"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

08/09/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Secchiano Marecchia, palazzo Cappelli

Secchiano Marecchia è un borgo di milletrecento abitanti, parte del Comune di Novafeltria, a una ventina di chilometri da Rimini. Venerdì pomeriggio e sabato mattina, in questo paesino della Val Marecchia dove nell'inverno scorso centinaia di volontari della Protezione Civile del Trentino sono intervenuti per  soccorrere queste comunità dagli effetti  di un cambiamento climatico che ha riversato metri e metri di neve laddove un tempo ne cadevano solo pochi centimetri, prende il via una piccola scuola di formazione politica che terrò fino a novembre.

Secchiano Marecchia aveva già da prima un legame con la nostra terra, quello di aver avuto come cittadino e animatore sociale l'amico Gianni Rigotti che qui si era trasferito nei primi anni '80 con la sua famiglia. Portando con sé tutta l'intelligenza, la sensibilità, la forza d'animo che lo avevano portato ad essere uno dei nostri amministratori comunali in una Valle di Non dove non era certo facile essere di Democrazia Proletaria del Trentino.

Con Gianni c'eravamo spesso ritrovati negli ultimi anni grazie alla sua collaborazione con il Museo degli Usi e Costumi della Gente trentina (del quale era formatore) e grazie alla rete, nello scambiarci idee e consigli ma anche nel progettare cose insieme come l'idea di una piccola scuola di formazione rivolta ai giovani e alle persone che volevano cimentarsi nel volontariato dotandosi però di uno sguardo profondo e non banale sulle cose del mondo.

Poi non c'era stato più tempo, perché Gianni lo scorso anno ci ha lasciati. Aveva combattuto la malattia come un leone, convinto fino all'ultimo di farcela o, almeno, facendoci credere che fosse così. Tanto che il nostro ultimo scambio di idee riguardava proprio il dettaglio programmatico di questo percorso  formativo che mi proponeva di tenere qui, nella sua terra d'adozione.

L'emozione nel vedere concretizzarsi questo impegno è grande, per me come per Laura, Marco e gli amici che Gianni hanno stimato e amato. Nella bella cornice di Palazzo Cappelli ci ritroviamo in un bel gruppo: Livio, Veronica, Lorenzo, Franca, Andrea, Jessica, Irene, Costanza, Sara, Massimiliano, Federico, Giulia, Roberto, Maria, Elio, Mirio, Lucia, Sara, Marco, Ines, Laura, Vincenzo (e sicuramente mi dimentico di qualcuno). Persone di generazioni diverse, che si sono iscritte ad un percorso che faremo insieme fatto da cinque momenti formativi, i primi due dei quali si svolgono in questo fine settimana.

I titoli di questi primi due incontri sono rispettivamente "Nuovi sguardi oltre il Novecento. Il secolo degli assassini" e "La politica nel tempo dell'antipolitica. La locanda". Se per i lettori di questo diario sono parole queste che riecheggiano frequentemente nel mio argomentare, mi rendo conto che per i presenti suonano invece piuttosto inconsuete, come se la politica in genere parlasse d'altro. Ed è effettivamente così. Anzi, ho come la sensazione che la politica oscilli fra il non parlare affatto se non attraverso i canali televisivi e il gergo non sempre visionario degli amministratori locali.

Non si tratta di una proposta formativa di partito, tanto è vero che vi partecipano persone di diversa collocazione o che non hanno alcuna appartenenza politica, ma un'opportunità di formazione attraverso uno sguardo che prova ad interpretare questo tempo oltre le categorie del passato, di quel Novecento che ancora non abbiamo elaborato (e che proprio per questo ritorna). E che s'incrocia con quello dei presenti, che vedo attentissimi alle suggestioni proposte.

E infatti, tanto nel pomeriggio di venerdì quanto nella mattinata di sabato, le mie relazioni sono interrotte da domande, richieste di chiarimenti, osservazioni. Nei miei passaggi so di essere abbastanza provocatorio, ma non chiedo ai presenti di condividere, quanto piuttosto di stimolare la riflessione sul nostro tempo, quello che la politica dovrebbe fare ma che ha perso per strada, quasi a fotografare la fatica del pensiero prima ancora dell'agire politico e sociale. Insomma, domande esigenti.

Nel mio argomentare, sono accompagnato da una nutrita bibliografia che propongo ai partecipanti come una sorta di itinerario letterario nel percorso di apprendimento che possa andare oltre le mie stesse parole. E mi accorgo così che le mie letture più care di questi anni sono ai più sostanzialmente sconosciute. Non è vero che la politica non interessa nessuno. Mi sembra di cogliere invece nei presenti un desiderio di buona politica, come se in questi anni di buio profondo ci si fosse accontentati di aspettare che finisse "a nuttata", accondiscendendo nei fatti ad una sorta di antiberlusconismo che ha contribuito alla desertificazione del pensiero.

Alla fine della "due giorni" vedo volti soddisfatti, come se questa proposta avesse effettivamente contribuito a riconciliarli almeno un po' con la riflessione politica. Anche Laura e Marco sono contenti, mi coccolano con le loro cose buone che la terra, il mare e la maestria sono capaci di realizzare. "Ben, ben..." avrebbe detto Gianni con il suo sorriso sornione. Mentre torno verso il Trentino forse forzando un po' troppo il motore (che infatti si mette a fare le bizze) sono anch'io soddisfatto di essere stato qui, in queste splendide colline al confine fra l'Emilia Romagna e le Marche.

Quando qualcuno dei presenti al corso mi ha chiesto che cosa penso del dibattito sull'inamovibilità della vecchia classe dirigente e sulla rottamazione, ho risposto che non c'è nulla di più bello che disporsi a passare la mano, incrociando saperi e sguardi fra esperienze e generazioni diverse.

 

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