"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

03/12/2015 -
Il diario di Michele Nardelli
Padova, 2 dicembre 2015

Padova, mercoledì scorso. L'aula magna dell'Istituto Ruzza è piena di insegnanti, qualche volto maschile, per la quasi totalità donne. Non mi sorprende perché negli ambiti formativi che mi capita di seguire è quasi sempre così, come se il bisogno di apprendimento negli adulti riguardasse solo una metà del cielo. Ma tant'è. L'incontro sia svolge nell'ambito del percorso ideato dalla Fondazione Fontana attraverso la World Social Agenda.

Avrei dovuto essere qui venti giorni fa. Ma le circostanze hanno voluto che fossimo costretti a rimandare questo incontro, creando così una certa aspettativa che colgo nelle parole delle organizzatrici (anche qui al femminile) e poi nell'attenzione che le persone presenti mi dedicano.

In effetti quel che è accaduto in questi venti giorni nel mondo (gli atti terroristici di Parigi, l'intensificarsi della guerra nel vicino oriente e la tensione fra Russia e Turchia, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ed infine il viaggio di Papa Francesco in Africa...) descrivono tanto l'inquietudine verso il presente, quanto la necessità di comprendere dove stiamo andando.

Non ho certo risposte esaurienti, ma nella mia lezione (che ruota attorno al tema dello “scontro di civiltà”) provo a tracciare una chiave interpretativa che ci possa aiutare a leggere questo nostro incerto presente. Nel ripercorrere la storia, nell'indicare elementi per elaborare il secolo da cui veniamo e che fatichiamo a scollinare, nel cercare di cogliere i “segni del tempo”... provo a scuotere chi mi ascolta affinché nel loro ruolo di educatrici e di educatori imparino a mettere a fuoco quel che vedono ogni giorno, a riempire di significati ciò che accade, ad uscire da quell'approccio emergenziale che ci costringe a rincorrere gli avvenimenti in maniera subalterna piuttosto che ad esserne – anche nella formazione delle future generazioni – protagonisti attivi.

Non ne sono sicuro ma fra qualche giorno dovrebbe essere in rete anche la registrazione della lezione, così da lasciarne traccia per chi non c'era e da evitarmi la fatica di trascrivere gli appunti.

Sono molte le persone che, alla conclusione dell'incontro, vengono a stringermi la mano o a chiedermi dettagli bibliografici, qualcosa forse vorrà pur dire.

Sulla strada verso Trento penso fra me che anche in questo modo ci si può rendere conto di quanto bisogno vi sia di lenti buone per comprendere il presente, di quale deserto la fine delle ideologie otto-novecentesche abbia lasciato dietro di sé e di quanto forte sia la solitudine delle persone in assenza di corpi intermedi in grado di tracciare coordinate culturali e politiche di riferimento per abitare il presente.

E senza le quali lo stesso impegno politico rischia di ridursi a mero esercizio del potere. C'è un racconto da riprendere...

 

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