"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

01/10/2015 -
Il diario di Michele Nardelli
Parigi, l\'Arco di trionfo

Sono rientrato da Parigi, dopo un breve soggiorno. Era la prima volta che visitavo per qualche giorno questa città (altre volte c'ero stato ma solo di passaggio), molte le immagini che ho cercato di catturare nella più grande capitale dell'Unione Europea (ma non dell'Europa, che per la cronaca e non solo è Istanbul). Mi piace annusare l'aria, osservare i dettagli, guardare i volti dei passanti, girare per i mercati nelle piazze, andar per librerie e osterie.

Parigi esibisce quelle parole che vedi scolpite quasi ossessivamente sugli edifici che segnano la storia di questa città: libertà, eguaglianza, fraternità. La culla dell'illuminismo del resto abita qui, sempre in bilico fra rivoluzione e restaurazione. Ma cosa rimane di quelle parole?

Fra l'arco di trionfo e la torre Eiffel mi capita di ascoltare il racconto di una guida turistica ed è una sorta di soliloquio fra re e imperatori, battaglie e conquiste, primazie nella grandezza dei luoghi e nella civiltà. La “grandeur” viene fuori a piene mani, ben oltre ciò che pure ci si può aspettare. Ed in effetti qui è tutto grande: i palazzi, i teatri, i viali, le vie... perfino il tricolore che campeggia sui Champs Elysees ti racconta di un mito di grandezza che non ha pari.

Qui misuri più che altrove che cosa significa essere immersi nei paradigmi del passato, dello stato-nazione in primo luogo. E' quasi paradossale. A dispetto di una società multietnica e multicolore, a Parigi non respiri affatto un'atmosfera europea. Un sentire che non sembra nelle corde di questo paese, delle sue istituzioni come dei suoi cittadini. Allo stesso modo i territori sono tasselli di un ferreo assetto centralistico, come se il concetto di autogoverno qui non avesse proprio cittadinanza.

Non che l'idea federalista europea altrove stia attraversando stagioni migliori, basta scorrere le percentuali dei votanti in occasione del rinnovo del Parlamento europeo nei 28 paesi dell'Unione o assistere al penoso confronto sull'accoglienza dei rifugiati per comprendere quanto sia diffuso il suo declino.

Malgrado ciò nella capitale francese hai come la sensazione di trovarti altrove, tanto è forte lo spirito nazionale e tanto sono marginali i segni di una nuova cittadinanza sovranazionale: nello scorrere i titoli dei giornali, osservando le proposte di lettura di una libreria, ascoltando un telegiornale. Immaginare le forme di una cessione di sovranità verso una dimensione politica sovranazionale, in un contesto del genere, appare semplicemente improbabile.

Come stupirsi dunque che proprio in questi giorni di soggiorno parigino la Francia abbia dato il via in forma assolutamente unilaterale ai bombardamenti in Siria contro i combattenti dell'autoproclamato Stato Islamico? Come già avvenne tre anni fa con i bombardamenti sulla Libia, basta che venga paventata la messa in discussione dei propri interessi nazionali ed è sufficiente per la Francia motivare un suo intervento militare. Contro le regole del diritto internazionale, tanto nessuno le farà pagare lo scotto. Era così ai tempi del dominio coloniale che, a guardar bene, per la Francia non è mai stato definitivamente archiviato. O forse ci siamo dimenticati l'Algeria, la guerra d'Indocina e gli esperimenti nucleari nell'oceano pacifico, nei cosiddetti possedimenti d'oltremare? La fraternità?

Le conseguenze, oggi come ieri, erano allora e sono oggi disastrose. La Francia possiede del resto il terzo apparato militare (e nucleare) a livello mondiale, inferiore solo a quello degli Stati Uniti e della Cina. E' il prezzo della libertà?

Quanto all'eguaglianza, per quel poco che posso cogliere in un tempo così breve, le divisioni sociali qui appaiono nette e corrispondono molto spesso ai diversi colori di questa società multietnica ma profondamente classista. Basta dare un'occhiata a chi lavora nei cantieri o al lusso sfrenato di interi quartieri del centro, talmente ostentato da provare imbarazzo.

Nel quartiere latino dove, grazie all'amico Rino, abbiamo il piacere di alloggiare, il clima sembra diverso. Librerie ogni cinquanta metri, botteghe artigiane accessibili, locali alla portata dei giovani... Ma basta parlare con una signora che gestisce una bancarella in un piccolo mercato rionale per capire da che parte tira il vento...

Da questa visita a Parigi mi porto via un duplice sentimento, la maestosità dei luoghi ed il suo esserne prigioniera. Autocompiacimento e solitudine. L'Europa, vista da qui, sembra davvero lontana.

 

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