"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

06/06/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Volto di donna

Due giorni di Consiglio provinciale indicano il livello di delirio in cui la politica è caduta. Le interrogazioni diventano occasione di sproloquio e legittimazione di comportamenti illegali, come ad esempio nell'affermazione che verso il pericolo degli orsi sarebbe giustificato farsi giustizia da sé. Gli interventi dei consiglieri sono parole in totale libertà, a prescindere dal fatto che vi sia conoscenza dell'argomento di cui si sta parlando. Si sparano insulti pesanti e si alza la voce in maniera violenta. Nelle votazioni si coglie sin d'ora un clima da rompete le righe, legittimando - sul DDL sulla parità e le pari opportunità - rivincite e imboscate,  tanto che la maggioranza va sotto per due volte nella segretezza del voto. Manca una regia d'aula e l'assenza del presidente della Giunta di certo non aiuta.

Se questo è il clima, non oso immaginare quel che accadrà nei prossimi mesi, mano a mano che ci si avvicinerà alla scadenza del voto, anzi alle scadenze, visto che nel 2013 (salvo anticipazioni) si andrà alle urne per il rinnovo del Parlamento oltre che delle istituzioni della nostra autonomia. Ma già oggi il clima è insopportabile.

Devo però dire che la cosa che più mi preoccupa è la tenuta della maggioranza. Il dopo Dellai (lo dico perché la percezione è che già oggi siamo nel "dopo") non viene governato, anche perché non è affatto chiaro il rapporto fra le diverse componenti. E se oggi il tema di cui si parla è la trasparenza sulle cifre dell'indebitamento del sistema provinciale (cosa fin troppo ovvia e quindi un po' simbolica), in realtà la questione di fondo sono i pesi di un alleanza che mostra sul piano culturale la propria fragilità.

Nel PD del Trentino si confrontano ipotesi diverse, fra una componente che rivendica una leadership della coalizione in forte discontinuità con il presente (e fortemente ancorata al partito nazionale) e quella che guarda con interesse alla prospettiva di un partito territoriale che rimescoli le carte delle attuali appartenenze. Nelle scelte del gruppo consiliare o dei singoli consiglieri questa diversa prospettiva si avverte in maniera piuttosto netta. L'UpT è in affanno, al suo interno il chiarimento non c'è stato nonostante il congresso. Il suo gruppo dirigente sembra essere in sofferenza e risente dell'incertezza della sua figura più prestigiosa anche rispetto alla prospettiva nazionale. La ricerca di interlocutori territoriali va bene ma appare tardiva e troppo condizionata dall'approssimarsi delle scadenze elettorali (e delle dinamiche che queste mettono in moto). Sul territorio, poi, la contesa con il Patt sembra a vantaggio di quest'ultimo. E il Patt infatti si gioca la partita di una nuova leadership provinciale, rivendicando nuovi equilibri nella coalizione di governo. Prova inoltre ad intercettare il voto in fuoriuscita dalla Lega, accentuando le sue posizioni conservatrici. Le componenti minori della coalizione, a parte forse i Ladini, si giocano spazi incerti e legati ad un quadro nazionale in forte movimento e destinato a cambiare in maniera radicale.

La questione di fondo è che un senso comune di maggioranza, nonostante il centrosinistra autonomista governi il Trentino da almeno tre legislature, ancora non c'è. Un legame che fino ad oggi aveva in Lorenzo Dellai un garante, ma che avrebbe dovuto nutrirsi di idee e di progettualità (ma anche di conoscenze e di competenze) in grado di costruire sintesi nuove e più avanzate. Affinché i problemi non si presentino sempre uguali a se stessi.

Il disegno di legge sulla parità e le pari opportunità che affrontiamo in aula è un provvedimento che nella versione finale non può che essere considerato positivamente. Incardinare infatti la Commissione Pari Opportunità sul Consiglio provinciale anziché sull'assessorato competente è condizione di libertà e di non collateralismo. Era questa, del resto, una delle richieste delle associazioni che per un paio di giorni hanno presidiato l'aula consiliare. Mentre scrivo ho davanti a me il titolo di uno dei quotidiani locali che recita "Parità, nuovo carrozzone". Un'operazione di discredito e qualunquista, che assomiglia molto a quella operata solo una settimana fa verso il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Certo, sono le politiche della PAT che devono essere informate alla Pace, all'Europa, alla Parità, ma che la Commissione di cui fanno parte le rappresentanze di istituzioni e società civile sia autonoma rispetto al potere politico mi sembra una garanzia essenziale e condizione per una positiva dialettica con l'azione di governo. E invece? "Carrozzone". Già immagino i blog che parlano di prebende, clientelismi o sprechi. Questa è una vera e propria guerra contro tutto quel che fa cultura e che ha contribuito a fare diverso il Trentino.

La cultura della parità, come quella della pace, richiede studio, formazione, capacità di mettere a confronto legislazioni diverse, elaborazione di proposte nuove. Tutto questo può avvenire per volontariato?  Certo, il volontariato è importante e ha rappresentato l'ossatura di un Trentino che ha saputo resistere allo spaesamento. Ma il volontariato richiede - per essere efficace nel suo agire - un lavoro metodico che non può essere lasciato alla buona volontà dei singoli. Sfido a trovare una cosa così difficile e faticosa come l'elaborazione del conflitto. O forse non sappiamo che non esiste riconciliazione senza elaborazione del passato... Possiamo forse immaginare di lasciare prassi di questo tipo al primo che capita? Sappiamo di che cosa stiamo parlando? Curare le ferite immateriali non è meno faticoso (e non richiede meno perizia) dell'intervento di tipo medico. Per questo bisogna investire risorse importanti, nella Parità come nella Pace.

L'ossessione del fare è la demagogia di questo tempo.

 

2 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 08 giugno 2012 13:56
    Questa classe dirigente ha il dovere di fare politica e proteggere mezzo milione di Trentini dalla crisi dell'eurozona, dal prossimo tsunami dei derivati e dalle conseguenze della probabile, se non certa, ennesima crisi medio-orientale in vista delle presidenziali americane.
    Questa classe dirigente ha il dovere di dimostrarsi all'altezza delle circostanze e le conviene farlo, perché se non dimostrerà di pensare al bene comune e di restare in contatto con la società civile, con la gente, le conseguenze potrebbero essere imprevedibili.
    Bisogna proteggere la concordia in questa provincia (e nella regione) e i politici per primi non possono permettersi di passare alla storia come i capri espiatori della crisi.
    Mi auguro che si rendano conto di cosa c'è in ballo, prima che sia troppo tardi, per il bene loro, delle loro famiglie e di tutti noi.
  2. inviato da Roberto Bortolotti il 07 giugno 2012 19:53
    Che quadro di merda Michele. " Le mosche non riposano mai perchè la merda à veramente tanta" come diceva Alda Merini
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