E' una strana estate. Tutto sembra rallentato in questi caldi giorni di agosto ma è solo apparenza. In realtà tutto corre molto velocemente. E, d'un tratto, alluvioni e fango.

E' impressionante come vengano al pettine i nodi del tempo. Le crisi (finanziaria, ecologica, sociale, demografica, culturale e politica) si manifestano con una particolare radicalità che, nel passaggio post-ideologico che attraversiamo, le rende ancora più spurie ed aggressive.

Una più di altre colpisce e fa riflettere: negli scontri fra migranti e polizia in Grecia emerge drammaticamente l'intreccio delle crisi, la loro interdipendenza, oltre alla fragilità dei cambiamenti e l'ottusità dei miti. Richiederebbero una visione d'insieme e una risposta scevra dalla ricerca del consenso che invece domina la scena politica globale.

Anche le istituzioni internazionali che dovrebbero ispirarsi ad alti valori di riferimento appaiono impreparate ad affrontare i nuovi contesti, riflettendo non solo la crisi della politica ma anche l'inadeguatezza di paradigmi mutuati dal secolo scorso.

Così le crisi si alimentano l'un l'altra. La dimensione ormai incontrollabile della finanza annichilisce l'economia reale. S'invoca la ripresa delle produzioni e dei consumi e si aggrava l'impronta ecologica. Quest'ultima chiede di riconsiderare i livelli di consumo ma il pianeta è alle soglie degli otto miliardi di esseri umani i quali – in un villaggio globale sempre più omologato – richiedono l'inclusione negli stili di vita del mondo virtuale. L'esito del Novecento fa sì che all'ideologia uscita vincente non si contrappongano nuovi pensieri di liberazione umana. Una crisi culturale che si riverbera nella politica ridotta a contesa e conservazione del potere.

Le istituzioni nazionali appaiono inadeguate nell'affrontare crisi che si propongono in un'altra scala rispetto a quella nazionale. Così anche il riformismo di stampo keynesiano, in ogni latitudine, offre risposte obsolete a scenari inediti. Destinato per questo a perdere anche sul piano del consenso, dove invece s'impongono populismi capaci di cavalcare paura ed egoismo.

Ed è impressionante la velocità con cui, anche in questa nostra piccola terra, il Trentino, si proceda alla demolizione di quella positiva anomalia che l'aveva fatta diversa. Se il simbolo di questa omologazione è l'offensiva per il completamento della Valdastico, non è che il punto d'arrivo di una normalizzazione che ha avuto nella demolizione della riforma istituzionale del 2006 il suo passaggio cruciale. Che ciò sia avvenuto senza colpo ferire ci racconta peraltro di quanta avversità al cambiamento vi sia e di quanta poca consapevolezza ci fosse del significato di quella riforma. A cominciare dalla politica che l'aveva approvata...

Il presidente della PAT Ugo Rossi, nella sua intervista di mezza estate, si vanta di tutto questo con i giornalisti non riuscendo a trattenere l'astio competitivo verso il suo predecessore, ai suoi occhi l'unico in grado di mettere in discussione il nuovo corso. Non essendo il solo ad avere questo spauracchio...

Sì, è una strana estate questa. Lo è anche per me, in questo mio controverso esilio dalla politica. Combattuto fra il darmi uno spazio diverso e l'ebbrezza mai doma della creazione politica.

PS. In questi giorni sto rileggendo un libro straordinario. Parlo di "Alla cieca", l'autore Claudio Magris. E' la storia di un uomo, Salvatore Cippico (o Čipiko), di un vello d'oro insanguinato e di una polena rapita. La storia del Novecento.