"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

05/11/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Occhiali vecchi

Villa Lagarina, in una saletta tutta colorata che in genere ospita bambini e famiglie questa sera si raccoglie un gruppo di giovani per qualcosa di inusuale, l'avvio di un percorso di formazione politica in cinque puntate. I loro nomi sono Andrea, Daniele, ancora Daniele, Denisa, Gianluca, Jacopo, Manuel, Martina, Michele, Sandro. Hanno in genere meno di vent'anni, studiano alle superiori e all'università, qualcuno già lavora, sono impegnati a vario titolo nel volontariato locale. Le loro motivazioni nel partecipare a questo percorso formativo sono il bisogno di saperne di più verso un mondo che non conoscono, la curiosità verso una proposta di temi che cattura la loro attenzione e, più in generale, l'esigenza di un'informazione che li aiuti a stare al mondo.

Con loro ci sono anche Alessio, che di Villa è il giovane sindaco, Alessandro e Ivano entrambi assessori comunali, e Marco che è il coordinatore di "Villalagarina Insieme", lista locale da cui nasce l'idea di questo ciclo di incontri che oggi prende il via con una prima lezione dal titolo "Nuovi sguardi oltre il Novecento". Seduti in cerchio, ahimè, sono indiscutibilmente il più vecchio. Nel prendere la parola per sviluppare l'argomento, mi chiedo quanto il mio linguaggio saprà fare breccia nel loro sentire.

Dovrebbe risultare facile, per questi ragazzi che sono nati negli anni '90, oltrepassare un secolo che hanno conosciuto appena. Il problema è che tutto quel che li circonda, i messaggi televisivi, quello di cui hanno sentito parlare a scuola o nelle famiglie, tende a riportarli in un quadro di categorie dalle quali non è affatto facile uscire. Il fatto è che in assenza di elaborazione la storia non passa e nemmeno i suoi paradigmi.

Provo così a fornire loro una lettura non banale di quattro passaggi cruciali del Novecento (la Shoah, il Gulag, Hiroshima e gli anni '90) che non abbiamo sufficientemente o per quasi per nulla elaborato, ciascuno dei quali ci pone domande di straordinaria attualità in ordine a quello che Rimbaud definì "il tempo degli assassini", ad una promessa diventata demenza, al mito prometeico dell'uomo signore del mondo e alla fine di una storia che ha dato il là alla postmodernità.

Il mio è un racconto inusuale e, a dire il vero, anche i "senior" presenti mi sembrano quasi stupiti che il cambio di sguardo che propongo loro possa venire da chi è impegnato quotidianamente nel grigio presidio della politica istituzionale. Non posso accettare che la critica della politica (e della sua opacità) sia appannaggio dall'antipolitica. Che invece appare totalmente chiusa nel suo rifiuto tout court della politica.

Quando concludiamo la serata ho la sensazione che tutti, giovani e meno giovani, siano soddisfatti. Anche il mondo delle parole può dunque incuriosire? Credo che sia profondamente sbagliato asserire che i giovani non ne vogliono sapere di politica, così come sia fuorviante parlare di apatia o di superficialità nel descrivere il mondo giovanile. Credo in realtà che se la politica sta in fondo alla classifica del gradimento degli italiani sia piuttosto perché dimostra spesso di non aver molto da dire.

Ne ho parlato in mattinata con Mario Raffaelli, con il quale si è sviluppato nel corso degli anni un dialogo politico a dispetto di storie personali piuttosto lontane. Condividiamo fra le altre cose l'idea che, con la scelta di Alberto Pacher di non candidarsi per il "dopo Dellai", la coalizione del centrosinistra autonomista debba ridefinire i propri fondamentali e i partiti fare un passo indietro. E contestualmente sia urgente riprendere quel percorso di natura territoriale che venne interrotto quando il PD in Trentino si è accontentato di essere un'articolazione del partito nazionale, quasi a voler omologare l'anomalia politica che ha permesso al Trentino la sua diversità.

Un dibattito che oscilla fra sinistra e centro, Vendola e Casini, progressismo e moderatismo, non ci porta da nessuna parte. Anche perché in questa cornice tutta novecentesca le contraddizioni continuano a ripresentarsi uguali a se stesse. Occorre un cambio di sguardo che ci permetta di leggere il presente in modo diverso. Penso alla cultura del limite, ad esempio. Non è solo la consapevolezza del carattere limitato delle risorse... è la radicale messa in discussione dei concetti che hanno plasmato tanto il pensiero socialista quanto quello liberale, dallo sviluppo delle forze produttive all'uomo in conflitto con la natura, dallo stato centralistico all'idea sciagurata che corrisponde alla locuzione latina "si vis pacem para bellum".

Ecco che i temi che affronto con i ragazzi nella riflessione sul Novecento ritornano in tutta la loro attualità. E' proprio naif immaginare che la formazione possa essere una possibile risposta alla crisi della politica?

 

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