"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

13/08/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Taranto, Ilva

Forse la settimana prossima vado a farmi un giro al Bohjnisko Jezero, luogo di vacanze estive e soprattutto invernali prima della tragedia jugoslava, a poca distanza dal confine italiano e austriaco, poco oltre il Tarvisio. Lì, nell'estate del 1980, con Gabriella scoprimmo un lago alpino circondato da boschi, paesini che sembravano usciti da un racconto dei fratelli Grimm e dal monte Triglav, il massiccio i cui contorni campeggiano sulla bandiera della Slovenia.

In questi giorni il ritmo delle cose da fare è decisamente attenuato e riesco a starmene a casa dove, peraltro, mi sono dato un ambizioso programma di lettura e di scrittura. Distratto, in questo, dall'incombere degli avvenimenti che poi corrispondono all'assunzione di impegni anche in questi giorni che dovrebbero essere dedicati al riposo. In particolare, l'approvazione da parte del Parlamento italiano della manovra sulla "spending review" ha effetti non certo positivi in particolare sull'autogoverno dei territori, sull'autonomia trentina ma non solo.

La definitiva cancellazione della Provincia di Belluno, di cui abbiamo più volte parlato in questo diario, porta con sé una forte e comprensibile reazione da parte dei nostri cugini "belumat": nella nostra ultima conversazione di qualche giorno fa a Trento ho lanciato la proposta di un incontro simbolico da realizzarsi intorno a Ferragosto al confine fra le nostre Province, nel segno della proposta di dar vita ad una euroregione "Dolomiti", quale alternativa europea alla cancellazione di un territorio che si troverebbe, stando al Governo dei tecnici che di autonomie non capisce proprio un fico secco, a diventare parte della Provincia di Treviso.  Senza capire che proprio l'autogoverno è uno degli strumenti per combattere la crisi, oltre che fonte di coesione sociale, altro aspetto decisivo per affrontare questo tempo difficile.

Ci diamo appuntamento sabato prossimo 18 agosto a mezzogiorno a Cencenighe Agordino per stilare un manifesto per la regione dolomitica. Così in questi giorni, fra Trento e Belluno, c'è un via vai di mail (a cui partecipo attivamente) per delineare una proposta che possa dare alla provincia di Belluno una prospettiva di autogoverno e non di marginalità, cui pure era ridotto il territorio di Belluno in un Veneto governato dalla pianura.

C'è un altro tema che in questi giorni è alla ribalta del contesto nazionale e che assume un valore paradigmatico, quello dell'ILVA di Taranto, il più grande polo dell'acciaio italiano. Che da mezzo secolo inquina il territorio (compreso il mare, attraverso un continuo sversamento di fanghi tossici) e ammala la gente che ci lavora o che abita nei pressi dello stabilimento. Di fronte ai dati inoppugnabili del Ministero della Sanità sull'inquinamento di questo stabilimento, la magistratura è costretta ad intervenire affinché la produzione rientri (se mai lo è stata!) nei parametri di legge. Apriti cielo... e così la contrapposizione fra ambiente, salute e lavoro, aspetti di un contraddizione che si sarebbe dovuta affrontare da tempo diventa una questione di scontro fra poteri e di emergenza.

Il tema è paradigmatico perché lo incontriamo ogni qual volta ci troviamo di fronte a situazioni come quella di Taranto: penso, in Trentino, all'acciaieria di Borgo Valsugana o di altre situazioni di cui portiamo la triste eredità come nel caso delle aree industriali dismesse, qui come altrove. Abbiamo a che fare con gli effetti di una politica industriale che ha disseminato i simboli dell'industria pesante in prossimità di città o aree ambientali che sono considerate patrimonio dell'umanità. Penso al Petrolchimico di Porto Marghera a due passi dalla città di Venezia, a quello di Sassari nel mare di Sardegna, all'ex Italsider che deturpava il golfo di Napoli... il tutto in nome di uno sviluppo che si rivelerà rapidamente insostenibile e i cui costi di risanamento sono tali che avrebbero mantenuto la gente che vi lavorava per la vita intera.

I costi ambientali o della salute però non rientravano (e ancora non rientrano) nei parametri dello sviluppo (né dei costi aziendali). E così si prosegue nella logica di sempre. Come quando, e devo dire che questa è la cosa che forse più mi colpisce, esponenti del governo e della politica parlano della ineluttabilità di una politica dell'acciaio in Italia. Nemmeno ci sfiora l'idea che di questo dovremmo parlare in chiave europea, proponendoci una politica comune, in grado di affrontare la politica economica (e i settori strategici) con una strategia condivisa. Insieme capace di valorizzare le unicità dei territori che, nel caso dell'Italia, dispone del più importante patrimonio archeologico e culturale del mondo.

Belluno e Taranto. Manca una visione europea ed è assente un approccio territoriale. Le due cose principali che oggi si dovrebbero richiedere alla politica.

 

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