"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

11/11/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Sfasciacarrozze

Il fine settimana si conclude con due giornate di formazione in Valmarecchia. Sottraggo questo tempo a mille altri impegni, quasi rappresentasse per me, oltre ad un impegno assunto con Gianni prima che se ne andasse, una sorta di spazio di libertà nel quale alzare lo sguardo quotidiano. Da quel che mi dicono, è così anche per chi vi partecipa.

Due i temi conclusivi, "L'Europa e il Mediterraneo" il venerdì pomeriggio, "La cooperazione per stare al mondo" il sabato mattina. Le persone presenti mi seguono con molto interesse, peccato che qualcuno dei partecipanti ai primi incontri si sia perso per strada. "Per cause di forza maggiore..." mi rassicurano Laura e Franca, "le persone che hanno seguito il percorso formativo si sono dichiarate molto soddisfatte di questa esperienza". Che per la verità non si è ancora conclusa: nella prossima primavera, in coincidenza con il periodo pasquale, si svolgerà un viaggio di studio nell'Europa di mezzo che accompagnerò. Credo che non sia facile nemmeno ricostruire il rigore dello studio, tanto si è persa la pratica dell'apprendimento permanente.

Penso che in questo passaggio di tempo la formazione (e quella politica in particolare) diventi di fondamentale importanza e che questa cosa prenda corpo in Trentino come in altre parti d'Italia mi sembra una risposta concreta proprio alla crisi della politica. Mi scrive Silvano Falocco, animatore della scuola di formazione che a Roma si è intitolata alla figura di Danilo Dolci, per chiedermi se me la sento di tenere a gennaio una giornata del loro percorso formativo. Il tema che mi viene proposto prende spunto da un passaggio di questo stesso diario: "La bellezza del passare la mano. Rottamatori e rottami: ma l'unico linguaggio è quello dello sfasciacarrozze? E' possibile trasmettere le esperienze, le passioni e le competenze in politica, senza costringere qualcuno a portarci via, a forza, dai luoghi del potere?".  Tema intrigante, di particolare attualità. E, come potete immaginare, non può che farmi piacere trattare.

Vorrei che in giro per questo paese si facesse largo l'idea che il pensiero e l'agire politico possano nascere dai territori, anzi in ciascun territorio, a fronte della considerazione che oggi i partiti li sorvolano, considerandoli al massimo come dei terminali. Penso che questa sia l'unica strada per un serio ripensamento della politica. Al tempo stesso so bene quanto sia inimmaginabile un pensare/agire locale/globale non solo per i partiti che vivono come ineludibile la loro dimensione centrale, ma anche per i cittadini che non riescono a vedere altro rimedio ai mali della politica che l'affidarsi al demiurgo di turno.

La cultura autonomistica non è particolarmente diffusa. E lo stesso potremmo dire per un pensare europeo che fatica a diventare sguardo sulle cose, visione, insomma cultura politica. E' di questo gap che parlo ai miei corsisti della Val Marecchia, che mi ascoltano con curiosità perché quel che vado loro dicendo sull'Europa un po' li spiazza. Come quando spiego loro che se l'Europa politica è ancora lontana non è solo perché gli stati nazionali non vogliono cedere quote di sovranità ma anche perché i primi a non volere l'Europa sono i metallurgici tedeschi i quali sanno bene che per lo stesso lavoro c'è chi in questa Europa prende 200 euro mentre altri ne prendono 3.000.

I territori in rete sono l'opposto del localismo, ma una nuova dimensione europea. E' quel cambio di schema di cui abbiamo spesso parlato su questo blog, di cui abbiamo discusso molte volte con il presidente Dellai e con chi, fuori o dentro il PD, cerca di immaginare una nuova rappresentazione della politica.   

Ho passato la settimana nel cercare di gettare ponti in un centrosinistra autonomista trentino che, dopo la scelta di Pacher di togliersi dalla mischia dei candidati alla presidenza, rischia di implodere. In assenza di un racconto condiviso di questo Trentino, dopo quindici anni di governo, non è facile trovare un comun denominatore. Come non è facile proporre una scelta condivisa di governo, quando le scelte sono condizionate dai destini personali, dalla spasmodica ricerca di visibilità, dal cavalcare gli umori di una opinione pubblica che vorrebbe cancellare la politica vista come la causa di tutti i mali, non accorgendosi che in questo modo si scassano le istituzioni (come nel caso della cancellazione dell'incompatibilità fra cariche esecutive e legislative, definita erroneamente "porta girevole"). Se poi non c'è onestà intellettuale, tutto si complica.

S'intrecciano la dimensione nazionale (le primarie del centrosinistra, la nascita del centro degasperiano, il futuro di Monti e dei tecnici, la partita che sta giocando l'Udc di Casini, la paura verso un grillismo che erode consenso ai partiti e non all'astensionismo...) e una crisi strutturale che si affronta con logiche congiunturali, con quella locale con un centrosinistra autonomista che in assenza di Dellai deve trovare un nuovo collante, un PD del Trentino che non sa riconoscere la diversità di questa terra,  il venir meno di una parte delle risorse dell'autonomia, il mordere anche qui di una crisi che l'autonomia ha saputo solo attenuare, con quella regionale alle prese con un Sud Tirolo dove la crisi della SVP rischia di avere conseguenze imprevedibili...

Insomma, la situazione è complessa e rischiamo di buttar al vento questa nostra preziosa anomalia. Per questo occorre lucidità.

 

4 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 13 novembre 2012 17:01
    che bella e intelligente provocazione quella di Calì. Ma non penso che Trento e Rovereto saranno luoghi di divertimento. Ci sarà poca libertà e poco da divertirsi.
  2. inviato da Michele Nardelli il 13 novembre 2012 14:16
    E' una domanda non banale, quella di Adriano. Mi verrebbe da dire che chi oggi, nel deserto delle idee, si pone anche il tema della formazione ha quantomeno la consapevolezza che la politica e, più in generale l'impegno civico, richiedono competenze e visione. Ovviamente non basta, tant'è che oggi si pone il problema di come leggere la realtà, con quali strumenti interpretativi, con quali categorie concettuali, con quali visioni. E' il tema dello scollinamento del Novecento, che per quanto mi riguarda pongo al centro dello studio e del lavoro formativo da diversi anni.
  3. inviato da adriano il 13 novembre 2012 06:23
    Caro Michele oggi stiamo soffocando di localismo, idolatria del potere e mancanza di visioni/visionari e credo che occorra come il pane fare formazione alla politica. Ma quale formazione? Adriano
  4. inviato da vincenzo Calì il 12 novembre 2012 09:01
    Grande confusione sotto il cielo, direbbe il compagno Mao, quindi situazione ideale per intraprendere la lunga marcia trentina attraverso le istituzioni. Lunga marcia che si concluderà, caro Michele, quando (ma noi, militanti storici della sinistra ottocentesca, non ci saremo più) le dolomiti torneranno popolate dalle specie animali autoctone (l'orso, la lince, il lupo, ecc.) e la specie umana in loco si ridurrà alle guardie forestali e poco più e l'umanità complessivamente conterà meno di un miliardo di persone (Casaleggio docet). Governatore del Trentino sarà un forestale, si tornerà ai masi chiusi (non più di mille per tutto il territorio) Trento e Rovereto verranno declassati a luoghi di divertimento. Attenzione al pericolo del grillismo territoriale strisciante anti tutto: potremmo diventarne vittime noi stessi, sognatori di un mondo ideale finiti prigionieri di una repubblichetta di S.Vigilio.
    Vincenzo
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