"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

07/10/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
Un\'immagine della conferenza stampa di apertura del cantiere Afghanistan 2014
7 ottobre 2001. Esattamente dieci anni fa scattavano i bombardamenti sull'Afghanistan. Ed oggi siamo qui a ricordare che questa guerra sembra davvero infinita, com'era scontato ha rafforzato i signori della guerra e non ha portato né democrazia, né libertà.

Ma in questo triste anniversario non è di questo che vogliamo parlare. Nella saletta della zona archeologica del Sass, a Trento, il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e Unimondo, insieme agli amici afghani, vogliono proporre uno sguardo diverso. Di Afghanistan se ne parla solo quando tornano le bare (un impegno che oltre a troppe giovani vite costa all'Italia 2 milioni di euro al giorno), quando come da rituale si riaccende la discussione se andarsene o restare. Un confronto tutto ideologico che rischia di non portare da nessuna parte, come se andarsene dopo aver contribuito a creare il problema fosse la soluzione e come se proseguire l'occupazione non rafforzasse proprio chi si dice di voler combattere.

Noi oggi vogliamo parlare di un altro Afghanistan. Non delle bare, non delle immagini di guerra, non del terrorismo, ma dell'Afghanistan che vuole mettersi alle spalle tutto questo.  Di un Afghanistan che sta cercando un proprio futuro fuori dalla logica della guerra. E per questa ragione oggi a Trento si apre un cantiere di pace, luogo di pensiero, di studio, di confronto e di orgoglio verso un paese amato, nell'occupazione come nella diaspora. Questo cantiere si chiama "Afghanistan 2014".

Il 2014 è infatti l'anno in cui è stato annunciato il ritiro definitivo del contingente internazionale. Allora vorremmo guardare all'Afghanistan in questa prospettiva piuttosto che continuare a rincorrere la logica della guerra e delle emergenze che ne vengono. L'obiettivo non è un progetto di solidarietà e nemmeno una raccolta fondi per qualcosa di più o meno importante, bensì quello di contribuire a costruire le condizioni affinché nel 2014 questo paese possa rinascere a partire dalle proprie forze, con la società civile, con la diaspora, con i giovani. Quei giovani, donne e uomini, che frequentano le trentadue università che si sono aperte a Kabul, quella diaspora che vede un milione di giovani afghani in Europa con le loro intelligenze e le loro professionalità, quelle donne e uomini di cultura oggi stritolati fra forse di occupazione e signori della guerra.

Per questo un cantiere. Un cantiere che costruisca una narrazione condivisa che sola può essere alla base della convivenza di popolazioni diverse, attraverso racconti, testimonianze, film. Una piattaforma web nella quale far convergere la discussione sul futuro politico istituzionale di questo paese. Una "carta", riprendendo l'esperienza della Carta di Trento per l'autonomia del Tibet, che possa contribuire al confronto sul futuro assetto dell'Afghanistan. Un programma di iniziative, incontri, gemellaggi da qui al 2014, che si chiuderanno con una conferenza internazionale che intendiamo realizzare a Venezia.

Dauod, Sohelia, Razi, Basir sono qui oggi con noi per dire che questa è la strada che intendono percorrere. Dauod, editore della BBC in persiano, è venuto da Londra per sostenere questa idea, per la prima volta un progetto - afferma - che va oltre lo sguardo della guerra e la logica che impone. Occorre un cambio di sguardo, ci dice, per dare voce ad un altro Afghanistan, forse ancora piccolo ma che vuole avere voce in capitolo sul futuro del paese, nelle conferenze internazionali come nella sua futura organizzazione sociale.

Da dove si parte, con quali energie, con quali reti? chiede qualcuno dei presenti. Partiamo dalle immagini che scorrono sullo schermo e che ci parlano di un paese culturalmente vivace, partiamo dalle idee e dalle storie di vita di milioni di afghani che stanno fuori dal paese e che in questa transizione vogliono dire la loro, partiamo dall'idea che l'Afghanistan ha in sé le forze per riprendere nelle mani il proprio destino.

Per parte nostra noi mettiamo a disposizione le istituzioni trentine, a partire dal Forum ma anche la Provincia e la Regione che guardano a questo percorso con interesse come ci dice nel suo intervento l'assessore Lia Beltrami, il nostro percorso di autonomia, la nostra esperienza e le nostre idee.  Fabio Pipinato dichiara che Oneworld, uno dei più importanti portali globali della società civile, metterà a disposizione lo spazio per la piattaforma che sarà in tre lingue. Gli amici afghani la loro rete europea.

Cambiare lo sguardo è quel che ci proponiamo noi stessi di fare: la logica dello sguardo militare ci porta all'emergenza e agli aiuti, niente di nuovo; questo altro Afghanistan ci chiede relazioni, confronto, scambio di idee. E' quel che penso da tempo e trovare questa sintonia nelle parole degli amici afghani mi emoziona. Dovrebbero cambiare lo sguardo anche i mezzi di informazione, abituati come sono a seguire il clamore ed il sangue piuttosto che le immagini di vita, di resistenza culturale, di impegno umano e professionale.

Finisco la conferenza stampa, passo al gruppo dove devo correggere la pagina del Forum di "Consiglio Provinciale Cronache" e poi vado a portare un ultimo saluto ad Evi, la compagna di Edoardo Arnoldi, che nei giorni scorsi ha finito di lottare con il male che da qualche anno non le dava tregua. E che ha guardato in faccia con la sua forza d'animo e la serenità che le si leggeva in volto ogni volta che ci incontravamo. Alla fine ha avuto il sopravvento e la dolorosa solitudine di Edoardo e Nicola la si percepisce nel loro sguardo perso nel vuoto. Non ho conosciuto Evi da vicino, ma penso davvero che fosse una grande donna.

Ritorno in ufficio per un ultimo incontro della giornata e poi di corsa a preparare la cena per gli amici afghani che ho invitato a casa. Un modo per esprimere loro la mia fratellanza. La nostra conversazione proseguirà fino a notte inoltrata. Dauod è felice di essere venuto da Londra e questo mi basta.

 

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