"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

14/06/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Una bella foto di Franco Donaggio

Si conclude la visita della delegazione palestinese. Nell'incontro restituivo facciamo il punto sugli accordi raggiunti con i vari soggetti, nella cornice del protocollo d'intesa fra il Trentino e la Palestina: nello scambio scientifico attorno all'olio extravergine con l'Agraria di Riva del Garda, nell'impegno commerciale per la trasformazione del melograno (e di altri frutti) con la Dolomiti Fruits di Nanno, nel campo della formazione con la Cooperazione trentina, sempre nella formazione con la Fondazione Mach e l'Istituto Agrario di San Michele all'Adige con particolare attenzione alla ricerca nel settore oleario e vitivinicolo ma anche alle tecniche di conservazione dei prodotti. Il tutto nella logica della reciprocità.

Il ministro dell'agricoltura Waleed Assaf e i suoi collaboratori sono persone del popolo. Prima di essere un uomo di governo Assaf è stato un militante palestinese, più volte incarcerato dagli israeliani... e dunque i protocolli formali lasciano presto il posto all'amicizia. Nel fare il punto sugli impegni, con Ali Rashid che di questa relazione è l'anima ci rendiamo conto di quanta carne al fuoco abbiamo messo e di quanto sarebbe necessario che la Provincia Autonoma di Trento si attrezzasse per favorire queste politiche di internazionalizzazione. Penso al ruolo che potrebbe avere in questa direzione una realtà come "Trentino Sviluppo" se sapesse uscire dal suo schema novecentesco (che peraltro non funziona più se non a tamponare situazioni irrimediabilmente compromesse). Ci vuole apertura al mondo, capacità di costruire relazioni e... fantasia. Un pezzo del programma per la prossima legislatura.

Con Antonio Colangelo parto per Milano, destinazione la Cascina Cuccagna, un antico cascinale che grazie ad un restauro conservativo ben fatto è tornato fruibile alla città. Mi stupisco per la gran folla di persone che frequentano questo luogo, il bar, il ristorante e l'area verde, ma anche per lo scetticismo che scorgo in Piero ed Eugenio, come se si trattasse di un'operazione "radical chic". Uno sguardo che mi racconta di quanto poco questa città abbia elaborato la sua storia negli ultimi trent'anni, dilaniata fra successo e rancore.

Se penso alla capitale del nord, a ciò che esprimeva un tempo questa città tanto sul piano culturale che politico e a quanto oggi invece fatichi a ritrovare una sua identità condivisa, allora ho anche una chiave per comprendere questa divisione che si esprime quasi in maniera epidermica nel giudizio tranchant di persone pure tanto diverse anche sul piano generazionale. Chi non ne vuole sapere di mischiarsi, chi nemmeno si può permettere di farlo. Mi passa davanti agli occhi un film che ancora non è finito, gli anni del craxismo e quelli del berlusconismo, la radicalizzazione degli interessi senza mediazioni, l'incapacità da parte della politica di costruire coesione sociale in luoghi dove l'atomizzazione è (stata) troppo forte, producendo solitudine, rancore, silenzio. Così capisco perché uno come Enzo Jannacci, che ha raccontato come nessun altro la Milano del secondo dopoguerra, non abbia più avuto storie da raccontare se non la sua personale disperazione.

Penso fra me a come è diversa la storia (anche recente) della mia terra. E, in effetti, è forse questa - al di là dello sciopero dei mezzi pubblici o dei difetti di comunicazione - la ragione per cui all'incontro di presentazione della guida "Scoprire i Balcani" ci sono così poche persone. La musica di Jovica Jović e di Marta Pistocchi al piano di sopra dovrebbe attirare se non altro un po' di curiosità, ma qui sembra proprio che nessuno rompa le righe, tranne ovviamente le poche persone che vengono a complimentarsi per questo nostro prezioso lavoro.

Peccato, perché così Milano rischia di proseguire nel proprio declino, nonostante Pisapia. Mi ritornano in mente le parole di Emilio Molinari (in questi giorni in ospedale, auguri Emilio!) quando - di fronte al ritorno della musica degli Stormi Six in occasione della festa per l'elezione di un candidato della sinistra dopo un ventennio di Moratti e Albertini - mi scrisse che se n'era andato via dalla piazza sconsolato. Ricordo di averne già parlato in questo diario, ma fa niente...

Eppure questo luogo è davvero bello e forse proprio a questo lavoro di ritessitura del corpo sociale dovrebbe servire. Ci sarà modo di parlarne con l'amico Rino Messina che di questa impresa è uno dei protagonisti. Occorrono idee ponte, non rancore.

Sulla strada del ritorno la stanchezza si fa sentire e la cultura del limite urla il suo dissenso.

 

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