"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

15/09/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
Lech Walesa nella Sala Depero
Da alcuni giorni Lech Walesa è ospite in Trentino. Leader di Solidarnosc, Presidente della Polonia dal 1990 al 1995, Premio Nobel per la Pace nel 1983 ed ora padre nobile del suo paese, Walesa è stato una fra le figure più importanti degli anni che hanno segnato la fine del Novecento. Intendo con questo non solo la fine di un secolo ma anche di una storia, quella del muro di Berlino e del comunismo reale.

Lech Walesa era un operaio elettricista e un capo sindacale nei cantieri di Stocznia Gdańska (Cantieri navali di Danzica). Con Jacek Kuron, Adam Michnik, Anna Walentynowicz, Tadeusz Mazowiecki ed altri fondò Solidarnosc e divenne l'inizio di una nuova storia, non solo per quel paese.

Ricordo come allora seguivamo con attenzione e speranza le vicende della Polonia, le lotte nei cantieri navali di Stettino degli anni ‘70, la nascita di Solidarnosc nel 1980, le letture di Michnik e Kuron che tanto hanno influito sull'evoluzione del mio e nostro percorso politico, la stessa scelta nel 1989 di chiamare il nostro movimento politico "Solidarietà". Mi passano davanti tante immagini che un giorno o l'altro andrebbero raccontate, gli incontri con Edmund Baluka (leader delle lotte degli anni '70) e quello più controverso con Janas Marek (esponente cattolico di Solidarnosc), un enorme striscione rosso e bianco che portammo in tante manifestazioni per il diritto al lavoro, il viaggio che organizzammo in Polonia per incontrare clandestinamente gli esponenti dell'opposizione polacca a Cracovia. Insomma, vivevamo quel movimento come parte integrante del nostro stesso impegno politico.

Questa mattina Lech Walesa incontra la nostra comunità alla Sala Depero della Provincia. Mi aspetto una gran folla, al di là di come la si può pensare è l'occasione di ascoltare dal vivo uno dei grandi testimoni del nostro tempo. Invece la politica è sostanzialmente assente, cinque consiglieri provinciali (due della Lega e tre del centrosinistra) e l'assessore Mellarini a far gli onori di casa. Non un esponente sindacale. Pochissimi volti della sinistra. Molti giovani universitari, forse per curiosità, probabilmente come opportunità formativa.

Mi guardo intorno ed ho come l'impressione che il Novecento (con le sue divisioni ideologiche) continui ad occupare tutto lo spazio, anche quello mentale. Oppure è un'altra storia, che non interessa più. Walesa dice cose semplici ma interessanti, talvolta non condivisibili, ma la sua esperienza è tale che vale davvero la pena dedicargli attenzione. Penso che non sarebbe male se, nel viaggio che abbiamo programmato come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani in Polonia, andassimo ad incontrarlo. Mi attiverò per questo nei prossimi giorni.

Parlo di questo ed altro con Stefano Albergoni. Con Stefano, allora giovanissimo segretario del PDS trentino, all'inizio degli anni '90 abbiamo contribuito a rimodellare la sinistra trentina e se oggi il Trentino è diverso rispetto al resto del nord leghista, questo lo si deve anche a quella sperimentazione politica che pur fra mille resistenze riuscimmo ad avviare. Una sperimentazione che non si è affatto conclusa, tant'è vero che insieme vent'anni dopo abbiamo dato vita ad un luogo di idee che si chiama "Politica è responsabilità", che prova a riflettere sul tempo a fronte di una politica che si consuma nel rincorrere gli avvenimenti.

La giornata si conclude in piazza D'Arogno, in un partecipato incontro di testimonianze per salvare la vita di Sakineh e contro la pena di morte. La voce più importante è quella degli esuli iraniani, persone che amano il loro paese e che non hanno rinunciato alla speranza di farlo riemergere dal buio in cui s'è cacciato con Ahmadinejad ed un gruppo dirigente integralista e militarista. Insisto su questo aspetto anche nelle mie poche parole, perché da una svolta democratica in Iran potrebbero nascere nuovi scenari. Al contrario le informazioni che arrivano dal medio oriente sono cariche di cattivi presagi e i fondamentalismi si alimentano a vicenda. Nel dar la parola agli esuli iraniani c'è qualcosa di più che la loro testimonianza: si apre uno spazio nel quale questi giovani possano candidarsi come una possibile alternativa per il cambiamento del loro paese e, insieme, sentirsi parte integrante di questa nostra stessa comunità.

 

 

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