"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

22/11/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
anni \'50
Nella riunione del gruppo consiliare parliamo di scuola. In questi giorni ho tralasciato di parlare in questo blog dell'argomento relativo alla proposta contenuta nella legge finanziaria di andare al superamento delle rigidità della legge sulle scuole materne e della protesta che ha scatenato. Una proposta - quella di mettere mano alla legge 13/77 sulle scuole dell'infanzia - che sembrava pressoché scontata ma che - nel clima avvelenato di questo tempo - dà il là ad una protesta durissima in nome della qualità del servizio e della difesa dei posti di lavoro. Oltre duemila insegnanti in piazza, contro la Dalmaso. Si ripete così un film già visto pochi mesi fa relativamente ai piani di studio della scuola media.

Che ci sia qualcosa che non va, non ci piove. E' la capacità di inquadrare i provvedimenti amministrativi in una cornice del tempo in cui siamo. In un contesto dove il bilancio della PAT si dimagrirà e che richiederà rigore e responsabilità da parte di tutti. Ma questa offensiva culturale e politica per spiegare che è necessario fare meglio con meno non è stata messa in campo e l'esito è che tende a prevalere la logica del "si salvi chi può".

La reazione è infatti la difesa con i denti di quel che si ha, senza rendersi conto che è cambiato il contesto e ciò che poteva essere scontato dieci anni fa ora non lo è più. Non perché lo diciamo noi, ma perché sono le condizioni che hanno reso possibile livelli molto significativi di welfare state ad essere venute meno.

E' cambiato il contesto. Le condizioni di lavoro in Romania o della Serbia irrompono nella realtà italiana ed europea tanto che le produzioni si delocalizzano, Fiat e Omsa solo per citare quelle più recenti trasferiscono i loro impianti altrove, anche se il fenomeno, per la verità, è tutt'altro che nuovo ma solo ora con la crisi che incombe diventa di forte impatto sociale. Peggio ancora, arrivano gli operai di questi o di altri paesi deregolati a fare lo stesso lavoro in Italia ma con le retribuzioni dei loro paesi d'origine che sono 1/5 di quelle previste dai contratti italiani.

Avremmo inoltre dovuto prendere coscienza da tempo del concetto di limite. Fino a qualche anno fa le risorse erano pensate inesauribili ed il progresso veniva affidato alle magnifiche sorti progressive dello sviluppo. Poi ci siamo accorti (ma evidentemente non ancora abbastanza) che la magnificenza ha lasciato dietro di sé un pianeta malato, surriscaldato e impoverito. Quel che ancora non si è compreso è che il compromesso sociale fra capitale e lavoro alla base del keynesismo si basava sulla spogliazione delle risorse del pianeta a favore di una sua piccola parte.

Ora, miliardi di esseri umani bussano alla porta di uno sviluppo prima esclusivo appannaggio di altri e se ne appropriano, tanto è vero che India, Cina e Brasile rappresentano nell'ordine i paesi con il più alto tasso di sviluppo annuale. Se ne può uscire in due modi: o si attivano politiche di esclusione (il neoliberismo), oppure tutti ce ne facciamo carico. Nonostante il crac della finanza globale continua a prevalere la prima strada, facendo leva sulla paura di futuro che viene percepita, imbarbarendo le relazioni umane.

Se non avviene uno scarto culturale, non se ne esce. Intanto ciascuno difende quel che ha all'insegna del "non nel mio giardino". "Che i sacrifici li facciano quelli che godono di immense fortune e di grandi privilegi" si dice, "perché mai dovrebbero farsi carico di questa situazione quelli che faticano ad arrivare alla fine del mese?"...

Questione vera. Tanto che Barack Obama va a Wall Street per chiedere di tassare le rendite finanziarie e lo mandano al diavolo e perde le elezioni di medio termine. La finanza globale si dimostra ben più forte dei governi nazionali, ammesso e non concesso che nelle intenzioni di questi ultimi vi siano politiche equitative. Spendiamo risorse immense in strumenti di guerra. Potremmo continuare a lungo. Ma il tema della sostenibilità riguarda il modello di sviluppo, ben prima della pur necessaria redistribuzione del reddito, che comunque non può prescindere dei concetti di merito e di responsabilità.

Tornando a noi, se vogliamo rendere sostenibile il nostro modello di sviluppo locale dobbiamo imboccare una strada diversa da quella della crescita illimitata, per puntare sulla qualità, la sobrietà, la gratuità. Questo dovremmo capire, in ogni segmento della nostra comunità.

Per questo la proposta della Giunta provinciale di razionalizzare l'organizzazione del servizio di scuola materna era ed è in buona sostanza corretta. Andava spiegata, costruito il consenso, trovate delle soluzioni per il personale precario, a fronte di un servizio in Trentino la cui qualità è riconosciuta da tutti e nessuno intende metterla in discussione.

E' giusto invece mettere in discussione le condizioni di privilegio, la cultura del tutto è dovuto, il conservatorismo. Nella discussione del gruppo consiliare sembra riusciamo a trovare dopo tre ore di discussione una posizione condivisa da tutti, compresi gli assessori presenti. Riprendere la trattativa con le parti sociali, trovare una soluzione punto per punto che salvaguardi l'idea di fondo che l'automatismo della legge 13 sia messo in discussione e al tempo stesso si faccia carico delle condizioni di precarietà. E avviare un'offensiva culturale e politica sul Trentino del futuro.

Il problema è che il nostro stesso gruppo consiliare è lo specchio di quel che c'è nella società, oltretutto deformato dalla ricerca del consenso. Prendiamo atto che nel PD del Trentino (come in quello nazionale) una sintesi culturale ancora non c'è stata e oggi ne paghiamo lo scotto.

 

 

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