"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

13/09/2015 -
Il diario di Michele Nardelli
Il mare dal balcone di Emilio a San Pietro di Rovereto

Venerdì mattina mi sono svegliato immerso nel verde delle colline di Fiesole. Il centro studi nazionale della Cisl è ospitato in un'antica villa signorile che negli anni '50 del secolo scorso venne adibita a luogo formativo, attività che prosegue ospitando le strutture nazionali ed internazionali di quel sindacato e delle sue categorie, ma non solo. Nelle aule e negli spazi ricreativi del centro studi puoi incontrare le esperienze più diverse della società civile che qui provano a “darsi il tempo” per interpretare un presente in rapida trasformazione.

E' questo del resto quello che proviamo a fare nei due momenti del percorso formativo ai quali sono stato invitato, nell'indagare uno spazio europeo che fatica ad entrare nell'immaginario collettivo come l'orizzonte per un pensiero sovranazionale e nell'immaginare la cooperazione internazionale come un terreno ineludibile per un lavoro sindacale che intenda fare i conti con l'interdipendenza.

I partecipanti al corso internazionale sono attivisti sindacali provenienti dalle diverse regioni italiane, ormai multicolori almeno a vedere i caratteri somatici delle persone che ho davanti a me, che per un'intera settimana si confrontano con i temi di un presente complesso da decifrare, ancor più da abitare. Venendo qui pensavo ad un uditorio giovane, in realtà i presenti esprimono una dimensione intergenerazionale nella quale si confrontano necessariamente sguardi ed esperienze di vita molto diverse. Insomma, un pubblico esigente, persone che tutti i giorni si trovano a doversi confrontare con situazioni difficili, dove gli effetti della globalizzazione si fanno sentire nei luoghi di lavoro come nel vivere quotidiano e con essi le paure, le preoccupazioni, gli umori, talvolta il rancore che investe un lavoro che non riesce più a dare identità.

Non sono qui per lisciare il pelo a tutto questo, so di dire cose spesso sgradevoli ma è con questa realtà dura e complessa che dobbiamo imparare ad interagire. Così tanto su questa Europa politica invisa agli stati come alle loro opinioni pubbliche, come sull'imperversare di una cooperazione internazionale appiattita sull'aiuto allo sviluppo (e sulla propria autoreferenzialità) e anche per questo in profonda crisi, provo ad aprire lo sguardo di queste persone, lo spaccato di una classe dirigente sindacale intermedia che di un cambio di pensiero ha bisogno come il pane per svolgere bene il proprio lavoro. Qualcuno mi dice che tutto questo corrisponde al suono di un violino nel fracasso di una discoteca... Eppure, di una narrazione del presente che non sia banale né riconducibile ad uno schema interpretativo che non funziona più, capace di descrivere la postmodernità e l'interdipendenza, avvertono il bisogno. E' tanto tempo che non ho più a che fare con il mondo sindacale, ma vedo che i corsisti mi seguono con grande attenzione e tanto nelle domande come nel colloquiare fuori aula avverto di aver toccato tasti sensibili. Il che non era affatto scontato. Francesco Lauria, che del centro studi internazionale della Cisl è responsabile per la formazione e la progettazione europea (ho conosciuto Francesco anni fa lungo le mie rotte balcaniche e federaliste: così coinvolto da sviluppare la sua tesi di laurea sul “progetto Prijedor” e sulla democrazia locale), mi trasmette la sua soddisfazione e questo mi conferma nell'utilità di percorrere questa strada di impegno.

§§§

Il giorno seguente il risveglio mi coglie a San Pietro di Rovereto, nel comune di Zoagli, riviera del Tigullio, Levante ligure. Dal balcone dove scrivo queste pagine del mio diario ho un'incantevole vista sulla macchia mediterranea e sul mare, che ti riconcilia con la bellezza della natura e delle relazioni costruite lungo il proprio percorso di vita. La casa è quella che Emilio e Tina hanno preso qualche anno fa in affitto in questo angolo di paradiso, parte di un piccolo borgo fuori dalle rotte del turismo ricco e snob che spesso s'incontra da queste parti, dove la vita è scandita dal rintocco delle campane delle chiese di San Pietro e di Sant'Andrea, un piccolo negozio di alimentari ed un bar ancora più piccolo che ti dicono di una comunità che resiste alle lusinghe degli ipermercati e del vuoto d'anima che i lungomare plastificati del turismo di massa esibiscono con tanta arroganza omologante.

Un balcone alto sul mare, un buon bicchiere di vino, qualche vela all'orizzonte... quale miglior contesto per confrontarsi sui segni del tempo? Con Emilio Molinari un pezzo di militanza comune negli anni di Democrazia Proletaria, quando insieme iniziavamo a riflettere fuori dagli schemi delle vecchie tradizioni di pensiero che albergavano in quel piccolo partito che si voleva “dalle grandi ragioni” ma che, giunto alla fine di una storia, non seppe andare a fondo in una ricerca originale capace di andare oltre. Continuammo a cercare, ciascuno in luoghi diversi, pensieri che pure nella loro fertilità continuavano a rimanere di minoranza. Proseguendo, nel caso di Emilio, un percorso sempre esigente nell'ambientalismo politico e nei movimenti per il diritto all'acqua; trovando in Trentino, nel mio caso, il modo di diventare parte costituente di quell'anomalia politica che permise di rappresentare per quasi vent'anni una terra non piegata dalla paura e dallo spaesamento. E nell'Europa di mezzo lo sguardo strabico per comprendere quel tempo nuovo che, smentendo le aspettative seguite alla gioia della caduta del muro di Berlino, avrebbe ben presto preso le forme delle nuove guerre e del turbocapitalismo.

Certamente protagonisti del nostro presente, segnati forse dal disincanto dell'esperienza ma sempre incuriositi da quel tempo maledettamente interessante che ancora osserviamo disponibili alla bellezza della meraviglia.

Mi piace di essere qui, su questo balcone, come a sfidare il peso del tempo e i tratti della barbarie che crescono ovunque intorno a noi.

 

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