"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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mercoledì, 30 novembre 2011Lago di Caldonazzo

Martedì sera la casa sociale di Nogaré, piccola frazione di Pergine Valsugana lungo la strada che porta all'altipiano di Piné, è affollata di gente come accade di rado. Del resto non capita tutti i giorni di avere in un piccolo borgo come questo il vicepresidente della Provincia, il presidente del Consiglio Provinciale, due consiglieri provinciali e alcuni amministratori locali a cominciare dal Sindaco di Pergine.

Questa opportunità è offerta dal Gruppo consiliare del PD del Trentino nell'ambito degli incontri programmati in tutto il Trentino dal titolo "L'Autonomia nell'epoca della crisi". E dalla scelta degli amici del circolo di Pergine del PD di svolgere l'incontro proprio a Nogaré, un segnale di attenzione verso il territorio.

E', per quel che mi riguarda, il secondo incontro di questo itinerario a cui partecipo e devo dire che quello di stasera assume caratteristiche molto diverse da quello di Roncegno. Probabilmente la presenza dell'assessore Pacher fa sì che il taglio dell'incontro sia più di natura amministrativa che politico e infatti le prime domande riguardano proprio le questioni irrisolte sul piano della viabilità e dei servizi connessi, dando all'incontro una fisionomia piuttosto lontana da quel che il titolo si proponeva.

Perché "l'autonomia nell'epoca della crisi" è un tema tutt'altro che banale, che dovrebbe andare oltre le rivendicazioni del territorio, bensì riflettere su come una comunità può riuscire a "fare meglio con meno". Problema che non si risolve semplicemente tagliando i costi della politica, perché sappiamo bene che così non è.

Affrontati i problemi della frazione, il confronto spazia su temi di carattere comunale (come quello del nuovo teatro di Pergine), territoriale (ma mobilità della Valsugana) e provinciale (innovazione e costi della politica). Intervengo sulla questione del teatro di Pergine per dire che - in questi tempi di taglio ai bilanci -  la scure sulla cultura va contro quello che abbiamo continuato a dirci in questi mesi. In un contesto di restrizione delle risorse investire in cultura risulta infatti strategico, nell'attrezzare una comunità sul piano della conoscenza (della propria storia tanto per cominciare), sul piano della coesione sociale (altro fattore decisivo dentro la crisi) ed infine come volano per l'economia del territorio (riqualificazione della proposta turistica). E come le perplessità manifestate verso il nuovo teatro riguardassero piuttosto le caratteristiche impattanti dell'opera e la sua ubicazione, oltre al fatto che mancasse un piano economico essendo PSA una struttura privata. Sul piano dell'innovazione sia Bruno Dorigatti che il sottoscritto insistiamo sulle scelte compiute nelle ultime finanziarie, a cominciare dalla "banda larga" quale straordinaria opportunità per ripensare il concetto di mobilità oppure del completamento della riforma delle comunità di valle come ristrutturazione e "dimagrimento" dell'apparato provinciale.

Si parla anche dei costi della politica e il quadro che ne fa Bruno è esauriente. Le domande si susseguono fino alle 23.00 e i numerosi partecipanti all'incontro mi danno la sensazione di essere soddisfatti della serata, sensazione suffragata dall'applauso che accompagna la conclusione dell'incontro. Certo, misuriamo la contraddizione fra le istanze che vengono dal "proprio giardino" e quelle del farsi carico di una situazione difficile e del capire che cosa significhi riqualificare la spesa. Ma certamente il nostro semplice essere qui ha un grande valore, che aiuta a riconciliare la gente con la politica.

Il che non è affatto scontato, perché è più facile rincorrere i piccoli interessi corporativi che provare a farsi carico della complessità. Se ne è parlato al mattino in terza Commissione legislativa di fronte al Disegno di Legge della Lega Nord per sospendere per due anni la normativa provinciale che ha fermato la proliferazione delle seconde case di natura turistica, a scapito del territorio. Una misura sacrosanta, ma spesso invisa dai piccoli interessi che non s'interrogano sulla sostenibilità, salvo poi piangere quando la cementificazione del territorio provoca disastri ambientali, come abbiamo visto nelle scorse settimane in varie regioni italiane, consapevoli che anche in Trentino le scelte del passato hanno creato situazioni di insostenibilità. Il fenomeno delle seconde case - infatti - è tutto trentino, visto che il rapporto risulta rovesciato in Sud Tirolo dove invece l'incidenza delle medesime è irrilevante rispetto alle strutture alberghiere tant'è vero che il valore in termini di Pil provinciale del settore turistico è doppio rispetto a quello trentino.  

Su questo terreno come su altri il Trentino deve puntare alla riqualificazione: ne parliamo nella riunione preparatoria della Conferenza programmatica che il PD del Trentino ha in animo di realizzare nei primi giorni di febbraio 2012. Con Andrea Rudari mi hanno chiesto di seguire una delle tematiche di lavoro programmatico relativa ai settori dell'agricoltura e del turismo, tratti importanti dell'identità economica della nostra terra. Dal forte valore simbolico perché il ritorno alla terra rappresenta una risposta possibile ai processi di finanziarizzazione dell'economia, ma anche concreto se pensiamo che questi comparti riguardano direttamente il 10% dell'occupazione trentina, una quota rilevante dell'economia locale anche in relazione all'indotto in altri settori che ne viene ed infine anche ad alcuni fattori di crisi che si sono evidenziati negli ultimi mesi  nel comparto vitivinicolo ed in quello lattiero-caseareo.

Il prossimo 10 dicembre, al mattino, abbiamo in animo di organizzare un incontro su questi temi e le persone che sono interessate non hanno che da mettersi in contatto con il sottoscritto.

lunedì, 28 novembre 2011produzioni trentine

"Trentino Territorio di Qualità". S'intitola così il convegno promosso congiuntamente dalla Confederazione Italiana Agricoltori e da Slow Food alla Sala Rosa del palazzo della Regione a Trento. Nonostante sia lunedì mattina la sala è piena ma la cosa più importante è avvertire una grande sintonia fra le relazioni che vengono proposte (a cominciare da quella di Flavio Pezzi che della CIA trentina è presidente) e le riflessioni che ho proposto in questi mesi attorno alla necessità di "ripartire dalla terra".

La stessa relazione del professor Salamini, presidente della Fondazione Mach, è su questa lunghezza d'onda anche se le sue conclusioni sono diverse dal "buono, pulito e giusto" di Slow Food, quand'anche coniugato con "in grado di assicurare cibo per tutti" come suggerisce Pezzi: per nutrire sette miliardi 700 milioni di persone previste nel 2020 non si può certo rinunciare all'agricoltura intensiva conclude Salamini, la quale richiede un sempre maggiore ricorso al progresso scientifico, sia esso l'investimento nella ricerca genetica oppure l'uso seppure ponderato della chimica.

Anche l'intervento dell'avvocato Fronza, uno dei grandi vecchi del mondo vitivinicolo trentino, fa appello alla terra. Non è un ecologista ma proprio per questo testimonia di come questa nuova sensibilità attorno ai temi posti dall'incertezza de presente e dall'intrecciarsi delle crisi demografica, ambientale e finanziaria ponga l'urgenza di una nuova consapevolezza.    

Purtroppo riesco a seguire solo una parte dei lavori perché alle 11.00 inizia l'incontro del Gruppo consiliare provinciale a cui partecipano gli assessori provinciali del PD (che peraltro del gruppo sono parte integrante) ed anche il segretario del PD del Trentino Michele Nicoletti. Dopo le turbolenze dei giorni scorsi, dovrebbe essere un incontro di chiarimento: nel gruppo si sono espresse posizioni diverse sui temi posti dalla Finanziaria e nel rapporto fra il partito di maggioranza relativa e il presidente Dellai. E probabilmente al di là dei singoli aspetti sui quali sono evidenziati i punti di dissenso, come il pareggio di bilancio e la delega in bianco sulla riorganizzazione della struttura amministrativa della PAT. Nodi importanti sui quali occorreva un confronto di coalizione, non certo la presentazione di emendamenti.

Ovviamente non è in discussione il ruolo di ogni singolo consigliere di presentare proposte migliorative, emendamenti e ordini del giorno, ma se temi di spessore che investono il cuore dell'azione governativa possono divenire oggetto di iniziative unilaterali da parte di una forza di governo, specie se questa è quella di maggioranza relativa.

Che forse nascondono qualcosa di più profondo, ovvero un corpo politico che non ha ancora compreso che solo una diversa sperimentazione sociale e politica territoriale ha potuto collocare il Trentino fuori dall'orbita berlusconiana, l'incertezza politica nazionale che con il governo Monti ridisegna il quadro delle alleanze, fors'anche un clima che risente dell'avvicinarsi delle elezioni del 2013 e un non detto che riguarda i destini personali che rischiano di inquinare il confronto.

Che risulta pacato, ma i nodi sulle questioni richiederebbero una discussione di merito, rispetto alle quali anche nel PD del Trentino ci sono posizioni diverse e riconducibili a mio parere a quella mancata sintesi culturale per cui il PD è nato ma che è rimasta nella penna della Carta dei valori. L'ho già detto in questo diario e lo riprenderò con una riflessione specifica nei prossimi giorni, ma dovremmo davvero riflettere sulla sconfitta di Zapatero in Spagna che ritengo davvero paradigmatica.

Su una cosa convergiamo tutti, quella di rilanciare la coesione politica della coalizione.

Nei giorni scorsi se ne è andato per sempre il papà di Alberto Trenti e nel pomeriggio, presso la chiesa di San Giuseppe d Trento, c'è l'ultimo saluto. Non l'ho praticamente mai conosciuto ma se da quel contesto famigliare è venuta una persona sensibile e intelligente come Alberto, qualcosa vorrà pur dire.

Rientro in ufficio e dopo qualche minuto mi sposto al Forum iniziamo la riunione per iniziare a costruire il programma sul tema della cultura del limite che caratterizzerà l'attività del Forum per tutto il 2012. Escono molte idee, altre ne verranno dalle associazioni che vorranno coinvolgersi, inviando loro i titoli degli itinerari tematici che intendiamo sviluppare e nei quali le associazioni potranno articolare le loro iniziative. Lo stesso faremo con i festival, le rassegne, le istituzioni che vorranno sintonizzarsi su un tema ineludibile per tutti come questo.

Perché no, anche per le associazioni degli agricoltori che al mattino si sono interrogate esattamente sul limite. Ne parlo al telefono con Massimo Tomasi che della Cia trentina è direttore e ci accordiamo per incontrarci anche con il presidente il giorno successivo.  

sabato, 26 novembre 2011Brasile

A tre anni dall'uscita di "Darsi il tempo" ancora ci sono persone e realtà che ci chiedono di andarlo a presentare e di farne un'occasione per riflettere sullo stato della cooperazione internazionale, soprattutto oggi che il fondatore della Comunità di Sant'Egidio è diventato ministro alla cooperazione internazionale e all'integrazione e che un nuovo sguardo sul mondo  potrebbe aiutarci a riaprire il confronto su questo tema rimasto archiviato per tutta la prima parte della legislatura.

Ho una lunga conversazione telefonica con Adriano Ferroni che nei mesi scorsi si è messo in contatto con gli autori di "Darsi il tempo" per invitarci in Abruzzo a presentare il libro. Nelle parole che ci scambiamo mi rendo conto della solitudine politica che c'è in giro a fronte di una domanda di sguardi nuovi sul mondo e sul proprio agire quotidiano. Ci accordiamo per vederci a febbraio dell'anno che viene e provo un po' di nostalgia per la libertà di movimento che avevo prima dell'impegno istituzionale in Provincia.

Cerco di consolare Adriano dicendogli come anche qui in Trentino, nonostante il livello significativo di elaborazione su questi temi, il vecchio approccio fondato sull'emergenza e sulla logica degli aiuti continui a venir fuori, tanto sul piano istituzionale quanto su quello associativo.

Proprio dopo la chiacchierata con Adriano ho infatti un incontro con l'assessore alla solidarietà internazionale Lia Beltrami. Abbiamo fra noi due impostazioni piuttosto diverse ed è inevitabile che le nostre impronte nei luoghi di rispettiva responsabilità lo siano altrettanto. Eppure c'è un patrimonio di elaborazione che in questi anni ha caratterizzato la Provincia autonoma di Trento che dovrebbe essere comune o comunque un punto di partenza nel quale poi articolare le singole sensibilità.

Per questo propongo a Lia di sviluppare, fra Forum e Assessorato, alcuni terreni comuni di iniziativa. Penso in particolare al "Cantiere Afghanistan 2014" e all'iniziativa sul tema dell'autonomia in Marocco e nel Sahara Occidentale, ma anche all'articolazione del percorso del Forum sulla cultura del limite. La risposta che ricevo, quand'anche all'insegna della disponibilità, mi appare deludente, quasi che la programmazione delle attività dirette della PAT non potesse subire alcuna rimodulazione. Non dovrebbe essere così che funziona una coalizione, non un momento di condivisione, specie quando si ha a che fare con competenze ed esperienze che sono riconosciute sul piano nazionale ed internazionale.

Ci sarebbe anche la necessità di rimettere mano alla legge provinciale sulla cooperazione internazionale (la LP 4/2005, frutto dell'elaborazione di un gruppo di lavoro di cui ero parte), che nel suo iter subì dapprima il depotenziamento dell'ex assessore Iva Berasi, poi la lacerazione dalla sentenza della Corte Costituzionale (su impugnativa del Governo) che ne stralciò alcune delle parti più innovative e, infine, lasciata in una sorta di limbo conteso fra le normative della vecchia legge e quella nuova. Ma in questo contesto non so se un nuovo DDL di riforma ci aiuterà a superare le nostre distanze, consapevoli  che su questo non incontreremo di certo un atteggiamento benevolo né da parte della minoranza in Consiglio, né nella cultura prevalente anche della mia stessa maggioranza, ferma anch'essa alla logica degli aiuti.

L'innovazione che proponemmo nel 2005 è molto più avanti di quel che c'è sul piano della riflessione anche nel mondo della solidarietà, fermo quanto e forse più della politica. Ne ho la riprova nella discussione che il giorno successivo (sabato) si sviluppa nel convegno sul Brasile promosso da una quindicina di associazioni trentine che operano in quel paese. Perché se gli stimoli che vengono dai relatori sono interessanti, poi il taglio delle domande o delle osservazioni dal pubblico è prevalentemente nel segno di chiedersi se ha ancora senso fare cooperazione con un paese come il Brasile considerato fra le locomotive dello sviluppo. Non intendevo intervenire, ma è più forte di me. E in cinque minuti provo a spiegare ai presenti che bisognerebbe smetterla di pensare alla cooperazione come aiuto allo sviluppo, che in un mondo interdipendente la cooperazione significa occuparsi di sé e acquisire quello sguardo strabico che ti permette di vedere la tua stessa realtà con occhi diversi...

La sala e i relatori reagiscono bene alle mie parole. Ma a convegno finito una volontaria di Tremembè mi prende da una parte e mi dice che le cose che ho detto sono di chi ha la pancia piena... Conosco fin troppo bene questa tesi (motivo fra l'altro del mio allontanarmi dal Progetto Prijedor) e mi devo trattenere dal rispondere a tono. Anche perché non so se sia il prodotto dell'ignoranza o il bisogno di dipingere il mondo secondo lo schema - tanto caro a chi deve salvarsi l'anima - della divisione del mondo fra paesi ricchi e poveri, senza vedere che oggi l'esclusione è a-geografica e che l'impoverimento (che è cosa diversa dalla povertà) è prevalentemente un nostro prodotto che passa anche attraverso la cooperazione, gli aiuti internazionali e l'esportazione dei nostri modelli. Mi limito a ricordarle che se oggi c'è un simbolo della povertà, questo si chiama obesità, cioè cattiva alimentazione, consumismo, degrado culturale, perdita di identità.

Fra i relatori c'è Alberto Tridente. Con Alberto ci conosciamo fin da quando lavorava come responsabile dell'ufficio internazionale della FIM Cisl, parlo di trent'anni fa. Amico personale di Lula, il Brasile è stata e continua ad essere la sua seconda patria. Ho un ricordo nitido di quando - proprio grazie all'invito di Alberto - incontrai a Roma quel sindacalista dei metallurgici che sarebbe poi diventato presidente del più grande paese dell'America Latina. Anche Tridente divenne parlamentare europeo e le nostre traiettorie di impegno e di amicizia continuarono nel tempo ad intrecciarsi.

Serbo con me il ricordo indelebile di quando andammo insieme in Messico per partecipare alla campagna elettorale di Cuatemoc Cardenas, candidato presidente del PRD. Era il 1994, l'anno delle rivolta indigena in Chiapas, e noi eravamo lì. Passammo tre settimane attraverso villaggi sperduti e moderne metropoli, un'esperienza davvero indimenticabile.  

Alberto mi regala una copia de "Dalla parte dei diritti. Settanta anni di lotta", praticamente la sua autobiografia in 348 pagine di storia, con una dedica che racconta del nostro comune cammino. Alberto mi aveva permesso di leggere ancora un paio d'anni fa una parte del manoscritto e penso che attraverso questa storia avremo l'occasione di riflettere sul Novecento e sulle grandi speranze che aveva suscitato nel riscatto sociale e politico della classe operaia. Ci accordiamo di presentarlo a Trento all'inizio del nuovo anno.

Quel che dico al mattino dovrei dirlo anche nel pomeriggio, nel corso del sit in che come Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani abbiamo promosso per testimoniare la vicinanza con il popolo egiziano e siriano alle prese con un passaggio delicatissimo della loro storia. C'è un folto gruppo di arabi, tanti giovani nati in Trentino da famiglie di immigrati dal Mediterraneo, ma gli italiani sono pochi, come se occuparsi di quel che accade dall'altra parte del mare non li riguardasse. Perché - diciamolo pure - alla logica degli aiuti, delle partite del cuore e dell'emergenza, corrisponde una solidarietà pelosa, che si ritrae quando si ha a che fare con popoli fieri delle proprie culture e che non mancano certo di autostima. E dove il ricordo dell'antico splendore ha prodotto in loro il crescere di un rancore profondo verso un occidente che nei loro paesi ha portato sfruttamento delle materie prime e guerra.

Fra venerdì e sabato ci sarebbero tanti altri spunti di cronaca, a cominciare dal dibattito in commissione sulla finanziaria e dalle fibrillazioni nella maggioranza di cui ho parlato nel diario di giovedì. Ma avrò modo di ritornarci.

giovedì, 24 novembre 2011muro di gomma

Faccio fatica. La mia vita è stata impegno, passione, ricerca. Mi ha accompagnato un'immutata capacità di indignarsi, il disincanto per le cose del mondo ma anche la curiosità e lo stupore della meraviglia. Per questo faccio davvero fatica quando ho a che fare con il cinismo e la disonestà intellettuale.

E purtroppo oggi la politica ha molto a che fare con tutto questo. Avverto distanze profonde, difficilmente riducibili. Che mi portano su altre strade, quand'anche ritenga decisivo presidiare le istituzioni. Ma vi volevo dire come la contraddizione stia diventando per me lacerante.

Il passaggio è poi oltremodo delicato, in Italia come qui. Richiede senso di responsabilità ma anche capacità di scrollarsi di dosso culture vecchie ed inservibili. Ed invece la rappresentazione della politica non sa fare altro che riproporre schemi già visti, rapporti di forza, l'uso della stampa a sostituire il confronto politico, aggravati dal condizionamento inquinante dei destini personali.

Sono alcuni giorni che rimugino fra me e questo diario (ma di questo ho parlato anche pubblicamente, l'altra sera a Roncegno) del declino della sinistra in Spagna, come paradigma di una sconfitta riconducibile non tanto agli effetti della crisi quanto l'incapacità di riannodare sguardi e appartenenze oltre le divisioni ottocentesche. Come se bastasse dire qualcosa di sinistra...

Misuro questa distanza anche qui, nel mio impegno istituzionale. Nel pomeriggio inizia in Prima Commissione legislativa il voto sulla Finanziaria 2012. E' anche una delle scadenze per la presentazione degli emendamenti, ferma restando la possibilità di proporne altri anche direttamente in aula, insieme agli ordini del giorno. Per questa ragione ci riuniamo in tarda mattinata come Gruppo consiliare del PD del Trentino, ma quel che emerge è che fra noi non c'è affatto condivisione d'intenti.

Devo dire che questo non riguarda solo e tanto i singoli emendamenti, quanto un atteggiamento più generale verso il governo provinciale. Ci sono due questioni di peso, il tema del pareggio di bilancio e la proposta di riorganizzazione dipartimentale della Provincia, che fanno emergere un dissenso più profondo e il venir meno di un rapporto di fiducia verso la Giunta. Ma è davvero improprio affidare questi nodi alla presentazione di emendamenti, trattandosi di nodi che andrebbero affrontati in altre sedi e solo in ultima istanza in Consiglio e sulla Finanziaria.

La prima, quella del pareggio di bilancio, viene caricata di valore simbolico, ma in realtà la situazione trentina è caratterizzata da un debito fisiologico, assorbito largamente da investimenti realizzati attraverso le società di sistema. E' evidente che in una situazione di forte difficoltà sociale, il ricorso ad interventi di difesa del reddito o del lavoro non corrisponde esattamente a misure strutturali. Ma la politica ha il dovere di occuparsi di questo ed è stato giusto nelle precedenti finanziarie introdurre forme di salario sociale. Che non sono affatto in contraddizione con un approccio caratterizzato dalla sobrietà e dalla cultura del limite. Una discussione sulla quale intendo ritornare nei prossimi giorni e che francamente poteva essere posta nell'ambito della coalizione, non certo attraverso lo strumento dell'emendamento non concordato.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'organizzazione dei dipartimenti e più in generale sul riassetto dell'apparato provinciale. Tema questo di assoluto rilievo, di cui si è iniziato a discutere prima dell'estate, in una riunione della maggioranza dove ci è stata presentata una prima ipotesi di progetto di riorganizzazione della PAT.

Tanto per capirci, è questa l'altra faccia della riforma istituzionale tanto è vero che se oggi riscontriamo delle difficoltà di far procedere la riforma delle Comunità di Valle lo si deve in primo luogo proprio ad un apparato che non vuole cedere potere. Si tratta, come si può ben capire, di un tema delicatissimo sul quale la Giunta chiede una delega di lavoro. In terza Commissione ho votato a favore dell'articolo 24 proprio ricevendo garanzie dall'assessore Mauro Gilmozzi che il disegno che deve informare il percorso di riorganizzazione debba essere condiviso in sede consiliare. Quel che invece appare proprio come un errore politico è la scelta di sottoporre questo articolo ad abrogazione o al voto di astensione, che si configura come un atto di sfiducia. Che depotenzia la riforma e la riorganizzazione, quasi dovessimo rappresentare la buca delle lamentazioni corporative, dei dirigenti messi in discussione, dei conservatorismi e delle inamovibilità.

Aggiungiamo il fatto che nella finanziaria si esplicitano le più strane dinamiche, talvolta connesse con il consumarsi di qualche vendetta e, diciamolo, con l'avvicinarsi della fine della legislatura e il bisogno di visibilità.

Esprimo il mio dissenso nella riunione di gruppo, dove tende a prevalere l'orgoglio ferito di chi si sente inascoltato pur essendo quello del PD il gruppo di maggioranza relativa. E, in assenza degli assessori, la mia posizione è di minoranza. Nonostante la richiesta di avere un incontro di chiarificazione con il Presidente venga accettata, in Commissione Bilancio Margherita Cogo si astiene e questo, oggettivamente, non è un bel segnale di coesione.  

E infatti il clima si alza, al di là dell'effetto serra. Per parte mia, decido di non presentare - almeno per il momento - alcun emendamento. Un segnale di responsabilità, e vi assicuro che punti sui quali proporre delle modifiche ne avrei molti, dall'estensione delle agevolazioni Irap al sostegno dei soggetti economici che si approvvigionano dei prodotti del territorio, alla costituzione di un fondo per il finanziamento delle azioni di programma sulla legge sulle filiere, al rendere più consistente il fondo per le nuove leggi...

Predispongo invece una serie di ordini del giorno su alcuni dei nodi di fondo che riguardano la finanza di territorio, la qualità negli appalti pubblici, l'animazione territoriale, i ragazzi nati in Trentino da genitori originari di altri mondi. Ma di questo vi parlerò in seguito.

mercoledì, 23 novembre 2011Roncegno

Il primo appuntamento della giornata è alle 8.30 con Claudio Boniatti, responsabile della Uisp, acronimo di Unione italiana sport per tutti. L'associazione fa parte del Forum ma non sempre i collegamenti funzionano e ci si rende conto che lui sa ben poco di quello che fa il Forum così come al Forum abbiamo una conoscenza approssimativa dell'attività di questa associazione. La cosa interessante è che, nello scoprirsi, viene fuori una grande sintonia di approccio ed anche di possibilità di costruire tratti di lavoro comune, a partire dalla montagna come spazio che segna il limite (tema che caratterizzerà l'attività del Forum per tutto il 2012). E dall'attività cinematografica rivolta ai giovani che da qualche anno perseguono nell'ambito del Filmfestival internazionale della Montagna. Mi racconta di esperienze cinematografiche legate a progetti di cooperazione in Colombia e nei Balcani, così da scoprire che alcune delle cose di cui mi vuole parlare già le conosco per averle io stesso avviate negli anni passati. Com'è strana la vita.

Faccio appena in tempo ad arrivare puntuale all'ospedale Villa Bianca dove devo sottopormi alla risonanza magnetica ad un ginocchio malandato. Effetto Palestina, mi dice Angioletta che di queste cose se ne intende. Finita la TAC mi attende un'altra visita specialistica, questa volta al S.Chiara, dove è il braccio ad essere oggetto di osservazione. Grazie a quindici giorni di punture di cortisone il dolore se ne è andato. Rimane l'incertezza sulla natura del dolore, che la visita non scioglie. Mi dicono, dopo un'ora di attesa nonostante l'appuntamento, che se riappare bisognerà compiere altri accertamenti. Consiglio rassicurante, che non meritava né il tempo perso, né il ticket pagato.

Un salto a casa e poi di nuovo al Forum che, come i lettori di questo blog possono percepire, impegna una parte non trascurabile del mio tempo. Interpretazione del mandato consiliare che a qualcuno potrà sembrare discutibile ma se vogliamo far uscire la pace dei suoi stanchi rituali non può essere che così. Ci troviamo per dirci che la primavera araba è troppo importante per lasciarla naufragare nel buio della repressione militare, in Siria come in Egitto. E così ci diamo appuntamento per sabato prossimo, alle cinque del pomeriggio, come un anno fa in piazza a Trento. E per un successivo appuntamento invitando in Trentino un rappresentante dell'opposizione siriana.

Mi chiamano dal quotidiano L'Adige per ridurre il testo sul "dopo Berlusconi" e così ci metto mano prima e subito dopo l'incontro con il gruppo di lavoro che ha lavorato con me nella redazione del Disegno di Legge sul tema dell'apprendimento permanente.  Siamo ormai agli ultimi dettagli dell'impianto legislativo, che introduce il riconoscimento e la valorizzazione di tutte le forme di apprendimento informale, attraverso la messa a disposizione di servizi che ne possono facilitare il diffondersi.

In questi anni ci siamo detti più volte che la conoscenza rappresenta la chiave per affrontare un tempo nuovo, la vera risposta alla crisi. Ma la conoscenza non può essere confinata nella cornice dell'apprendimento formale, né in quello - pur importante - dell'educazione degli adulti. Il Disegno di Legge che ora verrà condiviso nel gruppo consiliare e a breve presentato in Consiglio, è la quinta proposta legislativa che mi vede come primo firmatario, dopo quelle relative alle Filiere corte (LP 13/2009), ai Fondi rustici (LP 3/2011), alla bonifica dell'amianto (che arriverà in aula a febbraio), al Software libero (che ha iniziato da poco l'iter consiliare). Speriamo di portare a casetta anche questo.

Proprio della legge sull'amianto parliamo il giorno successivo nel gruppo di lavoro della Terza Commissione Legislativa incaricato di unificare la proposta legislativa del PD del Trentino con quella del consigliere Claudio Eccher. Il nostro DDL costituisce l'ossatura del testo unificato, ma il confronto con i funzionari dei due assessorati coinvolti, quello della sanità e quello dell'ambiente, non è affatto scontato anche perché l'impatto finanziario degli interventi a sostegno della bonifica è tutt'altro che irrilevante. Per questo nell'incontro insisto affinché il meccanismo previsto di individuazione della pericolosità dei manufatti e di gradualità degli interventi di bonifica sia la strada maestra per sbloccare una situazione che rischia un'ulteriore paralisi paradossalmente per effetto della vastità del problema. Ci riconvochiamo per licenziare il testo unificato il prossimo 5 dicembre.

Finito l'incontro vado a Palazzo Geremia dove c'è la presentazione dell'ultimo libro di Paolo Rumiz "Il bene ostinato". Il libro e l'incontro di oggi sono dedicati al lavoro del Cuamm, l'associazione dei Medici con l'Africa, la prima organizzazione non governativa in campo sanitario riconosciuta in Italia. E' infatti dal 1950 che opera per il rispetto del diritto umano fondamentale alla salute e per rendere l'accesso ai servizi sanitari disponibile a tutti, anche ai gruppi di popolazione che vivono nelle aree più isolate e marginali. Una sede in Italia, 7 uffici di coordinamento nei paesi africani in cui opera (Angola, Etiopia, Kenya, Mozambico, Tanzania, Uganda, Sudan), numerosi gruppi di sostegno sparsi nel paese, Medici con l'Africa Cuamm è oggi presente sul campo con 37 progetti ma soprattutto con un lavoro continuo basato sulla conoscenza dei luoghi e sul rispetto delle culture locali. Che nella cooperazione è tratto decisivo.

Non ho ancora letto quest'ultimo lavoro di Paolo Rumiz e credo che un motivo ci sia, riconducibile ad una nostra recente conversazione e al titolo stesso di questo libro, dal quale si evince una divisione del mondo fra bene e male nella quale non mi riconosco. Perché questi concetti sono così intrecciati nelle nostre vite, che questa separazione mi appare fuorviante e manichea. Perché oltre alla banalità del male, c'è anche quella del bene. Perché il criminale non è un mostro e la guerra è la "condizione dell'anima", presenza archetipica della vicenda umana. Lo so, dovrò superare il pregiudizio e andarmelo a leggere.

Saluto Paolo alle prese con le dediche e vado a Roncegno, dove è previsto uno degli incontri del tour trentino del nostro Gruppo consiliare "L'autonomia nell'epoca della crisi". Il mio fondo che oggi "L'Adige" pubblica in prima pagina è lo spunto da cui partiamo con Luca Zeni nel confronto con i presenti. Ne viene una discussione politica a tutto tondo, con molti interventi anche critici ma di spessore, che spazia dal territorio alle questioni globali. Che mi conforta nell'utilità di interrogarci sul senso e nel porre la necessità di "reinventarsi" nel rapporto che abbiamo tanto con l'uso delle risorse, quanto nelle nostre relazioni. Che la politica si debba porre queste domande non è affatto scontato. Che emergano in questo bel paesino della Valsugana dal fascino europeo, in una serata promossa da un partito, nemmeno.  

lunedì, 21 novembre 2011Mediterraneo

Si conoscono già dalla mezzanotte, almeno a grandi linee, i risultati delle elezioni in Spagna per il rinnovo del Parlamento. Di mattina presto cerco di capire cos'è accaduto più nel dettaglio sfogliando le pagine dal sito del quotidiano El Paìs, per comprendere la geografia di un voto che pure appare abbastanza omogeneo nella severa sconfitta riservata al Psoe del premier uscente Zapatero. Anche dove non vince il Partito Popolare, come in Cataluña e nei Paesi Baschi, questo lo si deve al successo delle formazioni politiche nazionali, non certo alla tenuta del Psoe. Tanto che a far parte dell'opposizione nel Congresso ci sono, accanto ai partiti della sinistra spagnola, una serie di partiti "regionali" orientati a sinistra ma che non si riconoscono né nel Partito socialista, né nella Izquierda Unida.

Che l'astensionismo abbia contribuito alla sconfitta di Zapatero è probabilmente vero, ma l'indicazione di voto degli "Indignados" aveva più un significato politico che un peso rilevante sul piano dei numeri. Zapatero ha perso per un'insieme di ragioni, gli effetti della crisi e della disoccupazione in primo luogo, dicono tutti gli osservatori. Personalmente ho un'idea un po' diversa: il leader del Psoe è stato sconfitto perché non è riuscito a proporre una nuova narrazione in un paese tradizionalmente diviso fra destra e sinistra, fra cattolici e laici, conservatori e progressisti, centralisti e autonomisti. Capace cioè di rimescolare le carte e con esse le appartenenze, riproponendo invece lo schema di sempre.

Era questo, del resto, quel che piaceva di Zapatero alla vecchia e nuova (si fa per dire) sinistra nostrana, che si entusiasmava nel veder segnare le distanze piuttosto che scomporle e ricomporle. "Dire qualcosa di sinistra..." è diventato - negli anni di ascesa del "zapaterismo" in Spagna - il motto di molti rivolto alla sinistra italiana nel cercare di far saltare quel complesso, spesso timido e comunque non riuscito tentativo di far emergere in Italia nuove sintesi politico-culturali.

Con questi pensieri arrivo in ufficio dove riassetto un po' la posta e riesco subito, un po' per festeggiare Pippo che compie gli anni, un po' perché mi attendono i ragazzi dell'Università popolare in visita guidata al Consiglio Provinciale e Regionale. Tutti giovani trentini ma fra loro tante provenienze diverse, mediterranee e d'oltreoceano.

Provo a raccontare loro come funziona il Consiglio, quel che fa un consigliere, che cosa vuol dire proporre un disegno di legge e come si arriva in aula per il voto. Gli parlo della proposta di legge sull'amianto che a febbraio arriverà in aula, di quell'eredità che qualcuno ha confezionato per noi e per loro, delle tante cattive eredità che lasceremo loro in dote, come ad esempio la precarietà e l'incertezza sul futuro. Un ragazzo mi chiede che cosa si fa qui dentro per i giovani ed ho un attimo di indecisione subito rintuzzata dal fatto che la Finanziaria 2012 indica come priorità proprio il tema dell'occupazione giovanile. L'indecisione però mi fa capire come in quest'aula effettivamente il tema del futuro (e dei giovani in particolare) abbia in realtà una cittadinanza specifica piuttosto relativa. Gli parlo anche dell'attività del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, dove lo sguardo sul futuro viene declinato nell'impegno contro ogni sorta di guerra e di violenza e gli do la disponibilità di andare a visitarli nella loro scuola qualora volessero approfondire questi temi.

Trovarsi sui banchi dell'emiciclo della nostra autonomia crea nei ragazzi un po' di timido imbarazzo, eppure non mancano le domande, anche da parte degli insegnanti che li accompagnano, evidentemente occasione anche per loro di avere un contatto con le istituzioni non sempre facile. Ci sarebbero mille storie da raccontare o da farsi raccontare, a cominciare dai giovani le cui famiglie vengono da più lontano. Uno di loro mi chiede quale sia il personaggio più importante che sia passato da questa sala, domanda che presuppone uno sguardo rispettoso e non scontato verso il luogo in cui siamo. Gli rispondo, senza nemmeno pensarci troppo a lungo: il leader politico spirituale del popolo tibetano, il Dalai Lama.

Scattata la foto di rito e finito l'incontro (non li vedo affatto annoiati, emozionati piuttosto) ci salutiamo e vado al piano superiore dove ho appuntamento con Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino, che è lì in Regione con la delegazione russa che partecipa alla conferenza storica sul Don. In occasione dell'evento conclusivo di "Cittadinanza euromediterraena" vorrei approfittare della presenza in Trentino dei personaggi che hanno tratteggiato il percorso annuale del Forum per dar vita ad un momento di riflessione sul "Censimento del 1910" come paradigma di un'Europa multiculturale di cui abbiamo perso le tracce. E pensare che a Trento, in quegli anni, c'era pure una moschea, luogo di culto dei soldati bosniaci che erano parte dell'impero austroungarico ... C'è anche l'idea di invitare a Trento, in questa occasione, lo scrittore Alexandar Hemon, originario di quella "piccola Europa" come veniva chiamata la regione a cavallo del fiume Sava, fra Bosnia, Croazia e Serbia, dove - fra i tanti idiomi - si parlava anche il dialetto trentino. 

Di questo parlo di seguito con Marco Depaoli, vicepresidente del Consiglio regionale, che vorremmo coinvolgere per rendere sostenibile l'iniziativa. La nostra Regione fatica a ritrovare il senso di un incontro fra popolazioni diverse che pure hanno condiviso una storia affascinante e complessa, accentuandone quei caratteri che possono apparire più funzionali a segnare in senso politico i tratti della propria identità. Trovo piena disponibilità.

A mezzogiorno riunione del Gruppo consiliare per proseguire l'analisi dell'articolato della Legge Finanziaria avviato sabato scorso. Proseguo fino alle 14.30, quando è convocata la Terza Commissione che si deve esprimere sugli articoli della stessa Finanziaria di propria competenza. Sono grosso modo una ventina di articoli e se ne va tutto il pomeriggio. Fra questi, uno più di altri diventa oggetto di confronto con l'assessore Mauro Gilmozzi, ovvero quello sulla riorganizzazione generale della Provincia (art. 24). Lo conosco bene perché è stato uno dei punti sui quali il confronto anche nel nostro gruppo è stato più acceso. L'idea che nella Finanziaria si proceda a ridisegnare l'assetto della struttura dirigente, dei dipartimenti e delle agenzie a mio avviso ci può stare, purché corrisponda ad un disegno condiviso che ancora non è stato esplicitato. O, meglio, che è stato illustrato nelle sue linee di fondo in una riunione della maggioranza prima dell'estate, senza però trovare un seguito nei mesi successivi.

La riforma istituzionale incardinata attorno alle Comunità di Valle presuppone una più generale riallocazione dei poteri e delle funzioni, passaggio delicato e che oggi incontra mille resistenze. Dovremmo evitare di farcene interpreti, perdendo di vista proprio l'obiettivo che ci eravamo dati con la riforma. Ma poi entrano in gioco altri fattori e quel conservatorismo tipico degli apparati e che mette a dura prova il cambiamento. Voto a favore, con la raccomandazione che la flessibilità di riassetto che la norma in Finanziaria produce sia accompagnata da una forte condivisione istituzionale degli obiettivi di riorganizzazione della struttura della Provincia, raccomandazione accolta dal rappresentante della Giunta. Tema sul quale, in ogni caso, avremo un momento di confronto anche come Gruppo consiliare del PD con il presidente Dellai nei prossimi giorni.

E' sera. Ripasso in ufficio e vedo le ultime notizie dalle agenzie sulla situazione in Egitto. Domenica prossima all'ombra delle piramidi si vota e temo che l'occupazione delle piazze da parte dell'esercito rappresenti una sorta di colpo di stato. Lo stesso governo provvisorio si è dimesso e i morti sono più di quaranta. Osservando quel che accade in Siria e in Egitto, i due più grandi e decisivi paesi del mondo arabo, la primavera è ad un passaggio cruciale. Provo a mettere intorno ad un tavolo per il giorno seguente un po' di persone con le quali abbiamo collaborato nei mesi scorsi per sostenere la rivoluzione che ha cambiato il corso del Mediterraneo. E metto online il lavoro di analisi sui partiti in Egitto che un giovane trentino - Jacopo Carbonari - che vive al Cairo ha realizzato nelle scorse settimane.

sabato, 19 novembre 2011Wall Street

Dedico la giornata di venerdì allo studio e alla scrittura. Amo queste giornate sottratte agli impegni pubblici, alle riunioni, agli incontri, come se si trattasse di uno spazio vitale nel quale rimettere in ordine le idee, fermarsi un attimo per mettere a fuoco, cercare di riflettere sul senso del proprio agire. Ma anche semplicemente per preparare un pranzo e una cena per le persone care, per tirare il fiato, guardarsi un film.

Leggo il documento della Giunta Provinciale predisposto per l'incontro con i soggetti del credito trentino e butto giù qualche idea per farne la prossima tesi sul sito http://www.politicaresponsabile.it/ che vorrei dedicare al tema della "finanza di territorio", ovvero come può un piccolo territorio come il nostro provare a difendersi dalle turbolenze del mercato finanziario globale o, meglio, dal carattere strutturale di una crisi le cui ragioni sono connesse al processo di progressiva finanziarizzazione dell'economia.

Davvero difficile immaginare come mettere le catene a questo mostro che ha trovato il modo di moltiplicarsi anche nella crisi, attraverso un sistema di scommesse che realizza immense fortune sulle tragedie e sulla bancarotta degli altri, sulle guerre come sulle carestie.

Mettergli le briglia è il tema del nostro presente. Posto giustamente anche dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama (dall'alto, dunque)  che però si è dovuto subito arrendere o dalla Commissione Europea risfoderando la proposta della Tobin tax senza però ottenerne fin qui un bel niente.  E', del resto, la questione che hanno posto gli indignados (dal basso, in questo caso) che da mesi assediano Wall Street, ma anche questo movimento rischia di fare la fine dei World Social Forum, soffocato dall'ideologia.

Occorre un cambio di sguardo, un altro approccio. La risposta è forse la terra. L'economia vera contro quella finta. L'alleanza fra i produttori e i territori, la qualità contro l'omologazione, il ritorno al valore d'uso  avrebbe detto Marx. Quello sguardo glocale che dovremmo prendere a prestito per mettere in discussione anche le forme della politica, lo sguardo istituzionale, l'autogoverno. La cultura del limite, certo. La sobrietà. La bellezza.

Sono i temi che ho posto nella riflessione proposta nei giorni scorsi sul dopo Berlusconi e che vedo raccogliere interesse su questo blog come nelle comunicazioni verbali con le persone a cui l'ho inviata. E che porrò nel dibattito sulla Finanziaria 2012 in Consiglio Provinciale.

Proprio sulla Finanziaria si lavora sabato per cinque ore filate al gruppo consiliare, nell'esame dei capitoli e dell'articolato. Occorrerebbe fermarsi sull'impronta, che non esce chiara. Ed indicare i terreni sui quali vorremmo caratterizzare questa fase dell'autonomia. Ma su questo, nella coalizione come fra noi e nel PD del Trentino, si fatica a trovare un pensiero condiviso. E invece si va nei dettagli, perché corrispondono a dinamiche di consenso e perché in buona sostanza non ci si fida. Ci sono, come è ovvio, articoli che andrebbero emendati e cifre che andrebbero riviste e riallocate. Ma, così giocata, è una partita che non mi piace, inquinata dall'avvicinarsi alle elezioni e dal bisogno di visibilità dei singoli. Mi sottraggo a questa logica e lo comunico al capogruppo.

Finita la riunione vado a prendere in stazione Gianguido Palumbo, l'invitato maschile all'incontro che abbiamo promosso come gruppo consiliare del PD del Trentino sulla violenza di genere a un anno dall'approvazione della legge provinciale. Gianguido è stato uno dei promotori dell'associazione "Maschile plurale", forse la prima realtà nata nell'universo maschile attorno ai temi della violenza di genere. La prima volta c'incontrammo a Sarajevo, lungo le strade della cooperazione internazionale, dove lavorava per il Comune di Venezia. E le nostre cose hanno continuato ad intrecciarsi, attorno ai nostri libri e sensibilità.

La sua presenza offre all'incontro una voce diversa, utile ad una riflessione che s'interroga in maniera aperta sulle forme di violenza che in questa nostra terra non sono meno rilevanti che altrove, come esce bene dalle testimonianze delle relatrici.

A cena, fettuccine ai finferli, ci raccontiamo quel che stiamo facendo. Mi dona copia del suo ultimo lavoro, una "Cortissima Storia d'Italia", libro più video racconto in dieci puntate, uno strumento didattico per le scuole e per gi immigrati sui centocinquant'anni dell'unità d'Italia.

Mentre lo riaccompagno in stazione, ci imbattiamo in una limousine lunga una decina di metri, attorniata da squallidi personaggi e ragazzine tacchi a spillo e minigonna. Tratti di degrado e di un'umanità perduta, che potremmo incontrare nei luoghi più disparati di questo mondo sempre più allo sbando. Com'è cambiato questo paese? Dovrebbe essere la domanda di fondo dalla quale partire se vogliamo davvero metterci alle spalle l'era Berlusconi.

giovedì, 17 novembre 2011futuro

L'iter della legge finanziaria 2012 è stato avviato sin dai primi giorni di ottobre con una prima seduta del Consiglio provinciale nella quale la Giunta ha illustrato le linee di fondo sulle quali si sarebbe successivamente costruito il documento contabile. Il confronto è poi proseguito nei gruppi consiliari e nelle riunioni di maggioranza (ce ne sono state ben sei). Ora il dibattito è in prima Commissione legislativa per l'esame articolato, il confronto con gli assessori di merito e le audizioni, per poi approdare in aula il 12 dicembre per l'approvazione definitiva nella lunga sessione di bilancio.

Oggi sono in prima Commissione per seguire il confronto con l'assessore Mellarini. Non si prevedono in questa finanziaria particolari novità sull'agricoltura, un paio di piccole modifiche legislative e un quadro di stanziamenti che viene ridotto rispetto al passato. Pongo nella discussione il tema del finanziamento della LP13/2009 sulle filiere corte, nella misura in cui il Programma triennale (l'architrave della legge) sarà assunto dalla Giunta. Dovrebbe essere definito un fondo ad hoc e l'assessore si dice d'accordo, vedremo se con uno stanziamento in bilancio o attraverso un ordine del giorno che lo disponga non appena il programma sarà varato.

L'agricoltura trentina sta attraversando un passaggio molto delicato. La sfida è duplice: quella della qualità e quella del fare sistema territoriale. In questo la LP 13 può rivelarsi centrale, per le innumerevoli piste di lavoro che apre, tanto sul piano della qualificazione delle produzioni agricole, quanto per le implicazioni che può mettere in campo sul piano dell'educazione alimentare, della salute, del turismo e delle ricadute lavorative che ne possono venire.

Concluso l'incontro in commissione ho appuntamento con Carlo Basani, dirigente PAT e presidente del  Centro di formazione per la solidarietà internazionale. Il nostro colloquio verte proprio sulle forme di collaborazione fra il Forum e il Cfsi (di cui è soggetto fondatore) per mettere in campo tutte le possibili sinergie su un terreno, quello della formazione, che ritengo davvero decisivo.

Incappo nella manifestazione degli studenti che oggi in cinquanta città italiane fanno sentire la loro voce sulla crisi e sulla sottrazione di futuro che l'1% del pianeta (il mondo della finanza) svolge verso il 99%, per usare lo slogan degli indignados nordamericani. Non c'è una grande partecipazione e le parole che riecheggiano nel corteo come nel sit in che si svolge davanti alla palazzo della Provincia lasciano intendere una certa approssimazione di contenuti. Quasi non potesse essere che così... Anche le modalità mi appaiono un po' stantie, come se le forme dovessero riprodurre per forza ciò che abbiamo già visto. Mi viene poi da sorridere nel vedere questi ragazzi arringati da una vecchia conoscenza che da anni fa lo stesso discorso in ogni luogo dove riesce a prendere la parola e che, evidentemente, non riconoscono.

Eppure il bisogno di futuro di questi ragazzi è questione decisiva. Credo che un contatto con la loro indignazione la politica debba poterlo costruire e mi chiedo se, come Forum, l'occasione non possa essere data proprio dal percorso che apriremo a gennaio sul tema del limite. Penso proprio che ci lavoreremo, insieme ai nostri ragazzi che fanno servizio civile.

Torno in ufficio, sistemo i materiali per la pagina del Forum su Consiglio Provinciale Cronache e poi vado a pranzo con Erman Bona. Ho conosciuto Erman grosso modo quindici anni fa, in occasione di un viaggio in Bosnia Erzegovina. La Cooperazione trentina lo aveva incaricato di seguirci nelle relazioni con la realtà di Prijedor attorno ai temi del credito e dello sviluppo locale... lui giovane avvocato con saldi principi democristiani anche quando la balena bianca non c'era più. Apprezzò il nostro lavoro e divenimmo amici. Grandi litigate, ma anche stima. Oggi Erman è direttore del Consorzio Trentinovini, presidente della Cassa Rurale di Mori, ma soprattutto scomodo candidato a sorpresa nella successione alla presidenza della Federazione. Perché il suo nome, sul quale in molti non avrebbero scommesso granché, sta ricevendo molte opzioni di voto, probabilmente come richiesta di discontinuità rispetto all'attuale quadro dirigente.

Avvenne anche quando si candidò alla presidenza della Cassa Rurale e alla fine la spuntò proprio lui, senza il sostegno di nessuna delle cordate considerate forti. Ora, evidentemente, la partita è diversa e le chance minori, ma di scontato non c'è nulla. Provo a dargli qualche consiglio, tanto in termini di visione generale che sul piano del metodo, perché la Cooperazione trentina è troppo importante per non averne cura. E la prima cura di cui ha bisogno risiede nella motivazione delle persone che ci lavorano, nel loro essere o meno consapevoli di far parte di un'impresa che ha contribuito in maniera decisiva a fare diverso il Trentino. E che oggi appare appannata.

Nel pomeriggio si susseguono gli appuntamenti . Per l'evento che stiamo preparando per l'11 gennaio, a conclusione di "Cittadinanza euro mediterranea". Il Teatro Sociale di Trento sarà trasformato in un caffè mediterraneo e dedicato alle creature di "Creuza de mä": per questa iniziativa si sono messe gratuitamente al lavoro un sacco di persone tanto era affascinante il tema. Il Centro servizi culturali S.Chiara ha deciso di scommetterci, tanto da considerare l'evento come una propria produzione. Sono davvero curioso di vedere quel che ne viene.

Infine il Marocco. Quella marocchina in Trentino è una delle comunità più numerose, 4/5 mila persone. Non esiste un'associazione che li rappresenti tutti e nella comunità tendono piuttosto ad emergere divisioni e piccoli interessi che intenti comuni. Abdelali Etthairi è il responsabile di Anolf, associazione che fa parte del Forum e di emanazione Cisl. Già un paio d'anni fa mi propose di avviare un percorso di confronto affinché la nostra esperienza autonomistica venisse messa in campo per dare una soluzione di tipo nuovo all'annosa vicenda del Sahara occidentale e al dramma di decine di migliaia di persone che da decenni vivono nei campi profughi. Ne parlammo, ma poi proprio l'emergere di divisioni interne alla comunità resero difficile l'avvio di un percorso. Con il mio recente viaggio in Marocco, la discussione fra noi ha subito un'accelerazione ed oggi ci troviamo per definire un itinerario: un testo base su cui avviare un confronto nella comunità dei marocchini trentini, una nuova visita un po' più strutturata a gennaio per mettere a fuoco e capire come una proposta autonomistica potrebbe coniugarsi con le culture territoriali, un incontro in Trentino promosso dal Forum con la comunità marocchina, una specifica attività di conoscenza/ formazione in collaborazione con il Cfsi, una piattaforma web nella quale raccogliere il dibattito, una conferenza per la proposta di una "carta" sull'autogoverno del Sahara Occidentale, oltre la logica di nuovi stati nazione (e confini), nel quadro di uno stato federativo. Un programma ambizioso, ma penso a quanto sarebbe importante sul piano del rapporto responsabile con la terra trentina da parte di questi nuovi trentini se da qui arrivasse una proposta per il loro paese d'origine.

A proposito del limite... Direi che per oggi basta così. La cronaca ci offre anche le dichiarazioni programmatiche del nuovo governo Monti. Avremo modo di parlarne...

mercoledì, 16 novembre 2011pensiero unico

All'ingresso dell'aula una piccola folla con le bandiere sindacali accoglie i Consiglieri Regionali. Sono qui per dire alle persone che pure hanno contribuito ad eleggere e che probabilmente hanno pure votato, che in un contesto di così forte difficoltà economica la politica e le istituzioni devono dare un esempio di sobrietà e di responsabilità. E non si può che dargli ragione.

Vedo i volti di una vita, amici e compagni con i quali ho condiviso lotte e speranze, ed è una strana sensazione. Non c'è astio, né animosità. Avverto distanza, questo sì, nonostante le strette di mano. Non so dire se si tratti di una sensazione psicologica, di un gioco delle parti che non mi piace a prescindere, oppure se si sia interrotto qualcosa, in virtù del fatto che le persone elette in Consiglio Regionale e Provinciale entrino a prescindere a far parte della "casta".

Quando con Roberto e tutta Solidarietà, nell'ormai lontano 1993, decidemmo che bisognava avviare una campagna contro i privilegi della politica e raccogliemmo decine di migliaia di firme per l'abrogazione dei vitalizi dei consiglieri regionali, questo tema era un vero e proprio tabù. Oggi al contrario è sulla bocca di tutti, nonostante che quella battaglia sia riuscita - non senza difficoltà - a portare a casa dei risultati importanti, se è vero che l'unica Regione italiana ad averli tolti di mezzo i vitalizi (a partire da questa legislatura) è la nostra.

Mi viene da sorridere a pensarmi casta. Ho dedicato all'impegno politico la mia vita, ricevendone tanto sul piano umano e il grande privilegio di far coincidere le cose in cui credo all'impegno professionale. Che pure si è svolto, in una certa misura anche per mia scelta, nel segno della precarietà, visto e considerato che non ho maturato nemmeno una prospettiva di tipo pensionistico, né ho mai voluto nomine in luoghi di potere o in Consigli di Amministrazione.

Cosa difficile anche solo da pensare per chi non ti conosce, specie per come è spesso ridotta oggi la politica, dove la dimensione personale e della "carriera" pesa forse più di ogni altra. Ma questa è la realtà e quindi quel po' di disagio che mi viene credo di potermelo permettere. Certo, da tre anni sono in Consiglio e percepisco mensilmente un'indennità di carica di circa 6.200 euro. Dei quali trattengo però solo il 50% visto che tutto il resto va al finanziamento del PD del Trentino (grosso modo il 20%) e nei progetti che al momento della campagna elettorale mi sono preso l'impegno di sostenere in caso di elezione (l'altro 30%). A testimonianza del fatto che - a prescindere dai necessari tagli ai privilegi della politica che non risolvono certo i problemi del definicit pubblico - poi c'è anche una strada individuale che nessuno ti impedisce di percorrere.

Va detto altresì che poi, trovandoci in un'aula come quella regionale dove il tempo scorre sul nulla o poco più per il progressivo esaurirsi del ruolo di questa istituzione, qualche riflessione amara su qualcosa che alla casta assomiglia molto ti viene da farla e puoi anche comprendere quale possa essere il malessere e la frustrazione di chi lavora dalla mattina alla sera per portarsi a casa quattro soldi.

L'antipolitica si è nutrita di questa frustrazione, della solitudine sociale, della sconfitta culturale e di tante altre cose ancora. E forse il maggior nutrimento l'ha ricevuto proprio dalla politica stessa, nel suo aver smarrito il senso profondo di servizio alla comunità o alle idee di riferimento.

Il dibattito che martedì si svolge in aula proprio sulla questione dei tagli alle indennità dei consiglieri di tutto questo risente ed è un ben triste spettacolo di sotterfugi demagogici che vedi riversato a piene mani pur di rimandare il voto del Consiglio dove pure gran parte dei capigruppo avrebbero finalmente raggiunto un accordo di massima per una soluzione che sterilizza di una ulteriore quota lo stipendio dei consiglieri con un taglio complessivo del 25% dall'inizio di questa legislatura.

Quando me ne torno da Bolzano non ho voglia che di chiudermi in casa. Insieme si chiudono anche le consultazioni per il nuovo governo che l'indomani Mario Monti presenterà sciogliendo la riserva al Presidente Napolitano, un governo fatto di tecnici  qualificati e da protagonisti del mondo economico e finanziario. Si sa che non ci saranno né personaggi da baraccone, né veline, e questo è già qualcosa per l'immagine di questo paese. 

Eppure c'è attesa per conoscere il profilo del nuovo governo e quel che nel pomeriggio di mercoledì giura nella mani del capo dello Stato non è affatto un governo di emergenza ma una vera e propria ipotesi politica per la conclusione della legislatura e forse anche oltre. Perché si tratta di una scelta che riduce l'autonomia della politica, riconducendola nel solco dell'economia o, meglio, della finanza.

Se, come dice Bersani, c'era l'urgenza di una svolta, questa c'è stata, indubbiamente. La preoccupazione è che essa divenga - nella sua immagine di compagine al di sopra della politica - un nuovo e duro colpo alla politica, quasi a dire che in effetti potrebbe andar bene anche così. Del resto in Belgio questa tendenza è stata coltivata quasi si trattasse di un laboratorio che oggi si ipotizza anche in Spagna (dove pare che il 93% delle persone ascoltate preferisca un governo tecnico ad uno politico) ed altrove e che non richiede che  di sottomettersi al pensiero unico.

Tutto questo ci racconta di una grande e crescente distanza, che dovrebbe farci riflettere e preoccuparci. Perché gli "indignati" non sono che la risposta epidermica al male profondo che si sta mangiando la politica. Quest'ultima, PD compreso, sembra offrire sottomissione e perfino entusiasmo per la propria dissolvenza, come se l'emergenza divenisse ineluttabilmente la cifra del tempo. Tutto ciò mi preoccupa, a prescindere dagli sguardi sorridenti dei capi. Perché se è vero che la crisi è strutturale, non basterà certo il governo dei professori a mettere le cose a posto.

lunedì, 14 novembre 2011festival economia

"Non capite? La situazione è difficile..." Mi dice così Lorenzo Dellai alla fine di una riunione della maggioranza  ancora una volta dedicata alla Finanziaria 2012 ed iniziata con l'appello del Presidente a fare quadrato. Cerco di rassicurarlo, ma so bene che nella coalizione c'è nervosismo e troppe dinamiche di tipo personalistico che inquinano il confronto. Soprattutto è mancato quel lavoro di ricerca di un comune denominatore culturale che diviene decisivo quando si è di fronte a processi di cambiamento che richiedono una spiccata mobilità di pensiero. Invece prevalgono anche fra noi la difesa di piccoli grandi interessi, spinte corporative che si traducono in altrettante richieste di salvaguardare posizioni di privilegio quand'anche relativo.

L'oggetto specifico del confronto sono le Comunità di valle, riforma strategica della nostra autonomia, che tende ad incepparsi nella dialettica fra comuni, comunità e apparato provinciale. Si sono evidenziate forti resistenze fra le istanze territoriali, dove non è facile mettere in discussione consuetudini e campanili. Ma la mia impressione è che la resistenza più profonda riguardi la Provincia, non tanto nelle sue istanze di governo politico, bensì in un apparato che fatica a cedere potere e che condiziona una politica debole. Ci si gioca una partita per certi versi decisiva e incombe la raccolta di firme referendaria della Lega che in Trentino non sa fare altro che rincorrere a destra e a manca ogni piccolo mal di pancia. Occorre dunque una grande determinazione e una forte capacità di costruire una visione condivisa del futuro, non inseguire i mille rivoli di malumore per ricavarne facile consenso.

Le Comunità di valle rappresentano la più significativa riforma sul piano dell'autogoverno, per le funzioni che si spalmano sul territorio, per la sfida della responsabilità che presuppone, per lo snellimento dell'apparato provinciale. Con tutte le implicazioni che ne vengono sul piano della mobilità, dell'ambiente, della diversa organizzazione dei servizi e così via... E indietro non si torna.

Ma nell'aria c'è dell'altro. C'è la pesantezza di un contesto che si riverbera in Trentino rispetto a ciò che accade in Italia, in Europa e nel mondo. La vicenda Whirlpool, la decisione della multinazionale di tagliare in maniera significativa lo stabilimento di Gardolo, è esemplare della fragilità di una politica industriale che si affida ad investitori e settori produttivi che ben poco hanno a che vedere con le vocazioni del territorio. Mettendo peraltro nel ridicolo l'assessore Olivi e il vescovo Bressan che proprio nei giorni scorsi si erano recati in visita allo stabilimento esaltandone l'operatività. E subito scatta l'iniziativa della Lega, pronta a cavalcare la paura attraverso la presentazione di una mozione di sfiducia verso l'assessore all'industria della PAT. Rimane il fatto che gli incentivi devono essere strettamente connessi con un indirizzo industriale coerente con le caratteristiche del territorio, ma anche in questo caso si tratta di una riconversione culturale che vada in una direzione diversa da quella crescita purchessia. Riecheggia il dibattito sull'acciaieria di Borgo Valsugana.

In questo quadro si va sviluppando anche il confronto con le realtà del credito trentino. Ho posto personalmente al presidente Dellai ancora un anno fa il tema che metto sotto il titolo di "Finanza di territorio", ovvero la valorizzazione del risparmio e della previdenza per sostenere sul piano finanziario le linee strategiche dell'economia territoriale. In particolare come coinvolgere il sistema del credito rurale trentino, il sistema PensPlan, Itas e altri soggetti che in rete con la Cassa del Trentino dovrebbero contribuire - in una situazione di forte instabilità finanziaria - a garantire un retroterra di investimento non genericamente sul territorio, bensì agli ambiti dell'economica locale che consideriamo strategici.

Proprio oggi è previsto l'incontro con promosso dalla PAT attraverso la Cassa del Trentino con il mondo del credito, delle assicurazioni e dei fondi pensione del Trentino. Si apre un cantiere, ma l'incontro risulta piuttosto deludente, ciascuno ingessato nel proprio particolare. In realtà con sensibilità diverse e che soggetti come PensPlan si annuncino disponibili a lavorare in questa direzione è importante e coincide con la richiesta avanzata in sede di Consiglio regionale con una apposita mozione di cui sono primo firmatario che è iscritta all'ordine del giorno proprio della seduta odierna.

L'idea è quella di far fronte alla grave stretta del credito che caratterizza la situazione finanziaria del paese, costruendo un fondo specifico, rivolto ad aziende e famiglie, ma a fronte di obiettivi condivisi. Ma per farlo occorre anche in questo caso una visione coesa di un territorio nel quale la finanza ha in questi anni preferito muoversi in mare aperto, nella speranza di intercettare rendite facili. E spesso prendendone dei rischi anche significativi, come è avvenuto sui bond argentini, sui titoli derivati, sulle Leheman e così via. La PAT ha elaborato una proposta specifica che viene illustrata ai soggetti presenti e che pubblichiamo in prima pagina.

In un quadro complesso, una cosa è certa. La politica deve almeno provare ad avere visioni lunghe. Ne scrivo nel documento "Considerazioni oltre Berlusconi", nel quale esprimo tutte le mie preoccupazioni sulla nuova fase che si è aperta con le dimissioni del signore di Arcore. Dopo due giorni di consultazioni il Presidente del Consiglio incaricato Mario Monti scioglie le riserve e ci prova a formare un governo tecnico. Potrebbe anche non farcela, perché quel che accadrà nel PDL è ancora molto incerto e la Lega sceglie la strada dello scontro frontale, nemmeno presentandosi all'appuntamento istituzionale, annunciando la riapertura del Parlamento del Nord.

Effettivamente, la situazione è difficile.

sabato, 12 novembre 2011pagine da scrivere

Sabato 12 novembre 2011, pochi minuti dopo le ore 21.00. Finisce l'era Berlusconi e... non si può che esserne felici. Ma quel che nascerà dalla fine di Berlusconi non è ancora chiaro. Le spinte nella società, come nella politica e nell'economia, sono così contraddittorie che è davvero molto difficile dire se con l'uscita di scena del premier sarà finito anche il berlusconismo.

Devo dire che a vedere le immagini che passano su Ballarò, il pensiero va a quel 1992 quando di fronte all'hotel Raphael Bettino Craxi venne fatto oggetto di scherno e di lancio di monetine. Non ne ho un buon ricordo, e non certo perché ritenessi il segretario del PSI un buon uomo. La gioia che si vede nelle piazze in queste ore rappresenta più un grido di liberazione, certo, ma dobbiamo dirci altrettanto onestamente che se Berlusconi ha governato in questi anni non è stato grazie ad un colpo di stato ma al consenso ottenuto fra gli italiani. Poco importa se su tale consenso abbiano pesato significativamente i mezzi di informazione di proprietà della Fininvest.

Piuttosto, la domanda che ci dovremmo fare è come abbia potuto l'Italia riconoscersi nel suo populismo, di come cioè è andato imbarbarendo questo paese. Uscire dal berlusconismo, significa mettersi alle spalle una cultura che è diventata un modo di essere di tanti italiani, fatto di  disvalori e cattiveria. E, sotto questo profilo, le cose sono un po' più complicate, i cambiamenti saranno meno rapidi.

Non nascondo che guardo con molta preoccupazione al futuro, perché non vorrei che il centro sinistra si illudesse di aver sconfitto Berlusconi. La destra ha perso, travolta da un contesto che non ha saputo governare. Ma la sinistra non ha affatto vinto e io penso che sia ancora ben lontana dal rappresentare una narrazione alternativa.

Quel che nascerà in questi giorni con l'incarico affidato a Mario Monti, infatti, sarà un'altra cosa. Una fase transitoria, che dovrebbe rispondere all'emergenza dovuta alla crisi finanziaria, che ridia all'Italia un po' di maggiore credibilità internazionale gettata alle ortiche dal fenomeno da baraccone che ci governava, che modifichi la legge elettorale e che ci porti alle elezioni anticipate. E sarà solo in quel momento che potremmo dire se saremo stati capaci di indicare al paese un progetto sociale e politico diverso.  Dico subito che non sarà facile.

Se il Trentino è stato in questi anni una terra diversa anche sul piano della propria collocazione politica non è stato affatto casuale. Lo si deve a molti fattori, la sua forte autonomia amministrativa, un diverso tessuto economico e sociale, un contesto politico originale e, non ultimo, quello di aver mantenuto un livello altrove invidiabile di coesione sociale e di partecipazione. Basterebbe scorrere l'elenco delle iniziative che nella giornata di ieri, venerdì, hanno affollato un'infinità di luoghi pubblici.

Parto dall'Internet Governance Forum Italia aperto giovedì alla presenza di Stefano Rodotà. Avrei dovuto esserci anch'io in uno dei panel previsti, a parlare del DDL sul software libero che abbiamo presentato in Consiglio. Il mio stato cagionevole non lo ha permesso, ma almeno ne ha parlato Annalisa Tomasi nel suo intervento. Ci  siamo incontrati comunque nella tarda serata di giovedì per confrontarci con Flavia Marzano, esperta della materia che ci ha confortati nel nostro progetto legislativo che giudica molto positivamente pur indicandoci qualche rischio incombente, come ad esempio l'offensiva che Microsoft metterà in campo per fermare la proposta di legge. Mentre parla mi viene da sorridere al pensare che è già da un paio di settimane mi stanno inseguendo per avere un incontro.

Parlo della festa di San Martino svoltasi nel pomeriggio di venerdì all'Istituto agrario di San Michele oggi diventata - grazie alla LP 13/2009 di cui sono stato primo firmatario - giornata dell'agricoltura trentina. Che pure è in difficoltà, malgrado l'autonomia, ma che va affrontata senza gridare "al lupo, al lupo" come ogni tanto anche nel PD abbiamo la tentazione di fare.

Nella stessa cornice, al Teatro Sociale si svolge una manifestazione promossa dalla Coldiretti e dall'Associazione Artigiani per sensibilizzare l'opinione sul dramma quotidiano dei Laogai, i campi di lavoro forzato cinesi, alla presenza di Harry Wu dissidente e direttore della "Laogai Research Foundation". Della serie: quando la competitività è realizzata dagli schiavi. Anticomunisti certo, ma come non esserlo di fronte ai nuovi gulag?

Contemporaneamente al Museo tridentino di scienze naturali la gente è così numerosa che non riesce nemmeno ad entrare per partecipare l'incontro con l'astrofisica Margherita Hack sul tema "Il mio infinito. Scienza ed etica: chi detta i limiti?".

La diversità trentina prosegue alla sera al teatro San Marco dove si svolge la serata spettacolo nell'ambito de "La Patria riTrovata" promossa dal Gioco degli specchi in collaborazione con il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Ed anche alla sala della Regione dove si svolge l'interessante incontro "Democrazia, internet e primavere arabe: in cerca dell'agorà del XXI secolo" promosso dall'associazione Punto Europa nell'ambito dell'itinerario sulla "Cittadinanza Euromediterranea".

E potrei proseguire con l'affollato incontro organizzato venerdì sera dal PD in Valle dei Laghi sulle Comunità di Valle. Tralasciando le serate a Pergine Valsugana con Paolo Domenico Malvinni "La magnifica intrapresa. Galeas per montes conducendo" e lo spettacolo "Anestesia totale" con Marco Travaglio, auditorium Santa Chiara di Trento esaurito.

Questo è il Trentino. Personalmente mi ero preso da tempo l'impegno con il Piano giovani del Comune di Sanzeno, in Val di Non, per una serata formativa sui temi della cooperazione internazionale, nel quadro di un percorso che s'intitola "Partiamo... ma con la testa" che parla di turismo responsabile, valorizzazione dei territori, filiere corte. Nonostante il mio precario stato di salute non me la sento proprio di disdirlo (da lunedì in poi ho annullato gran parte delle cose che avevo in agenda) e poi perché la formazione mi preme più di ogni altra cosa, anche se la platea è sicuramente meno numerosa che nelle altre occasioni qui descritte. Ed effettivamente non siamo numerosi, ma l'intensità dell'attenzione compensa il numero limitato di partecipanti. Sono ragazzi che immagino non siano riconducibili ad un'unica visione politica, sempre che ci sia. Ma li vedo rimanere colpiti nel mio ridisegnare un affresco diverso da quel che si immaginavano prima di venire a Casa de Gentili, lo splendido palazzo ristrutturato dal Comune come spazio culturale permanente. Parlo loro della necessità di avere uno sguardo strabico che ti possa aiutare a leggere la tua stessa realtà con occhi diversi, insieme da vicino e da lontano. Alla fine ci scappa pure un applauso convinto e la soddisfazione è anche mia di essere stato qui.

Anche questo è il Trentino, che sceglie di investire nella formazione, nella conoscenza, nell'apprendimento permanente come risposta possibile alla situazione di crisi ecologica, finanziaria, politica e morale del nostro tempo.

E lo stesso posso dire anche per l'iniziativa del giorno successivo che come Forum abbiamo organizzato con la comunità sarda di Trento. E' quello di oggi l'ultimo dei tre appuntamenti che abbiamo realizzato in collaborazione con il circolo Dessì, dedicato in questa circostanza al Vino di Cana, ovvero alle storie di vite e di vini nel Mediterraneo. Una giornata bella, partecipata, intensa, fatta di sapori, di parole e di immagini che ci regala l'attore Andrea Brunello con la sua performance tratta da "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu, uno dei grandi del pensiero autonomista sardo, partendo dalla propria esperienza di ufficiale in quella Brigata Sassari mandata al massacro  fra il 1916 e 1917 dall'idiozia militarista delle gerarchie del Regno d'Italia.

Quando usciamo dall'ex convento degli agostiniani che ci ospita nel centro di Trento, l'annuncio formale della caduta ancora non c'è, ma l'Italia si è già scrollata un peso di dosso. Bene così, ma conteniamo la gioia perché ho la sensazione che le difficoltà maggiori inizino proprio ora.

mercoledì, 9 novembre 2011La caduta degli dei

Da due giorni sono infermo in casa, il braccio sinistro immobilizzato. La diagnosi provvisoria è "borsite", un'infiammazione ad un articolazione che investe un fascio di nervi e provoca un fortissimo dolore ad ogni sollecitazione. La terapia, almeno fino all'accertamento definitivo che avrò venerdì con l'ecografia, è il cortisone che, come si sa, ha numerosi effetti collaterali negativi per l'organismo. Ma di certo efficace, almeno per alleviare il dolore. Il che mi permette almeno di leggere e scrivere.

Devo invece saltare le due giornate del Consiglio provinciale, il gruppo di lavoro per l'unificazione dei testi di legge sull'amianto e la presentazione in Commissione della legge finanziaria, nonché gli impegni serali che avevo previsto martedì (la serata con il gruppo consiliare a Baselga di Pinè) e mercoledì (il dialogo con Tonino Drago per la presentazione del suo libro sulle rivoluzioni nonviolente).

In compenso, come dicevo, riesco a leggere e scrivere. Un pezzo sulla primavera araba, un altro sugli avvenimenti che in questi giorni occupano le cronache nel quale ho cercato di legare le varie crisi che attraversano il nostro presente. Metto mano al malloppo della Finanziaria e alla Legge di Bilancio della PAT, più o meno 620 pagine di relazioni e tabelle da studiare e da comprendere nei loro effetti spesso ermetici. Che alterno ad altre letture che, come potete immaginare, mi appassionano diversamente, diciamo.

Ho trovato davvero coinvolgente la lettura della conversazione del giornalista Marzio Breda con il poeta Andrea Zanzotto che ha per titolo "In questo  progresso scorsoio" (Garzanti, 2009). Zanzotto, come sapete, se ne è andato nei giorni scorsi lasciandoci una sorta di programma esistenziale: "Per andare avanti - scriveva Zanzotto - bisogna procedere con un piede nell'infanzia, quando tutto sembra grande e importante, e un piede nella vecchiaia estrema, quando tutto sembra niente".

Guardava il mondo dai suoi novant'anni e dalla sua dimora di Pieve di Soligo, un pezzo di quel Veneto che amava ma che al tempo stesso lo riempiva d'angoscia per quel che è diventato e per ciò che ha inesorabilmente perduto. Da quel punto di osservazione non si spostava quasi mai, una sorta di esilio scelto in un mondo che biasimava. Lui che pure era considerato, come scrisse il quotidiano Le Monde, "il più moderno poeta italiano del giorno d'oggi", era letto, studiato e invitato in tutto il mondo. Ma resisteva alle lusinghe nella convinzione che "Ogni uomo che meriti di essere celebre sa che non ne vale la pena".

Osservo con preoccupazione alle vicende politiche di queste ore. Se sembra ormai finalmente finita l'era Berlusconi, non mi convince per niente l'idea di governi tecnici in mano ad economisti o banchieri che per anni ci hanno cantato i poteri di autoregolazione dei mercati e che alle ragioni delle crisi (finanziaria, ecologica, morale e politica) non sono affatto estranei. Servono scelte politiche coraggiose e, semmai, un governo istituzionale che possa ridare un po' di credibilità al volto dell'Italia e cambiare rapidamente la legge elettorale, per poi andare entro la primavera a nuove elezioni politiche.

Nella speranza che questa accelerazione possa davvero portare, come annuncia Bersani, un nuovo patto programmatico e nuove regole nel centrosinistra. Devo dire che su questo continuo a rimanere piuttosto scettico e a non vedere una stagione nuova sul piano dell'elaborazione di nuovi approcci, tutti ancorati a vecchie visioni novecentesche, compresi coloro che fanno della "questione generazionale" la loro bandiera.

Certo è che totalmente privo di nuove visioni appare il maxi emendamento presentato nella serata di mercoledì dal ministro Tremonti e che il Parlamento andrà a votare prima dell'uscita di scena del premier. Non si sa ancora chi lo voterà, ma costituirà un macigno che Mario Monti, di fresco nominato senatore a vita (forse per evitare di dover parlare di governo tecnico) e probabile Presidente del Consiglio incaricato, si troverà sulla sua strada, ammesso e non concesso che non sia stato concordato.

Staremo a vedere.   

lunedì, 7 novembre 2011lentezza

Stando all'agenda inizia una settimana intensa, zeppa di appuntamenti, impegni istituzionali, serate pubbliche, cose da scrivere e da studiare, a cominciare dal testo ormai definitivo della legge finanziaria e di bilancio.

Oggi ho in programma di scrivere un articolo sulla primavera araba per il giornale dell'Acav, antica Ong trentina che opera in Africa e che negli ultimi anni ha cercato di rinnovare il proprio approccio verso la cooperazione. A seguire l'inaugurazione de "La patria riTrovata", l'annuale iniziativa del Gioco degli specchi quest'anno dedicata al tema delle cittadinanze, ben simboleggiata dal grande nido che campeggia sui manifesti. Mi sento con Alessandro Graziadei che segue la redazione dell'agenzia settimanale "Abitare la Terra" per concordare la promozione del'evento di sabato prossimo sul Vino di Cana, promosso dal Circolo sardo di Trento in collaborazione con il Forum. Chiamo Roberto Valcanover per uno scambio di idee sul contributo della Commissione Ambiente alla Conferenza programmatica del PD del Trentino di fine mese. Vorrei che in questa occasione ci potesse essere uno spazio adeguato anche sull'agricoltura proprio a partire dal delicato passaggio che questo settore sta vivendo in Trentino. Nel pomeriggio una serie di appuntamenti e in tarda serata una riunione al PD del Trentino.

Ma mentre sto lavorando al computer in ufficio accade l'imprevisto. Un dolore lancinante al braccio sinistro, come una forte scossa elettrica che diviene col passare delle ore sempre più forte e dolorosa. Faccio in tempo a vedere Chiara, una giovane ragazza che mi porta in visione la sua tesi di laurea sulle competenze interculturali a partire da un gruppo di studio e di indagine di 25 ragazzi di diversa provenienza geografica, e Mauro Cereghini, compagno di impegno e di riflessione sull'Europa di mezzo, sulla pace e sulla cooperazione. Il dolore non si attenua e così decido di saltare l'ultimo appuntamento della giornata dedicato all'organizzazione della Conferenza programmatica e con grande fatica riesco a guidare verso casa. Il dolore è così forte che non appena arriva Gabriella decidiamo di andare al pronto soccorso.

Al di là che ne avrei fatto volentieri a meno, anche questa è un'esperienza interessante. Nonostante l'introduzione del ticket abbia praticamente eliminato i codici bianchi (la furbata di andare al pronto soccorso per nulla di grave e non dover aspettare settimane o mesi per una visita specialistica) c'è un grande affollamento. Mi dicono che oggi è un giorno sfortunato, strade rese viscide dalla pioggia ed incidenti a raffica... e dieci laboratori in funzione non impediscono che le ore di attesa siano davvero estenuanti.

Qui si ha a che fare, lo si può ben dire, con un'umanità dolente, eppure c'è compostezza nonostante i tempi di anticamera. Per quanto mi riguarda, sono arrivato alle 19.30 e mi visitano alle 23.15. Mentre faccio la radiografia il dolore è quasi da svenire, nonostante l'antidolorifico. Nuova visita, buona attenzione e professionalità, una flebo per attenuare il dolore e poi una prima diagnosi, borsite, un'infiammazione ad un nervo che passa nel gomito, forse un malanno professionale di chi sta troppo a lavorare al computer. Una settimana di riposo ed un'ecografia per definire una diagnosi definitiva. Quando esco dall'ospedale sono passate le una.

Giornata finita e settimana stravolta. Non casca il mondo ed anche questa è una lezione.

sabato, 5 novembre 2011Trento, Torre verde. Alluvione 1966

Il 4 e 5 novembre rappresentavano nella mia famiglia momenti gioiosi e di festa. Non per le forze armate, ma perché erano i giorni in cui cadevano il compleanno di mio fratello Carlo e della mia mamma Ada, che fra l'altro proprio ieri avrebbe compiuto cent'anni. E poi, coincidendo con una festa nazionale non ancora soppressa e venendo a ridosso delle festività dei santi e dei morti, rappresentavano una sorta di piccola vacanza autunnale.

Associo queste date anche all'ingrossarsi dei fiumi e alla grande alluvione che nel 1966 sconvolse buona parte del paese. Ho il ricordo nitido delle immagini televisive in bianco e nero dei libri ricoperti di fango a Firenze. E ovviamente della mia città, quando il fiume prese il suo vecchio corso nel cuore di Trento, come a dire che la natura è più forte del delirio di onnipotenza degli ingegneri austroungarici che a metà dell'Ottocento decisero di spostarlo dal suo alveo naturale. Le città si costruivano accanto ai fiumi, non viceversa.

Il 4 novembre 1966 guardavo dalla finestra di casa il torrente Fersina, la forza tumultuosa delle sue acque che mettevano in pericolo il ponte dei  Cavalleggeri. Oggi rivedo quelle immagini per le strade di Genova, con l'aggravante di quasi mezzo secolo di urbanizzazione selvaggia dove si sono coperti i corsi dei torrenti e dei fiumi in nome della speculazione e della folle idea che l'uomo debba piegare la natura.

Come non vedere che il cambiamento climatico produce effetti devastanti? Quelle che definiamo precipitazioni eccezionali stanno diventando la normalità. Genova non è che l'ultimo capitolo. Cinque Terre e Val di Vara (una settimana fa), Roma (un mese fa), Sant'Elpidio a mare, Vicenza, Sestri Ponente, Giampilieri, lo straripamento del Po in Piemonte del 2000 con decine di morti e 40 mila sfollati, Soverato, Sarno, Quindici, la devastazione della Versilia o quella della Valtellina: luoghi che testimoniano degli effetti devastanti di un cambiamento climatico aggravato dalla cementificazione del territorio e dall'incuria.

Un pianeta che ha oltrepassato il limite. E proprio del limite parliamo nell'assemblea del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che si svolge nella serata del 4 novembre all'aeroporto Caproni di Mattarello, perché questo sarà il tema del percorso annuale del Forum per il 2012. "La pace nella sobrietà" può essere declinata in tanti modi: il carattere limitato delle risorse e le guerre che ne vengono, la biodiversità messa alla prova con quel che significa sul piano della scomparsa delle specie animali e delle piante, i cambiamenti climatici e la scomparsa dei ghiacciai, la desertificazione e l'abbandono delle campagne con il formarsi di grandi megalopoli, i consumi e gli stili di vita, il limite etico della ricerca e dell'uso delle tecnologie ... l'antropocentrismo dell'uomo signore del mondo incapace di alleanza con la natura.

Proprio durante l'assemblea arrivano le drammatiche notizie da Genova e vedo Martina Camatta, nostra collaboratrice al Forum, preoccupata, quasi che questa scelta del tema del limite rappresentasse un  inquietante presagio. Del resto, se  non vogliamo che il tema della pace sia una stanca tiritera buonista, dobbiamo saperlo declinare nel nostro tempo. Così è stato nel 2011 con "Cittadinanza Euromediterranea", un percorso che ci ha permesso di vivere la primavera araba con l'attenzione di chi sta sul pezzo invece che rincorrere le emergenze. E l'azione del Forum è stata riconosciuta come un punto di riferimento, oltre i rituali di un pacifismo scontato, ideologico e autoreferenziale.

Questo è anche l'approccio che presentiamo all'Assemblea con il programma "Afghanistan 2014", di cui abbiamo già parlato in questo blog. Ogni volta che arrivano le bare dei soldati dall'Afghanistan, si accende la discussione se l'Italia e i suoi soldati debbano rimanere o andarsene. Proponiamo un altro approccio: "era sbagliato andarci, sarebbe sbagliato andarsene".  E un altro sguardo: l'Afghanistan non è solo guerra, sono i suoi giovani che non ne vogliono più sapere di armi e morte, che vogliono studiare nelle università che crescono nonostante la guerra, sono la cultura di questo paese, la sua storia, le sue bellezze naturali, il grande patrimonio rappresentato dai milioni di afghani della diaspora, scrittori, poeti, giornalisti, artisti, professionisti, lavoratori, registi come Razi e Sohelia che di questo progetto sono l'anima.

Il programma si sta perfezionando e a breve il cantiere aperto il 7 ottobre a Trento produrrà i suoi primi frutti, a cominciare dall'appello che sarà la base della piattaforma web per un dialogo internazionale sul futuro assetto politico istituzionale dell'Afghanistan, per non lasciare nel 2014 (quando l'ultimo soldato della coalizione se ne sarà andato ponendo fine all'occupazione) questo paese nelle mani dei signori della guerra.

Il giorno successivo (sabato) mi incontro al Forum con i rappresentanti della comunità marocchina in Trentino e anche in questo caso è il tema del futuro assetto istituzionale (dell'autogoverno e dell'autonomia del Sahara Occidentale) che vorremmo mettere in un percorso assolutamente inedito per quella regione. Come si può comprendere, un altro modo di intendere l'impegno per la pace.

Il che non ci impedisce, in questo 4 novembre di pioggia incessante, di manifestare il nostro dissenso verso la vergognosa operazione di acquisto dei 131 cacciabombardieri F35 da parte dell'Italia. In un paese dove si tagliano le pensioni e i servizi sociali, che annega nel deficit pubblico e nel dissesto idrogeologico, si continuano a spendere 24,5 miliardi ogni anno per le forze armate, a cui si aggiungono i costi delle missioni internazionali e, per l'appunto, 16,5 miliardi di euro per gli F35.

Siamo al Museo Caproni, dove l'ingegno umano è rappresentato dalla storia dell'aviazione civile. Ma dove sta il limite fra ingegno e delirio? La grande scritta "No agli F35" campeggia di fronte ad un vecchio aereo militare della Loockheed...       

giovedì, 3 novembre 2011burocrazia

Ho piena consapevolezza del fatto che anche le nuove leggi, se non corrispondono ad altrettanti traguardi di cambiamento culturale, rischiano di rimanere sulla carta, inattuate dal conservatorismo degli apparati e dal prevalere di piccoli grandi interessi consolidati. E altrettanto consapevole che nei processi di trasformazione ci sono delle fasi in cui il vecchio e il nuovo convivono, creando situazioni di conflitto in una dialettica fra paese legale e paese reale dove le spinte al cambiamento non sempre vengono dal basso.

Questa considerazione è dovuta alla sensazione che nell'attività del Consiglio Provinciale - che pure risente di un contesto politico generale non certo esaltante - abbiamo a che fare con una inerzialità diffusa, che non riguarda solo quel vasto cimitero di mozioni e ordini del giorno approvati ma "dormienti", quasi fossero contentini piuttosto che impegni istituzionali, ma anche gli atti più rilevanti come le leggi.

Mi riferisco nella fattispecie alla LP 13/2009 sulle filiere corte, provvedimento approvato dal Consiglio Provinciale due anni fa, che prima ha dovuto fare i conti con la Commissione Europea che ne ha modificato alcuni termini (puramente formali) poi recepiti nella scorsa Finanziaria, ed in seguito si è incagliata nell'inerzialità dell'apparato e dell'assessorato competente. Tanto che sono da tempo passati i sei mesi entro i quali si sarebbe dovuto varare il Programma triennale previsto dall'articolo 4 e che costituisce l'architrave di tutto l'impianto legislativo.

Essenzialmente per questa ragione incontro l'assessore all'agricoltura e al turismo Tiziano Mellarini. Ovviamente mi dà piena assicurazione che si sta lavorando, le leggi sono leggi, ma ho l'impressione che fra il volere del legislativo e i programmi dell'esecutivo non sempre vi sia piena sintonia o, quanto meno, lo stesso ordine di priorità. Posso capire che nel governo delle cose questo possa accadere, ma in questo caso si tratta di uno degli atti legislativi più importanti di questa legislatura, che potrebbe aiutarci a fornire risposte all'altezza della situazione delicata in cui versa l'agricoltura. Basterebbero dei piccoli segnali di attenzione, come ad esempio il fatto che l'11 novembre è il giorno di San Martino che la legge istituisce come giornata dell'agricoltura trentina. Sarebbe un segnale che si intende andare nella direzione dell'educazione alimentare, della valorizzazione delle filiere di qualità e del fare sistema sul territorio.

L'agricoltura trentina, uno dei tratti dell'identità economica del nostro territorio, richiede un forte ripensamento. Di questo ne sono più o meno tutti consapevoli e le vicende del latte come del vino sono lì a testimoniarlo. Questo ripensamento si chiama qualità. E la legge di cui parliamo fornisce qualche possibile risposta nel dialogo fra gli attori del territorio, nelle clausole degli appalti pubblici di mense e ristorazione e nell'educazione alimentare. Allora applichiamole che le leggi che approviamo...

Anche su questo si misura la qualità della classe dirigente. Perché ho la sensazione che la situazione che qui descrivo non sia affatto isolata e che fra gli enunciati e le dinamiche decisionali questo conservatorismo degli apparati sia tutt'altro che ininfluente. Si annuncia che il tempo delle nuove strade è finito e che il futuro sarà la mobilità su rotaia, ma poi sul territorio si continuano a rivendicare ingenti finanziamenti per il trasporto su gomma e la politica si accoda. Si assume una riforma importante come quella sulle Comunità di Valle che dovrebbe cambiare radicalmente il rapporto fra la Provincia e il suo territorio attraverso la delega di importanti funzioni, ma poi ci si scontra con la resistenza nel trasferire funzioni e poteri. Si parla di innovazione e di premiare la qualità, ma poi prosegue la logica degli incentivi a pioggia. Si afferma di voler chiudere con la logica del massimo ribasso negli appalti, ma poi tale logica rientra dalla finestra anestetizzando i criteri della qualità grazie a protocolli che la mortificano oltre ogni evidenza (e che evitano di prendersi responsabilità di controllo). C'è consapevolezza che la libertà digitale rappresenti una nuova frontiera, peraltro raccomandata dalle istituzioni europee, ma poi si sbatte il muso contro le ostilità al cambiamento di un apparato che preferisce spendere ingenti somme pubbliche verso il software proprietario.

Ne parlo in serata al Gruppo consiliare del PD del Trentino nel nostro primo incontro sulle linee della Finanziaria 2012. E chiedo di approfondirne l'esame capitolo per capitolo per trovare riscontro fra le linee annunciate (e condivise sul piano politico) e le scelte di bilancio.

Il problema è che in una fase che richiede forte innovazione di pensiero prima ancora che sul piano dell'azione amministrativa, l'inadeguatezza delle classi dirigenti si fa sentire. E mi permetto di dire che non riguarda solo la politica trentina, dove pure la capacità di essere laboratorio originale si è andata in questi anni affievolendo. Riguarda l'economia, la cooperazione, la pubblica amministrazione, la formazione, la stessa società civile.

Occorre uno scossone. E la crisi che ci investe malgrado l'autonomia, può esserne l'occasione.      

mercoledì, 2 novembre 2011Paul Klee, Tunisi

Sembra proprio che siamo arrivati all'epilogo dell'era Berlusconi. E ciò nonostante non c'è da gioire, perché in questa caduta di consenso e di credibilità questo personaggio che - non dimentichiamolo - gli italiani si sono dati come capo del governo sta affondando anche l'Italia.

E contestualmente fatica ad emergere una diversa narrazione del presente. Le devastazioni culturali in un paese che ha smarrito il senso della cittadinanza sono profonde e di questo ne risentono anche le rappresentazioni politiche. Tanto che se il centrodestra è in grave difficoltà, non è che il centrosinistra stia un ottima salute.

Approfitto di questi giorni di relativa tranquillità per leggere il libro di Federico Rampini "Alla mia Sinistra". Nei giorni scorsi Alessandro Branz scriveva ai propri amici della distanza che emergeva nella trasmissione "Che tempo che fa" fra la conversazione con il corrispondente de "la Repubblica" nel presentare questo libro e quella con Matteo Renzi, giovane sindaco di Firenze in questi giorni protagonista del suo Big Ben generazionale.

Distanza che condivido con Alessandro, sia chiaro. Perché se è Renzi il futuro della sinistra siamo a posto... Devo però anche dire che non mi convince nemmeno Rampini, che pure apprezzo come giornalista. L'idea che il discrimine fra destra e sinistra sia quello fra liberismo e welfare, mercato e stato, non mi convince. Mi riprometto di scriverne, anche in relazione alla nuova tesi che appare in questi giorni su http://www.politicaresponsabile.it/ che ha come titolo "Democrazia, mercati, leadership" proposta da un giovane ricercatore, Pasquale Mormile.

Questo non significa che il tema del passaggio di testimone fra le generazioni non si ponga, tutt'altro. Perché ha ragione Giulia Merlo quando, sullo stesso sito, scrive che la nostra generazione ha occupato tutto, guardandosi bene dal predisporsi a passare la mano. Che in primo luogo significa darsi la distanza per elaborare il proprio tempo. Non è dunque solo un problema di occupazione di ruoli, ma di riflettere su quel che è accaduto lungo il tempo del cambiamento e della sconfitta. E senza il quale gli errori si ripeteranno all'infinito e la sinistra sarà sempre uguale a se stessa.

Solo ad una diversa narrazione, può corrispondere un diverso sguardo sul nostro presente e qualche idea per il futuro capace di una sintesi originale, dove l'apprto dei pensieri privi di cittadinanza (la nonviolenza, il federalismo del bene comune, la cultura del limite...) possa ridisegnare una nuova politica. A questa narrazione occorrono gli sguardi incrociati di persone che, indipendentemente dalla loro carta anagrafica, vogliono immaginare il futuro piuttosto che di occupare posizioni o poltrone.

I giovani del Mediterraneo hanno dato in questi mesi un contributo straordinario per un cambiamento che fino a poco prima sembrava impossibile. E, al tempo stesso, scontano il limite di una rivoluzione orfana di nuovi pensieri e che proprio per questo corre qualche rischio. Lo stesso potremmo dire per i giovani indignati di ogni parte del mondo ed anche per chi, in questo nostro paese, fra giovani rampanti e vecchi volponi, preferisce starsene altrove.

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