"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

21/11/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
Mediterraneo
Si conoscono già dalla mezzanotte, almeno a grandi linee, i risultati delle elezioni in Spagna per il rinnovo del Parlamento. Di mattina presto cerco di capire cos'è accaduto più nel dettaglio sfogliando le pagine dal sito del quotidiano El Paìs, per comprendere la geografia di un voto che pure appare abbastanza omogeneo nella severa sconfitta riservata al Psoe del premier uscente Zapatero. Anche dove non vince il Partito Popolare, come in Cataluña e nei Paesi Baschi, questo lo si deve al successo delle formazioni politiche nazionali, non certo alla tenuta del Psoe. Tanto che a far parte dell'opposizione nel Congresso ci sono, accanto ai partiti della sinistra spagnola, una serie di partiti "regionali" orientati a sinistra ma che non si riconoscono né nel Partito socialista, né nella Izquierda Unida.

Che l'astensionismo abbia contribuito alla sconfitta di Zapatero è probabilmente vero, ma l'indicazione di voto degli "Indignados" aveva più un significato politico che un peso rilevante sul piano dei numeri. Zapatero ha perso per un'insieme di ragioni, gli effetti della crisi e della disoccupazione in primo luogo, dicono tutti gli osservatori. Personalmente ho un'idea un po' diversa: il leader del Psoe è stato sconfitto perché non è riuscito a proporre una nuova narrazione in un paese tradizionalmente diviso fra destra e sinistra, fra cattolici e laici, conservatori e progressisti, centralisti e autonomisti. Capace cioè di rimescolare le carte e con esse le appartenenze, riproponendo invece lo schema di sempre.

Era questo, del resto, quel che piaceva di Zapatero alla vecchia e nuova (si fa per dire) sinistra nostrana, che si entusiasmava nel veder segnare le distanze piuttosto che scomporle e ricomporle. "Dire qualcosa di sinistra..." è diventato - negli anni di ascesa del "zapaterismo" in Spagna - il motto di molti rivolto alla sinistra italiana nel cercare di far saltare quel complesso, spesso timido e comunque non riuscito tentativo di far emergere in Italia nuove sintesi politico-culturali.

Con questi pensieri arrivo in ufficio dove riassetto un po' la posta e riesco subito, un po' per festeggiare Pippo che compie gli anni, un po' perché mi attendono i ragazzi dell'Università popolare in visita guidata al Consiglio Provinciale e Regionale. Tutti giovani trentini ma fra loro tante provenienze diverse, mediterranee e d'oltreoceano.

Provo a raccontare loro come funziona il Consiglio, quel che fa un consigliere, che cosa vuol dire proporre un disegno di legge e come si arriva in aula per il voto. Gli parlo della proposta di legge sull'amianto che a febbraio arriverà in aula, di quell'eredità che qualcuno ha confezionato per noi e per loro, delle tante cattive eredità che lasceremo loro in dote, come ad esempio la precarietà e l'incertezza sul futuro. Un ragazzo mi chiede che cosa si fa qui dentro per i giovani ed ho un attimo di indecisione subito rintuzzata dal fatto che la Finanziaria 2012 indica come priorità proprio il tema dell'occupazione giovanile. L'indecisione però mi fa capire come in quest'aula effettivamente il tema del futuro (e dei giovani in particolare) abbia in realtà una cittadinanza specifica piuttosto relativa. Gli parlo anche dell'attività del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani, dove lo sguardo sul futuro viene declinato nell'impegno contro ogni sorta di guerra e di violenza e gli do la disponibilità di andare a visitarli nella loro scuola qualora volessero approfondire questi temi.

Trovarsi sui banchi dell'emiciclo della nostra autonomia crea nei ragazzi un po' di timido imbarazzo, eppure non mancano le domande, anche da parte degli insegnanti che li accompagnano, evidentemente occasione anche per loro di avere un contatto con le istituzioni non sempre facile. Ci sarebbero mille storie da raccontare o da farsi raccontare, a cominciare dai giovani le cui famiglie vengono da più lontano. Uno di loro mi chiede quale sia il personaggio più importante che sia passato da questa sala, domanda che presuppone uno sguardo rispettoso e non scontato verso il luogo in cui siamo. Gli rispondo, senza nemmeno pensarci troppo a lungo: il leader politico spirituale del popolo tibetano, il Dalai Lama.

Scattata la foto di rito e finito l'incontro (non li vedo affatto annoiati, emozionati piuttosto) ci salutiamo e vado al piano superiore dove ho appuntamento con Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino, che è lì in Regione con la delegazione russa che partecipa alla conferenza storica sul Don. In occasione dell'evento conclusivo di "Cittadinanza euromediterraena" vorrei approfittare della presenza in Trentino dei personaggi che hanno tratteggiato il percorso annuale del Forum per dar vita ad un momento di riflessione sul "Censimento del 1910" come paradigma di un'Europa multiculturale di cui abbiamo perso le tracce. E pensare che a Trento, in quegli anni, c'era pure una moschea, luogo di culto dei soldati bosniaci che erano parte dell'impero austroungarico ... C'è anche l'idea di invitare a Trento, in questa occasione, lo scrittore Alexandar Hemon, originario di quella "piccola Europa" come veniva chiamata la regione a cavallo del fiume Sava, fra Bosnia, Croazia e Serbia, dove - fra i tanti idiomi - si parlava anche il dialetto trentino. 

Di questo parlo di seguito con Marco Depaoli, vicepresidente del Consiglio regionale, che vorremmo coinvolgere per rendere sostenibile l'iniziativa. La nostra Regione fatica a ritrovare il senso di un incontro fra popolazioni diverse che pure hanno condiviso una storia affascinante e complessa, accentuandone quei caratteri che possono apparire più funzionali a segnare in senso politico i tratti della propria identità. Trovo piena disponibilità.

A mezzogiorno riunione del Gruppo consiliare per proseguire l'analisi dell'articolato della Legge Finanziaria avviato sabato scorso. Proseguo fino alle 14.30, quando è convocata la Terza Commissione che si deve esprimere sugli articoli della stessa Finanziaria di propria competenza. Sono grosso modo una ventina di articoli e se ne va tutto il pomeriggio. Fra questi, uno più di altri diventa oggetto di confronto con l'assessore Mauro Gilmozzi, ovvero quello sulla riorganizzazione generale della Provincia (art. 24). Lo conosco bene perché è stato uno dei punti sui quali il confronto anche nel nostro gruppo è stato più acceso. L'idea che nella Finanziaria si proceda a ridisegnare l'assetto della struttura dirigente, dei dipartimenti e delle agenzie a mio avviso ci può stare, purché corrisponda ad un disegno condiviso che ancora non è stato esplicitato. O, meglio, che è stato illustrato nelle sue linee di fondo in una riunione della maggioranza prima dell'estate, senza però trovare un seguito nei mesi successivi.

La riforma istituzionale incardinata attorno alle Comunità di Valle presuppone una più generale riallocazione dei poteri e delle funzioni, passaggio delicato e che oggi incontra mille resistenze. Dovremmo evitare di farcene interpreti, perdendo di vista proprio l'obiettivo che ci eravamo dati con la riforma. Ma poi entrano in gioco altri fattori e quel conservatorismo tipico degli apparati e che mette a dura prova il cambiamento. Voto a favore, con la raccomandazione che la flessibilità di riassetto che la norma in Finanziaria produce sia accompagnata da una forte condivisione istituzionale degli obiettivi di riorganizzazione della struttura della Provincia, raccomandazione accolta dal rappresentante della Giunta. Tema sul quale, in ogni caso, avremo un momento di confronto anche come Gruppo consiliare del PD con il presidente Dellai nei prossimi giorni.

E' sera. Ripasso in ufficio e vedo le ultime notizie dalle agenzie sulla situazione in Egitto. Domenica prossima all'ombra delle piramidi si vota e temo che l'occupazione delle piazze da parte dell'esercito rappresenti una sorta di colpo di stato. Lo stesso governo provvisorio si è dimesso e i morti sono più di quaranta. Osservando quel che accade in Siria e in Egitto, i due più grandi e decisivi paesi del mondo arabo, la primavera è ad un passaggio cruciale. Provo a mettere intorno ad un tavolo per il giorno seguente un po' di persone con le quali abbiamo collaborato nei mesi scorsi per sostenere la rivoluzione che ha cambiato il corso del Mediterraneo. E metto online il lavoro di analisi sui partiti in Egitto che un giovane trentino - Jacopo Carbonari - che vive al Cairo ha realizzato nelle scorse settimane.

 

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