"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

02/11/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
Paul Klee, Tunisi
Sembra proprio che siamo arrivati all'epilogo dell'era Berlusconi. E ciò nonostante non c'è da gioire, perché in questa caduta di consenso e di credibilità questo personaggio che - non dimentichiamolo - gli italiani si sono dati come capo del governo sta affondando anche l'Italia.

E contestualmente fatica ad emergere una diversa narrazione del presente. Le devastazioni culturali in un paese che ha smarrito il senso della cittadinanza sono profonde e di questo ne risentono anche le rappresentazioni politiche. Tanto che se il centrodestra è in grave difficoltà, non è che il centrosinistra stia un ottima salute.

Approfitto di questi giorni di relativa tranquillità per leggere il libro di Federico Rampini "Alla mia Sinistra". Nei giorni scorsi Alessandro Branz scriveva ai propri amici della distanza che emergeva nella trasmissione "Che tempo che fa" fra la conversazione con il corrispondente de "la Repubblica" nel presentare questo libro e quella con Matteo Renzi, giovane sindaco di Firenze in questi giorni protagonista del suo Big Ben generazionale.

Distanza che condivido con Alessandro, sia chiaro. Perché se è Renzi il futuro della sinistra siamo a posto... Devo però anche dire che non mi convince nemmeno Rampini, che pure apprezzo come giornalista. L'idea che il discrimine fra destra e sinistra sia quello fra liberismo e welfare, mercato e stato, non mi convince. Mi riprometto di scriverne, anche in relazione alla nuova tesi che appare in questi giorni su http://www.politicaresponsabile.it/ che ha come titolo "Democrazia, mercati, leadership" proposta da un giovane ricercatore, Pasquale Mormile.

Questo non significa che il tema del passaggio di testimone fra le generazioni non si ponga, tutt'altro. Perché ha ragione Giulia Merlo quando, sullo stesso sito, scrive che la nostra generazione ha occupato tutto, guardandosi bene dal predisporsi a passare la mano. Che in primo luogo significa darsi la distanza per elaborare il proprio tempo. Non è dunque solo un problema di occupazione di ruoli, ma di riflettere su quel che è accaduto lungo il tempo del cambiamento e della sconfitta. E senza il quale gli errori si ripeteranno all'infinito e la sinistra sarà sempre uguale a se stessa.

Solo ad una diversa narrazione, può corrispondere un diverso sguardo sul nostro presente e qualche idea per il futuro capace di una sintesi originale, dove l'apprto dei pensieri privi di cittadinanza (la nonviolenza, il federalismo del bene comune, la cultura del limite...) possa ridisegnare una nuova politica. A questa narrazione occorrono gli sguardi incrociati di persone che, indipendentemente dalla loro carta anagrafica, vogliono immaginare il futuro piuttosto che di occupare posizioni o poltrone.

I giovani del Mediterraneo hanno dato in questi mesi un contributo straordinario per un cambiamento che fino a poco prima sembrava impossibile. E, al tempo stesso, scontano il limite di una rivoluzione orfana di nuovi pensieri e che proprio per questo corre qualche rischio. Lo stesso potremmo dire per i giovani indignati di ogni parte del mondo ed anche per chi, in questo nostro paese, fra giovani rampanti e vecchi volponi, preferisce starsene altrove.

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da michele il 04 novembre 2011 09:43
    Che il capo degli italiani rifletta una profonda involuzione culturale ed un "carattere" antico che li portava un tempo a riempire le piazze del fascismo ed oggi le forme diffuse dell'antipolitica, non ci piove. Quando ci mettiamo in testa che la sconfitta è stata culturale prima ancora che politica e che il cambiamento comporta un paziente lavoro di ricostruzione che non può che partire dal territorio (categoria che sul piano nazionale sembra non esistere)? Invece prevalgono le scorciatoie di sempre e l'idea che gli italiani si siano sbagliati... E i nostri uomini, quelli di sempre e quelli nuovi che di questa cultura politica sono figli, sono già sui blocchi di partenza in vista delle elezioni. Poveri noi...
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