"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

03/10/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Antonio La Trippa
Sembra che non si parli d'altro. Da una parte il timore che l'onda delle inchieste che investono le regioni italiane arrivi anche qui. Dall'altra la voglia di sangue di cui si nutre un certo giornalismo. Sullo sfondo una crescente insofferenza verso quel che emerge dalle indagini che, non c'è dubbio, supera ogni immaginazione. Che a sua volta alimenta la polvere.

E' necessario, oggi più di ieri, andare controcorrente.

Non c'è dubbio che la politica - in questo pessimo spettacolo - ne esce a pezzi. Possiamo ben dire che la politica vera si nutre di idee e di passioni, ma se poi andiamo a vedere come queste si coltivano, altro non possiamo fare che prendere atto di un processo di degenerazione nel quale i destini personali e i privilegi prevalgono sulla capacità di amministrare il bene comune, sulla preparazione, sulla serietà nel proprio impegno istituzionale.

Non parlo delle forme patologiche che abbiamo visto nella Regione Lazio o altrove. Penso piuttosto alla politica diventata ricerca esasperata del consenso, nel rincorrere le istanze più diverse in assenza di un proprio profilo, nel piazzarsi dove tira il vento, nella fedeltà al capo.

Detto che la politica non può diventare uno strumento per arricchirsi, credo sia giusto riconoscere il valore dell'impegno e della responsabilità di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica. Nessuno si sognerebbe di fare i conti in tasca ai padri della Costituzione Italiana o di contestare il numero dei loro mandati parlamentari. Nessuno avrebbe il coraggio di porre nei loro confronti il tema (volgare sempre) della rottamazione. Eppure molti dei privilegi della politica vengono da lontano, tempi nei quali peraltro la popolazione era abituata a tirare la cinghia ben più di oggi.

Questo non significa che non sia giusto mettere mano ai privilegi, quando ancora in questo paese esiste, tanto sul piano parlamentare che in gran parte delle regioni, l'assegno vitalizio (e reversibile). Cosa di per sé insopportabile. Andare controcorrente, dicevo. Credo che per farlo lo sguardo andrebbe spostato sulla qualità della politica. Per capire se le persone alle quali affidiamo la gestione della cosa pubblica sono all'altezza del loro mandato, quale sia la loro formazione e la loro esperienza, quali le loro idee.

Prendo solo atto che di questo sostanzialmente non si parla. E che, nel furore di queste ore, il taglio più che dei privilegi è della politica. Mentre scrivo il Governo sta decidendo la riduzione drastica del numero dei consiglieri regionali che non c'entra nulla né con i privilegi, né con la qualità della politica. Temo che ancora una volta il polverone, come spesso è accaduto nella storia anche recente, lasci dietro di sé solo scasso istituzionale.

E' quel che avviene anche nel rapporto con il sistema delle autonomie locali, nel riemergere con forza di un centralismo peraltro mai sopito e che oggi si nutre del clima di avversità nei confronti della politica. Lo abbiamo visto nella cancellazione delle Province storiche, lasciando interi territori alla mercé del centralismo regionale, nella montagna governata dalla pianura (Belluno in primis). Lo vediamo nel dirigismo statalistico dei tecnici e nell'arrestarsi di quel peraltro minimo processo di riforma federalistica dello stato.

Lo vediamo anche nell'ostilità verso le Comunità di valle. Nate per snellire la Provincia e per spalmare funzioni di governo sul territorio, per consorziare i Comuni nella gestione di servizi necessariamente sovra comunali, per promuovere una pianificazione territoriale all'insegna delle caratteristiche delle nostre valli, ed infine per dare legittimità popolare quando prima i Comprensori erano organismi di secondo grado, diventa notizia che il costo del loro funzionamento sia complessivamente di 1,6 milioni di euro all'anno. Ma dov'è la notizia? Siccome effettivamente sembrano un po' pochi, allora si dà in pasto all'opinione pubblica la cifra di 8 milioni, relativa a cinque anni di attività. Che cosa si vuol coltivare?

Considerato che la politica è diventata ricerca del consenso e il radicamento territoriale sostituito dal sondaggio di opinione, ecco che tutti si mettono a rincorrere gli umori e il rancore, assecondandone le pulsioni più demagogiche, il pettegolezzo, la calunnia. No, non sono d'accordo. Così facendo, la politica (il confronto fra le idee, la ricerca di punti d'incontro fra interessi diversi, la fatica del cercare le soluzioni ai problemi...) semplicemente si suicida.

Con queste cose che mi frullano per la testa, assisto alla fatica da parte del presidente del Consiglio Provinciale Bruno Dorigatti di arginare l'onda. Nelle proposte che vengono presentate all'Ufficio di presidenza e, successivamente, ai capigruppo, prova a tagliare tutto il superfluo in un contesto come il Trentino dove pure le indennità sono state ridimensionate (e i vitalizi aboliti) e gli appannaggi ai gruppi consiliari notevolmente inferiori alle altre Regioni, pur in presenza di competenze legislative imparagonabili per estensione ad ogni altra autonomia locale.

Mi chiama preoccupato, perché in questo clima gli impongono di tagliare qualcosa anche al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani che pure in questi anni sta facendo un grande lavoro (non sta bene che sia io a dirlo, ma è così) con uno stanziamento a dir poco insignificante. E' solo un segnale - mi dice - che ci stiamo facendo carico tutti. Ed effettivamente è così, ma intanto l'effetto delle cravatte, dei suv, delle vacanze... di una generazione di avventurieri che hanno occupato la politica e le istituzioni si riverbera contro la politica, quella nobile e vera.

La sapremo ancora riconoscere?

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 05 ottobre 2012 13:55
    La pressione cresce, il coperchio delle menzogne sta per saltare.
    Sempre meno sono le persone che riescono a comprendere perché debbano accettare sacrifici in cambio di promesse che non si materializzano, mentre i mercati fanno il bello e il cattivo tempo, come se fossero loro gli eletti, senza che i governanti drizzino la schiena e proteggano i cittadini e chiedano indietro almeno una parte del maltolto.
    Il vento sta cambiando e il barometro segna tempesta.
    Resteranno le rovine del Vecchio Mondo su cui costruire un Mondo Nuovo. Chi se ne incaricherà? Con quali idee e valori? Ci sarà un Café de la Paix dove sarà possibile dire le cose che vanno dette, le cose che si sa che sono vere, senza il timore di essere malgiudicati, accusati di buonismo, di populismo, di ingenuità, di idealismo, di irrealismo, di snobismo, ecc.?
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