"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

16/11/2011 -
Il diario di Michele Nardelli
pensiero unico
All'ingresso dell'aula una piccola folla con le bandiere sindacali accoglie i Consiglieri Regionali. Sono qui per dire alle persone che pure hanno contribuito ad eleggere e che probabilmente hanno pure votato, che in un contesto di così forte difficoltà economica la politica e le istituzioni devono dare un esempio di sobrietà e di responsabilità. E non si può che dargli ragione.

Vedo i volti di una vita, amici e compagni con i quali ho condiviso lotte e speranze, ed è una strana sensazione. Non c'è astio, né animosità. Avverto distanza, questo sì, nonostante le strette di mano. Non so dire se si tratti di una sensazione psicologica, di un gioco delle parti che non mi piace a prescindere, oppure se si sia interrotto qualcosa, in virtù del fatto che le persone elette in Consiglio Regionale e Provinciale entrino a prescindere a far parte della "casta".

Quando con Roberto e tutta Solidarietà, nell'ormai lontano 1993, decidemmo che bisognava avviare una campagna contro i privilegi della politica e raccogliemmo decine di migliaia di firme per l'abrogazione dei vitalizi dei consiglieri regionali, questo tema era un vero e proprio tabù. Oggi al contrario è sulla bocca di tutti, nonostante che quella battaglia sia riuscita - non senza difficoltà - a portare a casa dei risultati importanti, se è vero che l'unica Regione italiana ad averli tolti di mezzo i vitalizi (a partire da questa legislatura) è la nostra.

Mi viene da sorridere a pensarmi casta. Ho dedicato all'impegno politico la mia vita, ricevendone tanto sul piano umano e il grande privilegio di far coincidere le cose in cui credo all'impegno professionale. Che pure si è svolto, in una certa misura anche per mia scelta, nel segno della precarietà, visto e considerato che non ho maturato nemmeno una prospettiva di tipo pensionistico, né ho mai voluto nomine in luoghi di potere o in Consigli di Amministrazione.

Cosa difficile anche solo da pensare per chi non ti conosce, specie per come è spesso ridotta oggi la politica, dove la dimensione personale e della "carriera" pesa forse più di ogni altra. Ma questa è la realtà e quindi quel po' di disagio che mi viene credo di potermelo permettere. Certo, da tre anni sono in Consiglio e percepisco mensilmente un'indennità di carica di circa 6.200 euro. Dei quali trattengo però solo il 50% visto che tutto il resto va al finanziamento del PD del Trentino (grosso modo il 20%) e nei progetti che al momento della campagna elettorale mi sono preso l'impegno di sostenere in caso di elezione (l'altro 30%). A testimonianza del fatto che - a prescindere dai necessari tagli ai privilegi della politica che non risolvono certo i problemi del definicit pubblico - poi c'è anche una strada individuale che nessuno ti impedisce di percorrere.

Va detto altresì che poi, trovandoci in un'aula come quella regionale dove il tempo scorre sul nulla o poco più per il progressivo esaurirsi del ruolo di questa istituzione, qualche riflessione amara su qualcosa che alla casta assomiglia molto ti viene da farla e puoi anche comprendere quale possa essere il malessere e la frustrazione di chi lavora dalla mattina alla sera per portarsi a casa quattro soldi.

L'antipolitica si è nutrita di questa frustrazione, della solitudine sociale, della sconfitta culturale e di tante altre cose ancora. E forse il maggior nutrimento l'ha ricevuto proprio dalla politica stessa, nel suo aver smarrito il senso profondo di servizio alla comunità o alle idee di riferimento.

Il dibattito che martedì si svolge in aula proprio sulla questione dei tagli alle indennità dei consiglieri di tutto questo risente ed è un ben triste spettacolo di sotterfugi demagogici che vedi riversato a piene mani pur di rimandare il voto del Consiglio dove pure gran parte dei capigruppo avrebbero finalmente raggiunto un accordo di massima per una soluzione che sterilizza di una ulteriore quota lo stipendio dei consiglieri con un taglio complessivo del 25% dall'inizio di questa legislatura.

Quando me ne torno da Bolzano non ho voglia che di chiudermi in casa. Insieme si chiudono anche le consultazioni per il nuovo governo che l'indomani Mario Monti presenterà sciogliendo la riserva al Presidente Napolitano, un governo fatto di tecnici  qualificati e da protagonisti del mondo economico e finanziario. Si sa che non ci saranno né personaggi da baraccone, né veline, e questo è già qualcosa per l'immagine di questo paese. 

Eppure c'è attesa per conoscere il profilo del nuovo governo e quel che nel pomeriggio di mercoledì giura nella mani del capo dello Stato non è affatto un governo di emergenza ma una vera e propria ipotesi politica per la conclusione della legislatura e forse anche oltre. Perché si tratta di una scelta che riduce l'autonomia della politica, riconducendola nel solco dell'economia o, meglio, della finanza.

Se, come dice Bersani, c'era l'urgenza di una svolta, questa c'è stata, indubbiamente. La preoccupazione è che essa divenga - nella sua immagine di compagine al di sopra della politica - un nuovo e duro colpo alla politica, quasi a dire che in effetti potrebbe andar bene anche così. Del resto in Belgio questa tendenza è stata coltivata quasi si trattasse di un laboratorio che oggi si ipotizza anche in Spagna (dove pare che il 93% delle persone ascoltate preferisca un governo tecnico ad uno politico) ed altrove e che non richiede che  di sottomettersi al pensiero unico.

Tutto questo ci racconta di una grande e crescente distanza, che dovrebbe farci riflettere e preoccuparci. Perché gli "indignati" non sono che la risposta epidermica al male profondo che si sta mangiando la politica. Quest'ultima, PD compreso, sembra offrire sottomissione e perfino entusiasmo per la propria dissolvenza, come se l'emergenza divenisse ineluttabilmente la cifra del tempo. Tutto ciò mi preoccupa, a prescindere dagli sguardi sorridenti dei capi. Perché se è vero che la crisi è strutturale, non basterà certo il governo dei professori a mettere le cose a posto.

 

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