" è proprio quello di far venire alla luce una narrazione non raccontata, per superare pregiudizi e attraverso la conoscenza sconfiggere la paura.

Quando il programma sarà completato ne capirete la complessità ma soprattutto il lavoro di contatti e di pensiero che c'è dietro. Vedo la direttrice della Trentini nel Mondo Anna Lanfranchi, vorrei che il nostro essere fino a ieri popolazione migrante non cadesse nell'oblio. Eppure - come scrive Gianmaria Testa - lo sapevamo anche noi l'odore delle stive e l'amaro del partire. Dimenticato troppo in fretta. Nell'itinerario dedicato alle geografie questo nostro migrare fino agli anni '70 avrà un suo spazio di riflessione e, proprio attraverso la Trentini nel Mondo, da migranti a migranti. Vedo Antonio Colangelo e con lui proviamo a declinare "Creuza de mä", uno dei più straordinari lavori di Fabrizio De André e Mauro Pagani degli anni ‘80, attraverso gli approdi del nostro programma, per poi concludere il tutto l'11 gennaio del 2012, con un omaggio a Fabrizio. Chissà se ce la faremo ma vi assicuro che mentre ne stavamo parlando la nostra emozione era evidente.

Parlo con Ennio Remondino per fissare un appuntamento a Roma, ma fra qualche giorno parte per la Turchia e poi per la Bosnia Erzegovina, ultima tappa del suo tragitto alla RAI. Allora ci accordiamo per scriverci e condividere il suo coinvolgimento nel programma. Vedo Franco Ianeselli, amico e dirigente della Cgil del Trentino, e anche con lui proviamo a mettere a fuoco qualche altro tassello.

Con Franco ci vediamo appena conclusa la riunione della maggioranza provinciale sul DDL relativo alla gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Quello sull'acqua, tanto per capirci. Nel merito della proposta ne ho già parlato in questo blog, ma quanta fatica nel cercare di convincere tutti che si può fare qualcosa di più che non dare ai Comuni la facoltà di scegliere fra una gestione pubblica o privata. Capiamoci, l'intento è quello di evitare in Trentino gli effetti della legge nazionale che prevede la privatizzazione della gestione dell'acqua. E dunque si va nella direzione giusta. Ma vorrei fare qualche passo in più, visto che lo statuto di autonomia considera la gestione degli acquedotti come competenza primaria della PAT.

Propongo a nome del gruppo del PD del Trentino sostanzialmente due cose. In primo luogo di rendere più esplicita nel DDL la scelta di considerare la gestione dell'acqua come servizio non assoggettabile alla logica del mercato. Oltretutto la legge di riferimento nazionale è sottoposta a referendum e questa va considerata la via maestra per evitare la privatizzazione. E poi di incentivare lo scorporo da "Dolomiti Energia" del comparto acqua, affinché non si creino in Trentino due diversi regimi di gestione. "DE" copre grosso modo un terzo del servizio provinciale, avendo assorbito la Trentino Servizi che gestisce gli acquedotti di Trento, Rovereto e di altri sedici Comuni ma di una certa rilevanza. Ovviamente questo comporta una volontà delle due città (che sono i principali azionisti di Dolomiti Energia) di contribuire alla costruzione di una rete provinciale con gli altri 196 Comuni che gestiscono in economia o in house il servizio.

La riunione è interlocutoria e mi rendo conto di quanto la partita sia delicata e anche di non semplice soluzione, proprio a partire dal diverso regime di gestione che le comunità locali si sono sin qui date. Tanto per capirci, il Comune di Trento non è nemmeno proprietario del suo sistema di acquedotti, essendo questo patrimonio prima della Sit (una Spa controllata dal Comune al 98 e rotti per cento sin dall'inizio del secolo scorso), poi di Trentino Servizi ed infine di DE. E non sarà facile trovare una soluzione che garantisca una maggior efficacia di controllo pubblico nella gestione delle acque. L'assessore Gilmozzi è molto pragmatico, ma alla maggioranza chiedo una visione politica che dia un significato alla diversità di questo nostro governo provinciale.

Mi propongo di parlarne al più presto con i sindaci di Trento e di Rovereto. Quest'ultimo lo sento in serata e ci accordiamo per incontrarci a breve. La partita non sarà facile, ma ci proviamo. E in ogni caso, se un'attenzione per evitare l'applicazione della normativa nazionale si è già esplicitata con il DDL della Giunta, il merito va anche all'ordine del giorno approvato nel dicembre scorso sulla finanziaria che mi vedeva primo firmatario.

"Eppure lo sapevamo anche noi
l'odore delle stive
l'amaro del partire
Lo sapevamo anche noi
e una lingua da disimparare
e un'altra da imparare in fretta
prima della bicicletta
Lo sapevamo anche noi
e la nebbia di fiato alla vetrine
e il tiepido del pane
e l'onta del rifiuto
lo sapevamo anche noi
questo guardare muto
E sapevamo la pazienza
di chi non si può fermare
e la santa carità
del santo regalare
lo sapevamo anche noi
il colore dell'offesa
e un abitare magro e magro
che non diventa casa
e la nebbia di fiato alla vetrine
e il tiepido del pane
e l'onta del rifiuto
lo sapevamo anche noi
questo guardare muto"

Gianmaria Testa, Ritals

 

venerdì, 3 settembre 2010antica osteria da Miro

Ho appuntamento di primo mattino con Lucia Maestri, assessore alla cultura del Comune di Trento. L'oggetto dell'incontro è l'itinerario "Cittadinanza Euromediterranea", ma in realtà è l'occasione per un confronto a tutto campo su quel che butta la politica, sugli scenari autunnali, sul PD e sulle nostre insofferenze verso un partito che vorremmo diverso. Entrambi abbiamo un sacco di cose da fare, ma quando esco dal suo ufficio sono ormai le 10.30 passate.

Chiamo Luca Zeni, il nostro giovane capogruppo in Consiglio Provinciale, per condividere con lui l'interrogazione sul nuovo teatro che dovrebbe sorgere a Pergine Valsugana, a due passi dalle scuole superiori e dall'ex manicomio che pure rappresenta uno dei più importanti luoghi della memoria della città. Mi risponde da Dubrovnik, l'antica Ragusa che dell'Adriatico costituiva (e costituisce) una delle perle più affascinanti, dove è in attesa di imbarcarsi per il viaggio di ritorno verso l'Italia.

Uno scambio di opinioni incrociando il sentire di Marina Taffara e del circolo PD, qualche piccolo aggiustamento e poi parliamo d'altro, quasi il richiamo della foresta avesse il sopravvento. Ed effettivamente la nostalgia per quei luoghi si fa sentire. Tanto che dopo un po' lo richiamo per consigliargli una locanda in un paesino lì nei pressi. Lo stesso sentimento che mi prenderà nel pomeriggio quando un'altra amica, vittima del contagio balcanico durante un mio corso di formazione, mi chiama da Bogutovac, villaggio della profonda Serbia dove, nell'osteria da Miro, gli mostrano una mia foto con loro. La cosa forse più importante della cooperazione di comunità sono proprio le tracce profonde, le amicizie, le relazioni vere che in genere la cooperazione degli internazionali "chiacchiere e distintivo" si guarda bene dal mettere in campo.

Sento Anita Rossi, amica perginese che fa parte del comitato che ha raccolto le firme per fermare la realizzazione del nuovo teatro, per informarla sulla presentazione dell'interrogazione, notizia che in breve farà il giro di Pergine, tant'è vero che in serata mi chiama pure il corrispondente locale de L'Adige per chiedermi conferma della cosa.

Mi chiama anche un giovane giornalista del Trentino per chiedermi che cosa penso di questa triste vicenda di Francesco Vicentini, il cui corpo è stato rinvenuto mummificato nella sua casa di Cadine, il mio stesso borgo,  dopo che era scomparso da almeno una ventina d'anni. Penso che la solitudine sia la cifra di questo tempo, che le persone siano sole anche quando in mezzo a tante altre, anche nelle famiglie, anche in piccole comunità dove l'anonimato non è di casa. Penso che a questo abbia contribuito anche il venir meno delle identità sociali di un tempo, quando il lavoro e le ideologie erano motivo di appartenenza. Penso alle porte blindate, alla paura verso gli altri, alle piccole invidie e meschinità di cui si nutrono tante persone. E mi rassereno nel pensare la porta sempre aperta di casa mia.

giovedì, 2 settembre 2010Trento, alluvione 1966. Foto di Mario Albertini

Non amo la rincorsa alle emergenze, ma è ancor più amaro dover prendere atto di come la solidarietà discrimini in base alla religione, alle caratteristiche del paese colpito o, ancora peggio, a quanto una tragedia buchi o meno lo schermo. E sotto questo profilo il Pakistan non è nelle corde del buon cuore dell'occidente.

Le dichiarazioni del Segretario generale delle nazioni Unite Ban Ki-moon ci dicono che siamo al di sotto di un quarto di quel che servirebbe per evitare una catastrofe umanitaria. Ma né i governi, né l'opinione pubblica, né l'informazione sembrano più di tanto sensibili all'appello.

Le poche immagini che ci arrivano dall'Asia mostrano campi e case spazzati via dell'acqua, lunghe code di profughi, centri di raccolta che aspettano aiuti che stentano ad arrivare.

Proviamo a mettere in moto la comunità trentina. Ne parlo con Fabio Pipinato, direttore di Unimondo, con Mario Raffaelli che in quanto presidente di Amref Italia (African Medical and Research Foundation) è fra gli 11 promotori di "Agire", il più grande coordinamento di Ong impegnate nelle emergenze, con il presidente Lorenzo Dellai e con l'assessore Lia Giovanazzi Beltrami, con l'obiettivo di attivare una forte iniziativa da parte della nostra comunità.

L'acqua nella sua furia devastatrice non è che il simbolo di un clima "fuori dai gangheri" per usare l'espressione dell'amico Gianfranco Bettin. Ed è sempre l'acqua (quella pulita) quel che le vittime dell'alluvione chiedono a gran voce, visto che le principali patologie derivano dall'ingestione di acqua insalubre.

E ancora l'acqua, del mare questa volta, il punto forse più vulnerabile di un modello di sviluppo che non riesce ad uscire dalla dipendenza dal petrolio, per la cui estrazione si traforano i fondi marini con le conseguenze che ben sappiamo e che, come dimostra il nuovo allarme, sono destinate a ripetersi.

Bene comune, l'acqua. Prezioso. Forse troppo, visto che è nelle mire della multinazionali per una sua sempre più diffusa privatizzazione. Propongo dunque che il nostro agire possa partire proprio da qui, dall'acqua, da un territorio che ne è ricco e che prova a mettersi in gioco in questa emergenza attraverso un intervento per l'installazione di piccoli impianti famigliari per la depurazione dell'acqua. L'assessore Giovanazzi Beltrami mi dice che è già stata sperimentata ad Haiti con positivi risultati. L'idea è una grande campagna capace di toccare ogni angolo del Trentino, sulla cui articolazione abbiamo già molte proposte di forte impatto di cui parleremo già lunedì prossimo.

E stranezza vuole che proprio lunedì prossimo, in una apposita riunione della maggioranza in Consiglio provinciale, parleremo anche del DDL della Giunta sulla gestione dell'acqua. Sull'una e l'altra cosa inizio a buttar giù qualche proposta. E mi piace pensare che le due cose siano strettamente intrecciate fra loro.

'Etta abba chelu chi cust'annu semus sididos
'etta abba ei amus a ballare che indianos
'etta abba frisca commo
'etta abba chelu.

Getta acqua, cielo che quest'anno siamo assetati
getta acqua e balleremo come indiani
getta acqua fresca, adesso
getta acqua, cielo.

'Etta abba chelu
(Getta acqua cielo)
Tazenda
mercoledì, 1 settembre 2010Maschere

L'eco della visita del leader libico Gheddafi è ancora forte. Ascolto alla radio una dichiarazione di Enrico Letta - in questi giorni alla centrale di Fié per l'ormai abituale appuntamento dei quarantenni - che se la prende per le parole usate sull'Islam e l'Europa. Mi cascano le braccia. Ma come può la politica non cogliere la natura vera delle visite incrociate fra Berlusconi e Gheddafi? E soffermarsi sulle note di colore senza vedere la ben più concreta e moderna prosaicità?

Mi convinco sempre di più che il più grave difetto della politica sia oggi proprio quello di non riuscire a leggere la realtà, mostrando per intero la propria opacità. E infatti, giornalisti e commentatori, tutti lì (o quasi) a raccontare i fatti di costume (che come si sa, bucano lo schermo): la guardia personale del dittatore, la kermesse a pagamento e conversione di qualche centinaio di ragazze ben selezionate, i cavalli berberi... A guardare il dito, non vedendo la luna.

La luna, peraltro, venne annunciata nel corso della precedente visita di Berlusconi: la Libia, dichiarò grosso modo il premier italiano, diverrà il più grande porto franco del Mediterraneo. Tradotto: affari, investimenti, partecipazioni, riciclaggio... e soprattutto nessuna regola. Così in questi giorni si è parlato di petrolio, di strade ed autostrade, di telecomunicazioni, di banche, di forniture militari e civili, perfino della costruzione di un museo in onore di Gheddafi. E poi, non poteva mancare, di un business televisivo a partire da un'emittente maghrebina in comune, la Nessma tv, che aspira a diventare leader nel Sud del Mediterraneo.

L'Europa è ben lontana dalla capacità di varare norme che regolino l'economia e soprattutto la finanza nel vecchio continente, ma ciò nonostante viene comunque guardata con un certo sospetto... e poi troppi riflettori e troppa pubblicità sulle operazioni. E allora cosa di meglio può offrire un paese deregolato, dove ogni decisione avviene a misura del suo leader maximo? Del resto, ormai la diplomazia italiana si è andata costruendo nel supportare le relazioni economiche e commerciali con la Russia di Putin, il Montenegro di Dukanovic, persino verso un paese fantasma come la Transnistria, che dell'offshore estremo è modello affermato.

Non credo affatto che abbia ragione Al Jazeera quando, nei giorni scorsi, ha ipotizzato che le relazioni fra Gheddafi e Berlusconi abbiano a che vedere con un possibile futuro esilio del nostro presidente del Consiglio. La cosa è ben più strutturata se pensiamo che in queste ore s'è parlato di una presenza azionaria libica in ENI del 15% e in Unicredit del 7%.

Come non vedere che l'economia mondo ha cambiato il quadro di riferimento mentre le nostre chiavi di lettura della realtà sono rimaste quelle di prima?

Di questo (e d'altro) parliamo verso mezzogiorno nella conversazione con Mario Raffaelli e Giuseppe Ferrandi. L'altro, tanto per essere chiari, consiste nel bisogno di avere uno spazio politico in grado di affrontare questi nodi cruciali che la politica non presidia affatto. Semmai asseconda, visto che il Parlamento italiano anche recentemente ha avallato con un voto pressoché unanime lo scambio politico del Governo italiano verso la Libia, alla faccia del rispetto dei diritti umani, della tratta dei profughi e delle condizioni spaventose dei centri di raccolta.

Ricordo di averne parlato qualche mese fa con Letizia De Torre, parlamentare trentina eletta nelle file del PD delle Marche, che mi testimoniava della pesantezza con la quale Massimo D'Alema era intervenuto in aula proprio a sostegno della politica del governo italiano verso Tripoli. Ma questo signore non era quello dei "bombardamenti umanitari" sui ponti di Belgrado e sul Petrolchimico di Pancevo?